Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli (1920)/XIX. Tenzone tra ser Luporo da Lucca e Castruccio degli Antelminelli
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XIX
TENZONE
TRA SER LUPORO DA LUCCA
E CASTRUCCIO DEGLI ANTELMINELLI
I
I — SER LUPORO
Chiede al signore di Lucca la restituzione d’una certa somma prestatagli.
S’io avessi la moneta mia qua giú,
la qual mandai, né so che via si tenne,
io t’imprometto che’n fra l’«u» e l’«enne»
4lite né quistion non sare’ piú.
E’ non ha tanti peli addosso un bú,
che tante lettre iscriverrei con penne:
’nanzi che addivenisse quel, ch’avvenne,
8ad ogni capoverso farei un «u».
Il qual direbbe, di cheto e di patto,
apertamente: — Volumus: voglio io
11che la dispensa a Lupòro sia fatto. —
I’ ho giá letto l’«a» per fino al «fio»;
un si fatto «enne», né si contraffatto,
14non vidi mai, maladetto da Dio!
2 — CASTRUCCIO
Redarguisce e minaccia l’importuno creditore.
Per quel signor, che ’n croce posto fu
sul monticel, dove morte sostenne,
io ti farò parer de l’«u» un «enne»,
4un «esse» e un «ti» ed un «pi» ed un «cu».
Castruccio la moneta non toccu,
anzi la spese come si convenne:
e vidi un altro, che giá in man la tenne,
8per tenerla serrata, coni’ fai tu.
Ma guarda che mai piú t’avvenga fatto,
ché un’altra volta non ti sarei pio,
11e paghere’ti d’ogni tuo misfatto.
Se del prestar diventerai restio,
mai non verrò piú a te per accatto:
14anzi terrò del tuo come del mio.