Storia della geografia e delle scoperte geografiche (parte seconda)/Capitolo VIII/Le repubbliche italiane del Medio Evo

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Le repubbliche italiane del Medio Evo

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Capitolo VIII Capitolo VIII - Balducci Pegolotti

[p. 135 modifica]45. Le repubbliche italiane del Medio Evo. — Da grandissimo tempo i paesi dell’Occidente traevano dalla regione Indiana non solo i preziosi prodotti del mondo vegetale dei tropici, ma eziandio gli articoli di lusso e molte delle cose necessarie ai bisogni quotidiani della vita. Prima della dominazione araba questo commercio coll’India teneva la via del Mar Rosso, dell’Egitto e di Alessandria, e questa città era diventata il centro principale delle relazioni dell’Europa coi lontani paesi dell’Asia meridionale e dell’Africa orientale. La conquista dell’Egitto per parte dei Califfi e l’odio di religione tolsero molto della sua importanza a quell’antica strada commerciale, ed i mercatanti italiani, diventati ricchi e potenti nelle acque orientali del Mediterraneo, col trasporto di migliaia e migliaia di crociati e delle derrate necessarie a quelle famose spedizioni religiose, furono costretti a scegliersi altre vie per l’esercizio [p. 136 modifica]della loro industria commerciale. I Pisani, i Genovesi, i Fiorentini, i Veneziani, si stabilirono in Costantinopoli e ne’ suoi dintorni; e di là, per il Mar Nero, giunsero al Don e ai piedi delle montagne Caucasiche. La Tana, corrispondente alla moderna Azov, divenne l’Alessandria del Nord, il grande emporio del commercio tra l’Europa e i paesi dell’Oriente, il luogo di partenza delle carovane dirette alla Cina passando per Astracan, i paesi al nord del Caspio e del lago di Aral e gli altipiani della Mongolia. Di questo itinerario ci informa minutamente il fiorentino Balducci Pegolotti (v. il N. 46).

Veramente e propriamente genovese fu la colonia che ebbe i suoi primordi nel sobborgo di Galata o Pera diviso da Costantinopoli, propriamente detta, pel Como d’Oro, ed alla quale, col volgere del tempo non mancarono cerchia murali, e torri e fossi, chiese insigni, palazzi e monumenti1 . E importantissime furono pure le colonie di Caffa nel luogo dell’antica Teodosia, fondata nel 1269; di Soldaia, ora Sudak (anno 1265), di Copa o Locopa (ora Kops) sul ramo settentrionale del fiume Cuban; di Matrega che il Rubruk chiama Matriga e considera come la più attiva piazza commerciale del bacino inferiore del Don; di Savastopoli fondata nel 1350 (circa) nel sito dell’antica Dioscuria tanto celebrata da Strabone2. Perciò la memoria dei Genovesi dura anche oggidì molto viva in quelle contrade; e la tradizione attribuisce loro un grande influsso persino sulla diffusione della fede cristiana3.

Ma intanto i Veneziani, che la gelosia commerciale di Genova aveva allontanati dalle spiaggie del Mar Nero e dalla Palude Meotide, cercavano di rendersi padroni di un’altra via marittima, che li mettesse nella condizione di radunare nelle [p. 137 modifica]loro mani il commercio dell’lndia, e questa fa la strada marittima del sud, la quale, come nota Carlo Ritter4, doveva essere assai più vantaggiosa dell’altra, e, nel medesimo tempo, più durevole, per la ragione che lungo di essa si succedevano signorie molto meno potenti e temibili che non quelle che padroneggiavano la strada settentrionale, di cui abbiamo precedentemente accennate, per sommi capi, le principali stazioni. Nulla curando la taccia di eretici, i Veneziani strinsero relazioni di amicizia coi Saraceni, specialmente coi Sultani della Siria e dell’Egitto e ben presto si apersero liberamente alle loro flotte non solo i porti di questi paesi, tra cui, primi, Berutti e Alessandria, ma eziandio quelli dell’Arabia e dell’India.

Tuttavia, se la più antica e la più feconda sorgente della prosperità veneziana furono le relazioni commerciali coll’impero bizantino, colle coste del Mar Nero, colle città della Siria, dell’Egitto, della Berberia, pure l’Oceano Atlantico aveva cominciato a conoscere i navigatori veneziani assai prima di divenire il teatro dei grandi viaggi marittimi. Le galere di Fiandra, che fino dai primi anni del secolo XIV uscivano periodicamente dallo stretto di Gibilterra per condursi ai mercati mondiali dei Paesi Bassi, avevano contribuito efficacemente a distruggere i pregiudizi, che la gelosa avidità dei Fenici aveva diffusi sulle difficoltà di navigare l’Atlantico5. A proposito di che accenniamo, già sin d’ora, i viaggi di Niccolò e Antonio Zeno e di Pietro Quirini nell’alto nord, e quelli di Alvise da Mosto nell’Atlantico africano.

E a questa medesima parte dell’Oceano mondiale si indirizzavano pure animosamente i navigatori Genovesi, precedendo di un buon tratto quelli del Portogallo nella scoperta delle isole Madeira, Canarie, del Capo Verde, e nella esplorazione di una lunga distesa delle coste occidentali d’Africa. Di questi viaggi si parlerà più avanti in questo stesso vo[p. 138 modifica]lume. Per ora ci conviene far ritorno alle terre asiatiche, e dire alcuna cosa della scrittura del fiorentino Balducci Pegolotti intorno al viaggio dal mare d’Azov alla Cina, e dei grandi viaggiatori veneziani Nicolò de’ Conti e Giosafatte Barbaro.


Note

  1. V. Belgrano, nel suo dotto libro Manuale di storia delle colonie, che additiamo ai giovani studiosi come un eccellente modello di ordine e di sapiente erudizione.
  2. Geogr., lib. XI, cap. II, 16. V. Hugues, Manuali di geografia antica, vol. III, pag. 59.
  3. Belgrano, op. cit., pag. 95.
  4. Ritter, Geschichte der Erdkunde und Entdeckungen, pag. 222.
  5. Fulin, Dell’attitudine di Venezia dinanzi ai grandi viaggi marittimi del secolo XV, pag. 4.