Un antro vitturino
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UN ANTRO VITTURINO.
M’aricconta mi’ padre, che l’Ingresi
Ch’ar zu’ tempo a li stati papalini
Ce vienivano a ffà li milordini,[1]
Spenneveno da prèncipi Bborghesi.[2]
Ma bbisogna che mmo cquelli paesi
Abbino dato fonno a li cuadrini,
Perché mmo sse la passeno a llustrini,[3]
E bbiastìmeno[4] poi d’avelli spesi.
Io m’aricordo sempre, m’aricordo,
D’uno che mme maggnò la bbonamano,[5]
E ppiù strillavo ppiù fasceva er zordo.
Io je disse però dda bbon romano:
“Accidentacci in faccia ar zor Milordo,
Ch’è sbarcato a la chiavica de Fiano.[6]„
Roma, 14 dicembre 1832.
Note
- ↑ Dalla parola mylord è derivato in Roma il vocabolo di milordo o milordino, in significazione di “uomo azzimato.„
- ↑ Per dinotare ricchezze e splendidezza, il volgo introduce sempre il paragone della famiglia principesca dei Borghese.
- ↑ Mezzi-paoli d’argento. [Cinque soldi.]
- ↑ Bestemmiano.
- ↑ Soprappiù del prezzo di nolo, che i vetturini non mancano mai di pretendere, nè mai di riputar sufficiente. [Insufficiente, voleva dire.]
- ↑ Cloaca che sembra un portone, patente nel bel cuore del Corso romano, intorno al palazzo degli Ottoboni Duchi di Fiano, prossima però adesso a scomparire, mercè la nuova livellazione già incominciata di quella via.