Viaggio in Dalmazia/Del Contado di Spalatro/7. Delle rovine d'Epezio, e de' petrefatti che si trovano in que' contorni

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7. Delle rovine d'Epezio, e de' petrefatti che si trovano in que' contorni

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7. Delle rovine d'Epezio, e de' petrefatti che si trovano in que' contorni
Del Contado di Spalatro - 6. Della Montagna Sutina, e luoghi aggiacenti Del Corso della Cettina, il Tilurus degli Antichi
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§. 7. Delle rovine d’Epezio, e de’ petrefatti che si trovano in que’ contorni.

Sei o sette miglia lontano da Spalatro verso Levante, e tre miglia da Salona trovansi i residui dell’antico Epetium, Colonia degl’Issei. Il luogo chiamasi adesso Stobrez. Per andarvi per terra da Salona si passa vicino a varj archi dell’Acquedotto di Diocleziano, dal volgo chiamati Ponte-secco, e sotto d’un masso isolato detto per eccellenza Kamen1, che portò in altri tempi qualche Fortino, come da’ vestigj di muraglie che vi rimangono si può dedurre.

La situazione d’Epezio era bellissima. La Città [p. 57 modifica]sorgeva in riva al mare; ma su d’un piano assai superiore al livello dell’acque. Il bel fiumicello di Xernovniza2, di cui non ò saputo finora trovare il nome presso gli antichi Geografi, mette foce nel di lei Porto, capace di molti navigli pella sua ampiezza, ma reso di basso fondo a’ giorni nostri, forse dall’importazione del fiume abbandonato a se stesso. La campagna vicina, quantunque poco ben coltivata, è deliziosa. I Turchi v’aveano stabilito delle Saline: ma il cangiamento, che à fatto il Paese passando dal giogo Ottomano al Dominio Veneto, ne à portato con se l’abbandono. Non è però uliginoso e insalubre quel tratto di pianura, ch’era dalle Saline occupato; egli invita qualche mano intelligente a farvi prova di quanto vaglia l’acqua perenne del fiumicello vicino, la dolcezza del clima, l’apricità della plaga.

Veggonsi ancora lungo le rive del picciolo Porto di Stobrez riconoscibili vestigj delle antiche mure d’Epezio, ch’erano fabbricate bensì di solidi materiali, ma senza quella squisitezza di connessione, che si ammira nelle fabbriche Romane. Un sotterraneo condotto, di cui sussiste nel suo primiero stato la bocca, e che s’interna ben addentro sotto le rovine nascose della Città, mostra d’aver servito negli antichi tempi a scolarne le acque. Vicino alla Chiesa Parrocchiale, ch’è un buon quarto di miglio lontana dalle rive del Porto, si osservano le fondamenta d’una Torre, che fiancheggiava Epezio da quella parte; e la Chiesa medesima è stata eretta su’ fondamenti delle antiche mura. Io mi [p. 58 modifica]lusingava di trovarvi qualche pregevole Iscrizione Greca, e non mancai di frugare con quest’oggetto per ogni angolo del Villaggio; tutto fu vano. Vi si vedono de’ rottami di Lapide Latine affatto spregevoli. Io mi dovetti contentare di ricopiarne una sola intera, che vi ò rinvenuta nel pavimento della Chiesa. È probabile che da quegli abitanti me ne sia stata nascosta qualche altra; eglino sono abitualmente in sospetto del Forastiere, e particolarmente dell’Italiano; nè per dir il vero ànno sempre il torto.

Il fiumicello di Xernovniza non viene di molto lontano. Egli à piccioli principj frà Squercich e Dubrava dalle falde del Monte Mossor; fa una cascata non molto lontano dalla sua fonte, indi gira varie ruote di mulini; e dopo un corso di cinque miglia mette in mare non ignobilmente. Le di lui acque nodriscono pesci di squisito sapore; e quelli del mare amano di nuotare d’intorno alle sue foci, Quindi gli abitanti di Stobrez usano d’andare scalzi diguazzando pel Porto ad una pesca, cui si dovrebbe ragionevolmente dare il nome di caccia, da che vi s’inseguono, feriscono, ed infilzano i pesci con ispuntoni armati di ferro. Io volli portarmi alla Villetta di Xernovniza sì per esaminare un poco il corso del fiume, come per vedere delle Iscrizioni, che si veggono colassù in una Chiesa, per quanto mi fu detto a Stobrez. Il viaggio è di tre miglia poco più. La prima collina, ch’io dovetti varcare, mi fermò per la quantità innumerabile di Nummali sciolte, onde à coperte le falde; io ve ne raccolsi buon numero di perfettamente intere, e di grandezza osservabile. Se ne trovano di compresse, e anche colla spirale esteriore; fra di esse si raccolgono frammenti d’Ostraciti lapidefatti, ed Elmintoliti rostrati simili alle Corna d’Ammone bianche, di quella medesima spezie, ch’è [p. 59 modifica]assai ovvia fra le argille di Brendola, e di Grancona nel Vicentino.

I fanciulli del paese mettono la carestia di esemplari ben conservati sì delle Nummali, che degli Elmintoliti raccogliendoseli pe’ loro giuochi. Eglino sanno anche il vero momento della raccolta, nè mancano di portarvisi subito dopo le gran pioggie. Così ne’ monti Padovani, fra le vette di Venda e di Rua sogliono le fanciulle raccogliere gli Entrochi, o Asterie colonnari, che vi si trovano in quantità dopo lo squagliamento delle nevi, per gettarli sul fuoco di nascoso, e godere della sorpresa, e talvolta della paura, cui mette negli astanti il loro crepitare improvviso simile a quello del sal marino. Io mi portai due volte espressamente colassù, e ben m’avvidi dalla scarsezza della raccolta, che molte mani m’aveano prevenuto.

Il monte squarciato dall’acque della Xernovniza è di pietra arenaria, ora grigia, or azzurrognola, senza vestigj apparenti di petrificazioni. La sponda sinistra del fiumicello è dirupata, orrida, impraticabile; l’altra è coltivata, o almeno piantata di viti, e fichi particolarmente. L’insetto nemico a quest’ultima spezie di frutto v’era così prodigiosamente propagato, che su d’un solo fico poco più grande d’una noce comune io ò contato oltre settanta galle nuove, e su d’una foglia sola ne ò contato centocinquantasette; i rami poi n’erano tutti coperti.

Arrivato alla Villetta di Xernovniza, e arrampicatomi sino alla casa del Curato nello stato d’un Uomo, che aveva camminato di State in fretta, sotto la sferza del Sole ardente, all’ora di mezzo giorno, per una via ripida e sassosa, gli feci esporre dalla benemerita guida il mio desiderio, non osando farlo da per me stesso, per timore d’offendere il di lui orecchio nel pronun[p. 60 modifica]ziar male alcune poche parole Illiriche. L’inospitale, e sospettoso uomo negò assolutamente d’aprire la Chiesa, nè volle cedere alle preghiere, che replicatamente gli furono fatte colla maggior umiltà possibile. Egli non rispose mai altro, che nechiu, „non voglio,“ a quanto gli potè dire la guida, ed io balbettare. Quest’asprezza di procedere, mi fece perdere la pazienza; non mi vergognai più a parlare Illirico, e proruppi nell’andarmene in un catalogo così ampio di titoli contro di quell’uomo ferreo, che credo d’avervi fatto entrare, oltre gli strapazzi mascolini, anche le villanie, che si dicono alle donne. Il buon Curato mi lasciò gracchiare, e si chiuse nella sua capanna pacificamente. Questo fu il primo, e il più solenne, anzi quasi il solo esempio d’inospitalità, ch’io abbia incontrato in Dalmazia: ma io vi sono stato così sensibile, che non ò potuto a meno di farne particolare memoria.

Guardivi il Cielo, o Signore, dall’incontrare così duri, e scortesi uomini pelle montagne, che andate visitando, e dalle quali recherete un gran numero d’importanti notizie ed osservazioni Francesi, e Germaniche in qualunque altro Viaggio, da cui avrà sempre ragione d’attendere la Repubblica de’ Naturalisti! Io aspetto avidamente, il ritorno vostro a queste Contrade, come d’un Soggetto a cui mi legano indissolubilmente la venerazione, ch’io ò pella solida virtù, e il vincolo degli studj comuni, per cui v’amo, ed ò in pregio fra tutti gli Orittologi a me noti, niuno de’ quali vi può stare a fronte pell’acutezza della vista, pell’esattezza degli esami, pella determinazione coraggiosa, e pell’infaticabilità cui portate ne’ viaggi montani.

  1. Kamen, sasso.
  2. Xarnovniza à il nome da Xarn, che significa in lingua Illirica Mulino.