Supplemento alla Storia d'Italia/XIII

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XIII - Il Direttorio loda la condotta dell'esercito in Italia, accusa d'aver ricevuto il piano di guerra da Bonaparte, e ne considera i pericoli, e gli comunica le sue vedute su la condotta da tenersi verso i differenti governi d'Italia, e soprattutto quello di Toscana

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XIII - Il Direttorio loda la condotta dell'esercito in Italia, accusa d'aver ricevuto il piano di guerra da Bonaparte, e ne considera i pericoli, e gli comunica le sue vedute su la condotta da tenersi verso i differenti governi d'Italia, e soprattutto quello di Toscana
XII XIV


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Parigi, 18 Fiorile anno 4 (7 Maggio 1796)


XIII - Il Direttorio esecutivo al Generalissimo dell’esercito d’Italia.


Il Direttorio ha ricevuto, cittadino Generale, le importanti vostre nuove degli 8, 9 e 10 Fiorile, e il duplicato [p. 25 modifica]della lettera del 7 dello stesso mese, che gli annunciava la presa di Mondovì ec. Quai gloriosi successi! L’esultazione generale, e le speranze sono immense: una sola vittoria ancora contro gli Austriaci, e saremo signori dell’Italia.

Segnalati servigi voi avete renduto alla patria: ne avrete, cittadino Generale, la più grata ricompensa nella estimazione di tutti gli amici della Repubblica, e in quella del Direttorio. Ei si congratula di nuovo con voi e col valoroso esercito, il quale fa riuscire a fine avventuroso i nostri disegni, con la sua intrepidezza ed ardimento. Gloria a tutti i Francesi i quali, per mezzo di vittorie e di una onorevole condotta, concorrono a stabilir la Repubblica sopra saldissime basi. Il Direttorio approva la tregua provvisoria da voi conclusa con i plenipotenziarj del Re Sardo, come vantaggiosa in ogni aspetto; e non può se non commendare le gagliarde misure che avete preso nel concederla, e farne eseguire immediatamente le più essenziali condizioni.

Ha pure il Direttorio inteso con piacere, che avanti la conclusione della tregua sia stato consultato il cittadino Saliceti, suo commissario all’esercito d’Italia. Questa sorta di accordi, in casi urgenti e nei quali non può essere consultato il Direttorio stesso, sono di particolare competenza dei Commissarj del Governo presso gli eserciti. I Generali francesi debbono tuttavia essere i soli agenti diretti che i Generali nemici avranno a riconoscere; ma fa duopo che i primi non possano fermare alcun accordo o negoziazione nelle suindicate circostanze, se non che a forma degli ordini del Direttorio, e delle condizioni che saranno loro trasmesse dai Commissarj del Governo.

Nel momento, in cui il Direttorio vi scrive, voi siete certamente entrato nel Milanese. Possano i felici destini della Repubblica avervi condotto alcune falangi francesi, prima che gli Austriaci abbiano potuto ripassare il Po! Possano essi mettervi in grado di tagliare le sue comunicazioni dirette con Milano e con la Corte di Vienna! La vostra lettera dei 9 annunzia il proponimento di marciare il dì 10 contro Beaulieu. Voi a quest’ora lo [p. 26 modifica]avrete cacciato. Non lo perdete di mira un istante; la vostra attività e la maggiore celerità nel tenergli dietro possono sole annientar quest’esercito austriaco, che bisogna disfare. Andate, il riposo potrebbe esser funesto; altri allori vi restano a cogliere: se profitterete, siccome avvisate di voler fare, dei vantaggi che ne offrono le gloriose vittorie dell’esercito repubblicano da voi condotto, saranno spente del tutto le reliquie della perfida lega.

Il piano di guerra, che disegnato avete nella vostra lettera de’ 9, è degno dei Francesi e dell’esercito, che voi comandate e conducete alla vittoria: ma esso presenta ostacoli grandissimi, e difficoltà per così dire insuperabili. Siate certo perciò, che il Direttorio accoglie volentieri tutto ciò che se gli offre di grande e di utile alla Repubblica; se non che gli conviene ristringersi entro un cerchio meno ampio di quello, che gli proponete di percorrere, ed a cui lo ferma la imperiosa necessità di por fine alla guerra in questa campagna, non meno che il timore dei disastri che potrebbe trar seco un evento sinistro. Egli confida, è vero, nelle vittorie dell’esercito di Italia; ma quali conseguenze derivar potrebbono dall’entrare in Baviera per le montagne del Tirolo, e che sperare da una onorevole ritirata in caso d’infortunio? E come d’altronde con le forze che voi avete, e qualche mille uomini di più che il Direttorio potrà mandarvi, contener tanti paesi sottomessi alle nostre armi ed impazienti di ritirarsi lungi dall’azione della guerra? Quali mezzi avremmo noi di resistere, se la Corte di Turino, cui costringiamo alla pace, si lasciasse di nuovo circonvenire, e riprendesse le armi per tagliar le vostre comunicazioni?

L’attuale condizione delle cose in Italia ci richiama sulla vostra destra, o cittadino Generale. Prendasi dunque questa direzione, che ne conduca a scacciare i perfidi Inglesi, sì lungamente dominatori del Mediterraneo, e ponga in grado di riacquistar la Corsica, e ritoglier quei dipartimenti francesi al giogo della superba Casa di Brunsvich-Luneburgo. Su tal proposito, le intenzioni del Direttorio sono le seguenti. [p. 27 modifica]

Conquistate prima di tutto il Milanese, sia che debba poi restituirsi alla Casa d’Austria, come cessione necessaria onde assicurarci la pace con lei, sia che meglio convenga di darlo in seguito ai Piemontesi, come premio al cooperare che faranno a questa conquista, o come compensazione dei dipartimenti del Monte Bianco e delle Alpi Marittime, riuniti nella forma costituzionale alla Repubblica. Cacciate gl’inimici sulle montagne del Tirolo e fate che paventino d’esser là pure sforzati.

Quindi spartite in due l’esercito d’Italia: resti la parte più debole nel Milanese, e colla sua presenza ne assicuri la possessione; le truppe piemontesi ve la seconderanno, se il Re di Sardegna accetta l’alleanza offensiva e difensiva, di cui senza ritardo si negozierà co’ suoi agenti; ad esse sarà specialmente commessa la guardia delle gole del Tirolo, e se le circostanze lo permettevano, portar più oltre la guerra: giova a noi lasciarle agire e muoverle eziandio ad essere audaci; ma le truppe repubblicane restino nel Milanese, mettanvi taglie, e vivano in quel paese cotanto fertile, e la cui possessione è stata sì preziosa agli Austriaci nel corso di questa guerra. Voi vi giungerete al tempo della raccolta: fate che l’esercito d’Italia non abbisogni dei soccorsi dell’interno. Il Direttorio destina al Generale Kellermann la condotta delle forze francesi nel Milanese, allorché voi avrete effettuata la separazione dell’esercito d’Italia, ingrossato da quello delle Alpi; ed è sua intenzione di lasciar sussistere in questo nuovo ordine di cose, il decreto de’ 9 Fiorile, il quale conferisce ai Commissarj Garreau e Saliceti il diritto di ordinare movimenti di truppe ec. Queste disposizioni assicurerebbero l’unione fra i due Generali, se l’amore della Repubblica e il desiderio di far trionfare le nostre armi non gli tenessero anco più intimamente collegati.

La seconda colonna, la quale dovrà essere più forte che sia possibile, andrà in parte costeggiando il mare. Dopo che voi assicurato vi sarete del libero passo per Gavi, se il credete necessario, o che avrete anche occupato questa fortezza, ella si avvierà prima alla Volta di Livorno, e minaccerà quindi di recarsi a Roma e Napoli.

Ecco la condotta da tenersi rispetto a Livorno e nella [p. 28 modifica]Toscana: è necessario giungervi secondariamente e quando meno vi sarete aspettato. La Repubblica non è in guerra col Granduca, e giova il mantenerci in buona relazione con lui; il suo Ministro a Parigi non ha dissimulato il timore in che gl’Inglesi tengono la Toscana, e la tirannìa che usano nel porto di Livorno. È degno della Repubblica il trarlo da questo giogo, e preme poi sommamente che nei porti della Toscana sieno rispettati i colori nazionali. Giungano le truppe francesi a Livorno con quel buon ordine che l’amicizia richiede, e ch’è indispensabile nei paesi neutrali. Fate inteso il Granduca della necessità in che ci troviamo di passare nel suo territorio, e metter presidio in Livorno. La spedizione del corriere a quest’effetto, e l’arrivo delle truppe repubblicane in quel porto sieno combinati in modo che il corriere giunga a Firenze nel tempo medesimo, o poco avanti, che le truppe francesi entreranno in Livorno; prendetene possesso con quelle stesse formalità, che furono adoperate nella occupazione di Vado: impadronitevi delle navi e delle proprietà inglesi, napoletane, portoghesi, e di altri Stati nemici della Repubblica; sequestrate pur anche le proprietà dei sudditi loro, e fatene immediatamente formare inventario: abbiate soprattutto cura, cittadino Generale, che queste ricchezze non divengano preda della cupidità e dei dilapidatori: il Granduca non potrà opporsi a tali rigorosi spedienti; né il Direttorio presuppone voler lui mettervi ostacoli che denoterebbono perfidia cui converrebbe distruggere. Dichiarate, cittadino Generale, a quel Principe in nome del Direttorio esecutivo, esser necessario, che ordini immantinente, che quanto è ne’ suoi Stati di proprietà de’ nemici della Repubblica, sia dato in poter nostro, e risponda egli del sequestro: altrimenti la Repubblica francese costretta vedrebbesi a trattar la Toscana, come se fosse alleata dell’Inghilterra e dell’Austria.

Il Granduca sarà responsabile del successo e della esecuzione di tali ordinamenti. Traete inoltre dalla Toscana tutto il bisognevole all’esercito, e date in contraccambio polizze del ricevuto da scontarsi alla pace generale. [p. 29 modifica]

Esagerate il numero delle truppe francesi in Italia, e fatene destramente correr voce, chè in tal guisa crescerà il terrore nei nostri nemici, e raddoppieransi in qualche maniera i vostri mezzi di agire.

Entrando sul territorio della Repubblica di Lucca, dichiarate ad essa, in nome del Direttorio esecutivo, che la Repubblica Francese non ha mire ostili contro di lei.

Le nostre quistioni con Genova convien differirle a dopo la occupazione di Livorno: contentiamoci per ora che ne fornisca bestie da tiro e da soma, carriaggi, ed i viveri necessarj all’esercito, dandone in contraccambio polizze del ricevuto da scontarsi a suo tempo; del resto ciò che vi è stato prescritto relativamente a Livorno, può applicarsi alla repubblica di Genova, e non che ne torna conto a non ridurla alla disperazione, ed assicurarsi che la sua neutralità siaci utile quanto lo è stata finora ai nostri inimici. La maniera, con cui essa recentemente si è diportata verso di noi, non è tale certamente da farci dimenticare il tratto di perfidia di che in tempi a noi meno favorevoli fu vittima la Fregata la Modesta. Non è lontano il momento di chiederne solenne vendetta, e di operar che coloro, che hanno fatto abbruciar la Modesta e chiamato gli Austriaci, sieno condannati come traditori della patria. Potrà con ragione dirsi ai Genovesi: O voi avete lasciato prender quella Fregata e trucidarne l’equipaggio per inimicizia alla Francia, o sacrificata l’avete per debolezza. Nel primo caso, noi ne domandiamo condegna vendetta; nel secondo, vogliamo che trattiate i nostri nemici come noi trattati avete. È necessario che il compenso che ci sarà dato pei danni sofferti, sia sufficiente, dovendone partecipare i parenti dei Francesi che perirono sulla Modesta, e che la riparazione di un sì grave oltraggio sia formale e solenne.

Diasi opera parimente, dopo la occupazione di Livorno, a levare un impresto nella città di Genova, ma guardiamoci dal travagliarla; le si faccia sentire noi essere più generosi de’ nostri nemici, che proposti si erano di darla in potere del Re di Sardegna; le si chiegga in modo che non ammetta ripulsa, che tutte le proprietà dei nostri [p. 30 modifica]inimici, massimamente degl’Inglesi, esistenti tanto nella città e porto di Genova, quanto negli altri paesi di quella Repubblica, siano date immediatamente in poter nostro: si sequestrino tutte quelle che ai negozianti ed altri sudditi di potentati nemici appartengono, e risponda il governo di Genova della sicurtà del sequestro; ed in contraccambio di tutto ciò che Genova fornirà, si continui a dar polizze del ricevuto, da scontarsi alla pace generale: impongasi finalmente che gli emigrati Francesi sieno tutti indistintamente cacciati dai territorj di Genova e di Toscana, come lo saranno stati da quella parte del Piemonte che voi occupate, nel caso in cui osato avessero di rimanervi.

Quanto al Duca di Parma, ragion vuole che gli si faccia scontar la sua pertinacia in non volersi separar dalla lega: dovranno i suoi Stati fornirci tuttociò che ne abbisogna, e darci dei soccorsi in contanti; ma i vincoli d’amicizia che ci legano alla Spagna c’impongono di non farvi alcuna inutile devastazione e di usarvi maggior riguardo che negli altri territorj dei nostri inimici. Con ogni rigore si tratti bensì il Milanese. Vi si mettano imposizioni da pagarsi a contanti immediatamente e nel primo terrore che vi ecciterà l’arrivo delle nostre armi, ed attentamente s’invigili che ne sia fatto buon uso. I canali e le grandiose opere pubbliche di codesto paese non vadano immuni affatto dai casi della guerra; ma si usi prudenza. Voi troverete segnata di N. I. una nota importante, la quale vi porrà in grado di prendere qualche salutare spediente; nulla sia omesso da voi che cooperar possa alla salvezza dei difensori della Repubblica. Venezia sia trattata non come amica, ma solamente come neutrale, non avendo ella fatto cosa da meritare i nostri riguardi. Quanto a Roma, se volesse trattar d’accordo, si esigga per primo patto che il Papa ordini immediatamente preci pubbliche per la prosperità e la felicità della Repubblica francese. Alcuni de’ suoi bei Monumenti, delle sue Statue, Quadri, Biblioteche, Bronzi, Madonne di argento e le campane ancora siano compenso alle spese che occorressero per la visita che voi gli farete. Rispetto poi alla Corte di Napoli, se, paventando ella del vostro avvicinarvi ai suoi [p. 31 modifica]Stati, volesse venire a qualche trattato di pace con la Francia, le si chiegga prima di tutto, che metta in poter nostro le navi e le altre proprietà appartenenti alle nazioni nemichc della Repubblica; si obblighi formalmente a non ricevere ne’ suoi porti, nel corso di questa guerra, navi inglesi o d’altri nemici nostri, proibisca loro l’entrarvi, nemmeno con bandiera neutrale, e dia sicurtà dell’adempimento di queste condizioni.

È stato dato ordine all’esercito dell’Alpi, che vi fornisca immediatamente quattro mezze brigate, e voi vedrete dalla tavola qui annessa, quali disposizioni sono state prese dal Ministro della guerra, per far marciare alla sfilata per la via più breve varie compagnie d’artiglieria leggiera verso l’esercito d’Italia: è stato di necessità il prenderle dov’elleno erano, sicché duole al Direttorio del giunger che alcune di esse faranno assai tardi al loro destino.

Il Ministro della guerra ha dato parimente ordine che un quarto Commissario intendente, il cittadino Foullet, dall’esercito delle Alpi si rechi a quello che voi comandate; avrete inoltre i cittadini Lambert, Sucy e Gasselin. Nel caso che uno di questi ultimi due, o il cittadino Foullet, convenisse meglio che il cittadino Lambert per l’uffizio di primo Commissario intendente, il Direttorio dà facoltà al cittadino Saliceti di eleggere a detto uffizio quello dei tre che gli sarà da voi indicato. Se l’esercito delle coste dell’Oceano può fornirvi qualche parte di cavalleria, il Direttorio la farà avviare alla volta dell’esercito d’Italia, e darà opera a procacciarvene ancora. Egli sta trattando della pace con la Sardegna, e vi terrà informato delle negoziazioni: la Repubblica francese sarà generosa, e cercherà di farsi un alleato che, per interesse e per amicizia, siale sempre congiunto. Attende il Direttorio con impazienza le novelle de’ vostri successi contro l’esercito austriaco. Colpite, cittadino Generale, e arditamente colpite.

Carnot.