Specchio di vera penitenza/Trattato dell'umiltà/Capitolo terzo

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Trattato dell'umiltà - Capitolo terzo

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Trattato dell'umiltà - Capitolo terzo
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CAPITOLO TERZO.


Dove si dimostra la commendazione della umiltà, e la molta sua utilitade.


La terza cosa che si conviene dire della umilità, si è della sua commendazione e della molta utilitade; della quale dice san Giovanni Boccadoro: Niuna virtù si puote agguagliare all’umilità. Ella è capo d’ogni virtù; ella è madre della sapienza; ella è fondamento di tutto l’edificio spirituale, sanza la quale l’altre virtù periscono, non avendo dove s’appoggiare. E santo Ierolimo dice: Non è cosa niuna che tanto ci faccia a Dio e alle genti grati, come essendo grandi per merito di santa vita, diventiamo piccoli per umiltà. E accordansi col detto del savio Ecclesiastico, il quale dice: Quanto maior es, humilia te in omnibus, et coram Deo invenies gratiam: Quanto più se’ grande e maggiore, tanto più t’aumilia in tutte le cose, e troverrai grazia dinanzi a Dio. La qual parola sponendo san Bernardo, dice: Avvegna che in ciascuna persona stia bene d’essere umile, tuttavia quanto la persona è maggiore e di maggiore degnità, tanto meglio in lei1 risiede e più chiaramente risplende la virtù dell’umilità, come fa la gemma nello anello. E quanta utilità faccia questa escellente virtù all’uomo cui ella adorna,2 qui appresso in parte lo scriverremo. In prima, l’umiltà merita all’uomo la divina grazia; della quale dice santo Iacopo: Humilibus autem dat gratiam: Iddio dà agli umili la sua grazia. La qual parola sponendo san Bernardo, dice: La grazia non entra nel quore di colui il quale si confida de’ suoi meriti e appoggiasi alle [p. 243 modifica]propie opere; imperò ch’egli è pieno, secondo la sua riputazione, e però non vi trova luogo la grazia. Noi veggiamo che chi vuole empiere alcuno vasello d’acqua del fiume o della fontana, sì lo ’nchina: così chi vuole attignere la divina grazia, non conviene che stia3 erto per superbia, ma che si chini per umiltà. L’acqua da’ monti discende nelle valli basse, e quivi ragunandosi l’acque4 in abbondanzia, fanno fiume e copiose fontane; così l’abbondanzia della grazia discende alle valli della umiltà. Onde dice santo Agostino: Quanto Maria più umile sedea,5 tanto maggiore grazia ricevea. Ed è la ragione di ciò, imperò che la grazia data all’uomo, come ella fa crescere tutte l’altre virtù, così fa crescere l’umiltà, la quale crescendo, sempre diventa più capace e di maggiore tenuta a ricevere più della grazia. Anche l’umiltà, quanto più grazia riceve da Dio, tanto più vòta sé medesima, o vero la mente dov’ ell’è, riputandosi nulla. Onde colui che è veramente umile, non si tiene umile ma vile; e così vòtandosi e d’ogni altra cosa e di sé medesimo, diventa quello nichilo glorioso, nel quale Iddio si truova, e sanza il quale nulla virtù truova fondamento. Di questo nichilo ammaestrava Iesu Cristo, il quale per noi s’annichilò, come dice l’Appostolo: Exinanivit semetipsum; e quando dicea nel Vangelo: Cum feceritis omnia quoe proecepta sunt vobis, dicite: Servi inutiles sumus: Quando voi averete fatte tutte quelle cose che vi sono comandate, dite: Servi inutili siamo. Onde dicea il savio Ecclesiastico: Humiliare Deo, et expecta manum eius: Umíliati a Dio, e aspetta la sua mano. La seconda utilità che fa l’umílità all’uomo, si è ch’ella introduce nella mente sua sapienzia e dàgli conoscimento della verità. Onde dice Salamone ne’ Proverbi: Ubi humilitas, ibi sapientia: [p. 244 modifica]Ov’è umilità, ivi è sapienzia. E di ciò parla santo Agostino, sponendo il Vangelo di san Giovanni, e dice: L’umilità apre lo ’ntendimento a conoscere la verità, e la superbia lo chiude. E di questo dicea Iesu Cristo al Padre nel Vangelo: Abscondisti hoec a sapientibus et prudentibus, et revelasti ea parvulis: Tu hai nascoste queste cose, cioè la verità delle cose divine (delle quali egli parlava), da’ savi (cioè da coloro che si tengono savi, che è superbia), e hâle rivelate a’ piccoli; cioè agli umili, secondo che dice la Chiosa. Onde disse quel filosafo Didimo ad Alessandro superbo: Iddio è apparecchiato a darti sapienzia, se tu avessi dove riceverla; quasi dica: se tu fossi umile, come tu se’ pieno di superbia: a dare ad intendere che colla umiltà sta la sapienza, e non colla superbia. E però dicea quello Tolomeo astrolago: Tra gli uomini savi, quello è il più savio ch’è ’l più umile.

Leggesi nella vita de’ Santi Padri, che uno frate volendo che Iddio gli rivelasse alcuno punto della Scrittura, il quale egli non intendeva, diedesi a digiunare e a ôrare; e avendo digiunato sette settimane e non avendo la grazia ch’egli chiedeva, pensò d’andare ad alcuno de’ frati ch’abitavano nel diserto, e domandarlo di quello dubio ch’egli avea. Andando egli, l’Agnolo di Dio gli apparve nella via, e dissegli: – Il digiuno c’hai fatto sette settimane, non t’ha fatto prossimo a Dio, e non t’è giovato a quello ch’andavi caendo.6 Ora,7 perché ti se’ umiliato, e vâne a domandare il fratello tuo, io sono mandato da Dio acciò ch’io t’insegni quello che tu vuoi sapere. – E spuoseli chiaramente il dubbio ch’egli avea. Della quale cosa ringraziando Iddio, e conoscendo la virtù della umilitade, ritornò doppiamente ammaestato alla cella sua, e intese la scrittura la quale dice che Iddio revela i suoi segreti agli umili. La terza utilità che fa l’umilità, si è ch’ella libera l’uomo dalle tentazioni, e da’ lacciuoli del [p. 245 modifica]mondo: onde dicea il profeta David: Humiliatus sum, et liberavit me: Io m’umiliai, e fu’ liberato.

Leggesi nella Vita de’ Santi Padri, che santo Antonio una volta ôrando, vide tutto il mondo pieno di lacciuoli del diavolo i quali erano tesi in terra;8 e lagrimando disse: – Or chi potrà iscampare di tanti lacciuoli, che non sia preso da qualcuno? – E udì una boce che gli rispose e disse: – L’umiltà sola, Antonio, non potrà essere presa. – Questo pare che volesse dire il Salmista, quando disse: In via hac qua ambulabam, absconderunt laqueum mihi; e séguita: Intende deprecationem meam, quia humiliatus sum nimis: Nella via dond’io andava, dice il Profeta, m’hanno nascosti i lacciuoli per prendermi e allacciarmi; ma io mi sono umiliato: e però intendi il priego mio, Signore mio, e líberami. La quarta utilità che fa l’umilità, si è ch’ella ha vittoria del diavolo, e mai non si lasciavincere a lui. Che l’umilità vinca il diavolo, san Gregorio lo dice nell’Omelia; dove dice che quante opere si fanno con umiltà, tante saette e lancie si gettano contro al diavolo, che lo feriscono e vinconlo.

Onde si legge nella Vita de’ Santi Padri, che ’l diavolo disse una volta a san Maccario: – Perché mi vinci tu? chè se tu digiuni, io non mangio mai; se tu vegghi, e io mai non dormo; se tu t’affatichi operando, io non ho mai riposo. – E rispondendo egli stesso la quistione sua, disse: – La tua umilità sola mi vince, la quale non ho né posso avere io. – E che l’umilità lo vinca, la Chiosa sopra la Pistola di san Paolo lo dice: Sia umile, e non prossumere di te medesimo, e potrai vincere. E questo pare che dicesse san Giovanni nella Pistola sua: Fortes estis, et vicistis malignum: Voi che siete umili, siete forti, e avete vinto il maligno; cioè il diavolo. E che l’umilità non si lasci mai vincere, dice santo Agostino: Solo colui è vinto che di sé prossume: solo vince chi per umìltà di sé non prossume. Ed è ragione; però che Dio [p. 246 modifica]combatte per l'umiltà, e l'umiltà attribuisce a Dio la gloria che ha della9 vittoria, dicendo: Non nobis, Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam: None a noi, Signore, none a noi, ma al nome tuo dà la gloria. E però ella lascia sopra lui la battaglia, da ch’ella gli dà la gloria della battaglia e della vittoria.10 Anche per l’umilità l’uomo vince sé medesimo; ch’è la più malagevole vittoria che sia, per la quale l’uomo ogni altra cosa vince e da niun’altra cosa può essere vinto. Anche l’umilità non può essere vinta; però che delle ferite rinvigorisce, della infermità rinforza, della povertà arricchisce, del danno cresce, della morte rivivisce. La quinta utilità che fa l’umilità, si è ch’ella fa esaldire i prieghi e l’orazioni della persona; della quale cosa dice il profeta David: Respexit in orationem humilium, et non sprevit preces eorum: Iddio ragguarda11 all’orazione degli umili, e non ha sprezzato i prieghi loro. Ed è la ragione,12 imperò che tanto gli piace l’umilità, che ogni cosa ch’ella vuole, gli piace. Onde dicea quella santa donna Iudit: Humilium et mansuetorum semper tibi placuit deprecatio; parlando a Dio dicea: Sempre ti piacque il priegio degli umili e de’ mansueti. E però che dove è l’amore e ’l piacere, ivi va l’occhio, Iddio con l’occhio della sua misericordia vede sempre gli umili (così dice il Salmista: Humilia respicit in coelo ed in terra; e quella donna nella Scrittura dicea: Vidit Dominus humilitatem meam: Iddio ha veduta la mia umilità); e però gli delibera dal male della colpa, e dal male della pena.13 Del male della colpa dicea il Profeta: Humiliatus sum, et [p. 247 modifica]liberavit me: Io mi sono umiliato, e Dio m’ha liberato. Del male della pena disse Iddio al Profeta: Hai veduto il re Acab umiliato dinanzi da me: io gli ho perdonato, e non inducerò al tempo suo nella sua casa i mali ch’io avea promessi14 di fare. E in un altro luogo dice la Scrittura di certi peccatori: Quia umiliati sunt, aversa est ab eis ira Dei: Imperò che sono umiliati, l’ira di Dio s’è rivolta da loro. Non tiene Iddio l’ira contro all’umilità: ed è ragione; imperò che la persona umile si reputa vile. Onde dicea il Profeta umiliato: Ego autem sum vermis, et non homo: Io sono un vermine, e non uomo. E in un altro luogo s’appella una pulce e un cane morto. Onde non sarebbe onore a Dio ch’egli si vendicasse di così vile cosa come uno vermine o un cane morto; chè Dio è magnanimo. E però de’ superbi,15 alteri e rigogliosi si vendica, e agli umili e suggetti perdona; come disse quel poeta Virgilio de’ Romani: Parcere subiectis et debellare superbos; che perdonavano a’ suggetti e abbattevano i superbi. E così dice che fa il leone,16 che gli animali feroci che gli contastano, lacera e uccide; e quegli che s’aumiliano,17 lascia andare salvi. Così troviamo che fa Iddio, in tanto che eziandio le sentenzie date rivoca: come si legge nella santa Scrittura di quello re Ezechia, e del re e della città di Ninive, e del re Acab, e di più altri. Per la qual cosa dice il Salmista: Cor contritum et humiliatum, Deus non despicies: Il cuore contrito e umiliato tu, Iddio, non lo spregerai. La sesta utilità che fa l’umilità, si è ch’ella fa l’uomo esaltare e onorare in questa vita, e poi gli merita d’avere l’onore e l’esaltazione della gloria nell’altra; secondo che dice il Signore nel Vangelo: Chi s’ [p. 248 modifica]aumilia sarà esaltato. E san Piero dicea: Umiliatevi sotto la potente mano di Dio, acciò ch’egli v’esalti. E che Iddio eziandio in questa vita onori e esalti gli umili, si mostri per molti essempli nella divina Scrittura; come si legge di quello re Saul, al quale Dio disse: Cum parvulus esses in oculis tuis, caput in Israel factus es: Quando tu eri piccolo negli occhi tuoi, fosti fatto capo e re. La qual parola esponendo san Gregorio, dice: Quando fosti piccolo appo te, fosti grande appo me; chè tanto è l’umile appo Dio più prezioso, quanto appo sé è più vile. Così David umile, fecelo Iddio re del popolo suo: similemente Moisé umilissimo,18 fece Iddio principe e duca del popolo suo. Così Gedeone e molti altri. Onde dicea santo Iob, parlando a Dio: Ponis humiles in sublimi: Tu poni gli umili in alto stato. E che gli umili, che stanno a basso, Iddio gli esalti e lievi in alto,19 si mostrò una volta per un bello miracolo.

Leggesi nella storia di santo Ilario, che venendo egli una volta a uno concilio, dove era il papa e molti vescovi ragunati, a’ quali egli era molto accetto; ed entrando in quello luogo, dove tutti sedevano in alte sedie, niuno si levò né si mosse per farli luogo. Allora il santo vescovo si puose a sedere prima in terra, dicendo la parola del profeta: Domini est terra: La terra è di Dio; e immantanente la terra, quando teneva il corpo di santo Ilario sedendo, si levò in alto tanto, ch’ell’era pari colle sedie di quelli altri vescovi: i quali vedendo l’esempro e miracolo, ebbono in grande riverenzia colui il quale prima dispettavano, e ricordaronsi della parola del Vangelo: Qui se humiliat, exaltabitur: Chi sé umilia, sarà esaltato. E non è da maravigliare se Iddio onora gli umili; imperò [p. 249 modifica]ch'eglino onorano lui; come dice il savio Ecclesiastico: Magna potentia Dei solius, et ab humilibus honoratur: Grande è la potenzia del solo Iddio, e dagli umili è onorato. Onde dice Iddio per la Scrittura: Qui onorificaverit me, glorificabo dum: Chi mi farà onore, io lo glorificherò. E che l’umiltà meriti d’avere finalmente la gloria e il reame del cielo, santo Iob lo dice: Qui humiliatus fuerit, erit in gloria: Colui che sarà umiliato, sarà nella gloria. E ciò dimostrava Iesu Cristo, quando diceva nel Vangelo: Nolite timere, pusillus grex, quia complacuit Patri meo dare vobis regnum: Non temete, gente piccola, cioè gente umile, ch’egli è piaciuto al Padre mio di darvi il reame. E questo significava egli quando diceva: Sinite parvulos intrare ad me; talium est enim regnum coelorum: Lasciate venire a me i parvoli; imperò ch’egli è loro il reame del cielo. E in un altro luogo diceva: Nisi efficiamini ut parvuli, non intrabitis in regnum coelorum: Se voi non diventerete piccoli, non enterrete nel regno del cielo. Onde Salamone dicea ne’ Proverbi: Humilem spiritum suscipiet gloria: La gloria riceverà colui ch’è umile di spirito.

Note

  1. Così, con senso di gran lunga migliore, la stampa degli Accademici; leggendo, coll'antica, il Salviati: tanto in lui; e peggio il Codice nostro: tutto illui.
  2. Lezione confermata dalle più antiche edizioni. Ma il nostro Codice a uomo soggiunge, importunamente, e bello.
  3. Ediz. 25: stea; il Manoscritto: sia. E in vece di erto, la stampa del primo secolo: eretto.
  4. L'acque, non bisognevole al senso ma sì alla grammatica, non è nel Manoscritto.
  5. Nel Testo: umilemente.
  6. Ediz. 95 e 25: cercando.
  7. Nel Testo: Ma.
  8. Compendiano le stampe: di lacciuoli tesi.
  9. Seguitiamo le antiche stampe. L'edizione del 25: che è della; il Manoscritto: che diè vittoria.
  10. Con poca soddisfazione dei delicati orecchi, le impressioni del XV e XVI secolo: gli dà la gloria della vittoria della battaglia.
  11. Ediz. 95 e 85: ha sguardato; 25: ha riguardato.
  12. Così tutte le stampe; da potersi e doversi spiegare: e la ragione è questa. Solo, e non male, il Manoscritto: Ed è ragione.
  13. Sola retta leione, prescelta già dal Salviati; che tuttavia quelli del 25 guastarono (dal male e dalla colpa, e dal male e dalla pena), a malgrado delle parole seguenti, che la confermano. Il nostro apografo compendia a sproposito: gli dilibera dal male e dalla pena.
  14. Così nel Testo. A mostrare nel verbo promettere la significazione di minacciare, basterebbe, ove la Crusca non fosse, quel volgare ditterio: «a chi nè da, a chi ne promette.»
  15. Nel Manoscritto: de' servi.
  16. Il nostro apografo e la stampa del 25: E si dice che il leone lo (o il) fa.
  17. Il Codice aggiunge: perdona e ec.
  18. Male la stampa del 25 frammette qui: principe.
  19. Manca al Codice nostro e alle edizioni del 95 e dell'85 tutto quello che séguita, cioè tutto l'esempio, colle parole che lo introducono, sino a quest'altre (dopo 14 versi): non è da maravigliare; leggendosi invece: e lievi in alto, non è da maravigliare se Iddio gli onora (se iddio ec. non è nelle stampe), imperò ch'eglino ec.