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Vangeli apocrifi/I vangeli dell'infanzia del Signore/Lo Pseudo Tommaso

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I vangeli dell'infanzia del Signore - II. Lo Pseudo Tommaso

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I vangeli dell'infanzia del Signore - Il Protovangelo di Giacomo I vangeli dell'infanzia del Signore - Appendice

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II. LO PSEUDO TOMMASO

Racconti dell’infanzia del Signore di Tommaso
filosofo israelita
.

I.

Ho reputato necessario, io Tommaso israelita, di portare a conoscenza di tutti i fratelli (venuti) dal Gentilesimo i fatti dell’infanzia e le magnificenze del Signor nostro Gesù, ch’egli operò in questa nostra terra dov’è nato. E il principio è così:

II.1

1. Questo bambino Gesù, all’età di cinque anni2, stava giuocando (dopo una pioggia)3 nel guado d’un torrente, e le acque scorrenti le raccoglieva in fosse, e le faceva subito limpide, e con la sola parola comandava ad esse.

2. E impastata della molle argilla, ne formò dodici passerotti, ed era sabato quando fece questo. E c’eran molti altri bimbi che giuocavan con lui.

3. Or vedendo un giudeo ciò che Gesù faceva, giuocando di sa[p. 113 modifica]bato, se n’andò subito e (lo) riferì al babbo di lui Giuseppe: «Ecco, il tuo figliuolo è (qui) al ruscello, e presa dell’argilla (ne) ha formato dodici uccellini e ha profanato il sabato».

4. E Giuseppe recatosi sul posto e visto (lo), gli gridò dicendo: «Perché fai queste cose di sabato, che non è lecito fare?». Ma Gesù battendo le mani gridò ai passerotti, e disse loro: «Andate!». E i passerotti se ne volarono via schiamazzando. Al veder (ciò) i Giudei furon presi da stupore, e andarono a raccontare ai loro capi quel che avevan visto fare a Gesù.

III.4

1. Il figliuolo dello scriba Anna5 se ne stava là con Gesù, e preso un ramo di salcio faceva scorrer via le acque che Gesù aveva raccolte.

2. Gesù, vedendo ciò che accadeva, si sdegnò e gli disse: «Iniquo, empio e insensato, che male t’han fatto le fosse e le acque? Ecco, tu [p. 115 modifica]pure ora seccherai come un albero e non metterai né foglie né radice, né frutto.

3. E subito quel ragazzo si seccò tutto. E Gesù s’allontanò e tornò alla casa di Giuseppe. Ma i genitori del (ragazzo) disseccato, lo tolsero su, piangendo la sua tenera età, e lo portarono da Giuseppe, e rimproveravano costui che avesse un tal figliuolo che faceva di tali cose.

IV6.

1. Un’altra volta passava per il villaggio, e un bimbo correndo diè di cozzo nella sua spalla. E irritatosi Gesù gli disse: «Non te n’andrai via per la tua strada»7. E subito cadde morto. Or vedendo alcuni ciò che accadeva, dissero: «Donde viene questo bambino, che ogni sua parola è un fatto bell’e compiuto?».

2. E i genitori del morto8 recatisi da Giuseppe, lo rimbrottavano dicendo: «Tu con un figliuolo di tal fatta non puoi abitar con [p. 117 modifica]noi nel villaggio. Ovvero, insegnagli9 a benedire e non già a maledire, perché fa morire i nostri bimbi».

V10.

1. E Giuseppe, chiamato a sé il figliuolo in disparte, lo ammoniva dicendo: «Perché fai di tali cose, e costoro (ne) soffrono e ci odiano e perseguitano?». Gli disse Gesù: «Io so che queste tue parole non sono tue; tuttavia mi starò zitto per riguardo di te; ma quelli porteranno il loro castigo». E subito i suoi accusatori divennero ciechi.

2. E quelli che videro (questo), si spaventarono forte e non si raccapezzavano, e dicevan di lui che ogni parola che pronunziava, buona [p. 119 modifica]o cattiva, era un fatto; e fu una maraviglia. Al vedere che Gesù aveva fatto tal cosa, Giuseppe levatosi su gli pigliò l’orecchio e glielo tirò forte11. Ma il bambino si sdegnò e gli disse: «E abbastanza per te di cercare e non trovare12. Affatto insensatamente hai agito. Non sai che son tuo?13 non mi molestare»14.

VI.15

1. Un precettore, di nome Zaccheo16, trovandosi per di là, udl Gesù che diceva queste cose al suo babbo, e si meravigliò assai che, bambino com’era, parlasse così.

2. E pochi giorni dopo, s’accostò a Giuseppe e gli disse: «Hai un bimbo assennato, e ha intelligenza. Suvvia, affidalo a me, perché impari [p. 121 modifica]le lettere. E con le lettere gl’insegnerò ogni scienza, a salutare tutti i più vecchi e rispettarli come antenati e padri e amare i coetanei»17.

3. E gli disse tutte le lettere dall’alfa sino all’omega18 con gran cura e chiarezza. Ma (Gesù) guardando in faccia il precettore Zaccheo [p. 123 modifica]gli dice: «Tu che non sai la natura dell’A, in che maniera vuoi insegnare agli altri la beta? Ipocrita, insegna prima l’A, se lo sai, e allora ti crederemo quanto alla B». Poi cominciò a interrogare il maestro intorno alla prima lettera, e (quello) non gli seppe rispondere.

4. Allora, alla presenza di molti uditori, il bambino dice a Zaccheo: «Stai a sentire, o maestro, la disposizione della prima lettera, e bada qui come ha linee e tratti mediani, e vedile comuni, trasversali, congiunte, ascendenti, divergenti...; di tre segni, omogenei, equilibrate, proporzionate son le linee che ha l’A»19.

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VII.

1. Come il maestro Zaccheo udì il bambino esporre tante e tali allegorie della prima lettera20, si trovò sconcertato dinanzi alla profondità della risposta e dell’insegnamento di lui, e disse ai presenti: «Ohimè, non so più che fare io disgraziato, che mi son procurato io stesso (sì gran) vergogna, attirando a me questo bimbo.

2. Ripiglialo dunque, te ne prego, fratello Giuseppe; non sopporto l’austerità del suo sguardo, non so chiarirmi affatto il suo parlare21.

Questo bimbo non è nato dalla terra; esso può domare anche il fuoco! forse è nato prima della creazione del mondo22. Qual ventre l’abbia [p. 127 modifica]portato, qual seno l’abbia nutrito, non lo so. Ohimè, amico (mio), mi sbalordisce23, non posso più tener dietro alla sua intelligenza. Mi sono ingannato, io tre volte infelice! Armeggiavo per avere uno scolaro, e mi son ritrovato ad avere un maestro24.

3. Intendo bene, o amici, la mia vergogna, che, vecchio come sono25. son stato vinto da un bimbo. Ho proprio da disperarmi, a cagione di questo ragazzo; perché non posso in questo momento guardarlo in faccia. E quando tutti diranno che sono stato vinto da un bimbetto, che potrò replicare? e che spiegare circa quanto m’ha detto sulle linee della prima lettera?26. Non lo so, o amici, perché non conosco né il principio né la fine di lui27.

4. Perciò ti supplico, fratello Giuseppe, riconducilo a casa sua. Questi è qualcosa di grande, o un dio o un angelo, o non so che dire»28.

VIII29.

1. E poiché i Giudei davan dei consigli a Zaccheo, il bambino rise molto e disse: «Fruttifichino ora le cose tue30, e i ciechi di cuore ci [p. 129 modifica]vedano. Io son venuto dall’alto per maledirli e (poi) chiamarli in alto, come m’ha ordinato colui che m’ha mandato per cagion vostra»31.

2. E quando il bambino cessò di parlare, subito tutti quelli ch’eran caduti sotto la sua maledizione furon risanati. E nessuno d’allora in poi osava irritarlo, per non esser maledetto da lui e restar cieco32.

IX33.

1. E alcuni giorni dopo Gesù giuocava sulla terrazza d’un tetto, e uno de’ bimbi che giuocavano con lui cadde giù dalla terrazza e morì34. E vedendo (ciò) gli altri bimbi fuggirono, e rimase Gesù solo.

2. E venuti i genitori del morto l’accusavano d’averlo buttato [p. 131 modifica]giù35. [E Gesù disse: «No, che non l'ho buttato giù»]. Ma quelli lo maltrattavano.

3. Gesù allora saltò giù dal tetto36 e fermatosi presso il cadavere del bimbo, gridò ad alta voce: «Zenone, ché così quegli si chiamava — lèvati su e dì: Son io che ti ho buttato giù?». E levatosi disse: «No, Signore, non m’hai buttato giù; ma m’hai risuscitato»37. E a tal vista (tutti) rimasero attoniti38. E i genitori del bimbo glorificarono il Signore per il miracolo avvenuto e adorarono Gesù.

X39.

1. Pochi giorni dopo, un giovane spaccando della legna nelle vicinanze, (gli) cadde la scure e gli spaccò la pianta del piede, e perduto sangue morì40.

2. Essendo nato un (gran) subbuglio e un accorrer di gente, corre là anche il bambino Gesù; e a forza s’aprì il passo attraverso la folla41 e afferrò il piede colpito del giovanetto, e fu subito risanato. Disse poi [p. 133 modifica]al giovanetto: «Lèvati su ora, spacca la (tua) legna, e ricordati di me». E la folla, visto quel ch’era accaduto, adorarono il bambino dicendo: «Davvero lo Spirito di Dio abita in questo bambino».

XI.42

1. Quand’aveva sei anni43, la sua mamma lo mandò ad attingere acqua e portarla a casa, dandogli una brocca. Ma avendo urtato44 nella folla, la brocca si spezzò.

2. Gesù allora spiegato il mantello che aveva in dosso, lo riempì d’acqua45 e lo portò alla sua mamma. E sua madre visto il miracolo avvenuto, lo baciò e conservava entro di sé (Lc., 2, 19-51) i misteri che gli vedeva compiere.

XII.46

1. Un’altra volta, a tempo della semente, il bimbo uscì col suo babbo a seminare47 il grano nella sua terra. E mentre il babbo seminava, anche il bambino Gesù seminò un chicco di grano48. [p. 135 modifica]

2. E quand’ebbe mietuto e battuto nell’aia49 (il suo raccolto), fece cento covi50, e chiamati tutti i poveri del villaggio sull’aia, regalò loro il grano51; e Giuseppe portò via il resto del grano. Aveva otto anni (Gesù), quando fece questo miracolo52.

XIII.53

1. Suo padre era falegname e faceva in quel tempo54 aratri e gioghi. Gli fu ordinato da una persona ricca55 un letto da fare. Or una delle assi [essendo più corta] della corrispondente56, e non sa[p. 137 modifica]pendo [Giuseppe]57 che si fare, il figlioletto, Gesù, disse al suo babbo [Giuseppe]: «Metti in terra le due assi, e pareggiale da una delle due parti»58.

2. E Giuseppe fece come gli aveva detto il bimbo59. Allora Gesù si mise dall’altra parte e afferrò l’asse più corta, e stirandola la rese pari all’altra60. E suo padre Giuseppe a tal vista stupì, e abbracciato il figlioletto lo baciava dicendo: «Felice me, che Dio m’ha dato questo bimbo»61.

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XIV.62

1. Vedendo poi Giuseppe che il senno e l’età del bimbo maturava, deliberò63 di nuovo che non dovesse restare analfabeta, e lo condusse e affidò a un altro maestro. E il maestro disse a Giuseppe: «Prima gl’insegnerò le lettere greche, poi le ebraiche»64. Perché il maestro sapeva la bravura del bimbo e aveva paura di lui65. Tuttavia, scritto l’alfabeto, l’ammaestrava66 a lungo, e (Gesù) non gli rispose.

2. (Finalmente) Gesù gli disse: «Se sei davvero un maestro e sai bene le lettere, dimmi il valore dell’alfa e io ti dirò quello della beta». Ma sdegnatosi il maestro lo picchiò nel capo. E il bimbo, sentito male67, lo maledisse, e subito (quegli) svenne e cadde a terra bocconi68.

3. E il bimbo se ne tornò a casa di Giuseppe. Ma Giusepe ne fu rattristato, e ordinò alla mamma di lui: «Non lo lasciare andar fuori della porta, perché chi l’irrita, muore»69. [p. 141 modifica]

XV70.

1. Di lì a qualche tempo un altro precettore, ch’era amico intimo di Giuseppe71, gli disse: «Porta il bimbo alla mia scuola; forse con le lusinghe mi riuscirà insegnargli le lettere». E disse Giuseppe: «Se te la senti, fratello (mio), piglialo con te». E lo pigliò con sé con timore e grande preoccupazione; ma il bimbo ci andava volentieri.

2. Ed entrato arditamente nella scuola, trovò un libro posto sul leggio, e presolo non leggeva già le lettere (scritte in quello, ma aperta la bocca (Mt., 5, 2 ecc.) parlava in Spirito Santo e insegnava la Legge a quei che gli stavano intorno e l’ascoltavano72. E gran moltitudine accorsa, lo circondava ascoltandolo, e si maravigliavan per la grazia del suo insegnamento e la prontezza de’ suoi discorsi, che (cioè), così bambino, parlasse in tal modo.

3. E saputolo, Giuseppe ebbe paura e corse alla scuola, temendo che (anche) quel precettore non «avesse a restare malconcio» 73. Ma il precettore disse a Giuseppe: «Che tu lo sappia, o fratello, io ho accettato il bimbo come uno scolaro; ma gli è pieno di grazia e di sapienza. E ora ti supplico, fratello, ripiglialo in casa tua». [p. 143 modifica]

4. All’udir questo, il bimbo subito gli sorrise e disse: «Poiché rettamente hai parlato e rettamente hai reso testimonianza, a cagion tua anche quell’(altro) ch’è stato colpito, sarà risanato»74. E subito l’altro precettore fu risanato. E Giuseppe prese con sé il bimbo e se ne tornò a casa sua.

XVI.75

1. Giuseppe poi mandò il suo figliuolo Giacomo76 ad affastellar legna e portarle a casa, e anche il fanciullo Gesù lo seguiva77. E mentre Giacomo raccoglieva i sarmenti, una vipera morse la mano di Giacomo.

2. Ed essendo straziato e stando lì lì per morire, Gesù s’accostò e soffiò nella morsicatura, e subito cessò il dolore, e la vipera crepò, e Giacomo nell’istante rimase guarito.

XVII.

1. Dopo ciò, nel vicinato di Giuseppe, morì un bambino ammalato, e la sua mamma piangeva disperatamente. Gesù sentì che c’era un gran pianto e confusione, e corse in fretta, e trovato il bambino (già) morto, toccò il petto di lui e disse: «Dico a te, bambino, non morire, ma vivi e sta con la madre tua». E subito (il bambino) guardò e sorrise. E (Gesù) disse alla donna: «Piglialo e dagli il latte, e ricordati di me». [p. 145 modifica]2. E la folla circostante, a tal vista, stupì e dissero: «Davvero questo bimbo era un Dio o un angelo di Dio, poiché ogni sua parola è un fatto bell'e pronto»78. E Gesù uscì di lì e si mise a giuocare con altri bimbi.

XVIII.

1. Dopo qualche tempo fabbricandosi una casa ed essendo nato un gran trambusto, Gesù si levò e se n'andò sin là. E visto un uomo che giaceva morto, afferrò la sua mano e disse: «Dico a te, o uomo, levati su, (e) fa il tuo lavoro». E quegli, levatosi su subito l'adorò.

2. E la folla, vedendo, stupì e disse: «Questo fanciullino è (venuto) dal cielo; perché molte anime ha salvato da morte, e ha da salvarne (ancora) per tutta la sua vita»79. [p. 147 modifica]

XIX.

1. Quand’ebbe dodici anni80, andavano i suoi genitori secondo l’usanza a Gerusalemme per la festa della Pasqua insieme alla loro carovana, e dopo la Pasqua se ne ritornavano a casa loro. Nel ritornarsene il fanciullino Gesù risalì a Gerusalemme81. Ma i suoi genitori pensarono che fosse nella carovana.

2. Com’ebbero fatto una giornata di cammino, lo ricercavano tra i loro parenti, e non avendolo trovato ne furono afflitti e ritornarono nuovamente alla città in cerca di lui. E dopo tre giorni lo trovarono nel tempio seduto in mezzo ai dottori, che gli ascoltava e gl’interrogava. E tutti stavano attenti e si maravigliavano che, fanciullino com’era, chiudeva la bocca82 ai più vecchi e ai dottori del popolo, spiegando i punti principali della Legge e le parabole de’ profeti83.

3. Accostatasi la sua mamma Maria gli disse: «Perché ci hai fatto questo, o figliuolo? Ecco che addolorati ti cercavamo». E disse loro Gesù: «Perché mi cercate? Non sapete che devo essere presso il Padre mio?».

4. Ma gli scribi e i farisei dissero: «Tu sei la madre di questo fanciullo?». E lei disse: «Sì». E le dissero: «Felice te fra le donne, perché Iddio ha benedetto il frutto del tuo seno84: tale gloria infatti e tale virtù e sapienza non abbiamo né visto né udito mai».

5. E Gesù levatosi seguì la sua mamma, ed era sottomesso ai suoi genitori. Ma sua madre conservava tutti questi fatti (in cuor suo). E Gesù cresceva in sapienza, in statura e in grazia.

A lui la gloria ne’ secoli de’ secoli. Amen.

Note

  1. Cfr. Ps.-Mt. XXVII.
  2. Lo Ps.-Mt. ha «quattro anni», il Vangelo arabo dell’infanzia «sette».
  3. La menzione della pioggia s’ha in Vind. Par., come pure nella redaz. B e nel testo Lat.: Facta est pluvia magna super terram, et deambulavit puer Jesus per eam. Et pluvia erat terribilis, quam congregavit in piscinam cet.
  4. Cfr. Ps.-Mt. XXVIII.
  5. Cfr. Protovangelo XV. Nel Lat. si parla semplicemente d’un Pharisaeus.
  6. Cfr. Ps.-Mt. XXIX.
  7. Così anche Red. B. Cfr. Ps.-Mt. XXIX non revertaris sanus de via tua qua vadis. Ma Lat.: sic perficias iter tuum; cioè, «muori!».
  8. Nella Red. B. (κακεῖνοι) e in Lat. sono gli spettatori che si lamentano con Giuseppe, de’ genitori del morto non si parla.
  9. La costruzione di διδάσκω col dativo di persona si ha anche in Pλθτ. Marc. 12 e Apoc. 2, 14; ma non è impossibile come sospetta il THILO, che l’αὐτῷ di D sia una falsa grafa per αὐτό (scil. τὸ παιδίον). Il cod. Bonom. ha αὐτῷ, e così pure la redaz. B ha l’accus. τὸ παιδίον σου.
  10. Cfr. Ps. Mt. XXIX.
  11. Lat.: cum furore apprehendit eum per auriculam. Questa tirata d’orecchi e altri particolari del racconto, che apparivano non troppo edificanti, sono stati soppressi o modificati nello Ps.-Mt. c. XXIX.
  12. Altra risposta sibillina, che varia parecchio nelle varie redazioni. Paris. aggiunge il soggetto αὐτούς «che essi (scil. i diventati ciechi) cerchino e non trovino», cioè mi cerchino per farmi del male, senza riuscire a trovarmi. Lat. ha: sufficit tibi videre me (et) non me tangere. (E continua: Tu enim nescis quis ego sum: quod si scires, non me contristares. Et quamvis modo tecum sum, ante te factus sum). Il siriaco: «Ti basta, che tu mi comandi e mi trovi (sottomesso?)» o secondo il Peeters: «Il vous suffisait de me commander et vous avez autorité sur moi».
  13. Il «son tuo» (l’εἰμί è preso dal Paris.) sembra di doversi intendere a sono in tuo potere»; non c’è quindi ragione di picchiarmi e molestarmi!
  14. DB aggiungono σὸς γάρ εἰμι (omesso da Paris.). Nel Siriaco manca il tratto οὐκ οἶδας.... λύπει. Ciò che vi corrisponde nel Lat. è stato detto sopra. Red. B ha ridotto il c. V (forse perché non capiva) a poche parole: καὶ καθίσας ὁ Ἰωσὴφ ἐπὶ τοῦ θρόνου αὐτοῦ, ἔστη τὸ παιδίον ἔμπροσθεν αὐτοῦ· καὶ κρατήσας αὐτοῦ ἐκ τοῦ ὠτίου ἔθλιψε σφοδρώς. Ὁ δὲ Ἰησοὺς ἀτενίσας αὐτῷ εἶπεν· ἀρκετόν σοι ἐστίν, «Ε sedutosi Giuseppe sul suo sgabello, il bambino si fermò ritto dinanzi; e quegli afferratolo per l’orecchio, lo strizzò fortemente. Ma Gesù fissandolo disse: È abbastanza per te».
  15. Cfr. Ps.-Mt. XXX-XXXI.
  16. Red. B parla di questo solo maestro (e cosi pure Paris.) la Red. A. invece il Lat. e il Syr. mettono in scena tre maestri (non senza qualche confusione in Lat. e Syr.), cioè Zaccheo, poi il maestro che picchia (c. XIV) e in terzo luogo il maestro amorevole (c. XV). Il nome di Zaccheo (Zachyas nel Ps.-Mt. cod. A) è conservato nel vangelo arabo dell’infanzia c. XLVIII; ma diviene Gamaliele nel Vangelo dell’infanzia annesso c. XX. I capi VI. VII. VIII. «apud Syrum, satis differunt a Graecis utrisque. Propius accedunt ad Latinorum rationem imprimis ad Ps.-Mat. capp. XXX et XXXI, partim etiam ad Thom. Latin. cap. VI» (Tischend.).
  17. Quest’ultimo periodo manca in Paris. Red. B dove non è il maestro che chiede il bambino a Giuseppe, ma Giuseppe che glielo mena, Zaccheo risponde a Giuseppe: «Affidamelo pure, o fratello, e gl’insegnerò le lettere, e lo persuaderò a benedire tutti e non imprecare (καὶ πείσω εὐλογεῖν πάντας καὶ μὴ καταρᾶσθαι)». Il Lat.: «Cum autem doctus fuerit in studio litterarum, ego docebo eum honorifice ut non fiat insipiens». Segue poi in entrambi i testi un discorso metafisico di Gesù. Red. B: «E Gesù all’udir (ciò) rise, e dice loro: Voi dite quel che sapete; ma io ne so più di voi, perché son da prima de’ secoli (πρὸ γὰρ τῶν αἰώνων εἰμί). E so come furono generati i padri de’ vostri padri, e conosco quanti son gli anni della vostra vita. E qualcuno all’udire (ciò), restò attonito. E di nuovo disse loro Gesù: Vi maravigliate ch’io v’ho detto che conosco quanti son gli anni della vostra vita: davvero io so quando il mondo fu creato. Ecco voi ora non mi credete; quando vedrete la mia croce (ὅταν ἴδητε τὸν σταυρόν μου) allora crederete che dico il vero. E quelli restavano attoniti all’udir tali cose. E Zaccheo avendo scritto l’alfabeto ecc.». Il Lat. è anche più diffuso: Respondit autem Ioseph et dixit ad eum: Nemo potest docere eum nisi solus Deus. Numquid parum cruciatus erit parvulus iste nobis, frater? [= Forseché ci sarà di lieve tormento, ecc.? Così il D. Cfr. Siriaco: «Credete forse ch'è degno d'una piccola croce?». Il testo del Tischend. Numquid creditis, parvus erit parvulus iste?] Iesus autem cum audisset talia dicentem Ioseph, dixit ad Zacheum: Vere, magister, quia quanta de ore meo procedunt vera sunt. Et ante omnes fui dominus, vos autem alienigenae estis. Quoniam mihi data est gloria seculorum [Cod. eorum] vobis datum est nihil; quia ante secula ego sum. Ego autem scio quot anni erunt vitae tuae, et quoniam tolleris in exilium: quod dixit pater meus ut intelligas [D: et quando extuleris vexillum quod dixit pater meus (cioè la croce, com'è espresso chiaramente in siriaco). Intelligas] quia omnia quae procedunt de ore meo vera sunt. Iudaei autem qui astabant et audiebant sermones quos loquebatur Iesus, mirati sunt et dicebant quia Talia mirabilia vidimus et audivimus tales sermones ab isto puero, qualia numquam audivimus nec audituri sumus ab alio aliquo homine neque a pontificibus neque a magistris neque a Pharisaeis. Respondit Jesus et dixit eis: Ut quid miramini? Incredibilia habetis quia locutus sum veritatem? Scio quando nati estis et patres vestri et si plus dixero vobis, quando mundus factus est ego scio, et qui me misit ad vos. Cum audissent Iudaei sermonem quem dixerat infans, mirati sunt propter hoc quod non poterant respondere. Et conversus in semetipsum infans exultavit et dixit: Proverbium dixi vobis, ego autem scio quia debiles estis et nescientes. Dixit autem magister ille ad Ioseph: Affer eum mihi, ego docebo eum litteras. Ioseph autem apprehendit puerum et adduxit illum in somnum [cuiusdam] magistri, ubi alii pueri docebantur».
  18. Cioè, l’alfabeto greco (cfr. e. XIV). Ma Paris. parla invece dell’alfabeto ebraico, al quale era certo più ovvio pensare (cfr. Ps.-Mt.): «E Sedutosi (il maestro) per insegnar le lettere a Gesù, cominciò dalla prima lettera, l’Alef. E Gesù gli dice la seconda lettera beth, ghimel, e così di seguito tutte le lettere sino in fondo. E aperto un libro, insegnava al maestro i profeti». (Cfr. c. XV, 2). Tutto il resto della storia manca in Paris. che si contenta in poche parole di accennare alla confusione del maestro che fuor di sé per la maraviglia se ne torna a casa. (Aggiunge poi il principio del miracolo di Gesù in casa del tintore, ch’è raccontato nel c. XXXVII del Vangelo arabo dell’infanzia: cfr. la redazione armena CXXI, la citazione d’al-Kisa’i in Thilo, p. 150-151). Red. B parla anch’essa dell’alfabeto ebraico, designando tuttavia le lettere co’ nomi greci (!). «E Zaccheo avendo scritto l’alfabeto in ebraico (ἑβραϊστί) dice a lui: alfa. E il bambino ripete: alfa. E di nuovo il maestro: alfa. E il bambino similmente. Poi ancora, per la terza volta, il maestro (ripete) l’alfa. Gesù allora, guardando in faccia il maestro, gli dice: Tu che non sai l’alfa, in che maniera insegnerai a un altro la beta? E il bambino, cominciando dall’alfa disse da sé le ventidue lettere». Anche il Tommaso latino si riferisce apertamente all’alfabeto ebraico: «Magister vero dulci sermone coepit eum docere litteras, et scripsit illi primum versiculum qui est ab a usque t, et coepit eum palpare et docere. (Infans autem tacebat. Iratusque) doctor ille percussit infantem in capite; puer vero cum accepisset dixit ad eum: Me autem oportet te docere et te non docere me. Ego scio litteras quas tu vis docere mihi, et scio quia vos estis mihi tanquam vasa de quibus non exeunt nisi voces et non sapientia neque animae salvatis. Et incipiens versiculum dixit per litteras ab a usque ad t pleniter cum multa festinatione. Et respexit ad magistrum et dixit ei: Tu autem nescis interpretare quod est a et b; quomodo vis docere alios? O pigritas [falsa lezione, probabilmente, per hypocrita]: si scis et dixeris mihi de a, tum dicam tibi de b. Ut autem coepit enarrare doctor ille de prima littera, non potuit ullum dare responsum». L’episodio invece che si leggeva, come s’è accennato, nell’introduzione in una scrittura de’ Marcosiani (= Vangelo gnostico di Tommaso?) citata da Ireneo Haer. I, 20, 1, parla di alfa e beta e non accenna altrimenti ad un alfabeto ebraico: Προσπαραλαμβάνουσι.... ὡς τοῦ διδασκάλου αὐτῷ φήσαντος, καθὼς ἔθος ἐστίν, Εἰπὲ ἄλφα, ἀποκρίνασθαι τὸ ἄλφα. Πάλιν τε τὸ βῆτα τοῦ διδασκάλου κελεύσαντος εἰπεῖν, ἀποκρίνασθαι τὸν κύριον· Σύ μοι πρότερον εἰπὲ τί ἐστι τὸ ἄλφα. καὶ τότε σοι ἐρῶ τί ἐστι τὸ βῆτα. Καὶ τοῦτο ἐξηγοῦνται, ὡς αὐτοῦ μόνου τὸ ἄγνωστον ἐπισταμένου, ὃ ἐφανήρωσεν ἐν τῷ τύπῳ τοῦ ἄλφα.
  19. Questo quarto paragrafo ne’ codici greci (DB: manca in Paris.) è irrimediabilmente corrotto; e la corruttela è antica, perché anche le versioni non hanno senso. La corruzione sembra dovuta in parte a voluti rimaneggiamenti del testo primitivo, sia per toglierne ogni traccia di gnosticismo, sia per trasferire all’alfa greco la descrizione del semitico alef, e in parte a trascrizioni false di copisti che non capivano. Ho cercato di ristabilire alla meglio un senso pur che sia, restando fedele il più possibile alla scrittura de’ codici (confrontata anche la Red. B): ma non m’è riuscito trovare un equivalente non troppo assurdo del βαλεφεγιοῦντας (Bonon. βάλε φεγιοῦντας) dato dai manoscritti. La Red. B è assai più breve: Εἶτα καὶ αὖθις λέγει· Ἄκουσον, διδάσκαλε, τὴν τάξιν τοῦ πρώτου γράμματος, καὶ γνῶθι πόσους προσόδους καὶ κανόνας ἔχει καὶ χαρακτῆρας ξυνοὺς διαβαίνοντας συναγομένους. Il Tommaso latino (Tischend.): «Jesus autem dixit ad Zacheum: Audi me, doctor, intellige primam litteram. Attende mihi quomodo habet: duos versiculos, in medio grassando, permanendo, donando, dispergendo, variando, comminando, triplex diployde commiscendo, simul ingenio pariter omnia communia habentia.
  20. Quali allegorie? C’erano probabilmente nel testo primitivo e dovettero esser soppresse per il loro carattere gnostico. Secondo la spiegazione dei Marcosiani (Iren. 1. c.), Gesù, il quale solo conosceva «l’inconoscibile», l’avrebbe manifestato ἐν τῷ ττύπῳ οῦ ἄλφα. Il Vangelo armeno dell’infanzia vede nell’Α il simbolo della Trinità (Peeters, p. 212): cfr. anche Chardin, Voyages en Perse et autres lieux de l’Orient, t. X, Paris 1723, pp. 26-27. Presso al-Kīsa’ī Gesù spiega il simbolismo mistico di tutte le lettere dell’alfabeto arabo secondo la teologia mussulmana e con citazioni dal Corano. Il Matteo greco B e il Lat. non parlano d’allegorie: vedi più sotto.
  21. L’espressione è insolita; tuttavia «omnino emendatione non opus esse videtur» (Tischend). Lat. neque audire graves sermones eius. Il cod. parigino 1652 (D) dello Pseudo-Matteo: nec audire gravitatem sermonum eius.
  22. Lat.: Quia iste infans ignem domitare et mare refrenare potest; nam iste ante secula natus est. Il Palinsesto di Vienna: Rogo vos. Non debet hie super terra esse. Hic vero magnae crucis dignus est: hic potest enim ignem extinguere. Puto hic ante etc. Cfr. Ps.-Mt. XXXI, 3: Tunc coepit cunctis audientibus clamare et dicere: Num debet iste super terra vivere? Imo in magna cruce dignus est appendi. Nam potest ignem extinguere et alla deludere tormenta. Ego puto quod hic ante cataclismum fuerit, ante diluvium natus.
  23. Ἐηχεῖ (Tischend.). meglio di Ἐξήχει, ch’è la lezione de’ codici ritenuta dal Thilo (ma in nota preferisce l’altro verbo). È un neologismo derivato, sembra, dal tardo ἔξηχος = amens (Cfr. Du Fresne, Gloss. med. et inf. Graec. s. v.). Il Lat.: o amici mei, dimissus sum in mentem meam, illusus ego miser.
  24. Lat.: Ego autem dicebam me habere discipulum, ipse autem inventus est magister.
  25. Meno bene il Lat.: Et turpitudinem meam non possum praevalere, quia senex sum; et quid ei loquar non possum invenire. Unde habeo irruere in validam infirmitatem et de isto seculo transmigrare, aut de ista civitate egredere, quia omnes viderunt turpitudinem meam infans decepit me.
  26. Lat.: Quid habes ad alios respondere aut quales sermones recitare eo quod vicit me in prima littera?
  27. Ovvero «di essa»? Lat. neque primordium neque finem possum invenire quid ei respondeam. Onde si potrebbe ritenere l’αὐτοῦ un’aggiunta di copisti: «perché non so né come cominciare né come finire».
  28. In Red. B è assai più concisa: καὶ ἀκούσας ὁ Ζακχαῖος τὰς τοιαύτας προσηγορίας τοῦ ἑνὸς γράμματος. (Lat. cum vidisset Zacheus quia taliter divideret primam litteram), ἐκπλαγείς οὐκ εἶχεν ἀποκριθῆναι αὐτῷ, καὶ στραφείς λέγει τῷ Ἰωσήφ· Αδελφέ, τὸ παιδίον τοῦτο ἀληθῶς οὐκ ἐστι γηγενές. ἆρον οὖν αὐτὸ ἀπ´ἐμοῦ, «E Zaccheo udendo siffatte designazioni dell’unica lettera, sbalordito non sapeva che rispondergli. E voltosi dice a Giuseppe: Fratello, questo bimbo davvero non è di nascita terrena; piglialo dunque con te».
  29. Cfr. Ps.-Mat. XXXI. In Red. B questo c. VIII manca del tutto.
  30. Sembra doversi intendere: «ciò che è accanto a te serva di salutare esempio agli altri». Syr. e D. (Paris. 1652): fructificent infructuosi. Che τὰ σά sia una falsa grafia per τὰ σαπρά ovvero σπεῖροι = «gli sterili» (Meyer)?
  31. Frase di sapore giovanneo. Il «per maledirli» trova un riscontro nel seguente «ch’eran caduti sotto la sua maledizione». DB hanno, καταράσσομαι (e più sotto καταράσσεται) in cui è difficile veder altro che un errore d’ortografia; benché l’idea di xarapáσow = abbattere, atterrare, stia in bell’antitesi con l’εἰς τὰ ἄνω καλέσω. Tutto il n. 1 è parechio diverso in Lat.: Et Iesus conversus ad Iudaeos qui cum Zacheo erant dixit illis: Omnes nunc non videntes videant et non intelligentes intelligant, et surdi audiant, et qui propter me mortui sunt resurgant, et hos qui sunt sublimes ad altiora vocem (emendazione del Tischend.), sicut praecepit mihi qui me misit ad vos.
  32. Ἀνάπηρος vale propriamente «storpio, monco», ma nel greco posteriore è assolutamente usato spesso, per «cieco» (Suidas πηρός· ὁ παντάπασι μὴ ὁρῶν). Lat. semplicemente: Et non erant ausi loqui ad eum (Cod. D Et amplius non audebant ei dicere aliquid vel audire ab eo). Il Palinsesto viennese: Et nemo ei audebat vilem (sc. bilem) facere.
  33. Cfr. s. Mt. XXXII.
  34. Il palinsesto di Vienna: et una dierum Ihs sabbato ludebat cum infantibus in solario, et unus de infantibus cecidit et mortuus est. Lat. Una autem die cum ascenderet in domo quadam cum infantibus coepit ludere cum eis Jesus. Unus autem de istis pueris irruit per porticum qui statim mortuus est. In Red. B la caduta non è accidentale, ma causata dalla spinta di un altro bimbo: καὶ καθώθισθὲν ἓν παιδίον ὑπὸ ἄλλου. Cfr. Ps.-Mt. XXXII, Et cum esset ibi una sabbati (= palinsesto di Vienna), dum Jesus luderet cum infantibus in solario ouiusdam domus, contingit ut quidam de infantibus alium depelleret de solario in terram, et mortuus est. La caduta è accidentale nel Vangelo armeno dell’infanzia, ma provocata da un bimbo in quello arabo (Peeters, p. 54 sgg. 183 sgg.).
  35. Αὐτὸν ὡς καταβαλόντα αὐτόν: ovvia emendazione per ὡς αὐτὸν καταβληθέντα αὐτόν dei mss. La costruzione ἐνεκάλουν αὐτόν (invece di αὐτῷ) anche sopra c. III, 3.
  36. Intendi: «scese precipitosamente (κατεπήδησεν)», per la scala esterna, quale suole aversi nelle case d’Oriente. Red. B: εὐθέως κατεπήδησεν ἀπὸ τοῦ διστέγου, Lat. descendens de domo illa, Syr. «discese», Ps. Mt. et statim descendit Jesus de solario. Il genitivo στέγου (Dresd. Tischend.: anche Red. B VIII) è un neologismo o un errore d’amanuense (Thilo) per στέγους ovvero στεγνοῦ.
  37. Red. B ἀλλὰ νεκρὸν ὄντα με ἐξώωσας, con le quali parole termina il racconto. L’inciso manca nelle versioni: Lat. et subito surrexit et dixit: Non domine. Similmente Ps.-Mt. XXXII. Nel Vangelo arabo dell’infanzia il morto non si contenta di affermare che non è stato Gesù a buttarlo giù, ma rivela anche il bimbo colpevole.
  38. L’(universale) meraviglia non è espressa nel Lat.: Cum vidissent autem parentes eius tam magnum miraculum quod fecit Jesus, glorificaverunt Deum et adoraverunt Jesum.
  39. Syrus hoc caput X non habet, ut nec apud Ps.-Mat. invenitur. Est vero in Thom. Lat. cap. VIII» (Tischend.).
  40. Non «il mourut» (Michel) = ἀπέθανε, ma «se ne moriva», cioè, stava morendo. Cfr. Red. B ἤμελλεν ἀποθνήσκειν. Lat. semplicemente: puer quidam in ipso vico findebat ligna.
  41. La Red. B e il Lat. son più concisi: καὶ λαοῦ σθνδεδραμηκότоς лоλλοῦ συνῆλθεν καὶ ὁ Ἰησοῦς ἐκεῖ. Εt cum venisset turba multa ad eum, venit et Jesus cum illis.
  42. Cfr. Ps.- Mt. XXXIII.
  43. Syr «sette anni».
  44. Συγκρούσας (sc. Ἰησοῦς), non συγκρούσασα come vorrebbe correggere il Thilo. Il nominativo, invece del genitivo assoluto, è frequentissimo nel greco posteriore. Cfr. Red. Β. πορευόμενος δὲ συνετρίβη ἡ ὑδρία αὐτοῦ. In Lat. la rottura della brocca non avviene per via, ma alla fonte, (cumque venisset Iesus ad fontem vel ad puteum), né è Gesù che urta più o meno sbadatamente nella folla erant ibi plurimae turbae et fregerunt hydriam eius. E secondo il cod. D son de’ ragazzi che rompono la brocca di Gesù, non si sa bene se per sbadataggine o per dispetto: erat ibi turba plurima puerorum et fregerunt ydriam eius. Così anche in Ps-Mt. XXXIII (dove la rottura accade dopo che la brocca è stata già riempita, come anche nel Vangelo arabo dell’infanzia c. XLV).
  45. Ὕδωρ (corretto dal Mingarelli e dal Thilo in ὕδατος): insolita costruzione con doppio accusativo se non si tratta d’una semplice distrazione di copisti.
  46. Cfr. Ps.-Mt. XXXIV.
  47. ἵνα σπείρει (DB) corretto dal Mingarelli e dal Thilo in ἵνα σπείρῃ L’uso dell’indicativo presente invece del congiuntivo non è raro nella bassa grecità. Spessissimo però è questione di pura ortografia e non già di sintassi in quanto congiuntivo e indicativo avevano (come qui) lo stesso suono (spīrī). [cfr. Ghedini, La lingua dei Vangeli apocrifi, p. 476].
  48. Lat. et tulit de tritico quantum pugillo tenere potuit et dispersit. Secondo Syr. seminò anzi un po’ più d’un moggio (Ps.-Mt. XXXIV tulit parum tritici et illud ipse seminavit). L’episodio manca in Red. B.
  49. Αλωνίσας (Dresd. ἀλονήσας, Bon. ἁλονήσας: neologismo da ἅλων = aia (cfr. ἁλωνεύομαι in Appiano), se pur non è da leggere ἀλοήσας, chè il verbo classico.
  50. Cfr. i 16, 7. Il «covO» era una misura contenente, sembra, circa quattro ettolitri. Si tratta del raccolto proprio di Gesù, com’è espresso più chiaramente in Lat.: venit ergo Joseph in tempore metendi ut meteret messem suam. Venit et Jesus, collegit spicas quas disperserat, et fecerunt centum modia optimi frumenti (= circa 3 covi: cfr. Ps.-Mt. et collegit fructus ex eo tres covos. Ma Syr. 100 covi).
  51. Lat. et vocavit pauperes et viduas et orphanos, et erogavit illis triticum quod fecerat. Anche il ms. lat. 11867 di Parigi, fol. 170 (vedi più sotto l’appendice dopo lo Ps.-Mt.) ricorda le vedove e gli orfani; e aggiunge che, nella distribuzione, il grano maximum et inopinatum sumpsit incrementum.
  52. Lat. trasferisce quest’indicazione d’età al capo seguente, dov’è narrato il miracolo dell’asse allungata: et factus est Jesus annorum octo. Così pure Red. Β. φθάσας δὲ τὸ ὀγδόον τῆς ἡλικίας ἔτος, προσετάγη ὁ Ἰωσὴφ ὑπό τινος πλουσίου κράββατον οἰκοδομῆσαι αὐτῷ.
  53. Cfr. Ps.-Mt. XXVII.
  54. Syr. «e faceva solo». Cfr. Ps.-Mt. XXXVII et nihil aliud ex ligno operantur nisi iuga bobum et aratra (ma aggiunge anche, guastando, ligneosque faceret lectos).
  55. Un letto infatti era un oggetto di lusso, di cui la povera gente faceva di meno. Nel vangelo arabo dell’infanzia la commissione del letto è data a Giuseppe dal re di Gerusalemme!
  56. Τοῦ καλουμένου ἐναλλάκτου è espressione difficile, che sembra designare un termine tecnico, e può intendersi come termine di confronto: «di quella detta inversa (?) [o contraria (?) o mutevole (?)]» ovvero come apposizione: «una delle due assi quella detta inversa (?), essendo più corta». L’«essendo più corta» manca ne’ codici, ma è suggerito dal contesto: cfr. il racconto pi circostanziato della Red B: καὶ ἐξελθὼν ἐν τῷ ἀγρῷ πρὸς συλλογὴν ξύλων, συνῆλθεν αὐτῷ καὶ ὁ Ἰησοῦς. Καὶ κόψας δύο ξύλα καὶ πελε- κίσας τὸ ἓν ἔθηκεν πλησίον τοῦ ἄλλου, καὶ μετρήσας εὗρεν αὐτὸ κολοβώτερον, καὶ ἰδὼν ἐλυπήθη, καὶ ἐζήτει εὑρεῖν ἕτερον. Ἰδὼν δὲ ὁ Ἰησοῦς λέγει αὐτῷ κτλ. «E uscito nel campo per raccogliere il legname, andò con lui anche Gesù. E tagliati due tronchi e riquadratili con la scure mise l’uno accanto all’altro, e misurando lo trovò più corto. A tal vista s’afflisse e cercava di trovarne un altro. Ma Gesù, ciò vedendo, gli dice, ecc.». Così pure lo Ps.-Mt. XXXVII (dove però lo sbaglio non è più di Giuseppe, ma è attribuito al suo garzone) fecit lignum brevius altero. Il Lat. invece: Erat autem Ioseph in tribulatione, quia lignum quod habebat actum ad hoc opus erat breve dove: non si tratta più di due legni, ma d’uno solo. Cfr. il vangelo arabo dell’infanzia XXXIX dov’è il letto stesso, già ultimato, ch’è troppo corto per il luogo destinato.
  57. Il Thilo (in nota) e il Tischendorf correggono il μὴ ἔχοντος de’ codici in μὴ ἔχοντες. Ε preferibile invece trasportare qui Ἰωσήφ che sta oziosamente in fine di frase (Meyer): giacché nelle redazioni parallele, è Giuseppe solo ch’è rappresentato nell’imbarazzo. Il che risponde anche assai meglio al contesto (v. Ghedini, La lingua dei Vangeli apocrifi, pag. 480). L’uso all’infinito (invece del congiuntivo) nelle proposizioni interrogative dipendenti da ἄπορέω, οὐχ ἔχω e sim. non è raro nella tarda grecità (Jannaris, App. VI, 17, c).
  58. Propriamente «dalla metà in giù»: così è infatti da intendere ἐκ τοῦ μέσου μέρους a motivo del contesto. Red. Β: θὲς τὰ δύο ταῦτα ὁμοῖ πρὸς ἰσότητα ἀμφοτέρων προτομῶν «metti accosto queste due assi con le estremità d’entrambi alla pari». Il Lat.: Dixit Iesus ad eum: Noli contristari. Apprehende hoc lignum de uno capite et ego per aliud et extrahamus illud.
  59. Pur non intendendo, secondo la Red. B, ciò che il bimbo volesse: καὶ διαπορούμενος ὁ Ἰωσὴφ περὶ τούτου, τί βούλεται τὸ παιδίον, ἐποίησεν τὸ προσταχθέν. Ρoi continua: καὶ λέγει αὐτῷ πάλιν· κράτησον ἰσχυρῶς τὸ κολοβὸν ξύλον (= l’asse corta). Καὶ θαυμάζων ὁ Ἰωσὴφ ἐκράτησεν αὐτό. Τότε κρατήσας ὁ Ἰησοῦς τὸ ἕτερον ἄκρον κτλ.
  60. Il Lat. semplicemente: Quod et factum est. Ma poi aggiunge: Et statim invenit illud utile ad hoc quod voluit Et dixit ad Ioseph: Ecce labora quod vis. L’ultima frase si legge anche nella Red. B: καί φησι πρὸς Ἰωσήφ. μηκέτι λυποῦ, ἀλλὰ ποίει ἀκωλύτως τὸ ἔργον σου. Similmente Syr.
  61. Con questo racconto ha termine la Red. B, che aggiunge a mo’ di chiusa: Ἀπελθόντων δὲ ἐν τῇ πόλει διηγήσατο τῇ Μαριὰμ ὁ Ἰωσήφ. Ἐκείνη δὲ ἀκούσασά τε καὶ βλέπουσα τὰ παράδοξα μεγαλεῖα τοῦ υἱοῦ αὐτῆς ἔχαιρεν, δοξάζουσα αὐτὸν σὺν τῷ πατρὶ καὶ τῷ ἁγίῳ πνεῦματι νῦν καὶ ἀεὶ καὶ εἰς τοὺς αἰῶνας τῶν αἰώνων, ἀμήν, «Ritornati poi nella città, Giuseppe raccontò (il fatto) a Maria. Questa all’udire e vedere le straordinarie magnificenze del suo figliuolo, si rallegrò, glorificandolo con il padre e lo Spirito Santo, (a cui sia gloria) ora e sempre e ne’ secoli de’ secoli. Amen».
  62. Cfr. Ps.-Mt. XXXVIII.
  63. Secondo lo Ps.-Mt. questa celebrazione fu provocata dalle insistenze del popolo, e dei principi de’ sacerdoti (cod. B).
  64. Un po’ diversamente Lat.: Dixit autem ille doctor ad Ioseph: Quales litteras desideras illum puerum docere? Respondit Ioseph et dixit: Primum doce ei litteras gentilicias et postea hebraeas.
  65. Invece Lat.: (sciebat autem doctor illum esse optimae intelligentiae) et libenter suscipiebat eum, ch’è più in armonia col contesto.
  66. Επιτηδεύειν = «occuparsi con cura di» si costruisce di regola con l’acc. di cosa: cfr. tuttavia Xen. Cyr. 1, 6, 40 κύνες ἐπιτηδευμένας πρὸς τὸ κατὰ πόδας αἱρεῖν. I codici (DB) hanno ἐπετύχευεν (?) «Nobis in mentem venerat ἐπέτυχεν vel ἐνέτυχεν αὐτῷ locutus est cum eo, propter seqq.». (Thilo). Il Lat.: Et cum scripsisset ei primum versiculum, quod est a et b docebat illum per aliquantas horas.
  67. I due codici hanno il mascolino πομήσας, ch’è ritenuto dal Tischend. Il Lat. Jesus autem iratus maledixit eum.
  68. Non però morto, a quanto sembra: giacché nel c. XV, 4 è risanato (ἰάθη). Ma Lat. et subito cecidit ei mortuus est, onde poi è risuscitato. Similmente Ps.-Mt. e il Vangelo arabo dell’infanzia c. XLIX.
  69. Il motivo della proibizione non è espresso in Lat.; ma si ha in Syr. e nel Vang. arabo dell’infanzia. In Ps.-Mt. XXXVIII, 2 il timore di Giuseppe non è già che altri possa morire per avere irritato Gesù, ma che Gesù stesso abbia a morire per le percosse di chi l’odia.
  70. Cfr. Ps.-Mt. XXXIX.
  71. Anche qui lo Ps.-Mt. ripete lo stesso motivo indicato sopra per il secondo maestro: iterum rogaverunt tertio Mariam et Joseph Judaei ut ad alium magistrum blandimentis suis ducerent ad abdiscendum.
  72. Dresd. καὶ ἀκούοντες αὐτῷ. Ε continua poi: ὄχλος δὲ πολὺς συνελθέντας παριστήκησαν (sic) ἀκούοντες αὐτῷ, καὶ ἐθαύμαζον. Il Bonon. ha soltanto καὶ ἀκούοντες αὐτοῦ καὶ ἐθαύμαζον. 11 Tischendorf, sulle tracce del Thilo, segue il ms. di Dresda, sopprimendo però il καὶ ἀκούοντες αὐτῷ iniziale. Ma tanto la lezione del Bonon. (dove l’omissione della frase intermedia... ὄχλος.... παριστήκησαν è dovuta senza dubbio a una svista, causata dall’identità de’ due incisi participiali), quanto la versione latina, confermano la genuinità del καὶ ἀκούοντες αὐτῷ (80. ἀκούοντας αὐτοῦ). Lat.: omnes vero qui ibidem stabant diligenter eum audiebant, et magister ille iuxta illum sedebat et libenter eum audiebat et deprecabatur eum ut amplius doceret. Cum collecta fuisset turba multa, audiebant omnem sanctam doctrinam quam docebat et dilectos sermones qui exiebant de ore eius, qui pusillus cum esset talia dicebat.
  73. Cfr. VIII, 2; XIV, 2; Ps.-Mt. XXXIX, 2 (timens ne ipse didascalus moreretur. È una felice congettura del Tischend. Il cod. di Dresda ha μὴ οὗτος ὁ καθηγητής ἐστιν ἄπειρος (e l’ἄπειρος ὁ attestato anche dal Bonon., ch’è mutilo), cioè «che quell’insegnante fosse inetto», cioè non sapesse ben comportarsi con Gesù. Il Lat. più concisamente: Cum audisset Joseph, timuit; currens ubi erat Jesus magister ille dixit ad Joseph [correzione del Tischend.]: Scias, frater, ut.
  74. Cfr. Ps.-Mt. XLI.
  75. Lat. propter te resurgere habet qui erat mortuus.
  76. Vedi la nota 1 alla pag. 77 (= Protovangelo VIII, 3).
  77. econdo lo Ps.-Mt. XLI Giacomo fu mandato in hortum olerum ut colligeret olera ad faciendum pulmentum, e Gesù lo segui all’insaputa de’ suoi genitori. Il vangelo arabo dell’Infanzia c. XLIII s’avvicina assai più al nostro testo (Tischend., p. 204; Peeters, p. 54).´
  78. Cfr. c. VII e IV. II Lat.: In veritate infans iste caelestis est: iam enim plures animas liberavit a morte, et salvos fecit omnes sperantes in se. Aggiunge poi qui ciò che in greco si legge più sotto c. XIX, 4-5 a proposito di Gesù ritrovato nel tempio (episodio omesso in Lat.): Scribae et Pharisaei dixerunt ad Mariam: Tu es mater istius infantis? Maria autem dixit: Vere ego sum. Et dixerunt ad eam: Beata es inter mulieres, quoniam benedixit Deus fructum ventris tui, quod talem gloriosum infantem et tale donum sapientiae dedit tibi, quale nunquam vidimus nec audivimus. Surrexit Jesus et secutus est matrem suam. Maria autem servabat omnia in corde suo quanta fecit Jesus signa magna in populo, sanando infirmos multos. Jesus autem crescebat statura et sapientia, et omnes qui videbant eum glorificabant deum patrem omnipotentem, qui est benedictus in secula seculorum. Amen. Segue quindi la chiusa: «Post haec omnia Thomas Israelita [cod. ysmaelita]: Scripsi quae vidi et recordatus sum gentibus et fratribus nostris, et multa alia quae fecit Jesus, qui natus est in terris Iudae. Ecce omnia vidit domus Israel a primo usque ad novissimum, quanta signa et mirabilia fecit Jesus in ipsis, valde bona. Et ipse est qui debet iudicare mundum secundum voluntatem immortalis et invisibilis patris sui [correggiamo così, con il Rhodes James, la lezione del codice evidentemente corrotta] quomodo enarrat scriptura sancta et prophetae testificati sunt opera eius in omnibus populis Israel, quoniam ipse est filius Dei in universo orbe terrae. Ipsum decet omnis gloria et honor in sempiternum, qui vivit et regnat Deus per omnia secula seculorum. Amen.
  79. Quest'episodio (c. XVIII), ch'è come un doppione del precedente, manca in Syr. e Lat. e non ha riscontro nello Ps.-Mt. (ma nel cod. B [Laurenziano], dopo la guarigione del fanciullo morto, son riportate alcune delle parole della moltitudine: videntes autem turbae miraculum dixerunt: Cuius filius est iste, qui tot animas liberavit a morte ?).
  80. Il fatto, riferito anche in Syr., ma omesso in Lat. e nello Ps.-Mt. è tolto per la massima parte, quasi a parola, da Lc. 2, 41-52; non mancano peraltro notevoli modificazioni.
  81. Syr. (più conformemente a Lc.) «rimase in Gerusalemme e né Giuseppe né Maria sua madre lo sapeva».
  82. Ἀποστομίζειν, che usualmente vale «smussare, spuntare», sembra usato qui nel senso di «chiuder la bocca», cioè imporre silenzio, ridurre uno a star zitto. Cfr. àapostomòovin Pol. fr., 26 = chiuder la bocca d’un condotto, ostruirlo.
  83. Questa concezione caratteristicamente apocrifa del fanciullo Gesù disputante e dottoreggiante tra i dottori doveva radicarsi profondamente nella tradizione cristiana popolare, dove è viva tuttora.
  84. La risposta affermativa di Maria e il «Felice te tra le donne» manca in Syr., che dopo l’interrogazione continua: «il Signore t’ha benedetta: tale gloria infatti, ecc.».