Teatro Historico di Velletri/Libro II/Capitolo V
Questo testo è incompleto. |
◄ | Libro II - Capitolo IV | Libro II - Capitolo VI | ► |
Cap. V.
Che li primi Regi, non dico solamente i Volsci, ma li Romani ancora, e li primi Cesari dimorassero per qualche tempo in questa nostra Città, è cosa tanto chiara, che non ho stima convenevole di affatigarmi a ritrovarne l'autorità di Scrittori per autenticarla, perché havendo per indubitato, che Velletri sia stato à un tempo Capo de Volsci, Patria d'Augusto, e luogo, dove sono state fabricate sontuose Ville de' principali Romani, come apertamente s'è provato nel primo Libro; sarà più che sicuro, quivi degl'istessi l'albergo, e perciò non mi curo di far racconto di loro, ma d'altri personaggi à loro uguali, e maggiori.
Supposto dunque quello si è narrato di sopra al Cap.IV. dovemo dire, che S. Clemente Papa sia dimorato in Velletri per qualche tempo, come gl'altri Cardinali ancora, che sono stati Vescovi Veliterni, e poi Sommi Pontefici, come Gregorio Nono, Innocentio Quinto, Innocentio Sesto, Benedetto Undecimo, detto Decimo, Giulio Secondo, Benedetto Undecimo Antipapa, et altri già di sopra accennati.
Anastasio Quarto Sommo Pontefice, fù in Velletri per qualche tempo, perche essendo egli Monaco, fù Abbate dell'Abbatia di Velletri, chiamata di S. Rufo (che di presente si stima il nostro Convento di S. Francesco) cosi affermano il Tritemio, il Platina, il Panvino, Hartmanno Nuremburgense, et altri. L'Abbate Constantino Gaetano per autenticatione di ciò, con l'autorità d'un coetaneo di Anastasio né manoscritti, dice, ch'egli da fanciullo, si nutricasse in Velletri in detta Abbatia, della quale divenne Abbate, poi fù fatto Vescovo Cardinal Sabinense, e Vicario del Papa, finalmente nel M.C.L.III. fù assonto alla soprema Sede di Pietro, dal Vicelio chiamato, Amator Pauperum, visse nel Pontificato un Anno, quattro Mesi, e sedeci Giorni.
Lucio Terzo Sommo Pontefice, perché era stato Vescovo Cardinale Veliterno, et haveva sperimentata la fedeltà de' Velletrani, per la ribellione, e congiura, che li Romani fecero contro di lui, perché levar voleva il governo di Roma dalle mano de' Senatori, non potendo più sopportare li pessimi trattamenti fatti da i poco timorosi di Dio a' suoi aderenti, si partì da Roma, e se ne venne in Velletri, dove fù ricevuto con quella riverenza, che si doveva, e con ogni magnificenza possibile. Vidde il Sommo Pontefice gran sicurezza della sua persona, et perciò vi si fermò più d'un Anno con molta sua sodisfatione, e vi fece la prima Promotione de' Cardinali, che fù nel M.C.LXXXII: nel Mese di Decembre. Li Cardinali furono Guglielmo Conte di Blesa Francese, Huberto Alluccingolo Lucchese, Pandolfo Massa Pisano, Bobo Romano, Sofredo ....... e Donno Albino Milanese, e Ranieri di Pavia Cardinale di Papa Alessandro Terzo fù fatto Cardinale Prete, e Tit. di SS. Giovanni, e Paolo. Si trattenne il Papa ancora molti Mesi in Velletri, poi si trasferì in Anagni, in quelli tempi Città forte, e sicura, dove à capo à l'Anno fece un'altra Promotione de Cardinali, tanto registra il Ciaccone.
Innocentio Terzo Sommo Pontefice è stato in Velletri, come appare per una sua Bolla, che si conserva nell'Archivio della Cattedrale, nella quale concede à nostri Canonici le Chiese di S. Antonino in strada, di S. Dionisio, di S. Pietro in Querceto, di S. Nicola, di S. Benedetto, di S. Biasio, li Casali de Scazzi, de Paritori, del Piano delle Forme, delle Bussetole, de Puliano, un Casale nelle Corte, il Casale della Chiesa di S. Pantaleone, come anche il Casale chiamato Ilperino. Parimente gli conferma cinque Molini, cioè del Selce, di Senza, di S. Antonino, del Pertuso, e della Pentoma. Comincia il Breve, Cum à vobis petitur, etc. Dat. Velletri iiÿ. Idus Octobris, Pontificatus Anno Quinto. che fù alli 12. d'Ottobre M.CC.II.. La caggione per la quale questo Sommo Pontefice fosse in Velletri, non hò potuto ritrovarla dalle nostre Scritture; sicome niuno Scrittore ne fa mentione.
Alessandro Quarto Sommo Pontefice, è stato in Velletri, e mi persuado fosse quando andò in Anagni sua Patria; perché, essendo egli stato Vescovo Cardinal Veliterno, volse venir ad honorar la sua prima Chiesa, dove consacrò, benedisse, et autenticò una Croce piena di Reliquie, che si conserva nella Catedrale con molta decenza, e si mostra al Popolo, che numeroso divotamente vi concorre, due volte l'Anno, cioè il giorno di S. Eleuterio Vescovo, e Martire per li vint'uno di Maggio, et il giorno di S. Clemente Papa, e Martire per li vintitre di Novembre.
Voglio anco registrarmi Bonifacio Ottavo Sommo Pontefice, quale v'è stato da fanciullo chiamato Benedetto figlio di Loffredo Caetano, quale si allevò nel nostro Conv. di S. Franc. sotto la cura di Fra Bruno, ò Leonardo Patrasso suo Zio, che poi lo fece Cardinale nel M.CCC. perciò non mi maraviglio, s'egli tanto honorò la nostra Religione, e particolarmente la Provincia di Roma, con cinque Cardinali, che furono fra Giacomo Tomasi d'Anagni, Fr. Andrea Conti, hora Beato, che rinunciò il Cappello, il cui Corpo si conserva nella nostra Chiesa di S. Lorenzo del Piglio, con molta veneratione, per li di cui meriti si ricevono molte gratie a Dio, Fr. Gemtile da Montefiore Marchiano, Fr. Leonardo Patrasso de Guercino suddetto, Fr. Giovanni Minio di Morro Marchiano; come anco fece molti Vescovi, dè quali non me curo farne racconto. Quando il Sig. Conte Barsi non mi testificasse d'haver vedute Scritture nel nostro Archivio di S. Francesco, nelle quali stava registrata l'educatione di questo Pontefice, potrebbe il Lettore accorto scuprirlo dalle parole contenute nel Breve del Vescovato Hortense di Fr. Lorenzo da Velletri Min. Con. nel quale apertamente espone l'affetto benigno, e la familiare conversatione di esso Pontefice col detto Frate; e sono le seguenti. Non igitur considerantes attentius Religionis honestatem laudabilem, morum elegantiam, conversationis, et vita munditiam, discretionis industriam, et aliarum dona virtutum, quibus te bonorum Dator Altissimus decoravit, etc. qual Breve fù spedito li tre di Ottobre del M.CC.XCVIII. Si trova nell'Archivio di Castello un'instromento, nel quale la nostra Città elesse per Podestà questo Sommo Pontefice, e la sopra inscrittione dice, Instrumentum, in quo Commune Velitrarum eligit in Potestatem per sex menses Bonifacium Papam Octavum. Non ho potuto penetrare, se questa elettione fù avanti che egli fosse Papa, overo doppo per corrispondere al paterno, et amoroso affetto di lui, ò pure per sedare qualche controversia, e dissentione de' Cittadini, ma comunque sia, risulta in riputatione, et honore della Città, che come Republica si governava nell'elettione de' Ministri.
Paolo Terzo, già Vescovo Cardinal Veliterno, dimorò in Velletri da Pontefice qualche giorno, amando grandemente questa sua Città. Anzi per l'effetto, che portava à Giovanni Mariola, volse degnarsi di farli favori insoliti, come à servo familiare, et antico, perché andò di persona ad honorare la Casa di quello, e per accrescersi gratie, li concedè per parte dell'Arme un Giglio Azzurro dell'Impresa Farnesiana, e sin'al giorno presente si conserva questo favore nell'honorata Fameglia Mariola. Il medesimo Pontefice confessa d'esser stato in Velletri in una Bolla, con la quale conferma li Confini del nostro Territorio con queste parole, Nos cum in dicta Civitate essemus, etc. Di questa Bolla se ne farà mentione altrove.
Pio Quarto Sommo Pontefice, fù in Velletri nell'Anno M.C.XLIV. come si cava dal Libro de' Consegli del dett'Anno. Fece questo Pontefice molti favori alla Città, particolarmente nella reintegratione delle Pene, e confirmatione de' nostri Statuti, come se dirà altrove.
Sisto Quinto Sommo Pontefice, vi è stato di passaggio, quando andò à Terracina, e vi fù ricevuto con bell'Archi Trionfali, e sontuoso apparato, con Fontane di vino, e con grandissimo giubilo de' Cittadini. Vi riconobbe Giovanni Tessari Chirurgo de' primi di quei tempi, che l'haveva servito mentre in minoribus stette nel nostro Convento di S. Francesco. Concedè il benigno Pontefice al detto Giovanni due Cavalierati di buona rendita, uno per Teodosio mio Padre spirituale, e l'altro per Girolamo suoi figli, ma la poca cura, et accortezza di Giovanni caggionò, ch'altri godessero i frutti della generosità di Pontefice tanto liberale.
Vi è stato Clemente Ottavo Sommo Pontefice, quale fù alloggiato dal Cardinale Gesualdo Vescovo Veliterno, che lo ricevè con grandissima magnificenza, e splendore, e con molta sodisfatione del Pontefice, per haver veduto l'ossequio, e riverenza grande d'una Città fedelissima à Chiesa Santa, così popolata, et abbondante di tutte quelle cose, che per il viver humano bramare si possono.
Lasciando Ladislao Rè di Napoli, di cui diremo altrove. Vi è stato Lodovico Bavaro Imperadore, e fù nell'Anno M.CCC.XXVIII. Perché, come narra il Torniello, havendo li Romani perduta la Molara Castello, difeso allora dalle genti del Rè Roberto; l'Imperatore se ne venne allavolta de Velletri, dove fù ricevuto con quelle dimostrationi d'ossequio, come richiedeva la miseria di que tempi. Parti Lodovico con i suoi Baroni verso Cisterna, che per haverla ritrovata sprovista de viveri necessarij à così numeroso essercito, fù per ordine di lui, senza punto di pietà, saccheggiata prima, e poi abbrugiata; per la qual caggione, dice il Tarcagnotta, che egli non volse seguitar il viaggio di Napoli. Ritornarono in dietro gl'Imperiali, con animo di rientrare in Velletri, forse per far provare à questa Città, l'istessa fortuna, c'haveva à suo costo sperimentato Cisterna: ma li nostri Cittadini coraggiosi, fatti accorti dall'altrui sciagura; non havendo timore dell'Imperatore, ne della sua Armata, non lo volsero ricevere; li serrarono le Porte, onde fù forzato accamparsi fuora con poco suo gusto; e vedendo poi, che questa Città stava si ben munita, e da' Cittadini con molta vigilanza guardata, si risolvè di partir via, come fece, senza poter esseguir la crudeltà, che altrove mostrato haveva. Quanto questa coraggiosa attione cagionasse honore, riputatione, e lode alla nostra Città, e Cittadini, lo rimetto alla consideratione de' Lettori, c'haveranno notitia dell'Essercito Bavaro, e della mala qualità di quei tempi per le molte turbolenze di guerra, ch'affliggevano l'Italia: così registra Giovanni Villani. Simile, e maggior coraggio havevano mostrato prima li nostri Velletrani contro Ruggiero Duca di Puglia, che venendo à danni de' Romani, perché non sapevano il pensiero di lui, li fecero brava resistenza, e mantennero la propria Patria, quantunque l'altre Città, e Terre havessero ceduto al valore di Principe cosi potente; tanto nota il Collenuccio. Anco nel M.D. XXVII. palesarono altretanto coraggio li nostri Cittadini, quando alle genti Cesaree, c'havevano pensiero d'alloggiare dentro la Città, e forse anco maltrattarla, li serrarono le Porte, intanto, che furono forzati accamparsi fuori delle mura, et indi partirsi con poca sodisfatione: tanto si trova notato nell'Archivio della Città.
Il contrario fecero li nostri Cittadini nel M.CD.LI. perché essendo venuto in Roma Federico Terzo Imperatore, per ricevere per le mani del Pontefice la Corona d'oro, e sposare Leonora figlia d'Eduardo Rè di Portogallo, nipote d'Alfonso Rè di Napoli; doppo esser stato con paterno affetto accolto dal Sommo Pontefice Nicolò Terzo: ricevuta la Corona d'oro, et altri ornamenti, che già tant'anni prima haveva portati Carlo Magno; sposata con la benedittione Pontificia Leonora, volse andar in Napoli à vedere il Rè Alfonso suo zio, e passando per Velletri, li vinticinque di Marzo, fù da' Cittadini ricevuto con molti segni espressivi d'ossequio. Alli vintisei, vi gionse Roberto figliolo dell'Imperatore, et Arciduca d'Austria, et alli vintisette L'Imperatrice Leonora, à quale i Velletrani mostrarono altretanto ossequio, e fecero quella mostra d'allegrezza, che si richiedeva à Personaggi di tanta grandezza; l'istesso si trova nel nostro Archivio.
V'è stato ancora Carlo Ottavo Re di Francia, cosi nell'andare, come nel ritornare da Napoli, à cui furono fatte quelle ossequiose dimostrationi, et applausi, che furono possibili, perché li nostri Cittadini fecero Fontane di vino, Archi Trionfali, con l'incontro del Magistrato, e di tutta la Soldatesca. Due Archi Trionfali più sontuosi de gl'altri li furono alzati, uno nella Piazza di sopra, quale, oltre a molti ornamenti, che l'abbellivano, si vedeva in un Svolazzo il seguente Motto, CAROLO FRANCORUM REGI INVICTISSIMO HONOR, ET GLORIA. E l'altro nella Piazza di sotto, che con altri abbellimenti conteneva questo Scritto, GLORIAM REGNI TUI, ET POTENTIAM TUAM LOQUEMUR IN SAECULUM. Condusse seco Zizimo1 (il Giovio lo chiama Gemi)Fratello di Baiazetto, Imperatore de' Turchi, consegnatoli da Papa Alessandro Sesto, acciò s'accingesse all'Impresa contro la empia Setta Maomettana. Ma gionto in Velletri morì Zizimo, e si perdè quella bona occasione di far progressi per la Fede di Christo. Il Rè si trattenne in Velletri per qualche tempo per dare udienza à D. Antonio Fonseca Ambasciatore del Rè di Spagna, il quale molto si risentì per la poca corrispondenza mostrata dal Rè Francese all'affetto paterno del Pontefice; così registra il Giovio, Igitur Fonseca apud Velitris in Consilio Regis, et Procerum, gravi Oratione habita, quaestus est, etc. E si mostrò così sdegnato, che pigliò ardire di squarciare il Viglietto nel quale stavano scritte le Capitolazioni della Pace sottoscritte d'ambidue li Rè, Ut Fonseca alioqui sedati Animi, ita perfervidus, Libellum, in quo Foederis scripta, utriusque Regis manu subscripta, ac obsignata erant, in conspecta Regis concerpsit, dice l'istesso Giovio; onde il Rè Carlo li fece intendere da suoi Baroni che li Francesi erano differenti dà Mori di Granata, come presto l'haverebbe fatto vedere con l'esperienza.
Non voglio in questo luogo lasciar sotto silenzio, ch'in Velletri si fece una stravagante mutatione d'humani accidenti, perché la Città d'allegra divenne mesta, e di ridente, piangente, come registra il nostro Landi né suoi Manoscritti. Perché havendo il Pontefice conceduto al Rè, che per l'impresa de Napoli, potesse condurre seco Cesare Borgia, giunto in Velletri, lo teneva così custodito, come fosse suo priggione, onde il Borgia cominciava à dubitar della sua vita, e tanto più, quanto che s'allontanava dal Papa: cominciò egli à pensare à casi suoi, e se raccomandò all'aiuto d'alcuni Cittadini Velletrani, quasi mossi à compassione d'un personaggio tale, giudicando certo il pericolo della sua vita, promessero di prestarli ogni aiuto, e liberarlo dalle mani del Rè con la fuga; cosi fecero, e furono Lodovico Monticelli, Giovanni Lerice, et un Alfiere di casa Borgia, Velletrano ancor egli, chiamato Pietro, quali unitamente con segretezza possibile, mentre si attendeva alle feste, et allegrezze per l'arrivo del Rè, loro con habito mentito, per le mura fecero fuggir Cesare, e per strade non pratticate, lo posero in saluto, lo posero in salvo, et egli se ne ritornò à Roma, Valentinus Cardinalis, minus intentis in eius custodia Gallis, mutato habitu, à Velitris profugit, seguita il Giovio. Fù riferita la fuga del Cardinale al Rè Carlo, della quale restò tanto sdegnato, che ordinò à suoi Soldati l'incendio della Città, doppo la sua partenza. Alloggiava in casa d'un Cittadino del Magistrato il primo Secretario del Rè, e perché fù ben trattato, e servito, e perché haveva veduti gli applausi della Città, gli venne compassione di lui, e della sua fameglia, gli conferi con ogni secreta confidenza il precetto Regio, acciò rimediasse à casi suoi al meglio, che poteva. Quanto il nostro Cittadino non restasse afflitto, e doglioso, lo consideri chi ama la Patria, e li figli, e dubita della disolatione della Città. Corse il mesto Cittadino con prestezza, à farne avvisati li suoi Compagni del Magistrato, e la Città tutta, che in un subito cangiò le feste, e li giubili in lamenti, e pianti. Andarono unitamente li Nove del Magistrato con altra buona comitiva de Gentilhuomini à darne parte al Cardinal della Rovere, detto di S. Pietro Ad Vincula, ch'era nostro Vescovo Cardinale, e stava allhora in Velletri per far'accoglienza al Rè: lo supplicarono à volere rimediare alla rovina, che soprastava alla sua Chiesa; et egli con animo generoso, pigliando à cuore l'impresa, andò subitamente al Rè, che, quantunque stasse in letto, li diede udienza, et concedè alle preghiere di lui la salvezza della Città, e la vita de' Cittadini. Questa andata del Rè Carlo à Napoli vien registrata da molti, ma chi lascia sotto silentio una cosa, chi l'altra, e della morte di Zizimo sono similmente diversi li pareri di chi scrive; perché il Doglioni dice, che quello morisse in Gaeta, ò in Terracina; Roberto Guaguino vuole, che morisse in Napoli, ecco le sue parole, Veniens Romam Carolus, favente Populo, in ea stationem fecit, et quas ab Alexandro Urbes hauberat, libere dimittit, praeter Ostiam, et Zizimum Turcum; qui apud Neapolim vita decesserat. Teodoro Spandugino nel discorso, che fa de' Prencipi de Turchi, dice, che morisse in Velletri, e dice, Ma Carlo Ottavo venendo potentissimo all'Impresa del Regno di Napoli, nella Capitolazione, che fece con Alessandro Sesto, fra l'altre cose, volse il Zizimi, per lui designando d'andar à far l'impresa contro il Turco, acquistato c'havesse il Regno prenarrato, et arrivato, che fù in Velletri il Zizimi venne à morte. Per la varietà di chi scrive, si dà campo franco di credere à chi legge.
Né meno voglio tacere quello che registra il Guicciardini, che scrivendo la fuga del suddetto Cardinal Valentino da Velletri, narra che le genti Reggie distruggessero la Terra di Monte Fortino, senza ch'usassero punto di humana pietà; quale s'è poi ripopulata, e di preferente è più copiosa d'habitatori, che prima. Giudico non sia fuor proposito il registrare due Epigrammi fatti dal nostro Mancinello per l'istessa occasione di Rè Carlo, tanto nell'andare, quanto nel tornare da Napoli.
Rex Regum, terrorque bestis, rerumque potestas
Faelici auspicio veneris Italiam
Ut olim Senones Urbem, Carthaginis Arces
Scipio, Parthenopes inclita Regna cape.
Quod fore nec dubites praestas pietate Tirannum
Consilio, atque Armiis, Viribus, Ingenio
Nec Tibi defuerit Gallorum Gente creatus
Giraldus, si nos mitius aspicias.
Is Sanctus nostrae est Urbis, Tutela Salusque;
Hostibus hinc olim Plumbea Glans cecidit.
Nec minus in Gallo speramus commoda Rege,
Numine Giraldi fis, rogo, nostra salus.
Ad CAROLUM Regem Parthenope redentem
Magnus Alexander pugnando saepius acrem
Darium vicit, Perseon Aemilius
Carolus Italiam terret certamine nullo,
Dumtaxat Gypso Roma superba patet.
Effugit Alphonsus, Regali Sede relicta,
Effugit heu solo nomine sollicitus.
Caesaris haud aliter Pompeius nomen aborrens
Cum Patribus longè fugit ab Urbe citus.
Maior Alexandro Gallus, cum nomine solo
Caeperit Ausoniam, Thracia Regna tremant.
Caesaris ergo magis similis, quapropter ut ille
Imperium Oceano terminet, Astra colat.
Potrei registrare trà questi Personaggi ancora Pirro Rè famoso degl'Epiroti, che, come scrive Michele Zappullo, si fermò in un luogo distante da Roma vinti miglia (credesi che per tal distanza sia Velletri) dove aspettava, che da Romani, dal suo valore intimoriti, sim andasse à chieder la Pace; ma non riuscendoli il pensiero, mandò egli poi Cinea Oratore facondissimo, e Consigliero prudentissimo, ad offerir à quelli la Pace, che ricusata con molti presenti ancora da Romani, fù caggione, che Pirro tornasse in dietro; ma per non haverne maggior chiarezza, lo lascio sotto silentio.
Note
- ↑ Cem, o Gem, detto anche Zizim, era figlio di Maometto II e fratello minore di Bayezid II con il quale entrò in conflitto per la successione al trono. Dopo essere stato sconfitto per la contesa al trono, si consegnò ai Cavalieri di Rodi che lo tennero prigioniero e lo consegnarono successivamente nelle mani di papa Innocenzo VIII. Il suo successore, Alessandro VI, lo consegnò nel 1494 al re francese Carlo VIII nel corso della sua discesa in Italia per reclamare il Regno di Napoli.