Sotto il velame/L'altro viaggio/IX

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L'altro viaggio - VIII

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L'altro viaggio - VIII L'altro viaggio - X

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IX.


L’amor del male, nel purgatorio, è il primo dei “ritrosi passi„. Amando il male del prossimo, l’uomo si torce e si allontana da Dio. La cupidità riesce a volontà iniqua.1 E questa è che spiace a Dio più dell’incontinenza. L’offesa che con essa si fa a Dio, non è perchè propriamente Dio ne sia attinto. Dio è intangibile. Ma egli ne è offeso; e più o meno. La superbia, è fuor di dubbio, l’offende più, l’offende direttamente. Or come la superbia del purgatorio non par contro Dio? Già ogni affetto è deciso dall’odiar Dio; ma non è detto che l’amor del male, e così ancora, sebben meno, l’amor soverchio e l’amor lento del bene non vero, non offenda Dio.2

               Di tal superbia qui si paga il fio;
               ed ancor non sarei, qui, se non fosse
               che possendo peccar mi volsi a Dio.

Se si volse, ne era torto. Se l’amor del male è un arretrar da Dio, ma più o meno, e quello che genera la superbia è un arretrar più, da che è dato questo arretrar più? Da ciò che nella definizione è detto, che alcuno spera eccellenza. Ora imaginiamo che costui arretri. Finchè egli ami il mal del prossimo, indotto da uno sperare d’eccellenza, sarà superbo. Ecco Lucifero. Che fece egli? Pensò la [p. 376 modifica]superbia come dice S. Bernardo. E con la definizione di Dante possiamo dire che sperò eccellenza. Eccellenza vuol dire superiorità, primazia. Ebbene? Il male ch’egli amò fu quel di Dio; la eccellenza che sperò, fu sopra Dio. Ma è così di tutti? No: per un uomo il male che ama non può essere che del prossimo o vicino; tuttavia l’eccellenza che spera ha da essere sopra Dio; perchè Dio è sopra tutti e il superbo vuol essere lui sopra tutti. Ora Adamo fu superbo nel gustare il pomo. La superbia di lui consiste, dice S. Agostino,3 nel voler farsi principio e Dio a sè. E ciò violando un “comandamento così lieve a osservare, così breve a ricordare, specialmente quando nessuna cupidità resisteva al volere„. Nei figli di Adamo il mangiar del pomo è sostituito da ogni azione da cui li distolga un comandamento della stessa levità e brevità. I comandamenti sono dieci. I più lievi sono i primi; cioè quelli della prima tavola e il primo della seconda. In verità gli ultimi sono contro il desiderio, e il desiderio cominciò a resistere al volere dopo l’umana colpa, e a resistere in modo quasi irresistibile. Dunque difficilissimo è osservare quei precetti, come facilissimo osservare i primi quattro. Ora nella ghiaccia sono quattro circuizioni: Caina, Antenora, Tolomea, Giudecca. In esse si pagano le offese al vinco dell’amore naturale e dell’aggiunto,4

               di che la fede spezial si cria.

Quei peccatori hanno amato dunque, se poi fecero, il male del prossimo più prossimo, per così dire. [p. 377 modifica]Invero Caino fu fideicida,5 cioè uccise il vincolo di amore e di fede speciale. “Non meraviglia se Caino insorse contro il fratello, se prima aveva ucciso la sua fede„; “morte della fede è la separazione della carità (amore)„; “tu confessi che Dio è, ma coi fatti lo neghi„; “la carità animi la fede, l’azione provi la fede„. Caino è dunque un apostata come è apostata Giuda; è fideicida prima che fratricida, e perciò dà il nome a una circuizione della ghiaccia, nell’inferno, ed è esempio d’invidia, nel purgatorio. Ora non è apostasia, oltre che di Giuda e di Caino, di tutti i peccatori che sono sotto Lucifero? Essi uccisero l’amore di che si crea la fede speciale, che è quanto dire la carità che anima e dà vita alla fede. Ma “speziale„, si dirà. Ebbene codesta fede speziale qual è? Quella, dalla Caina in fuori, che è nella patria, negli ospiti, nei benefattori, come tutti, presso a poco, dicono. Ebbene Dante dice che chi rompe il vincolo d’amore da che si crea la fede speciale che è della patria, degli ospiti, dei benefattori verso noi, offende direttamente Dio; come Giuda, al quale gli Antenorei assomigliano per patire il calcagno che Giuda levò, al quale coloro di Tolomea assomigliano per ruinare in inferno dopo la buccella intinta, al quale coloro di Giudecca non c’è bisogno di dire che assomigliano. Ma occorre ricordare che quelli di Caina temono quel calcagno che quelli di Antenora hanno nelle gote. Dunque tutti costoro, sebbene i Cainiti meno, apostatarono da Dio, ossia disertarono la fede propriamente detta nel tempo stesso e col fatto stesso che uccisero quel [p. 378 modifica]vincolo d’amore e di fede speziale. Questo è il fatto col quale negarono Dio; questa la bestemmia di fatto ben più grave di quella col core soltanto. Ed è, tal bestemmia di fatto, contro Dio, come non vi può essere bestemmia che contro Dio: e propriamente contro i tre primi comandamenti che riguardano la soggezione nostra a lui, principio generale dell’essere, e contro il quarto, che riflette il principio particolare e che comprende il legame a tutti i consanguinei.6 La violazione del primo, che afferma l’esistenza di Dio e della sua primazia, è simboleggiata in Lucifero e in quelli che maciulla; la violazione del secondo, che proibisce lo spergiuro, è figurata nel tradimento di Giuda in quanto a mensa prese il sacramento in peccato, fu sacrilego, ricoverò in sè Satana invece del Cristo; la violazione del terzo, che comanda la santificazione del Sabato, è pur sempre rappresentata da questo supremo e comprensivo tradimento dell’apostata, il quale tradì nella cena pasquale, e mangiò, in disgrazia di Dio, quell’agnello che era il simbolo di colui che fu crocifisso. Oh! se par ostico al mio lettore credere che il peccato di Bocca sia, misticamente, un violare il Sabato di Dio, anzi il più santo (erat enim magnus dies ille Sabbathi) dei Sabati, cioè la Pasqua, una festa, anzi la più sublime delle feste, quella della passione e risurrezione di Gesù; pensi ancora che a Dante poteva essere presente il significato mistico della celebrazione del Sabato; ossia la creazione del cielo e della terra, cioè della nostra patria futura e presente e la fruizione di Dio, che sarà in patria.7 O pensi [p. 379 modifica]ancora che un’operazione era lecita nel Sabato: combattere per la patria.8 Chè i nemici vennero contro i figli d’Israele nei giorni di Sabato. E fecero strage di loro che dicevano: Moriamo tutti nella semplicità nostra! e saranno testimoni sopra noi il cielo e la terra, che voi a torto ci distruggete. Ma in fine Mathatias e gli amici di lui pensarono: “Ogni uomo, qualunque verrà a noi in guerra nel dì dei Sabati, combattiamo contro lui; e non morremo tutti, come son morti i fratelli nostri a tradimento (in occultis)„. E il lettore può pensare ancora a quest’altro passo:9 “Molti di Israele consentirono a lui (ad Antioco) e sacrificarono agl’idoli e macchiarono il Sabato„. Si tratta d’un passaggio al nemico e d’una diserzione da Dio, che si assommano nella violazione del Sabato.

A ogni modo è chiaro che il tradimento è in Dante la violazione d’una fede speciale verso il prossimo, che è nel tempo stesso un’apostasia dalla fede in Dio: superbia, dunque. Per essa si va volgendo il viso da Dio e arretrando col passo per una via torta, con gli occhi levati contro Dio, nella speranza dell’eccellenza, e spinti dall’amore del male del prossimo. Se non si ha quella speranza, ci si ferma a mezza via; si resta all’invidia: con quella speranza si sdrucciola sin dove, invece d’un sasso sulla cervice, si hanno addosso tutti i pesi del mondo; perchè si finisce col trapassare il segno ultimo della nostra soggezione a Dio;10 si finisce col levarsi di [p. 380 modifica]torno quel tenue velo, che vuole il minimo sforzo nostro, anzi nessuno sforzo, per istarci sotto;11 si finisce col non vedere, mediante l’intelletto che Dio ci diede, la cosa più evidente: che da lui l’abbiamo, lo intelletto.12

Ma ogni ragionamento è superfluo quando si consideri che in Malebolge e nella Ghiaccia è vergogna e orror della fama, in diversa misura; più in questa che in quelle; e della Ghiaccia più nella seconda e nelle altre successive circuizioni, che nella prima. Ora l’invidia è definita:

               E chi podere, grazia, onore e fama
               teme di perder...

e la superbia:

                       E chi...
                               spera eccellenza.

Come il contrappasso non persuade ognuno che invidia fu la colpa di quei peccatori che più o meno odiano questa fama e non sperano più grazia nel mondo; e superbia quella di quelli altri che tengono il viso basso e non vogliono essere veduti nè riconosciuti nè nominati?

Note

  1. Giova ricordare D. Bern. de modo bene vivend. lib. 37: «La superbia e la cupidità è un male solo in quanto non può essere superbia senza cupidità nè questa senza quella. Il diavolo per superbia e cupidità dice: salirò al cielo! etc.».
  2. Purg. XI 88 segg.
  3. Aur. Aug. de civ. D. XIV 12 e 13.
  4. Inf. XI 56 segg.
  5. D. Bern. Sup. Cant. Sermo 25.
  6. Vedi «Minerva Oscura», pag. 32 segg.
  7. Summa 2a 2ae 122, 3.
  8. Mach. I 2, cfr. Summa 2a 2ae 40, 4. Pro tuitione reipublicae fidelium... iusta bella exercere in diebus festis.
  9. ib. 1.
  10. Par. XXVI 117. In Summa 2a 2ae 106, 2 è spiegato che il primo peccato dell’uomo non fu disobbedienza secondo ch’ella è speziale peccato, ma superbia per la quale l’uomo si indusse a disobbedire. E così tutti ragionano.
  11. Purg. XXIX 25 segg.
  12. Par. XIX 46 seg.