Teatro ladino (Auronzo)/2

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Merica…


Storia di un emigrante auronzano


Commedia in un prologo e otto quadri


di


Bruno Ferroni



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Personaggi:

Annibale
Gusta (sua moglie)
Nardo (fratello di Annibale)
Antonio (figlio di Annibale)
Ottavio Spavelli (agente di emigrazione)
Figlia di Annibale
Nipotini di Annibale
Nonno/a
Parroco
Viola (vicina pettegola)
Bastian,Tita, Alfredo, Angelo, Gaspro, Emma, Eulalia, Samuele, Fernando
Petra (compagni di viaggio)
Ercole e Germana (vecchi emigranti a New York)
Aron (lavoratore di colore)
Controllore

Quella di Annibale Zandegiacomo Bianco è una storia vera, ricostruita attraverso le lettere autentiche scritte da lui e dai suoi familiari ed amici, custodite per molti anni dalla figlia Carmela. 3 Annibale nasce ad Auronzo nel 1864, da Baldassarre e Lucia Da Corte Zandatina. A vent'anni si sposa con Augusta Angela Vecellio Del Monego, dalla quale ebbe dieci figli.

Con il suo carro trainato da cavalli Annibale trasporta merci varie, ma soprattutto legname, per i privati e per il Comune, aiutato in questo dal fratello Leonardo.

Sono anni difficili dal punto di vista economico e perciò decide di emigrare negli Stati Uniti.

Il 4 marzo 1888 parte da Auronzo, insieme ad un gruppo di compaesani, e, dopo aver raggiunto Innsbruck, Anversa e Rotterdam con il treno, il 17 marzo si imbarca ad Amsterdam sul battello a vapore “Zaandam”. Il 31 marzo 1888 Annibale è a New York e in una bellissima lettera esprime la gioia per la sorpresa “… a vedere le meraviglie di questa maestosa città...”

Poi ci sono l'incontro con i compaesani che già si trovavano negli Stati Uniti, il lavoro in Pennsylvania a tagliare alberi e caricare legname sui vagoni ferroviari, le difficoltà per la lingua e... anche delusioni.

Neanche le strade dell'America sono lastricate d'oro!

Il legame con la famiglia è sempre molto forte e così pure la nostalgia per il paese e la preoccupazione per i suoi cari così lontani.

Annibale rimarrà negli Stati Uniti per alcuni anni, poi tornerà in Italia per ripartire ai primi del Novecento insieme al figlio maggiore Antonio. Infine tornerà definitivamente ad Auronzo.

La sua fu un'esperienza di emigrazione dura e dolorosa come quella di molti altri Auronzani che spesso non fecero più ritorno al paese d'origine.

Prof.ssa Ilde Pais Marden Nanon


PROLOGO

Nella cucina, Annibale, già in là con gli anni, in compagnia della figlia che lo accudisce, è seduto davanti al caminetto. La figlia lavora a maglia e Annibale si sforza per l'ennesima volta di accendere la pipa. Un nipote entra in cucina di corsa agitando in aria, come fosse un trofeo, un pacchetto di lettere, tenute insieme da un vistoso nastro rosso.

NIPOTE: "... vardà nono ce che ei ciatou..."
FIGLIA: "... (un pò risentita che il bambino metta le mani dove non deve)...

agnó asto ciatou chele letre... cuante ote te ei dito de no dì a vèrde l baul su de sofita..." (il nipote cerca di scappare e si rifugia vicino al nonno)

ANNIBALE: (calmo) "... vien ca dal nono... vien ca... che vede n tin...

(esamina il pacchettino, lo scioglie, e)... varda, varda (divertito)... no credo ai me oce... no pensao de avé scrito tanto..."

NIPOTE: "... ce elo… nono... disieme... ce elo?"
ANNIBALE: "... cheste, caro l me tosato é le letre che l nono scriviea

cuanche l era n America... tante... tante ane fa..." (al nipote) "ca... che l nono te conta na bela storia..." (altri tre nipoti si avvicinano al nonno... che inizia a raccontare...)

ANNIBALE: "... tosate... ades vedè che na bela ciasa che avon... la

stala... le vace... l tabià... no ne mancia nuia... ma no é senpro stou cossì... avé da savé che n bar de ane fa... na siera, ió e me frà Nardo..."

(MUSICA)

QUADRO PRIMO

Auronzo, mese di dicembre dell'anno 1887. Una sera piuttosto gelida.

Osteria scura e fumosa... uomini di tutte le età, seduti ai tavoli o con il gomito appoggiato al bancone, ma tutti con “l onbra” o con il mezzo litro a portata di mano. In un angolo, attorniati da un cappannello di persone, due uomini giocano allla “mora” chiamando, quasi fossero imprecazioni, i numeri, cui seguono i colpi delle mani che calano rabbiose sul tavolo. Ad un tavolo, Annibale e Leonardo, ancora in abiti da lavoro discutono animatamente, interrompendosi ogni tanto per sorseggiare, in punta di labbra, un po' di vino.

(Annibale allontana il bicchiere dalla bocca con una sonora espressione di gradimento... lo poggia sul tavolo, e, guardando fisso il fratello,...)

ANNIBALE: ”... no và... no và... e cuanche n laoro no và... se sèra...”
LEONARDO: ”... no te par de esse n tin prezipitios... sta siera à fato

neve... son de dezenbre... tenpo doi dis... e le strade sarà deliberiade... (alludendo al trasporto in corso il cui carico avevano dovuto posteggiare a Perarolo, a causa della neve)... se la farina no podaron portala apede doman... zenza falo, magare co n verson davante, mercui che vien diaron de seguro a tolela...”

ANNIBALE: “... te parle ben tu... ma i afare... neve o bel tenpo... no i

và come che spereone... fin a l anepassà... ben o mal... te sas ben anche tu... riussione a portà apede n franco... ma sti ultime mes avon tiriou la careta, come che se dìs...”

LEONARDO: “... te te desmentee de dute chele taie che i ne à

domandou de dì a tole su n Comelego... là é n bel scheo che vignarà inze... no te par?”

ANNIBALE: ”... (dando sulla voce)... e che diarà fora... credesto che

chela roda che te às giustou l autra dì, ca fora n Gogna… la tiene por senpro? Saression fortuniade se no la se mola fin a Nadal... e, come che é vero Dio... cognaron canbiala... (pausa… sorseggia l'ombra...)... e cuanche te canbie na roda... l pi de le ote vo dì… bete man a doe... e là é schei ... e nò poche...”

LEONARDO: (vede svanire i tentativi di rinfrancare il fratello circa il

futuro del loro lavoro) ”... ei capiu... no é siera da betesse a descore...”

ANNIBALE: ”... e la famea... chela à besuoi de magnà dute i dis...

(toglie dalla tasca un piccolo e lercio libriccino che apre sul tavolo, prende dal taschino della giacca un piccolo lapis, lo umetta con la saliva e comincia a fare i conti, sotto gli occhi del fratello)... fate doi conte... ben che la vade, se no cambia l vento... ruaron a febraro... nò, nò… Nardo... ca é ora de tole provedimente... zenza spitià Maria por l avé.”

(seduto ad un tavolo vicino, un signore ben vestito, gambe accavallate e sigaro in bocca, sta sfogliando un giornale ed ogni tanto attinge a piccoli sorsi da un bicchierino; l'anello che fa mostra di sé al mignolo destro ed un bel paio di ghette ai piedi...fanno ben capire che si tratta di persona che vuole distinguersi....e ci riesce... Ad intervalli, occhieggia verso il tavolo dove siedono Leonardo e Annibale...e sembra seguire i loro discorsi con un certo interesse. Anche Annibale si accorge, infastidito, dell'attenzione di cui viene fatto oggetto)

ANNIBALE: (avvicinandosi al fratello, per non essere udito) ”... ciò,

Nardo... no stà giriate... ma davoi de te é n foresto che ogni tanto l varda da sta banda... (Leonardo... curioso, fa l'atto di girarsi... ma, senza mai levargli lo sguardo di dosso Annibale lo ferma)... vardeme me...”

LEONARDO: ”... te vos che sepe ma no poi vardà... te sos proprio n

bel tipo...”

ANNIBALE: ”... come che l é vestiu... me pararae n sior... e no credo

de avelo mai vedù... ca n Auronzo...”

LEONARDO: ”... alora don ndavesin e domandonsi ce che l vo... no

é autro...”

ANNIBALE: (parla muovendo appena la bocca per non far capire

all'estraneo, che insistentemente li guarda, che si sta parlando di lui) "... tase... dal moto me par che l viene n vres de neautre... ca mo, la se bete ben...”

(il signore con il sigaro, con passi lenti ma sicuri, si avvicina al tavolo di Annibale; i due lo squadrano da capo a piedi...)

AGENTE: (sfoggiando un sorriso a trentadue denti...) ”…buonasera

signori... ero seduto al tavolo vicino al vostro, come avete potuto ben vedere... e senza intenzione, ho ascoltato parte dei vostri discorsi... mi perdonerete, ma credo di potervi... forse, forse... essere utile...”

(senza dar tempo ai due fratelli di profferire parola, con fare lesto, prende una sedia e si siede. Porge la mano ad Annibale che la stringe, senza mai distogliere lo sguardo dal “tipo”.)

AGENTE: "Permettete che mi presenti: (accenna ad alzarsi appena

dalla sedia) Ottavio Spavelli, agente di immigrazione... per servirvi."

(i due fratelli escono dallo stupore che li aveva colti per l'incontro inatteso... fanno cenno, anche se inutile, di accomodarsi al loro tavolo... Ottavio porge loro un biglietto da visita, che Annibale prende ed esamina distrattamente. L'agente allunga la mano per prendere dal suo tavolo il bicchierino, che sorseggia un po’ e...)

AGENTE: "... sono tempi duri... crisi... a chi lo dite! I soldi non

bastano mai... ma (sfoggiando il solito sorriso)... volendo, una soluzione ci sarebbe... se vi interessasse... (li fissa bene in volto per studiare l'effetto delle sue parole)... cosa ne dite?"

LEONARDO: (guarda il fratello, poi si rivolge all'agente) "... Co no l vo

autro... l dighe pur cossa che l à n mente... che neautre scoltaron..."

(Annibale gli lancia uno sguardo livido di disapprovazione, per essersi lanciato con foga nell'argomento, senza chiedere a lui cosa ne pensava... ma... ormai...)

AGENTE: "… quando una cosa non c'è... siamo uomini di mondo...

lo sappiamo... si va dove la cosa si trova (continua a fissarli mentre parla)... e... quando è il lavoro a mancare... converrete con me... che... bisogna recarsi dove il lavoro c' è!

ANNIBALE: "... chesto, caro sior... lo savemo anche noialtri..."
AGENTE: "... ma... se il lavoro è lontano... da soli non si fa niente...

serve qualcuno che ci dia una mano… una strada... un indirizzo..." (Ottavio osserva sempre con attenzione i due fratelli... che si lanciano occhiate a vicenda... e continua)

AGENTE: … la parola magica, cari i miei signori auronzani è una: (si

avvicina a loro un po’ di più e declama, sillabando, a mezza voce) "… Ame-ri... ca!"

LEONARDO: "… ce alo dito... l volarae mandane n America..."

(Diversamente dal fratello, Annibale rimane qualche secondo sovrappensiero... poco turbato, come se quella parola non gli giungesse del tutto nuova... Ottavio non mette fretta... attende anche lui qualche secondo... che le sue espressioni entrino e girino nelle teste dei due fratelli...)

ANNIBALE: "… ma lu, sior... che mestier fàlo?"
AGENTE: "Io sono un agente di emigrazione... il mio lavoro è

trovare le forze migliori che offre la piazza, per dare loro la grande possibilità di recarsi proprio lì, dove il lavoro e il buon guadagno sono sicuri... e, non mi chiamo più Ottavio, se questa che vi sto offrendo non è un'occasione con i fiocchi..."

ANNIBALE: (rivolto a Leonardo) "… avea proprio rason la mare... na

ota la me disiea che le ocasion, cuanche le se presenta... beson pensà su... a perdele..." (si rivolge a Ottavio) "… e l me dighe... dove sarielo sto lavoro?" 12

AGENTE: "… vedo che la cosa potrebbe interessarvi... (mellifluo...)

allora avevo valutato bene... siete uomini forti, bravi lavoratori..."

ANNIBALE: (un pò spazientito) "… no l stese a girià la menestra...

dove sarielo sto lavoro?"

AGENTE: (con voce sicura) "… New York... America del Nord... là, al

vostro arrivo, un nostro rappresentante vi aspetterà e vi condurrà fino al vostro posto... qualche giorno con il vapore... mangiare tre volte al giorno... anche la vostra dose di vino... sarete trattati come Dio comanda... (diventa più convincente)... non sarete mica soli... nò... nò..."

LEONARDO: (al fratello...vedendolo quasi interessato) "… Nibale... no

te avaras mia desmenteou Gusta... e duta la famea... e ió?... no te pensaras mia de..."

ANNIBALE: "te digarei, Nardo... che aveo belo sentiu da n bar de

parte... parlà de l America... e cognosson anche calchedun che é belo partiu... no é na novità..."

AGENTE: (fregandosi le mani ed accingendosi ad andarsene) "… cari

signori, vi lascio pensare tutto il tempo che volete (ci pensa un po’, poi, ironico)... fino a domani... se la proposta vi garba, mi troverete domani mattina… alle dieci in questa osteria. Non preoccupatevi per i documenti e le carte necessarie... Ottavio vi prepara tutto... allora (si alza)... è stato un piacere... (si mette cappotto e cappello)... domani... vi aspetto..." (stringe la mano ai fratelli, lancia un saluto all'oste, e se ne va)

(Leonardo chiama a voce alta l'oste e ordina ancora un mezzo litro di vino, guarda fisso il fratello e)

LEONARDO:"... alora te avee belo deciso... e no te me avarae dito

nuia... bel fradel che ei..."

ANNIBALE: "… no stà ciapatela cossì... é vero... aveo fato n

pensier... e te lo avarae dito anche se no fosse ruou chel "pindol"... (con tono più serio)... come vosto che fasone a vive, n dute... co sto tin de laoro che ncuoi é e doman no se sà... fin che son doven beson che me moe... ca de nos-cè ane, no avarei pi né forza e né voia..."

LEONARDO: "… no poi dàte dute i torte... ma... asto parlou apede

Gusta..."

ANNIBALE: "… Gusta é na braa femena... e la capisse anche agnó

che tu no te rue... son convinto che la decidarà por l meo... pitiosto... tu, Nardo, te pos dì avante coi nostre afare... e te savaras dafendete benon col laoro che é restou..."

LEONARDO: (parla con tono più apprensivo) "… Nibale... no te avaras

mia chela de sta tanto, via por le Americhe..."

ANNIBALE: "… ma se ei ncora da camignà... no, no... se duto và

come che a da dì... n capo a n an o pocopì... te vedaras che torno... (cambia tono, dato che si accorge che il dialogo si sta troppo... intenerendo)... e varda che chele taie su n Comelego le à da esse cadò a bas gnante che torne... asto capiu?"

(Annibale dà una manata sulla spalle di Leonardo, mette sul tavolo una moneta e, assieme si avviano all'uscita)

(dalla porta aperta, entrano le nenie che la compagnia de "la bela stela"... va cantando di casa in casa, aspettando il Natale... sugli ultimi echi di tali canti che vanno allontanandosi, nasce sommesso, poi prende sempre più corpo... un canto di emigrazione...)


QUADRO SECONDO

Casa di Annibale. In cucina, attorno al grande tavolo centrale, stanno Annibale, Leonardo.Gusta,il figlio Antonio, altri figli, due nonni... Tutti ascoltano Annibale che, con toni pacati, li mette al corrente della sua decisione.

ANNIBALE: (continua quanto stava dicendo da alcuni minuti) "… anche

por voi, Gusta, me piasarae proedeve algo de meo da vestì che possiave dì in giro ben sagaiada... ve pensau, l Carmen passou... chel bel fazoleto... che ve ei tolesto... ma, de pi..."

GUSTA: "… ve seu belo desmenteou... i tenpe grame che avon

passou... cuanche nassea i tosate... chel che era de besuoi... o de rife o de rafe... avon senpro conbiniou..."

ANNIBALE: (continua) "… avé rason... ma i tenpe no é pi chi de na

ota... e i fioi... é cressude... l laoro é calou... no son pi solo neautre a dì a portà taie... la dente senpro pi de spes proede da so posta..."

ANTONIO: (entustasta) "… pare, éro che me menà n America apede

voi..."

GUSTA: (preoccupata) "… no stà feite vegnì n mente zerte idee... te

sos ncora n tosato...”

ALTRO FIGLIO/A: "… anche ió voi dì agnó che và l pare..."
GUSTA: "… Nibale... ca de n tin anche le pite domandarà de vegnì

pede voi..."

ANNIBALE: "… come che ve disieo, no ei chela de stà tante ane, via

por le Americhe... cuanche avarei fato n tin de fortuna tornarei nchià. Beson che aveve n tin de feduzia... n vos pare... chel foresto che avon ciatou do n osteria, (si rivolge al fratello)... éro, Nardo... à dito che l laoro no mancia: basta no avè paura de fei fadia..."

GUSTA: "...e neautre...ca...?"
ANNIBALE: "… ntanto resta Nardo... l se rangiarà coi ciavai... e

duto diriarà n davante come senpro... e pò ve mandarei algo de schei... ndrioman... che no ve manciarà nuia...

NONNA/O: "… e pensave de scrive doe righe, ogni tanto... che

savone come che stasé... e come che và l laoro…"

ANNIBALE: "… zenza falo... savé ben che no me fei specie, scrive..."

(bussano, Gusta va ad aprire e fa entrare il parroco... tutti si alzano in piedi, tranne i nonni che accennano ad un saluto. Un figlio/a piccolo va a baciargli la mano. Il parroco viene fatto accomodare)

PARROCO: "… e voleà camignà cossì... zenza dì né au né bau...

gnanche passà a saludiame..." (Gusta gli versa da bere)

ANNIBALE: "...Monsignor... come polo pensà che i avarae usiou na

malagrazia de sta sorte... (sospettosa e indagatrice)... ma... lui... come alo savù... no me par de avé parlou con tanta dente..."

PARROCO: "… (con espressione di autorità, muovendo l'indice della

destra)... l pioan sà senpro duto... (si guarda attorno, accarezza il piccolo che gli è vicino e, con tono compiaciuto)... che bela famea...l Signor à acaro de famee come la vostra... con tante biei tosate... i zie... i none..."

ANNIBALE: "... (faceto)... duta dente de apetito... che frua i dente che

é n piazer (ridacchiando)... sàlo anche chesto... l Signor?"

PARROCO: "… l Signor sà duto e vede duto..."

(bussa ed entra senza attendere che qualcuno le apra la porta, la solita vicina che non sa niente, non vede niente e non parla con nessuno: Viola... detta "la caffettiera")

VIOLA: (si porta la mano alla bocca, imbarazzata nel trovare tanta gente...

vede il parroco e gli bacia velocemente la mano) "… ioso... forse desturbo, (intanto arraffa la prima sedia vuota e si siede)... ma, come faseo a no vegnì a saludiave, Nibale... son cuasi de famea... podessione dì..."

NARDO: "… (al parroco)... alo capiu... no é solo l pioan che sà senpro

duto... l se é desmenteou de Viola... (rivolto alla vicina)... che fei parte dei ..."servizi segreti"... de Riva da Corte..."

GUSTA: "… no stasé a sentì me cognou...Viola... avé avù creanza

assei a vegnì.”

NONNO/A: (rivolgendosi a Viola) "… sto colpo, Nibale à pensou de

fei da vos barba Baluto... cuanche l é partiu po le Americhe..." (alludendo ad un parente di Viola che era già emigrato)

VIOLA: "… me barba... chel mo!...zenza né arte né parte... camignà

cossì... a la carlona... e piantà ca me nene che... no feso por dì ma... se no fosse ió... no stasé feime parlà..."

ANNIBALE: (si spazientisce un po’) "… vado... ma torno... ce voleu

che me ferme via là... ca é la me ciasa... ca é la me dente... e ca na dì tornarei...(poi, alludendo al tono melodrammatico che la discussione stà assumendo) ostizia!... somea che avessià da beteme via..."

PARROCO: "… parlà ben, Nibale... dé, e zercà de tornà san... che

anche ió prearei por voi... no avé da stà n pensier... vegnarei à ciatà de spes Gusta e la vostra famea... (più risoluto) "Ades beson che vade… ei da dì a saludià n malou... anche lui l parte, ma da agnó che l diarà... no credo che l torne tanto fazilmente..." (si alza e, salutato dai presenti, se ne va)

VIOLA: "… (turbata, rosa dalla voglia di andare a riferire i fatti a qualche

amica, quasi parlando fra sè...) eco... saveo... à da esse Giacomin "barela"... aveo sentiu che no l era nuia dal vres ma... (alza il tono della voce e si rivolge ai presenti) "vado anche ió... ei acaro de aveve saludiou... e se mancia algo (rivolta a Gusta), savé agnó che steso..." (si alza ed esce in fretta)

ANNIBALE: (scuote la testa) "… alora... famea... reston dacordo...

(guarda i figli)... l pare và a stà meo... l ve scrivarà de spes... e anche veautre mandame doe righe... che sepe come che và i afare (guarda Leonardo)... tien da conto i ciavai... e pensete de la roda... (si rivolge agli anziani)... e no stasé desmenteave de dì su na orazion...”

GUSTA: "… e ora de dì a dormì... (rivolta al figlio più grande)... Toni...

porta su de canbra i pupe... (Antonio prende in braccio un fratellino, tiene per mano un altro e si avvia alla porta). (Gusta si rivolge ai nonni) "… avaré sòn anche veautre..." (gli anziani, con fatica si alzano e se ne vanno a dormire)

LEONARDO: "… savon che te sos del to volé... e co te às deciso... no

é vres de feite tornà ndrio... ma visto come che stà i afare... forse é meo cossì. Ala nostra famea no manciarà l necessario... e anche l laoro... diarà come che l à da dì... (a Gusta)... bonagnote..." (prende il lume e se ne va) (MUSICA)

Penombra...

In cucina rimangono soli, Annibale e la moglie.

Gusta appoggia i gomiti sul tavolo e si prende la testa fra le mani... è un pianto sommesso, neanche avvertibile, se non fosse per il movimento convulso delle spalle... Annibale le si avvicina e la abbraccia teneramente avvicinando la testa alla sua... non dice niente e lascia che la moglie pianga... dopo un po', Gusta si ricompone, asciugandosi pudicamente le lacrime... Annibale rimane vicino a lei e le passa un braccio sulle spalle, parlandole dolcemente...

GUSTA: (ricomposta ma ancora emozionata) "… no stasé a feive stravià

da le lagreme de vostra femena... dé... se avé chela..."

ANNIBALE: "… ve pensau co reone moros... cuanche son vegnù a

ciasa vostra a parlà pede l pare... che aveo chela de maridiave... me recordo ncora le parole de vostra mare... (recita... sul ricordo...) "… e voleve ben... e no stasé feisi mancià nuia... che stà fia... val pi dei me vuoi..." … (sorridendo e tornando al discorso...)... ei nprometù... e ió... co nprometo... mantieno.”

GUSTA: "... cuanche sé camignou, la mare à tornou a domandame...

se aveo proprio ntenzion de toleve... se no avesse ripensamente..."

ANNIBALE: "… e ce i aveu respondù?"
GUSTA": … (guardando il marito)... che no ero mai stada cossì segura

n vita mea..."

ANNIBALE: "… e (un po’ ironico)... ve sé ciamada grama... n bar de

ote... nmagino."

GUSTA: (abbracciando il marito) "… mai... mai... ve voi ben come l

primo dì che ve ei cognossù... e se ocoresse... ve tolarae n autra ota..."

ANNIBALE : (facendo il finto offeso) "… come... sé ocoresse..."
GUSTA: "No savé... che ogni dì co me levarei dal lieto, pensarei

senpro a voi... ntanto che guarnarei la vacia, co farei lessiva... co pestarei doe legne... no podarei fei de manco de pensà a voi... al pare dei miei fioi e a chel teston de òn che ei maridiou..."

ANNIBALE: (con immensa tenerezza) "… Gusta... l Signor sà che farae

l possibile e l inpossibile pur de no lassave ca..., se podesse ve betarae de fonda... por aveve senpro apede me... (il discorso è frammentato da molte pause, che pregnano di dolcezza e di affetto, le parole...)... savé che ve voi n ben de vita...

Gusta e Annibale si abbracciano...(MUSICA)

Buio... si sentono (da fuori campo) brani di una lettera...

QUADRO TERZO

Annibale con altri compaesani, è in viaggio sul treno, verso Innsbrück...

Il momento dei saluti (… i baci… gli abbracci le ultime raccomandazioni...) non è stato facile.

Ora guarda avanti, pieno di entusiasmo e di progetti... forte anche delle assicurazioni del signor Spavelli che gli ricordavano il buon trattamento che avrebbe ricevuto sul vapore e l'ottimo lavoro in America.

Annibale viaggia con cinque Auronzani, anche loro speranzosi di tutto... il più allegro è Alfredo detto "Ansian", per l'inusuale astinenza da ogni bevanda alcolica, motivo di continua derisione, ma abile falegname. Tita, vedovo da pochi mesi, senza figli, vuole tagliare con il passato, dimenticare le dolorose traversie che la vita gli aveva riservato e... rifarsi una nuova vita.

Gaspare, chiamato "Gaspro"... deve andare per lasciarsi alle spalle qualche problema con la giustizia... niente di speciale... due o tre confini spostati di qualche metro... appropriazione di legname e liti continue per polli... mucche e maiali.

Angelo... un ragazzone alto quasi due metri: vent'anni, fabbro provetto... ricercato per la perizia dei suoi lavori e… da una dozzina di mariti per... Si sospetta che anche lui emigri per cambiare aria... C'è, nella compagnia, anche una donna sola...Viene guardata con un po’ di sospetto... una donna che va all'estero... non era cosa da poco... e da sola. Con Emma... "no era da avé afare..." neanche Angelo si fidava troppo... e si che di donne... lui... Emma viveva in una casa isolata, verso la borgata Pause... ma la famiglia, dicevano... proveniva da una poverissima zona del Comelico. Carattere strano, sguardo torvo... sussurravano (le malelingue) che tenesse sempre una "britola" in tasca e che una volta l'avesse anche usata...

Sebastiano... Bastian, abile ciabattino e amico di Annibale... già sulla quarantina, aveva deciso di rifare le suole a tutti i newyorkesi... e un bel giorno, irretito anch'egli dalla loquacità dell'abile Spavelli... chiede ai suoceri di riprendersi la figlia per qualche tempo... e parte. Samuele e la moglie Eulalia, due bravi coniugi, molto religiosi e devoti di Santa Giustina... hanno preso il coraggio a quattro mani e, confidando nell'aiuto divino, sono partiti.

Nel gruppo ci sono anche altri auronzani... retti ed onesti lavoratori, pieni di fiducia e di timor di Dio... pronti a sfidare gli imprevisti del destino, pur di procurarsi un buon lavoro e mandare a casa qualche soldo.

Nevica, e il duro legno dei sedili della terza classe, si fa sentire... qualcuno sonnecchia, altri parlottano sottovoce e qualcuno, con gesto furtivo per non farsi scorgere, si asciuga una lacrima.

Annibale è seduto vicino a Bastian...

ANNIBALE: "… ce disieu, Bastian... che avone fato ben a ciapà sta

direzion... col treno.... calchedun disiea che sarae stou meo dì do por Genova e montà su la nave...”

BASTIAN: "Ioso... chel sior... ce alo nome... Spareli... Sparieli..."
ANNIBALE: "Spavelli"... me penso del nome porcé che me somea un

che se spaventa..." BASTIAN: "… là mo... là... chel... nsoma... l ne à fato na testa tanta... por che ciapone da sta banda... che convignea, che se sparagnaa... che avessione visto n tin de mondo..."

ANSIAN: "… tosate... por vede ste nevere... no ocorea tole l treno..."
TITA: "… ne tocia de rengrazià voi, Nibale... e vos fradel Nardo por

la creanza che ne avé usiou... a conpagnane dute, col ciar... scuerto che no avaressione ciapou na goza de aga... su por le rive de Mesorina... e pò, do... do... fin a Dobiaco..."

EULALIA: "… Diomessì... che Santa Ostina ve reconpense por l

ben che avé fato a sta pore dente..."

ANNIBALE: "… no avé da rengraziame... ma me fra Nardo, che à

tociou anche tornà ndrio..."

BASTIAN: "… scolta, Ansian... asto capiu cuante schei... che i ne à

dou, n stazion... cuanche avon canbiou i nostre... no volarae che i ne ebe nbroiou..."

ANSIAN: "... ió, por no savé ne liede ne scrive... ei canbiou poco

nuia... no beo e no me piase pipià... se i à volù nbroiame... i à avù poco guadagno..."

ANGELO: (parla rannicchiato in un angolo) "a voi i ve farà santo...

agnó betarè dute i schei che guadagnaron... i miei… sei belo che i starà poco inze por le fonde..."

(pausa... si sente lo sferragliare del treno... un parlottare lontano... qualche risata...) Annibale si gira e dà di gomito a Gaspro che sonnecchia a bocca aperta...

ANNIBALE: (pensieroso, a Gaspro) "… ce pensau... npiantà duto e

dute... no savon nuia de preciso... agnó che ruaron... ce che ciataron..."

GASPRO: "… ió... por me... pur de partì, sarae dù anche n

Australia... pi lontan vado e meo steso... ma, Nibale... beteve l cuor n pas... avé na fameona da mantegnì... e n capo a n an... avaré mandòu a ciasa n bel scheo..."

ANNIBALE: "… magare podeone moesse pi ndavesin... do por la

bassa..."

GASPRO: "Ce disieu... do por chele tere i é pi porete de neautre..."
ANGELO: "… epur... i dìs che é de chele bele femene... che neautre

gnanche se le sognon..."

GASPRO: "...i dìs anche, caro l me Angelo... che chi che stà davoi a le

femene de chi autre... i ris-cia de ciatasse co n gortel de la panza... che no i sà gnanche da agnó che l see partiu..."

EMMA: (a denti stretti, frenando un moto d'ira...) "… ladó aveo da

nasse... ió... ladó... no ca... nmedo a sti gnoche..." (tutti la guardano... discreti, ma a nessuno viene in mente di replicare...)

ANSIAN: "… betève l cuor n pas... Nibale... avé deciso por l meo...

zerto che costa… piantà duto e camignià... ma no ve ciamarè gramo... vedarè..." TITA: "… a mi me tocia tase... fioi no ei... la femena la me é morta che é cuasi n an... i parente... buoi chi... ve li racomando... me à parù bon de taià con duto e con dute... e passà l mar... cossì, vedé che no ei nuia da despiaseme..." ANSIAN: "… Nibale, domandà a Samuele... cuanto che l à pensou su, gnante de ressolvesse a camignà..."

SAMUELE: "… parlà ben, Alfredo... ma no é stou fazile gnanche por

me e me femena, lassà Auronzo... ma neautre tornaron de seguro... e co tornaron, avon nprometù a Santa Ostina de portasi n zero che avarà da arde por na stemana... (Eulalia si fa un veloce segno di croce)..."

ANGELO: (sempre ironico)... aveù capiu, tosate... Samuele é stou l pi

furbo de dute neautre betude nsieme... l se à portou davoi la femena..."

EULALIA: (sta lavorando con i quattro ferri da calza... gli occhiali in

punta di naso) "… no stà fei l screanzou... che te às ncora da nasse... cuanche l pioan ne à maridiade… (si rivolge a tutti)... l à lieto sul messal che "… la moglie segua il marito..." che te sepe... lenga longa!"

ANGELO: "… ió, nene Lalia, le femene che ei ciatou, me son vardou

ben dal maridiale... ma cuanche ciatasse chela giusta... vardarei ben che no la sepe liede..."

EULALIA: "… ce ala fato, to mare... a lassate partì solo... col ciou che

te te ciate... por fortuna che n America é to zio che te spieta... senò... no sei come che la diarae a fenì..."

ANNIBALE: "… credeu, Làlia... che se avesse podù, no me avarae

portou davoi anche Gusta..."

EULALIA: "… no stasé tormentave, Nibale... Gusta é na femena de

vaglia... e pò é chel galantòn de Nardo pede ela... no avé proprio da stà n pensier..." (entra nello scompartimento il controllore, un omone austriaco che parla il solito italiano d'oltreconfine...)

CONTROLLORE: "… biglietti... sig-niori... bitte... biglietti..."

(tutti portano la mano alle tasche per cercare il biglietto, che porgono al controllore. Questi li squadra per bene e...)

CONTROLLORE: "… dove andate di bello sig-niori italiani?"
ANGELO: "...(facendo il verso al cattivo italiano del controllore)... noi

andare in America... a fare tanti soldi... caro "sig-niore"

CONTROLLORE: "...bravi, bravi ma non era più comodo imbarcarsi

a Cenova?"

ANNIBALE: (rivolto a Gaspro)… vedeu che no era n idea canpada

por aria... anche ió aveo pensou che sarae stou meo... ma chel sior... à tanto sconfìu che convignea dì da sta banda..."

CONTROLLORE: "… intanto preparatevi... a Innsbrück dovete

cambiare treno... buon viaccio... e buona fortuna..."

EULALIA: (rivolta al marito)... Samuele, ce disieu... fasone adora a dì

su n rosario..."

SAMUELE: "… sì, sì... taca..."

(Eulalia, discretamente, anche per non provocare l'ilarità di qualcuno che non aspetterebbe altro, inizia a bisbigliare le formule di rito, avvicinando il viso all'orecchio del marito, perchè la senta solo lui. Si ode lo sferragliare monotono del treno, che va lentamente sfumando... per far posto alla lettura di una lettera da Rotterdam, di Annibale...)


QUADRO QUARTO

Quasi buio. Inizia la lettera.

Porto di Amsterdam.

Annibale e tutta la compagnia di auronzani, arrivati in treno da Rotterdam, ancora stanchi per il lungo viaggio, si imbarcano sul bastimento ZAANDAM.

Si ode la sirena della nave che avverte dell'imminente partenza.

I nostri, imbacuccati con scialli, mantelli e berretti... guardano dalla nave, la folla che saluta agitando le mani; anche loro... agitano le mani... illudendosi forse di salutare i loro cari, lasciati giorni prima... Si parte.

Tutti si trovano un posto a sedere... qualcuno rimane in piedi per osservare la costa che si allontana.

E’ Angelo, sempre pieno di entusiasmo, a rompere il ghiaccio.

ANGELO: (con tono di stupore e ammirazione) "… mare mea... cuanta

aga... ma agnó finiralo sto mar?"

ANNIBALE: "L mar é gran, caro tosato... cossì gran che se te navighe

por diese dis... pó esse che no te vede ncora la fin!"

ANGELO: "Alora voi sé belo stou al mar..."
ANNIBALE: “nò... nò... son dù apede me fra Nardo dò por Venezia

a tole roba da menà su... e n chela ocasion, ntanto che spitiao che i ciareasse... ei podù dà n ociàda al mar..."

GASPRO: (togliendosi la pipa dalla bocca...) "… care tosate... l mar de

Venezia no é nuia confronto a chesto... Chel se ciama mare A-dri-ati-co... chesto, agnó che son ades... invenze, é (pronuncia con gravità, pesando le parole) l o-ce-a-no A-tlan-ti-co!"

TITA: "… la mostra! Gaspro, non ve faseo cossì studiou..."
GASPRO: "… de le me tante traversie... (alludendo a quante volte ha

dovuto sparire... per qualche tempo... ma non vuole fare riferimenti troppo circostanziati...) ei avù modo de vede tante ote l mar... l mar é na bela roba, se pó dì a pescà... se pó dì a nodà... se và ndavesin a ciapà l saroio... se và n barca... se naviga por dì ndalonde, come neautre..."

EMMA: (è rimasta, come sempre in disparte, e si sta mettendo a posto

l'acconcitura, con pettine e forcine... ed è proprio con una forcina in bocca, che parla) "… anche ió no vedarae l ora... de stà vesin al mar... nò de sti paese frede oto mes al an... e tievede chi autre cuatro..."

ANGELO: (interviene sempre allegro) "… Auronzo pittoresco... otto

mesi di freddo e quattro di fresco..."

SAMUELE: "Por chel che te piandee... cuanche son partide... vo dì

che no te despiasea massa l paese "pitoresco"..."

ANGELO: (stizzito) "… ce centra... oramai son abituou a vive là... ma

voleu bete ce che se ciata... de n paes (ammiccando furbescamente...) ndavesin del mar..."

EULALIA: "… sporcacion... te pense senpro a chele femene..."

Angelo, abituato ai rimbrotti, alza le spalle e continua a guardare, con molta prudenza, la bella Emma che sta terminando di riordinare la chioma...

C'è molta gente, vicino a loro, e stare gomito a gomito... aiuta le persone a socializzare, a sentirsi meno soli nella scelta, sempre sofferta, di emigrare...

Una signora, piuttosto robusta, si gira e, sfoggiando un simpatico sorriso, si rivolge al gruppo compatto degli auronzani...

PETRA: "Guten morgen!"

(i nostri si guardano interdetti, ma è Ansian che prende l'iniziativa...)

ANSIAN: (togliendosi il berretto) "Guten morgen Frau... Frau..."
PETRA: "… Petra... ich bin Petra... sind Sie italiener?"
ANSIAN: (soddisfatto degli sguardi di ammirazione che gli amici gli

rivolgono) "… Ja... Ja... Frau... Wir sind italiener... andemo in America..."

PETRA: "...(con la solita pronuncia del tedesco che parla italiano...) io

amo l'Italia... mio marito è italiano... (porta la mano alla fronte per cercare il marito in mezzo alla folla)... Fernando... Fernando..."

FERNANDO: "… (agita la mano per farsi scorgere dalla moglie e si

avvicina)... cosa vuoi, Petra?"

PETRA: "… Fernando, i sig-niori sono italiani... e vengono in

America con noi..."

FERNANDO: "Buongiorno... Fernando (porge la mano, che gli altri

stringono)... da dove venite?"

ANSIAN: "… noialtri venimo dal Cadore... da un paese che se ciama

Auronzo..." (Fernando non frena un moto di stupore e di meraviglia, alza le braccia, si avvicina ed abbraccia Ansian)

FERNANDO: "… ió son da Val... da Valle di Cadore... son cuasi

paesane... ma varda che piciol che é l mondo... ciatasse pede i gnoche de Auronze..."

TITA: "… neautre saron i gnoche... ma chi da Val... é i "per sech"

(pere secche)...”

FERNANDO (ride di gusto, da uomo faceto quale è, alla battuta di Tita e,

con un tempismo inaspettato, continua quasi cantilenando): "… e i

TALARAN da Venas... i MUS da Valesina... i AUZELUTE da

Zibiana... i CEI da Vinigo... i GIATE da Vodo… i PORZELUTE da S.Vido... e podarae feive n elenco fin a Vienna... se volé..." (tutti i presenti ridono di gusto al sentire queste battute, che strappano un sorriso anche ai più angosciati...)

TITA (ride beato,con la pipa in mano): "… nò, nò... ne basta... anche se

avé desmenteou le CIAURE da Borca..."

ANSIAN: "… e i MOSSITE da Loze... i BARUFANTE da Domiese, i

TODESSE da Vigo e i BECHER da Pelos...”

BASTIAN: "… tosate, parlà n tin co la fiaca... chi che ne siente...

podarae pensà che avon beù... e cossì… (rivolgendosi a Fernando)... sé ca anche veautre su sto vapor..." 36

FERNANDO: "Ei maridou sta bela femena che avé cognossù anche

voi, co ero n Germania... a fei gelato... e cuanche me son stufiou de girià col careto... dacordo dute doi... se son dito che no valea la pena de nvecià sote l Kaiser... e cossì don n America... Faron zercià l gelato meo che see ai mericane... (squadra la compagnia e...)... veautre, pitiosto... me par che sé n bar...”

TITA: "...eh … gnanche n Auronzo no se fei tante saute... de sti

tenpe... cossì son partide anche neautre a zercà n tin de fortuna... ma no avon chela de restà... apena che podaron... un a l ota... e come che tornaron apede..."

(la compagnia continua a discorrere animatamente. Annibale si gira e scorge Emma, la dura Emma... che, un po’defilata, singhiozza, cercando di nascondersi il viso con il fazzoletto. Non pensando minimamente a tutto quello che si dice sul conto della donna e dando ascolto solo alla compassione, si avvicina)

ANNIBALE: "… faseve coragio, Ema... vedaré che ve ciataré ben,

agnó che ruaron... ntin a l ota… npararé l laoro, cognossaré dente... e ..." (Emma si gira verso di lui... Annibale è rassegnato alla rispostaccia che però attende invano... Emma, vistasi scoperta in un momento di fragilità... da Annibale che lei rispetta forse più degli altri...)

EMMA: "...Vardà che é dura... Nibale... piantà duto, e nbarcame, sola

come n cian... no savé agnó che ruarei... no capì na parola de american..."

ANNIBALE: "… por dute le robe vo l so tenpo... co n tin de inpegno

e n tin de ingegno"... son seguro che ve faré benvolé... tornarè n Auronzo che sarè na siora..."

EMMA (asciugandosi gli occhi): "… grazie Nibale... aveo proprio

besuoi de sentì na bona parola... cuanche i parla apede me... o i me nsulta o i me ride davoi... e ió beson pur che me dafende... na femena sola à da tegnìsse da conto... se no se vo ben ela..." (si alza la musica, mentre Annibale si apparta, prende dalla giacca un foglio bianco, lo appoggia su una tavola ed inizia a scrivere. La musica sfuma mentre la voce del lettore fa sentire il contenuto della lettera...) Terminata la lettura, in mezzo ad un brusio indefinito, si sentono le esclamazioni di Angelo e Gaspro che giocano a briscola...

ANSIAN: "...sta ota me tocia feite la pel..."
ANGELO: "… à ncora da nasse chel che me frega... (lancia

rumorosamente una carta)... e chesta é na briscola... (e raccoglie le carte guadagnate)

ANSIAN: "...se ei fato ben i me conte... da ca n davante te ciaparas

solo scartele..."

ANGELO: "...te às ciapou na legnada, ntanto..."

(i due continuano a giocare, mentre in un angolo, Eulalia e il marito sono sempre "liturgicamente" impegnati)

GASPRO: (guardandoli pensieroso) "....se no savesse che i é

maridiade... digarae che é n pree e na suora..."

TITA (che lo ha sentito): "… porete... fioi no é vegnude... i se vo ben...

lassà che i pree... por sé, e por chi che no dìs mai na orazion..." (arriva euforico Fernando tenendo in una mano una bottiglia di vino e con l'altra tre bicchieri)

FERNANDO: "… ca... ca... coleghe da Auronze... beé na goza de vin

apede chel da Val... ei n acaro che no ve digo de aveve ncontrade... e cuanche ió ei acaro... ce voleu che dighe... me tocia bee n gozo..."

PETRA (che fra le righe ha intuito il senso di quanto detto dal marito, cerca

di dargli la battuta in un improbabile dialetto...): "… ma mai una ota che ti bevi uno poco de aga..."

(Fernando le lancia un bacio portando la destra alla bocca... e tutti, rinfrancati dalla ventata di allegria portata da Fernando, continuano a discorrere animatamente. Intanto la nave continua a solcare l'oceano.) Passano i giorni... pieni di speranze e di illusioni... un po’ si discorre, qualcuno gioca... altri stanno in silenzio, osservando quel panorama immenso e piatto, così diverso dalle dolomiti innevate... lasciate giorni prima. (MUSICA)

Finchè una mattina... (Dopo un brano musicale, si ode, fuori campo il vociare confuso e concitato di tanti che... avvisati da qualche marinaio, iniziano a puntare il braccio in una unica direzione... e non sono i soli: a puntare il braccio, in lontananza, una enorme statua di donna coronata, alza solenne ed imperiosa la sua fiaccola dorata: la Statua della Libertà, donata agli Stati Uniti dalla Francia, appena due anni prima.) (voci concitate fuori campo)

TITA: "… vardà... vardà... da chela banda..."

ALTRI: "… agnó?"

TITA: "… va davoi al me brazo... varda dreto... asto visto?"
ALTRI: "… tosate... ce elo chel afar cossì pezo... me par na statua..."
GASPRO: "… mare mea... no avarae mai e poi mai pensou che

podesse esiste na statua cossì granda... e sì che son dù anche a Roma..."

EULALIA: "… à da esse la statua de la Madona... Vergine Santa...

ereà ca a spitiame..."

FERDINANDO: "...(senza nascondere che lui... sà...)… chela é la famosa

"Statua della Libertà"... tosate... no avé savù. Doi ane fa la Francia la à regalada a la America..."

TUTTI: "… America... America... America... son ruade!"

Ognuno a suo modo, con la gioia incontenibile di chi arriva finalmente alla agognata meta, urla altre cose... chi "evviva", chi ringrazia la Vergine...(Eulalia è in ginocchio)... altri parlano di scommesse vinte o perse, su quanti giorni sarebbero trascorsi prima dell'arrivo...

(MUSICA)

QUADRO QUINTO

Siamo al punto di sbarco nel porto di New York. Alla nostra compagnia vengono controllati i passaporti, si aprono i cancelli e finalmente possono incontrare la coppia di auronzani che li stava aspettando... Lettera da New York del 1 aprile 1888 (con valigie chiuse da vistosi spaghi, fagotti che contengono quel po’ di vestiario e poco altro, i nostri entrano in scena. Si fa loro incontro Germana... un donnone partito da Auronzo due anni prima...)

GERMANA: “... eco... i me paesane... vigné ca... che ve buse dute...

(si avventa su ognuno, regalando baci e abbracci a tenaglia a destra e a manca... poi vede Annibale)... Nibale... beson che ve nbraze anche voi... aveu fato n bon viado... come stala Gusta... e i tosate?"

ANNIBALE: "… sì... grazie Germana... grazie a Dio, i stà dute ben...

elo n pezo che spitià?"

GERMANA: "poco, poco... fiol... saré nfamade…éro?"
ANGELO: "… bondì... ió por magnà algo... no me tirarae ndrio!

(Germana fa per abbracciare anche lui, ma il nostro, valutata la stazza e la... presenza del donnone, la schiva appena in tempo. Con Germana li aspetta il marito, Ercole... piccolo resto d'uomo... perso in un abito due taglie più grandi... tenta di farsi strada, naturalmente dietro alla moglie. Ercole vede Emma...)

ERCOLE: "… Ema... Ema... anche tu ca n America... come ela mo...

asto pensou de taià i ponte... braa, braa... (Germana, con due occhiatacce lo dissuade dal continuare il discorso)

EMMA: "… barba Ercole... ei acaro de vedeve..."
ERCOLE: "… don... don... ades vegnì a ciasa nostra... che ve bete n

tin a posto... pò se digaron l resto... (rivolto alla moglie)... Germana, da na man a portà le valis de Ema..."

EMMA: "… nò, nò... me rangio..."

(mentre avvengono i saluti, alle spalle dei nostri la scena si riempie di sedie ed un tavolo, la casa di Germana... finiti i convenevoli, tutti trovano posto, chi siede sulle valigie, chi su una sedia e tutti sorseggiano il caffè...)

ERCOLE: "(più sicuro... in casa sua...)... no ocore che repete cuanto che

son contente de aveve viste... por stagnote avon proedù... ma doman beson che partive bonorive por dì su a Meriden... là, se avaré ntin de fortuna, ciataré da laurà... elo caso?"

ANNIBALE: "… ben, ei da dive che son restou, ntanto che vegnione

ca... agnó mai avarae nmaginou de vede ciase aute... sete... oto... forse diese piane..."

BASTIAN: "… e le strade... doboto por aria... chi che stà al secondo

pian... co bete fora l ciou... i lo porta via..."

GERMANA: "… eh… tosate, beson che ve anbientave... N tin a l ota

ciaparé inze come che i vive, ca n America."

ERCOLE: "Gnanche por noi no é stou cossì fazile... e no ve digo col

parlà..."

GERMANA: "… Ercole contesi chela del ciar..."(e si mette a ridere)
ERCOLE: (con tono di chi sa che la battuta solleverà ilarità) "... sentio

senpro parlà del "car"... me son dito... " l rua a proposito... la machina no sei dorala... ma col ciar... e poche che me frega..."

GERMANA: "… por feila curta, ogni ota che l domandaa del "ciar"...

i volea vendesi na machina... fin che avon ciatou n brao òn da Valdobiadene che l ne à spiegou che cavìa… cuanche i dìs CAR... i ntende la machina..."

GASPRO: "… avaron besuoi de n bar de chi da Valdobiadene...

neautre..."

GERMANA: "… no stasé avelive... anche ca é tanta braa dente... e i

và anche a messa... i prea e i cianta, come neautre... la Madona... i la ciama "LEDI"... calche ota ve cognarà beteve a ride... ma npararé..."

GASPRO: (volgendo lo sguardo in alto) "… ió confido senpro de ciatà

chel da Valdobiadene..." (la compagnia continua a chiacchierare sorseggiando il caffè di Germana... solo Eulalia, si stacca dal gruppo, si avvicina al pubblico giungendo le mani e guardando verso il cielo... esclama:)

EULALIA: "Ledy de le Grazie... preà por noi!" (musica)

QUADRO SESTO

Annibale, Gaspro, Tita, Angelo e gli altri, stanno lavorando nel bosco; si sente un segnale... la sospirata pausa. Si siedono sui tronchi tagliati e, fra un boccone di pane e un sorso d'acqua...

BASTIAN: "... é sié mes che fason sta vita... tosate... no sé strache...
ANGELO: "... se é por chel... ió me son stracou da n pezo..."
ANNIBALE: "Gnere ei ciapou na letra de me fra Nardo... pensave

che l avarae chela de vegnì nchià anche lui..."

TITA: "… elo mato?... e voi ce i aveu respondù?"
ANNIBALE: "... ei scrito che no l stesse a moesse... che ca no é duto

rose e fiore... come che i ne avea dito... speron che no l fese colpe de testa..."

ANGELO: "... ió no me son mai tiriou ndrio cuanche é da laurà...

ma... aveu visto che peze de bosche che avon ncora da pestà dò... ce àsi besuoi de tanto largo..."

GASPRO: "... l America é granda... caro l me Angelo... e por ruà

daporduto, vo strade... ferovie... e agnó che rua tanta dente... i scomenzia a fei su na ciasa... pò doe... e tre... e n giro a nos-cè mes... é nassù n paese...” (La loro attenzione viene attratta dalla comparsa di un uomo di colore... un nero, che, sedutosi su un ceppo poco distante da loro, comincia a consumare la sua colazione)

TITA: (a voce bassa): "... aveu visto che na ziera che à sto òn..."
ANSIAN: "... alora é proprio come che i contaa... i é proprio negre..."
GASPRO:"… no staseve feive massa de marvea... ei da avé lieto da

calche parte... co viagiao pi de spes... che na ota, ca n America... li tignea s-ciave... e guai se i scanpaa. Ma sei de seguro che ades i é libere..."

ANNIBALE: "... pore dente... de cuante sorte che son a sto mondo..."

(Il negro vedendosi osservato, sorride verso di loro e li invita ad avvicinarsi. Tita e Gaspro si avvicinano, sorridendo amichevolmente a loro volta. Il negro porge loro la bottiglia invitandoli a bere un sorso. TITA è titubante... ma per non offendere il negro, beve un sorso e porge la bottiglia a GASPRO...) 47:NEGRO: "My name is Aron..." (Tita guarda Gaspro... Gaspro guarda Tita... non sanno cosa dire...)

NEGRO: "... I'm Aron..." (e indica se stesso con la mano destra)

(Gaspro si porta la mano alla fronte, come per rimproverarsi di non aver capito prima)

GASPRO: (levandosi il cappello e porgendo la mano) "... io sono

Gaspare... e questo (indica l'amico) è TITA..."

ARON: "… oh... yes... yes... to work... work..."
ANSIAN: "... ce alo bastiemou?"
TITA: "Ca volea chel ciacolon da Val... ma... fasé de sì… col ciou...

dason a intende che avon capiu..." (qualcuno annuisce col capo...)

ARON: (un po’ a parole un po’ a gesti, vuole dire ai nuovi amici che lui ha

viaggiato da lontano, per arrivare fino lì... dall'Alabama. Lo dice aiutandosi con le dita che simulano il cammino…) "... I came from Alabama with my mama"

ANGELO: (che non aveva aperto bocca) "... sta ota la ei capida anche

ió... l à dito "mama"..."

ANSIAN: "... orco... che intuito..."
ARON: (rinfrancato nel sentire un riscontro alle sue parole, che vengono

ripetute dagli stranieri, sorride più di prima... ed allunga una sonora pacca di amicizia ad Angelo che barcolla e) "Mama... mama..."poi, più serio"... and you?" (e punta il dito con gesto interrogativo. Annibale tranquillizzato dalla serenità del colloquio, prende il coraggio a quattro mani e...)

ANNIBALE: "noi... Italia... Italia... Auronzo..."

ARON::" what is Au-ron-so? (da poco lontano si sente, improvvisa e sonora, la risata di Ferdinando... lui pure, evidentemente, da quelle parti, che... non gli par vero, interviene a togliere le castagne dal fuoco...)

FERNANDO: "... (a voce alta)… village... Auronzo is a village in

Italy..."

ARON: (sollevato, sentendo qualcuno che parla come lui) ".... oh... yes...

yes... you’re from the village Auronzo..."

BASTIAN: (si gira, sorpreso dalla improvvisa apparizione di quel

bontempone di Fernando) "...se descore del diau...e spunta la coda...da agnò vigneu fora...e calche mes che no se vedon pi..."

FERNANDO: (sempre sorridente) "... CHEL DA VAL... NO FA’

FAL... aveu visto che cuanche é besuoi... ruo! (inizia a piovere, e tutta la compagnia, compreso Aron, ormai considerato amico, si rifugia nella vicina baracca... Con Fernando vicino, la pioggia diventa un... dettaglio)

ANNIBALE: "... son contente de vedeve, ma anche bramos de savé

algo de voi..."

ANGELO: "... contà... contà..."
FERNANDO: "... é poco da contà... sti americane... del me gelato...

no me par che i vo savé pi de tanto. La me femena é stada n tin pi fortuniada... la à ciatou da laurà de na fabrica agnó che i fei materasse... e ió, gira de ca e gira de là... me à cognù dì poi bosche. Se steso calche mes de pi... lasso la pel..."

GASPRO: "... ma come elo che savé parlà anche n american..."
FERNANDO: "... sarei anche n "persech" da Val... ma ei na testa fina

(e si indica il cervello con il dito)... ei avù da che fei apede tanta dente... e da dute ei senpro zercou de nparà algo... Del mondo, care i me auronzane... é tanto da savé... e doe parole de american... por vive cavìa... beson masteale.

TITA: "Alora podarè domandà... algo de pi a sto òn negro... seu

dacordo?"

FERNANDO: "…(entusiasta) Diomessì... spetià n menuto... e savarè

chel che ve ntaressa. (Fernando si apparta con Aron in un angolo e i nostri sentono solo un bisbiglio sommesso. Si guardano stupiti... vedono, di spalle Fernando gesticolare, Aron parlare… annuire... e...) FERNANDO: (si gira e tronfio del ruolo di interprete che lo riammette fra gli... intellettuali del gruppo) "... duto... ei capiu duto... alora, vegnì ca…: lui à nome Aron, l vien da n pezo ndalonde... dal sud de l America... da n stato che se ciama Alabama e l é ca apede so mare... l à trenta ane e l é ebreo (i nostri si guardano meravigliati) e so pare era n "schiavo"... (Annibale egli altri partecipano al racconto con gesti ed espressioni varie...) Ades la schiavitù i la à abolida... ma i é senpro vardade come dente da no avé afare ... e pi de na ota l à cognù ncora scanpà... e anche ciapà pache..."

ANNIBALE: "... (con tono fiero, quasi di sfida)... fin che l é pede

neautre, guai a chi che lo tocia!" (e guarda il gruppo aspettando un cenno di conferma...che non tarda a venire)

TUTTI: "... ben te às dito... i... à da fèi i conte pede neautre..."
ANGELO: (perplesso) "... coleghe... duto ben... ma... n negro...

ebreo..."

FERNANDO: (lo guarda con espressione cattiva e gli si avvicina fin sotto

il naso minacciandolo con un dito) "... se te fosse me fiol... te darae na carobola sul ciou... che no te te levarae pi su..." (Angelo preso alla sprovvista... non ha il tempo di reagire) FERNANDO: "... fin che te avaras de ste idee, caro l me tosato... alora te mierte de restà n "gnoco". "Anche lui é n òn... e l và respetou... che l see negro o bianco... o... dal... che l crede del signor o de na pianta... vegnon dute da la stessa parte... l Padreterno no à mai fato de sti conte... solo i omen su sta tera... i à besuoi de fei deferenze..."

ANGELO: "... no stasé saudave... no pensao de ofende nessun..."
FERNANDO: "... lui por primo l ve à spordù la boza ... zenza

omandave chi che sé e da agnò che vegnì...”

GASPRO: " (si rivolge a Ansian)... che na testa mata... aveu sentiu la

predega... meo del Monsignor..."

ARON:" (si avvicina al gruppo sorridendo)... hi... (sillabando)... a-mi-ci...

(e dà una manata sulla spalla del più vicino)

ANGELO: "… (con un po’ di imbarazzo, ma più sollevato)... amico...

amico (e gli restituisce la pacca)

Ancora prima che la scena si concluda, si sente da lontano qualcuno che in un italiano sforzato, chiama Annibale... più volte. E'arrivata la posta. Entra trafelato, scrollandosi l'acqua di dosso, un operaio con un vistoso mazzo di lettere in mano; Annibale sollecito gli si fa incontro, afferra la lettera e si apparta vicino alla sua branda. Il resto della compagnia comprende il desiderio di Annibale di restare solo, quindi, sempre vociando, si allontana.

Il vocio va spegnendosi... (musica)... si ode la voce della moglie, Augusta, che scrive al marito. Nella busta c'è anche una letterina della figlia Carmela.

QUADRO SETTIMO

Siamo nella baracca dove il gruppo è costretto a rimanere fino a che il tempo migliorerà. Annibale si sta riempiendo il fornello della pipa... dal fondo si sente il canto nostalgico di Aron (che si accompagna con uno strumentino), che... ha voluto trasferirsi con gli auronzani. Annibale ha un dito della mano sinistra fasciato e si rivolge con tono pacato a Gaspro.

ANNIBALE: "...ei besuoi de mandà doe righe a ciasa... ero zenza

gnanche n foio... doboto... é n ora che Angelo é partiu por dì a proedeme na carta ma... ncora no lo vedo tornà..."

GASPRO: "... me despiase por l vos foio... ma se l à ciatou chi che

penso ió, faseà gnante a dì da vostra posta..."

ANGELO (sempre vivace... entra trafelato): "... senpro a parlà mal de

me... ma sta ota ei ciatou i foie, le buste e algo autro apede..." (dietro di Angelo compaiono Eulalia e Samuele... che corrono ad abbracciare Annibale e gli altri)

ANSIAN: "... nsoma... gnanche fossione parente... no son proprio

buoi de stà lontane... pi de tanto..."

EULALIA: "... pian coi parente..."
SAMUELE: (con tono di chi la sa lunga) ”... parente... mal de

dente..."

TITA: "... parente o no, ades sé ruade... sentave (porge una sedia)... e

contane n tin come che la é duda..."

EULALIA: "... rengraziando l Signor (si segna velocemente)... daspò

tante mes... son ncora ca!"

SAMUELE: "... ben, son dude nos-cè dis a ciasa del fiol del cognou

de so siò de Lalia... e luore, che Santa Ostina li reconpense fin che i vive... i ne à ciatou da laurà..."(continua Eulalia)

EULALIA: "... ió de na fabrica de materasse... e... no ndovignaré mai

chi che lauraa apede me... che se podeone fin tocià... da ndavesin che reone..."

ANGELO: "... (con tono dispettoso)... la femena de Fernando..."
EULALIA (stupita e un po’ indispettita): "... e tu come sasto ste robe?"
ANNIBALE: "... é passou ca Fernando e ne à contou dei so afare e...

de so femena."

EULALIA: "... (continuando)... e l me òn..."
SAMUELE: "... lassà che dighe ió chel che me reguarda..."
EULALIA: "... senpro pi permalos... deventà vecio... Samuele...

parlà... parlà che no ve interompo pi"

SAMUELE: "...e ió... care coleghe, son ruou de cosina... a fei l cogo..."
EULALIA: "... bel cogo... a sfreà tece duto l dì... pelà patate e stà

davoi al fuogo... sasto ce che magnessione... con coghe de sta sorta..."

SAMUELE: "... i me à nprometù che n tin a l ota npararei anche ió...

alora vedaré..."

EULALIA: "... ntanto, ei fato ben a toleme algo davoi..."
ANSIAN: "… come aveu fato a ruà fin da ste bande?"
EULALIA: "e Petra, la femena de Fernando, che à parlou pede l so

òn... e cossì avon savù agnó che ereà... e se son dite... spieta che fason n sauto... a ciatà i amighe..."

ANNIBALE: (rivolto a Eulalia) "... nene Lalia, daspomedodì parte la

posta... e avarae chela de mandà doe righe a ciasa... permeteu?"

EULALIA: "... fasé chel che avé besuoi, Nibale... e saludià Gusta da

parte mea."

(una musica, mista al fischiare del vento e al chiacchiericcio degli amici, accompagna Annibale, che, appoggiato al letto, scrive... penombra... si sente un lettore che recita la lettera del...) (Terminata la lettera, la scena si illumina nuovamente, cresce il vociare, prima confuso e in lontananza, ora più distinto... è Angelo che... dopo alcuni bicchierini di un liquore che Eulalia ha versato, un po’ alticcio, si rivolge ad Aron...)

ANGELO: "... e pò... no te às mai visto le Tre Zime... te savesse che

bele ste tre peze de crode... e l Aiarnola...(balbetta) e l Tudaio... che l somea betù là… por no fei passà nessun... caro l me Aron... Auronzo e l paes pi bel che see... na dì te porto apede me... (guarda Eulalia)... autro che materasse... e coghe... e bosche... che pi te tae do... e pi resta da taià..."

ANSIAN: "... se te scomenzie a beuzià cossì... le femene no te volarà

pi..."

ANGELO: "... meo de voi che no tocià mai n gozo de vin... no savé

che l aga marzisse i pale... (si rivolge ancora ad Aron, indicando Ansian)... chesto é l Ansian... che "parte a Mesorina... e rua a la marina"... senpro aga..."

ARON: “... What... An-si-an?"

(cala la luce... si sente, sommesso un canto di montagna, che accompagna il racconto di Ansian... ogni tanto qualcuno, commosso, si asciuga una lacrima...)

ANSIAN: (racconta guardando Aron ma anche alzando lo sguardo nel

vuoto, per dare forma, nella sua mente, alle immagini che sta illustrando...)(diapositive) "... caro l me tosato... l nos paes é algo che no te podarae gnanche nmaginià, se no te lo vede... co é d autono... l canbia porfin ziera... i lares che deventa dai... le faghere rosse come l fogo... l fumo de le poiate che se auza dai cianpe e... gnante gnote... co renfresca e la dente se tira de inze... se te varde le zime de le crode, somea che le ciape fogo... e dura cossì poco che... l tenpo de giriate... é duto finiu (pausa)...dal pè de Zardus... te siente l Ansian che passa... come un che fese la guardia... suziede chel che suziede... lui passa... la dente nasse... muore... parte... torna... piande... ride... lui passa... e par che l dighe… "stasé n pas... son ca ió..." (si alza la musica , poi piano piano scompare...)

SAMUELE: (soffiandosi sonoramente il naso) "... Ió no sarei n cogo, ma

voi, Ansian, sé n poeta..." Si sente bussare rumorosamente alla porta... è il capo che viene a chiamare gli operai... Gli uomini salutano Eulalia e Samuele e, prendendo con sé gli atrezzi, si accingono a tornare nel bosco... (MUSICA)

QUADRO OTTAVO

E'notte. Nella baracca tutti stanno dormendo.

Il tempo è passato... Annibale e gli amici hanno lavorato sodo tutto il giorno... ma nel sonno, Annibale si gira e si agita inquieto... pensa alla famiglia, alla figlia che non ha ancora visto... ai pochi soldi che riesce a mandare a casa... ed i sogni lo vengono a trovare, sovrapponendo fantasia e realtà... prendono anima le lettere che ha inviato e quelle che ha ricevuto...

(I° voce fuori campo): "... ce ocorea dì cossì ndalonde... tante strussie

por cuatro palanche..." (non termina la frase che un'altra si sovrappone... è la letterina della figlioletta)

(2° voce fuori campo): “... vi voglio scrivere questa leterina per darvi

un sagio della mia caligrafìa..." ANNIBALE (partecipa ai suoi incubi e parla..): "... sì, Carmela... fei vede al pare come che te scrive..." (si sovrappone un'altra voce... quella di Fernando)

(3° voce,di Fernando): "... ei avù da che fei apede tanta dente... e da

dute ei zercou de nparà algo..."

ANNIBALE: "... sì, si... anche ió ei nparou assei... che voia che

avarae de tornà ncora..."

EMMA: "... é dura, saveu... npiantà duto zenza savé agnó che te

rue..."

ANNIBALE: "... no stasé avé paura... Ema... vardà senpro avante,

come che ei tociou fei ió... faseve coragio..."

PARROCO: "... porcé aveu npiantou dute ca... la femena… i fioi

picui... se bate che i à besuoi de algo... agnò elo so pare?"

EMMA: "... seu bon de balà... Nibale... voleu che balone..."
(3° voce,di Fernando): "... i americane no vo savé del me gelato...

cuasi cuasi... tolo su la femena e torno a Val..."

ANNIBALE: "... sì, anche ió torno a Val... spitiame Fernando

...npararei anche a fei gelato... che bon che é l gelato..."

(4°voce fuori campo,Gusta): "... e temo... che abbiate da trascurarvi

in tutte le maniere e che abbiate da lavorare fuori di tutte le misure... io desidero più la vostra salute..."

ANNIBALE: "...sì, Gusta... faron a la meo, ma cuasi, cuasi torno... éro

che diaron su a Mesorina... portaron anche la "mora"... (gli sembra di vedere suo padre)... ce faseu anche voi… ca... pare... seu vegnù n America por laoro?"

(5° voce fuori campo,del padre): "... nò, nò... Nibale... fei come che te

pos... ió e to mare son senpro ndavesin... e te volon ben... stà n pas... stà n pas..."

ANNIBALE: "Pare… pare..." (alza le mani per abbracciarlo... ma

abbraccia il vuoto, finchè si alza di scatto a sedere sul letto... sudato e infreddolito. Ansian gli si avvicina e lo rassicura... era tutto un sogno...)

ANSIAN: "... avé sognou, Nibale...”
ANNIBALE: "… che bel... ei visto l pare... l à dito che l me vo ben...

che no stese a bazilià pi de cossì... che fese meo che poi... (guarda in faccia Ansian e ripete, stavolta ben sveglio... e contento)… Ansian... aveu capiu... ei visto l pare..."

ANSIAN: "... son contento por voi... ades e meo che se paricione... e

doboto ora de dì"

Annibale si dà una lavata veloce con l'acqua fredda del catino... si asciuga e va. Incrocia Aron che sta uscendo anche lui... Aron, sempre attento a tutto gli chiede:

ARON: "… Annibale... what is "pare"?"
ANNIBALE: "(contento)... pare... vo dì... (pensa al suo magro inglese,

poi ricorda)... father... caro l me negruto... father... father... ades é meo che sé nvione... senò nsieme al father... i ne fei vede anche le stele..." (escono)

EPILOGO

(MUSICA)... si ritorna nella cucina, dove il nipote si è addormentato con il capo appoggiato alle ginocchia di Annibale. La figlia lo prende in braccio e...

FIGLIA: "... pare... aveu visto come che l se é ndormenzou... ma...

(dubbiosa)... elo duto vero chel che avé contou?

ANNIBALE: "... e sì... fia mea... purtropo é duto vero, anche se

calche ota... co conto de ste aventure... somea anche a mi de parlà de n autro... e vignarà l dì... te vedaras... che i stentarà a crede che la see duda proprio cossì.”

FIGLIA: "... e ce fin ali fato i vostre coleghe... aveu pi savù algo?"

(MUSICA)

(uno a uno, entrano gli amici di Annibale e dicono, rivolti al pubblico, come è finita, per loro)

TITA, GASPRO, ANSIAN (parla uno di loro): "... a neautre à

convegnù restà la via... avon ciatou n bon laoro e se son sistemade... calche ota tornon a ciatà i parente... a tirià l fiòu ca... agnó che son cressude...”

(entra) EMMA: "... par che see destin... no ei mai cognù bazilià por

ciatà algo da fei... tanto che con chel che ei podù bete via... ei verto n bel anbiente... e me ciato proprio ben..."

(entrano) EULALIA e SAMUELE: "... anche a neautre no é duda

proprio mal... son ruade a laurà de na ciasa de riposo... e là fason duto chel che ocore... de dì e de gnote… i ne vo n ben de vita... guai se parlon de tornà n Italia. "

(entra) BASTIAN: "...ió son tornou volentiera, pede Nibale... ei

parcuriou i me vecie... ei coleou dute i fioi e pede me femena... se la passon... fin che Dio ne lassa su sta tera..."

(entra) ANGELO: "… (tiene sottobraccio una bella donna)... anche

Angelo à ciatou l so "angelo"... se son maridiade... avon tre fioi e l cuarto é por viado... (accarezza il pancione della moglie...)... aveo na nostalgia de Auronzo... e... apena che ei podù... son tornou."

(entrano) FERNANDO e PETRA: "... a noi (inizia Fernando)... à

convegnù tornà a vive coi todesse... agnó che i sà ce che vo dì n bon gelato... avon i nostre ane, se volon senpro ben e ogni tanto ne piase recordà chi momente... (si commuove)...”

PETRA: " ah... beata gioventù!"
TUTTI: "ah... beata gioventù!"

(MUSICA)

Auronzo di Cadore/Auronzo, 13 gennaio 2005