Vite dei filosofi/Libro Secondo/Vita di Anassagora
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CAPO III.
Anassagora.
I. Anassagora clazomenio era figlio di Egesibulo od Eubulo, Egli aveva udito Anassimene, e primo aggiunto una mente (νους) alla materia, così incominciando il suo libro, che è dettato con eleganza e sublimità: Tutte le cose erano insieme; di poi venuta la mente, quelle dispose. Il perchè fu soprannomato Mente; e così Timone parla di lui ne’ Silli:
Dove è fama Anassagora si stia
Il forte eroe, la Mente; chi la mente
È sua, che tosto insieme unendo tutto
Ciò che diansi confuso era, compose.
II. Anassagora era illustre per nobiltà e dovizie, ma più per elevatezza di sentimento. Egli abbandonò a’ suoi il proprio retaggio; poichè sendo da costoro accagionato di negligenza, disse: A che dunque non ne prendete cura voi altri? Da ultimo si partì e si diede alla contemplazione, delle cose naturali, non occupandosi delle pubbliche: il perchè ad uno che gli disse, nulla l’importa della patria, rispose: Lodami ch’anzi molto m’importa della patria, mostrando il cielo.
III. Raccontano che al passaggio di Serse avesse venti anni, e ne vivesse settantadue. E Apollodoro dice nelle Cronache, che e’ fosse nato nella settantesima Olimpiade, e morto il primo anno della settantottesima. Cominciò ne’ suoi vent’anni a filosofare in Atene sotto Callia, secondo afferma Demetrio Falerco nel Catalogo degli arconti; ed è fama che vi soggiornasse trent’anni.
IV. Affermava egli: Il sole essere una massa candente per fuoco e più grande del Peloponneso. — Altri ciò riferisce a Tantalo. — La luna avere abitazioni, e di più colli e valli. — I principii particelle similari (ὁμοιομερείας); poichè siccome l’oro consta di quelle che noi chiamiamo raschiature, così delle piccole particelle similari dei corpi si compone l’universo. — E la mente principio del moto. — E dei corpi, i gravi, come la terra, tenere il luogo basso; i leggieri, come il fuoco, l’alto. Quindi sulla terra ove è piana si regge il mare, disciogliendosi dal sole l’umidità in vapori. — E gli astri da principio aver girato a guisa di vòlta, di modo che sopra il vertice della terra sempre apparente fosse il polo, da poi ricevuta l’inclinazione. — E la via lattea essere un riflesso di luce solare, non risplendimento di astri. — E la cometa un concorso di stelle erranti che mandano fiamme, le quali trapassano come scintille lanciate dall’aria. — I venti nascere dall’aria diradata dal sole. — Il tuono urto di nubi; sfregamento di nubi il lampo. — Il tremuoto aria che si caccia sotterra. — Gli animali generarsi dall’umido, dal calore, e dalla terra; dopo fra di loro, da man ritta i maschi, le femmine da mancina.
V. Raccontano ch’e’ predicesse la caduta della pietra che avvenne presso il fiume Ego, la quale, disse, sarebbe caduta dai sole. — Il perchè anche Euripide, ch’era suo discepolo, nel Fetonte, chiamò il sole massa d’oro. — E che ito in Olimpia vi sedesse coperto di pelle, come fosse per piovere, e accadde. — Ad uno che gli chiedeva, se i monti di Lampsaco, quando che fosse, sarebbero mare, dicono aver risposto: Sì certo, quando il tempo non manchi.
VI. Interrogato una volta perchè fosse nato? Rispose, per la contemplazione del sole, della luna, del cielo. — A chi gli disse, tu se’ privo degli Ateniesi; non io per verità, rispose, ma essi di me. — Vedendo il sepolcro di Mausolo, sciamò: Un sepolcro sontuoso è l’immagine di ricchezze tramutate in pietra. — Ad uno che mal comportava di morire in terra straniera, da ogni dove, disse, la discesa all’inferno è eguale.
VII. Pare ch’e’ fosse il primo, secondo racconta Favorino nella Varia istoria, a far vedere che i poemi di Omero si aggirano intorno la virtù e il giusto: opinione sostenuta davvantaggio da Metrodoro lampsaceno, suo famigliare, il quale parimente il primo si giovò di quel poeta per gli studj fisici.
VIII. Primo poi Anassagora diede fuori anche un libro da sè composto. E narra Sileno, nel primo delle Istorie, che sotto l’arconte Lis..... cadde dal cielo una pietra molare, e che Anassagora affermò, come tutto il cielo era composto di pietre, che rattenute dal rapido aggirarsi, cessando, sarebbero precipitate.
IX. Intorno la sua condanna si raccontano diverse cose. Poichè Sozione, nella Successione dei filosofi, dice, ch’e’ fu accusato d’empietà da Cleone, per aver chiamato il sole una massa candente per fuoco; e che difeso dal suo discepolo Pericle, fu condannato in cinque talenti ed all’esiglio; ma Satiro, Nelle vite, che fu accusato da Tucidide ch’era, nei governo, del partito opposto a quello di Pericle; e non solo di irreligione, ma anche di tradimento, ed assente fu sentenziato a morte. E che quando ad un tratto gli fu annunziata la sentenza e la morte dei figli, per riguardo alla sentenza disse, che certo e gli accusatori e lui da gran tempo la natura avea giudicati, per riguardo ai figli, che e’ sapeva di averli generali mortali. Alcuni riferiscono ciò a Solone, altri a Senofonte; e questi avergli anco seppelliti colle proprie mani raccontasi da Demetrio Falerco nel suo libro della Vecchiezza. Narra Ermippo Nelle vite, che chiuso in carcere per essere posto a morte, Pericle presentatosi, domandò se avevano qualche cosa da rimproverargli circa la sua condotta; e nulla avendo risposto: Ed io, soggiunse, sono suo discepolo! non vogliate adunque, eccitati dalle calunnie, perdere quest’uomo, ma persuasi da me rilasciatelo. E fu rilasciato. Che però non comportando l’affronto, s’uccise da sè. E Geronimo, nel secondo de’ suoi sparsi Commentarj, dice che Pericle lo condusse innanzi al tribunale esausto e dimagrato da malattia in modo che per compassione, più che per altro, fosse dimesso il processo. E le cose intorno la sua condanna sono coteste. — Si tenne poi ch’e’ serbasse inimicizia con Democrito, perchè si rifiutò di conversare con lui.
X. Da ultimo ritiratosi a Lampsaco, quivi morì. E quando gli arconti della città gli chiesero che cosa voleva che si facesse per lui, rispose, concedersi ogn’anno, nel mese che sarebbe morto, di giuocare a’ fanciulli. E quel costume serbasi anche ora. Morto finalmente, i Lampsaceni lo seppellirono onorevolmente, e gli posero questa iscrizione.
Qui Anassagora giace; egli che tanto
Il vero spinse oltre il confin del cielo.
Ed è nostro sul medesimo:
Perchè disse Anassagora che il sole
Era un’ardente massa ebbe a morire;
Pericle amico il salva. Ei da sè stesso
Per languor di sapienza esce di vita.
XI. Vi furono tre altri Auassagora; affatto da nulla: uno oratore, seguace d’Isocrate; uno statuario, di cui fa menzione Antigono; l’altro grammatico, discepolo di Zenodoto.