Vita di Giacomo Leopardi/Nota al Capitolo IX

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Capitolo XXII Indice

[p. 472 modifica]Parlando delle relazioni fra il Giordani e il Brighenti, dissi in questo capitolo (pag. 166) che la loro amicizia, dopo undici anni di affetto, per parte del Giordani vivo e purissimo, fu rotta, per un fatto, ed in circostanze rimaste ignote. Per quante ricerche facessi, non mi riuscì di scoprire quel fatto, che ora è venuto in luce per una lettera del Giordani al Montani pubblicata da Alessandro D'Ancona in un suo scritto su L'esilio e la carcerazione di Pietro Giordani, comparso nei fascicoli 16 marzo e 1" aprile 1905 della Nuova Antologia. Una signora aveva pregato caldamente il Giordani, anche a nome del Monti e del Perticari, di rendere la sua amicizia al Brighenti; ma il Giordani fu irremovibile; e scrivendo di ciò al Montani, gli dice: « Ti farà ben meraviglia, che per dieci anni io tenga saldo di non ritornare nell'amicizia di persona che io stimai brava e buona, e che per undici anni ho amata moltissimo: e ben pochissime ne ho amate altrettanto. Ma appunto quanto più amo, tanto m'è più impossibile riamare. Il 4 novembre del 1813 questa persona da un uomo di cui m'aveva detto mille volte (e con gran ragione) c'era stolto, .pazzo e tristo, si lasciò tutto ad un tratto voltare a non essere più mio amico, senza avorne una cagione, senza cercarne un pretesto. Oh che dolore inestimabile io no sentii! Erano allora gli anni miei meno infelici: sino allora avevo creduto nell'amicizia. Allora mi entrò nell'animo che fosse impossibile l'assicurarsi mai o della sincerità o della costanza degli affetti umani. Fu un gran coltello al cuore. Qaell'uomo poi ha detto sempre che quella fu una sua inesplicabile e inescusabile pazzia: ha usato ogni mezzo perchè io tornassi come prima. [p. 473 modifica]NOTA AL CAPITOLO IX. 473 Fece r anno passato con suo disagio ducento miglia per ve- nirmi a vedere: mi scrive sempre: quasi ogni lettera con- tiene le più lamentevoli istanze, eh' io gli dica una sola pa- rola, quella che da tanti anni mi va chiedendo.... Ma io non gli ho voltato le spalle; poiché egli diventò ed è in- felice: gli ho fatto e gli farò sempi-e tutti i servizi possibili: la gente ci crede amici : io farò tutto per lui : ma una pa- rola o un atto di quella tanta tenerezza antica mi è im- possibile. » La persona di cui qui si parla è indubbiamente il Bri- ghenti, del quale nella medesima lettera il Giordani dice: « Quel tale è da me spregiatissimo, e come io tengo certo il molte prove, è spregevolissimo; e cattivo. * Questo giu- dizio del Giordani e la conoscenza del fatto finora ignorato da me cambiarono interamente l'opinione ch'io m'era for- mata del Brighenti, ed avevo espressa nel capitolo IX. Quella buona opinione era fondata principalmente sul carteggio di lui col Giordani e col Leopardi. Mi pareva im- possibile, e anche ora mi pare un po' strano, che un uomo col quale il Giordani, dopo riappiccata la relazione, man- tenne una corrispondenza, sia pure priva delle antiche tene- rezze, ma amichevole ed afifettuosa, potesse essere, ed essere creduto da lui spregevole e cattivo. Per ciò ritenni che la ragione per la quale gli aveva disdetto l' amicizia non do- vesse essere tale da ledere l'onorabilità dell'uomo. Le let- tere poi del Brighenti al Leopardi, che si conservano ine- dite presso la famiglia del poeta, e che io ho lette tutte, sono così piene di espressioni di alta stima e di afletto per osso, e quelle espressioni hanno una tale impronta di sin- cerità, che leggendole io non poteva persuadermi che quel- l'uomo fosse un tristo. Così avvenne che quand'io nel ca- pitolo IX dovei occuparmi dell'accusa di delatore politico fatta ad esso nel 1851 da un documento pubblicato dal Gual- terio, e rinfrescata e rafi"orzata nel 1888 dal Piergili, benché riconoscessi la gravità degli argomenti sui quali l'accusa stessa posava, mi sentii naturalmente disposto a dare molto peso ai dubbi messi innanzi dal Gualterio medesimo, che giudicava possibile fosse calunniosa, e da altri che la di- cevano tale a dirittura. E poiché nemmeno il Piergili non [p. 474 modifica]aveva recato una prova di fatto della reità del Brighenti, ma soltanto nuovi indizi, fra i quali gravissimo il sospetto, molto fondato, ch’egli fosse l’autore delle relazioni segrete mandate dal Morandini alla polizia milanese poco innanzi al 1831, non seppi persuadermi che la grave accusa fosse realmente vera, e concludendo la lasciai nel dubbio e tentai di attenuarla. Troppo mi ripugnava ammettere che l’amico del Giordani e del Leopardi, della cui lealtà essi non dubitarono mai, fosse una spia, e la loro spia.

Ma la lettera del Giordani al Montani mi fece cadere la benda dagli occhi. L’uomo che il Giordani, pure avendolo una volta amato, e pur mantenendo con esso relazione amichevole e facendogli tutti i possibili servizi, chiamava spregevolissimo e cattivo, poteva dunque essere, anzi doveva certamente essere, un amico sleale, un tristo soggetto, un ipocrita. Sentii allora il bisogno di far qualche indagine per tentar di chiarire i dubbi che avevo fino allora avuto circa la grave accusa che pesava sopra la memoria di quell’uomo. E per prima cosa pensai a procurarmi un facsimile della scrittura dei rapporti del Morandini, che si conservano nell’Archivio di Stato di Milano, e che al Piergili non riuscì di vedere, per confrontarla con la scrittura del Brighenti. Per la cortesia del cav. Fumagalli, bibliotecario della Braidenese, al quale mi protesto obbligatissimo, potei avere il desiderato facsimile e fare il confronto. Da questo è risultato che la mano che vergò i rapporti del Morandini è, quasi con cortezza (la certezza assoluta in questi casi è difficile averla), quella medesima che scrisse le lettere del Brighenti al Leopardi.

Questo fatto, aggiunto agli altri gravissimi indizi, è più che sufficiente a dare la prova provata che l’amico del Giordani e del Leopardi fu veramente una spia.

Fortunatamente essi non lo seppero e non ne sospettarono mai niente.

Fine.

Note