Vai al contenuto

Un antro vitturino

Da Wikisource.
Giuseppe Gioachino Belli

1832 Indice:Sonetti romaneschi II.djvu sonetti letteratura Un antro vitturino Intestazione 12 gennaio 2025 75% Da definire

Un vitturino de Montescitorio San Pavolo prim'arimita
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

[p. 245 modifica]

UN ANTRO VITTURINO.

     M’aricconta mi’ padre, che l’Ingresi
Ch’ar zu’ tempo a li stati papalini
Ce vienivano a ffà li milordini,[1]
Spenneveno da prèncipi Bborghesi.[2]

     Ma bbisogna che mmo cquelli paesi
Abbino dato fonno a li cuadrini,
Perché mmo sse la passeno a llustrini,[3]
E bbiastìmeno[4] poi d’avelli spesi.

     Io m’aricordo sempre, m’aricordo,
D’uno che mme maggnò la bbonamano,[5]
E ppiù strillavo ppiù fasceva er zordo.

     Io je disse però dda bbon romano:
“Accidentacci in faccia ar zor Milordo,
Ch’è sbarcato a la chiavica de Fiano.[6]

Roma, 14 dicembre 1832.


Note

  1. Dalla parola mylord è derivato in Roma il vocabolo di milordo o milordino, in significazione di “uomo azzimato.„
  2. Per dinotare ricchezze e splendidezza, il volgo introduce sempre il paragone della famiglia principesca dei Borghese.
  3. Mezzi-paoli d’argento. [Cinque soldi.]
  4. Bestemmiano.
  5. Soprappiù del prezzo di nolo, che i vetturini non mancano mai di pretendere, nè mai di riputar sufficiente. [Insufficiente, voleva dire.]
  6. Cloaca che sembra un portone, patente nel bel cuore del Corso romano, intorno al palazzo degli Ottoboni Duchi di Fiano, prossima però adesso a scomparire, mercè la nuova livellazione già incominciata di quella via.