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Trattato de' governi/Libro sesto/XV

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Libro sesto
Capitolo XV:
Della spezie del consiglio

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Aristotele - Trattato de' governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Libro sesto
Capitolo XV:
Della spezie del consiglio
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[p. 245 modifica]Di nuovo ripigliando il ragionamento diciamo delle cose che conseguitano avendo detto di ciascuno stato e in generale e in particulare, e facciamo questo principio conveniente da dirne. [p. 246 modifica]In tutti gli stati sono tre membri, il bene de’ quali debba essere considerato dal prudente datore di legge. I quali tre membri stando bene, conseguita per necessità che stieno ancora bene quei governi; e così di necessità conseguita ancora, che gli stati sieno differenti, secondo la differenza, che questi tre membri hanno l’uno dall’altro. Di questi tre uno n’è quello, che consiglia le faccende publiche. Il secondo è quello, che è intorno alli magistrati. E questo importa a vedere quai si debbino fare, e di che cosa e’ debbino esser padroni, e in che modo debba essere fatta l’elezione loro. Il terzo è di chi ha a giudicare.

Il membro, che consiglia debbe esser padrone della guerra, e della pace, delle tregue e leghe da farsi, e da rompersi, delle leggi, della morte, dello esilio, della pubblicazione dei beni1, e del rivedere i conti. È adunche di necessità o che tutti li predetti giudizî si distribuischino a tutti li cittadini, o tutti a certi, come è verbigrazia a un solo magistrato, o a più altri; ovvero che altre delle cose dette, o certe di loro si distribuischino a tutto il corpo dei cittadini, e che certe si distribuischino a certi.

Il distribuirsi adunche i giudizî di tutte le cose dette a tutti i cittadini è ordine popolare, che altro non vuole già il popolo, che una tal parità. E li modi da fare tutti li cittadini partecipi di queste cose sono più. Uno è che dispersè, e non tutti insieme gli faccino, come s’usa nella republica di Telecleo da Meleto, e in altre ancora, dove li magistrati ragunati tutti insieme deliberano. Ma nei magistrati vanno ciascun poi dispersè, cioè tribù per tribù, e parte per parte, per minima che ella sia, infino a tanto che tutti vi sieno iti, e ragunansi questi insieme solamente per fare leggi, e per casi appartenenti allo stato, e per udire le cose proposte dai magistrati.

Un altro modo è, che tutti [p. 247 modifica]insieme si ragunino, e ciò faccino solamente per cagione d’eleggere i magistrati, e per fare leggi, e per ordinare le cose appartenenti alla guerra, e alla pace, e per rivedere i conti ai magistrati e che l’altre faccende eseguischino li magistrati, quelle cioè, che sono propie di ciascheduno: li magistrati, dico o eletti, o tratti a sorte di tutto il popolo.

Il terzo modo è, che tutti si ragunino alla creazione dei magistrati, e a rivedere i conti, e alle deliberazioni de’ casi appartenenti alla guerra, e al far delle leghe, e che l’altre faccende sieno amministrate da’ magistrati, da tutti quegli ai quali è lecito in quel governo d’esserne eletti. E tali sono tutti quegli, che per necessità debbono essere amministrati dai cittadini pratichi.

Il quarto è, che tutti li cittadini convenghino insieme a deliberare di tutte le cose, e che li magistrati niente giudichino: ma solamente proponghino il giudizio. E tale modo è osservato oggi nell’ultimo stato del popolo, al quale dico io corrispondere il violento stato dei pochi potenti in simile stato, e nella monarchia la tirannide. E questi modi tutti sono popolari.

Ma quando certi sono che ogni cosa amministrano, questo è ordine da pochi potenti, e questo modo ancora egli ha molte differenze. Imperocchè dove s’eleggono a tale uffizio gli cittadini per via di mediocre censo, e che per la mediocrità d’esso il numero elettori sia assai, e che e’ non innovino cosa alcuna delle probite dalla legge, ma vadinle seguitando, e che sia lecito di parteciparne a chi ha quel censo, dico, in tal caso simili ordini essere da stati di pochi potenti, ma bene essere civili per la mediocrità, che v’è dentro. Ma quando non tutti li cittadini partecipano del consiglio, ma solamente gli detti, e quando e’ comandano per via della legge, questo ordine ancora ha dello stato de’ pochi, siccome il primo. [p. 248 modifica]Ma quando essi padroni del consiglio eleggono gli altri, che hanno a consigliare, e quando il figliuolo succede al padre, e che e’ sono sopra le leggi, questo tale ordine è per necessità da stato di pochi potenti.

Ma quando a certi di certe cose è permesso il consiglio, com’è della guerra, e della pace, e quando tutti sono sopra il rivedere i conti, e sopra l’altre cose sono li magistrati (e questi sieno o eletti, o tratti per sorte) allora quello stato è ottimate o republica. Ma se sopra il giudizio d’alcune faccende vi sono preposti alcuni, che sieno eletti, e sopra il giudizio di certe altre vi sieno preposti alcuni che sieno a sorte tratti e sieno tali, o tratti di tutto il popolo, ovvero di certi innanzi imborsati, oppure sieno eletti, o tratti publicamente, parte di questi ordini sono da stato d’ottimati, e parte da republica. In cotal modo adunche si divide il membro consigliativo2 in ciascuna sorte di stato, e governasi ciascuna specie di stato secondo la detta determinazione.

Giova bene a quello stato popolare, che massimamente è tale, che oggi si chiama stato di popolo, e tale è dove il popolo è padrone ancora delle leggi; giova, dico, per meglio deliberare, e per farlo migliore usare quello nelle concioni, che s’usa dagli stati stretti nei giudizî. Perchè gli stati stretti mettono pena a chi ei vogliono, che sieno giudici, se essi non giudicano. E li popolari a’ poveri mettono salario. Perchè il far questo medesimo nella concione farebbe, che vi si delibererebbe meglio, se tutti quanti generalmente vi si trovassino, io dico li popolari con li nobili, e li nobili con li popolari. È ancora utile, che li cittadini che hanno a consigliare, sieno cittadini eletti, ovvero sieno tratti di tutte le parti ugualmente. È ancora utile, quando bene il numero dei cittadini popolari avanzi gli altri, ovvero non dare a tutti salario, ovvero non ne dare se non a tanti, che si possino mettere a fronte dei nobili, [p. 249 modifica]o veramente molti d’essi non si debbono imborsare negli squittinî.

E agli stati dei pochi potenti è utile o eleggere insieme certi cittadini popolari, o ordinare un magistrato (siccome si usa in molti stati) chiamato anticonsiglieri, o conservatori di legge, per proporre poi nei consigli solamente le cose, che questi innanzi avessino deliberato. Perchè in tal modo il popolo verrà a partecipare del consiglio, e non avrà forza di rompere alcuno ordine di quello stato. Ancora il popolo o ei confermerà le cose messegli innanzi, o ei non farà cosa alcuna contra le deliberate.

O veramente è bene, che tutti i cittadini sieno fatti partecipi del consiglio3, e che li magistrati soli deliberino.

E debbe tale stato far l’opposito di quello che s’usa negli stati popolari, cioè, che il decreto del popolo nelle condennagioni non sia valido. Ma riduchinsi di nuovo le cose ai magistrati, l’opposito delle quai cose si osserva negli stati larghi, imperocchè li pochi in tali stati sono bene padroni d’assolvere, ma non già di condannare, anzi sempre si riduce alla moltitudine la podestà di far questo. E siasi determinato in tal modo del membro, che consiglia, e che debbe essere padrone dello stato.

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Note

  1. Confisca.
  2. Corpo deliberante.
  3. Abbian voto consultivo.