Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro III/Capitolo 10

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Libro III - Capitolo 10

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De gli incommodi del soverchio mangiare, et bere. Cap. X.

Hor non ha dubbio alcuno che il cibo soverchio, et la crapula, et la ebrietà, et le indigestioni impediscono grandemente la buona dispositione del corpo, et per conseguenza dell’anima nelle loro operationi, percioche un’huomo che ha il ventre disteso et ripieno d’immoderato cibo, è inetto, et grave ad ogni cosa, non ama la fatica, anzi per contrario cerca la quiete, et non fa altro più volentieri che darsi in preda al sonno, et non bastano le lunghe notti, che vi si aggiunge buona parte del giorno, et se il corpo è grave , et pesante non può l’anima esser leggiera, ma resta anchor ella come suffocata in una nebbia di grossi, et spessi vapori che si lievano da lo stomaco, et gli tolgono l’uso del discorrere. Che diremo poi delle molte, et varie infirmità che sono cagionate dalla intemperanza del mangiare, et del bere? quindi avviene spesse volte che un cittadino che poteva, et doveva essere utile alla patria, et alla casa sua, si pone à sedere in una infelice seggiola, ò à giacere in un letto, nella più bella stagione della vita, grave à gli altri, et a se medesimo; quindi sono le vecchiezze immature, et le morti accelerate, et massime quando come per ordinario avviene, alla intemperanza della gola, si aggionge quella della carnalità, misera compagna, percioche secondo quella vera sentenza di san Hieronimo, il ventre satollo despuma libidine, si come altrove si è detto, per occasione di trattar de i rimedii contra il vitio della lussuria. Ma qui si parla di necessità del moderato mangiare, come mezzo necessario per mantener la vita, et per conseguenza acciò si possa operare virtuosamente da ciascuno nello stato, et vocatione allaquale Iddio lo chiama. Et per contrario siamo astretti à biasimare il troppo mangiare, et bere, perche impediscono le operationi civili, et virtuose, et proprie dell’huomo, accortano la istessa vita, et finalmente conducono l’anima in mille vitii. Forse parerà ad alcuni un paradosso quello che io intendo dire hora, ma si vede per antiche esperienze, et per nove, che pur troppo è vero, che gli huomini intemperanti, dediti alla gola, alla ebrietà, et alla incontinenza, peccati de i quali communemente non si fa grande stima, hanno una gran dispositione et facilità, non solo di commetter delitti più gravi, ma quello ch’è il sommo de i mali in questa [p. 130v modifica]vita, di partirsi dalla unione della Chiesa, et di apostatare dalla fede, si come mi ricorda haver toccato nel principio di questa opera, parlando de i mali, che ha partorito la trascuraggine della buona et christiana educatione. Et questa è la prima porta, per laquale i falsi profeti, et falsi apostoli, che predicano cose piacevoli, et i maestri de gli errori che grattano gli orecchi, per questa porta dico cominciano ad insinuarsi ne gli animi carnali, allargando la briglia al senso; onde è avvenuto che molti, et molti piacendo loro questa nuova cosi delicata, et agiata via di andare in paradiso, quale non ci insegnò Christo nostro Signore, che tutto al contrario la chiamò erta et faticosa, è avvenuto dico che hanno accettato i novi Evangelii, et le nove religioni, et hanno urtato ne gli scogli delle heresie, et fatto miserabilmente naufragio della fede. Et però non deve parer maraviglia, se più d’una volta ricordiamo al nostro padre di famiglia che avvezzi il fanciullo alla sobrietà, come diremo qui appresso.