Vezzo
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Questo testo fa parte della raccolta XIV. Da 'Iside'
V
VEZZO
Vertet enim Fortuna rotam, non dura teruntur corpora: stant animi; lepidus neque visus abibit |
Quando l’aurora
nel ciel s’infiora,
e, tra le madide
frasche lucenti,
5dal gaio petto
d’ogni augelletto
la varia musica
si sparge ai venti;
poco a me cale
10chi scende o sale
per climaterico
quarto di luna;
poco a me conta
chi cala o monta
15per le carrucole
della Fortuna.
In nivei chiusa
pepli, la musa
sull’arpa i dorici
20nervi mi tende;
ed io solingo
l’opra dipingo
che a me nell’anima
romita splende;
25e, intento e lieto
nel mio segreto,
scordo le misere
terrestri gare,
farfalla ascosa
30dentro una rosa,
o errante rondine
sul glauco mare.