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Un romanzo/XXII

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XXII.

Il caminetto davanti al quale la signora Chiara soleva passare tutti gli inverni, sola, facendo calze per il suo Pompeo, era adesso rallegrato dalla presenza di Giulia.

La poverina non era sempre lieta, bisogna dirlo, ma il suo volto giovanile spirava tanta dolcezza e ne’ suoi grandi occhi malinconici trapelava una mite rassegnazione che commoveva profondamente il cuore sensibile della signora Chiara. Ella sentiva di amarla come una figlia — l’aveva conosciuta piccina — l’aveva vista crescere — l’aveva udita pronunciare il fatale — ed ora che le era dato ritrovarla dopo tante sventure e in mezzo a tanti dolori le sembrava di compiere una missione a volerle bene.

Sotto l’influenza di questa tenera amicizia Giulia si rianimava, come il fiorellino intristito dal gelo che spiega le foglie e riprende vita nel tepido ambiente [p. 187 modifica]della sera. Dalla sua cameretta ella discendeva sovente col suo lavoro o con un libro che poi leggeva ad alta voce — romanzi, in generale, perchè la signora Chiara non gustava altro — ed anche fra i romanzi ci aveva le sue predilezioni. A volerla appagare proprio nel lato debole, conveniva scegliere un romanzo dove entrasse per lo meno un pajo di malfattori che per dugento pagine ne facessero di tutti i colori. Allora la buona donna si adirava, si commoveva; veniva fuori con esclamazioni di sdegno, prorompeva in invettive contro gli scellerati — il suo volto diventava pavonazzo — i ferri concitati della calza lasciavano sfuggire qualche maglia e finalmente, giunta all’ultimo capitolo dove l’uno si impicca e l’altro si lascia strozzare, ella usciva in un sospirone di contentezza e per quel giorno era sicura di fare un’ottima digestione.

Pompeo, l’avvocato, appariva qualchevolta sull’uscio del salottino verde, ma era estremamente timido, non alzava mai gli occhi — e sì che li aveva belli — parlava titubando e sedeva nell’angolo delle poltrone.

Giulia gli aveva confidato tutti i suoi interessi ed egli se ne occupava scrupolosamente, ma arrossiva ogni qualvolta dovevano discorrere insieme e teneva la testa così bassa che Giulia non era mai riuscita a vedere che faccia avesse.

La signora Chiara idolatrava suo fratello. [p. 188 modifica]

Nessuno entrava in camera dell’avvocato, alla mattina, fuorchè lei — ella sola voleva preparargli il caffè — lo guardava, lo interrogava, gli metteva la mano sulla fronte — si inquietava di trovarlo pallido e voleva fargli prendere ad ogni costo un cucchiaino di magnesia. Si assicurava co’ suoi occhi che avesse indosso il giuboncino di flanella, che non uscisse senza paracqua nei giorni di pioggia e lo ammoniva di tener dritta la testa, di non camminare come fosse inseguito dai ladri, di farsi un po’ meglio la scriminatura, di sorridere qualche volta e mettere in mostra la sua bocca vermiglia e i suoi bianchi denti. Gli dava una spalmata sulla nuca e gli diceva:

— Hai ventisette anni, ne dimostri trenta. Fai una vita da vecchio, ammuffisci prima del tempo, finirai coll’ammalarti. Di’ la verità, ti duole in qualche parte? vuoi sentire il parere d’un medico? Non sei nel tuo stato naturale.

Da cinque anni ella continuava ad assicurare che non era nel suo stato naturale. Pompeo faceva una smorfia metà sorriso metà sospiro, baciava in fronte sua sorella e non rispondeva mai altro.

Secondo l’opinione della signora Chiara, Pompeo non aveva confidenza in lei — e questo era il suo guajo immenso, il suo dispiacere più grosso, l’incubo della sua vita. [p. 189 modifica]

Si aperse, una sera, con Giulietta.

— Ella non crederà ma per me è un dolore acutissimo la tristezza nella quale vedo immerso mio fratello. Un giovinotto par suo che non va mai a teatri, a feste, a sollazzi di amici, a baraonde di pranzi e di cene — mai! Sempre in casa, sui libri, sulle cause — sempre taciturno — e malcontento sa? oh! è malcontento, lo si vede, non può essere diversamente. Ma perchè fa così? Cos’è questo mistero? Quanto ci vuole a spiegarsi una buona volta, con me poi!... Proprio no — come fossi una bambina o una imbecille. Dica lei se non è da impazzire e da stancarsi di stare al mondo in questo modo!

— Forse, arrischiò Giulia, è il suo carattere.

— Nossignora che non è il suo carattere; non era così una volta; s’è fatto da pochi anni concentrato e grave quasi avesse lui tutti i fastidii della terra.

— Chi sa!... tornò ad arrischiare Giulia.

— E che fastidii deve avere? Cosa gli manca? Non sono qui io a servirlo, a prevenire tutti i suoi desiderii, a secondare tutti i suoi gusti, a compiacerlo in tutto e per tutto? Io gli sono sorella, amica, madre, ogni cosa gli sono!

La signora Chiara si interruppe — sorrise ed anche Giulia sorrise esclamando:

— Lei sola non può tener luogo di tutto! [p. 190 modifica]

— Ebbene, è la sposa che gli manca? Gettiamo per aria il fazzoletto e non una, cento si chiameranno fortunate di offrirgli la mano. È un bel giovane mio fratello, buono, onesto; lavora e ci ha anche discretamente del suo; ha una posizione onorevole, è stimato, è ricercato dalla più alta clientela. La sua ultima difesa è stata riprodotta da tutti i giornali e la fortuna sorride alla sua carriera. Ma sta appunto qui il chiodo — egli non vuole prender moglie!

— Oh! — fece Giulia cominciando a prendere interesse, perchè le donne s’interessano sempre alla quistione matrimonio.

— Sicuro. E quante glie ne furono proposte! Ereditiere, con dote, belle — nemmeno vederle ha voluto! Basta toccargli questa corda per farlo fuggire come un cane scottato.

— Avrà già fatta la sua scelta.

— Venga avanti allora; carte in tavola e si scopra il gioco.

— Vi saranno degli impedimenti, dei contrasti.

— Ma ancora, dovrei accorgermi. Egli non va mai in società, non esce di sera, non tiene corrispondenze particolari, non frequenta nessuna casa. Veste come un quacchero e si fa la barba due volte per settimana quando si ricorda. Oh! non dubiti che l’ho spiato. Frugo i suoi tiretti e le sue tasche; osservo se ha della [p. 191 modifica]carta da lettere elegante, dei fiori appassiti, dei profumi nella biancheria — nulla, nulla affatto. L’ho seguito qualchevolta per istrada e scendo tutte le notti a vedere se dorme, se pronuncia in sogno parole che mi possano mettere sulla via d’una scoperta. A dirle tutto sinceramente, una volta credetti di aver trovato il filo. Era autunno inoltrato. Pompeo partì una mattina per non so dove — gita d’affari — e tornò alla sera molto tardi, così sconvolto ch’io non potei darmene pace. Le nostre camere da letto sono vicine ed io esigo assolutamente ch’egli non chiuda l’uscio della sua — quella notte lo sentivo voltarsi e rivoltarsi per il letto, lagnandosi e sospirando — secondo il mio costume andai a vederlo — dormiva un sonno agitato, rotto da singulti e da parole incomprensibili — le braccia avea fuori dalle coltri e colla destra stringeva il fazzoletto. Io rattenni il fiato per non destarlo, ma curva sul suo volto spiavo ogni movimento dei muscoli; per due volte mormorò distintamente la parola infelice! poi più nulla. A chi si riferiva quell’infelice?

Da lui non ebbi veruna spiegazione; il giorno appresso lavorò come il solito, come il solito taciturno, ed io mi persuasi che la cattiva notte fosse la conseguenza di un pranzo scellerato all’osteria. Eh? Che ne dice?

Giulia non sapeva cosa rispondere. [p. 192 modifica]

Finallora l’avvocato le era parso un originale torbido e poco socievole, ma le confidenze della signora Chiara lo vestivano di una luce simpatica, dolcemente misteriosa e gradita al suo cuore, che naturalmente si sentiva inclinato verso quelli che soffrono.

Pompeo soffriva. Su questo punto le due amiche andavano d’accordo. Ma perchè soffriva?

Giulia batteva in cadenza il suo piedino sugli alari del caminetto fantasticando dietro il segreto dell’avvocato, quando costui entrò per l’appunto. Ella lo guardò con una certa curiosità e dovette convenire che non ci era male. Abituata alla splendida bellezza d’Olimpio, bellezza che abbagliava come il sole, non s’era mai accorta che l’avvocato aveva un profilo nobile e distinto, un’eleganza modesta e direi quasi furtiva, occhi soavi e fronte intelligente.

Le parve anche che quella sera fosse un po’ meno triste — e senza dubbio ciò contribuiva moltissimo a farlo più simpatico.

— E così? chiese Giulia dopo i saluti d’uso.

Egli rispose sedendo accanto alla sorella:

— La domanda di separazione fu presentata oggi in Tribunale; ho parlato col signor Olimpio e si faranno le cose in regola, chetamente.

La signora Chiara si impadronì di una mano di suo fratello e interrompendolo esclamò: [p. 193 modifica]

— Come arde!.... hai la febbre tu!

— Il tuo affetto inquieto mi vorrebbe ammalato undici mese all’anno; Chiara, ti assicuro, sto bene.

Pompeo sorrideva nel suo angolo oscuro — Giulia, sbirciandolo di sottecchi, stabilì definitivamente nel suo pensiero che l’avvocato era un giovane simpatico.

— Ho ricevuto lettera (era lui che parlava, raccogliendo sotto il divano il gomitolo di sua sorella), ho ricevuto lettera dal padrone dei podere. Il signor Prospero ha pagato tutto e converrà che qualcuno vada fuori per ritirare i mobili.

— Mio marito....

— Non ne vuol sapere; prega anzi la signora a volersi assumere questo incarico....

— Ma come devo fare? Una donna sola, in mezzo a quel poco trambusto! E poi non conosco dove incominciano i miei diritti nè come regolarmi nei rapporti col proprietario.... Oh! davvero è un impiccio. Non si potrebbe incaricare....

— Chi? fece Pompeo rilevando la sospensione.

— Un amico — rispose Giulia prontamente.

— Ha fatto la scelta?

La signora Chiara notò che un insolito rossore coloriva il volto di suo fratello — poteva essere un principio di raffreddore, ma poteva anche riferire la sua [p. 194 modifica]causa nella fiamma troppo viva del caminetto; si alzò e picchiando colle molle spense un tizzone.

Intanto Giulia diceva:

— Un amico! veramente non ne ho. Roberto ha reso molti servigi a mio marito ed a me, ma dove andare a cercarlo ora? È un secolo che non lo vedo — ha altri impegni, altri legami....

La signora Chiara dal canto suo pensava: Un po’ di svago deve giovare a Pompeo; la gita, il movimento, la novità lo distrarranno; lavora troppo a tavolino — ha bisogno di muoversi. E la conclusione di questi pensieri fu che ripresa la mano di Pompeo esclamò:

— E se andassi tu?

— Oh! bravo — ripetè Giulia — dovrebbe proprio andare lei!

Pompeo rispose timidamente:

— Io sono pronto, ma non conosco nè la casa, nè gli oggetti....

— Potrei venire anch’io!

— Questa proposta di Giulia parve naturalissima alla signora Chiara che l’appoggiò calorosamente.

Pompeo sembrava confuso e si martirizzava le dita con un ferro della calza di sua sorella.

Come però l’imbarazzo di Pompeo non riusciva nuovo a nessuna delle donne, vi prestarono poca [p. 195 modifica]attenzione e fu stabilito che all’indomani colla seconda corsa sarebbero partiti — Giulia e l’avvocato.

La signora Chiara guardando suo fratello si accorse che era diventato pallidissimo e scongiurandolo di mettersi a letto, di coprirsi bene e di sudare, andò ella stessa in cucina a preparargli un decotto di tiglio.