Storia della geografia e delle scoperte geografiche (parte seconda)/Capitolo X/I fratelli Vivaldi
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53. I fratelli Vivaldi. — Prima che i navigatori italiani al servizio di Stati stranieri si dedicassero ai viaggi di scoperte1, venivano iniziati, specialmente dai Liguri, parecchi tentativi di esplorazione lungo le coste occidentali d’Africa, e nelle isole dell’adiacente Atlantico.
E, primi fra essi, in ordine cronologico, i fratelli Valdino ed Ugolino Vivaldi, della cui navigazione, diretta a toccare le Indie circuendo il continente africano, si hanno alcune brevi relazioni. L’una è dell’annalista Jacopo D’Oria, il quale lasciò scritto sotto la data del 1291: «Eodem quippe anno Thedisius Aurie, Ugolinus de Vivaldo et eius frater, cum quibusdam aliis civibus Janue, ceperunt facere quoddam viagium, quod aliquis usque tunc facere minime attemptavit. Nam armaverunt optime duas galeas, et victualibus, aqua et aliis necessariis infra eis impositis, miserunt eas de mense Madii de versus Strictum Septe ut per mare Oceanum irent ad partes Indie, mercimonia inde deferentes. In quibus iverunt dicti duo fratres de Vivaldo personaliter, et duo fratres Minores; quod quidem mirabile fuit non solum videntibus, sed etiam audientibus. Et postquam locum qui dicitur Gozora transierunt, aliqua certa nova non habuimus de eis. Dominus autem eos custodiat, et sanos et incolumes reducat ad propria».
Da queste parole si trae primieramente, che Tedisio Doria ebbe parte bensì nello apprestare le navi destinate all’ardita impresa, ma che soli i fratelli Vivaldi si imbarcarono personalmente sopra le due galee: in secondo luogo, che la spedizione si spinse al di là della regione costiera dell’Africa occidentale, conosciuta col nome di Gozora, o altrimenti Ghazola o Ghezola la quale cominciava al capo Nun, e comprendeva le due tribù dei Lamta e dei Gazola.
Una seconda relazione è contenuta in una copia di varie tra le dichiarazioni e leggende che si incontrano di frequente nelle carte idrografiche del Medio Evo, comunemente conosciuta col nome di Itinerario di Antoniotto Usodimare. «Anno 1281 (leggi: 1291) recesserunt de civitate Janue due gallee patronizate per dominos Vadinum et Guidum de Vivaldis fratres, volentes ire in Levante ad partes Indiarum; que gallee multum navigaverunt. Sed quando fuerunt dicte due gallee in hoc mare de Ghinoia, una earum se reperit in fundo sicco per modum quod non poterat ire, nec ante navigare. Alia vero navigavit et transivit per istud mare usque dum venirent ad civitatem unam Ethiopie nomine Menam, capti fuerunt et detempti ab illis de civitate, qui sunt Christiani de Ethiopia submissi Presbitero Johanni. Civitas ista est ad marinam prope flumen Sion (Gihon, cioè il Senegal). Predicti fuerunt taliter detempti, quod nemo illoram a partibus illis unquam redidit».
Brevi cenni della medesima spedizione ci lasciarono pure Pietro di Abano (sec. XIII), Agostino Giustiniano (anno 1537) e Uberto Folieta (anno 1528), i quali ripetono, a un di presso, quanto già ne aveva riferito Jacopo D’Oria.
Restava a conoscere se alcuno si fosse mai avventurato alla ricerca degli arditi ed infelici navigatori, ed ecco rispondere in modo affermativo l’autore anonimo (un monaco francescano spagnuolo) di un piccolo trattato geografico, scritto nella prima metà del secolo XIV, il quale dice, che trovandosi nella città di Graçiona (nell’Africa interna a mezzodì del Senegal), seppe che erano stati colà condotti i genovesi della galea giunta ad Amenuam (Menam della relazione di Usodimare), mentre dell’altra più nulla si era saputo. Procedendo poi sino a Magdasor nella Nubia, ebbe notizia di un genovese per nome Serleone, il quale, messosi sulle traccie di suo padre, membro di quella spedizione, voleva giungere al paese di Graçiona per vedere se gli fosse dato di raggiungere il suo pietoso intento, ma che il Signore di Magdasor vi si era opposto a cagione della strada molto incerta e pericolosa.
Nel racconto di questa spedizione l’anonimo spagnuolo si accorda, riguardo alla sostanza, coll’Itinerario dell’Usodimare, la cui narrazione è universalmente ricevuta per vera. In secondo luogo il racconto è confermato nuovamente dallo stesso Usodimare in una sua lettera del 12 dicembre 1455, colle seguenti parole:
«Reperui ibidem unum de natione nostra ex illis galeis credo Vivalde, qui se amiserit sunt anni 170 (leggi: 164), qui mihi dìxit et sic me affirmat ipse secretarius non restabat ex ipso semine salvo ipso». In terzo luogo, se si trattasse di uno scritto apocrifo, sarebbero mancati al falsario spagnuolo gli elementi per attribuire al figliuolo di uno dei fratelli Vivaldi il nome che realmente gli risulta dalle carte genovesi. Dalle quali infatti si vede che di Ugolino nacque Sorleone, il quale esercitava la mercatura, e, nel 1302, essendo tuttavia minorenne, pigliava accomandite di denaro per trafficarlo in Sicilia. Queste tre osservazioni, trascritte quasi letteralmente da una dotta e breve nota di Tommaso Belgrano, tolgono ogni dubbio intorno all’autenticità dell’importante documento dell’anonimo spagnuolo. Meno accertata mi pare invece la identificazione che l’egregio critico fa della città di Magdasor colla città di Makadashu di Ibn Batuta (Magadoxo delle carte moderne), sulla costa orientale d’Africa; quantunque anche il De Simoni e Teobaldo Fischer l’accolgano senza esitazione2. Ma l’indole stessa di questo lavoro si oppone alla trattazione minuta di un tale argomento.
Note
- ↑ Accenniamo, tra questi, i genovesi Benedetto Zaccaria e Gil Boccanegra fratello al doge Simone, i quali furono ammiragli di Castiglia, il primo nel 1292, il secondo negli anni 1345 e 1359; Ambrogio Boccanegra, ammiraglio di Castiglia, del quale va ricordata la spedizione del 1371 in soccorso del Re di Francia alleato di quella Corona; Nicolò Usodimare viceammiraglio al servizio d’Inghilterra nel 1337 e nel 1338; Antonio Doria che nel 1330 si condusse con 50 galere al soldo del Re di Francia per guerreggiare contro l’Inghilterra; Emanuele Pessagno, ammiraglio portoghese con decreto e convenzione del 1° febbraio 1317, sovente nominato nelle guerre marittime di quei tempi; Lanzerotto Pessagno, figlio di Emanuele, investito della dignità ereditaria di ammiraglio portoghese con lettera del Re Pietro I del 26 giugno 1357. V. Amat di San Filippo, in Bollettino della Società geografica italiana, 1880, pag. 61 e 62; Belgrano, in Atti della Società ligure di storia patria, tomo XV.
- ↑ Fischer, Sammlung mittelalterlicher Welt- und Seekarten italienischen Ursprungs, pag. 12 e 13; De Simoni, Le carte nautiche italiane del Medio Evo, pag. 8; Belgrano, in Atti della Società ligure di storia patria, vol. XV, pag. 321 e seg.
- Pagine con link a Wikipedia
- Testi in cui è citato Jacopo Doria
- Testi in cui è citato Antoniotto Usodimare
- Testi in cui è citato Pietro d'Abano
- Testi in cui è citato Luigi Tommaso Belgrano
- Testi in cui è citato Cornelio Desimoni
- Testi in cui è citato Theobald Fischer
- Testi in cui è citato Pietro Amat di San Filippo
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