Storia della geografia e delle scoperte geografiche (parte seconda)/Capitolo I/Procopio di Cesarea e Stefano di Bisanzio
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6. Procopio di Cesarea e Stefano di Bisanzio. — Tra gli scrittori bizantini, dai quali si possono trarre importanti notizie geografiche, vogliono essere ricordati Procopio di Cesarea e Stefano di Bisanzio, amendue del secolo VI. Nei libri di Procopio sono specialmente interessanti le informazioni intorno alla Mesopotamia, ai paesi del Caucaso, alla regione africana dell’Atlante, ed all’Europa germanica. Le sue descrizioni delle lontane terre dell’Occidente sono però, quasi tutte, miste di cose favolose, e rivelano una grande ignoranza geografica. Cento anni appena erano trascorsi dal tempo in cui i Romani avevano definitivamente abbandonato la Gran Bretagna, e tuttavia lo scrittore bizantino aveva di quell’isola un’idea così incerta e confusa da credere che essa fosse divisa in due parti, e da mezzodì a settentrione — anzichè da oriente ad occidente — dalle opere di difesa costruttevi dai Romani sotto Adriano, Antonino e Settimio Severo. La parte orientale, secondo Procopio, nulla ha di particolare che la distingua dagli altri paesi: la occidentale, invece, e per il clima pestilenziale, e perchè infestata da serpenti, da vipere e da altri animali velenosi, è disabitabile. Molto lontana dalla Britannia nella direzione del nord, ed anzi all’estremo limite dell’Oceano settentrionale, si innalza l’isola di Thule, che Procopio dice essere dieci volte più grande della Britannia stessa. In quella remota terra il Sole non tramontava per quaranta giorni di seguito verso il solstizio d’estate, e per uguale spazio di tempo era continua notte verso il solstizio di inverno. Questo dato astronomico conduce alla latitudine di circa 68 gradi, la quale, più che all’Islanda, conviene alle parti settentrionali della Norvegia, cioè al Finmark, che, per tale ragione, un egregio geografo moderno identifica colla Thule dello storico bizantino1. Gli abitanti di quella terra sono detti da Procopio Scritifinni. Jornandes (anno 552) parla delle genti Refennae che vivevano nella parte settentrionale di Scandza (Scandinavia), ove la luce nel cuore della state dura per quaranta giorni e quaranta notti continue, e nel verno durano per altrettanto tempo le tenebre. Paolo Diacono (m. nell’anno 801) chiama quegli abitanti dell’alto nord col nome di Scritobini, dal costume loro di saltare usando un legno curvo a foggia di arco, ed aggiunge che nel loro paese i giorni sono molto maggiori che altrove, e per egual modo le notti nel verno. Gli Scritifinni di Procopio, i Refenni di Jornandes e gli Scritobini di Paolo Diacono vivono a guisa di fiere, cibandosi di carni crude degli animali selvatici e vestendosi delle loro pelli. E dai costumi di quelle genti, e dal calcolo delle latitudini fondato sui climi astronomici si può concludere che i tre storici intendono di uno stesso popolo e d’uno stesso paese.
Stefano di Bisanzio è noto come autore di un Dizionario geografico e storico, lavoro di grande mole pubblicato sotto il regno di Giustiniano. Quest’opera non ci pervenne, per mala sorte, che sotto forma di un compendio molto scarso e disuguale fattone dal grammatico Ermolao, di poco posteriore a Stefano.
Note
- ↑ Miniscalchi Erizzo, Le scoperte artiche, pag. 73.
- Testi in cui è citato Procopio di Cesarea
- Testi in cui è citato Stefano di Bisanzio
- Testi in cui è citato Adriano
- Testi in cui è citato Antonino Pio
- Pagine con link a Wikipedia
- Testi in cui è citato Giordane
- Testi in cui è citato Paolo Diacono
- Testi in cui è citato Giustiniano I
- Testi in cui è citato Francesco Miniscalchi Erizzo
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