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Vuoto (1876)/Capitolo I

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Capitolo I

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Vuoto (1876) Capitolo II

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I.


Mergellina e Posillipo, sia che si presentino indorati dal sole più splendido d’un mattino di luglio, o ammantati come due freddolosi da un cielo annuvolato e bambagioso; di mattina o di sera; di giorno o di notte, con la luna che sembra ami tanto venir proprio lì a far l’amore, o senza nemmeno un zinzino di luna, col cielo seminato di stelle, ovvero color d’inchiostro, col mare tranquillo che svolga i suoi più ceruli flutti, e che batta a quella riva in cantata col suono dei baci, o tempestoso e fremente che venga a minacciarti, ad insultarti, a gorgogliare ai tuoi piedi coi suoi marosi spumeggianti; con l’acre solletico dei sali marini o con l’odore della brezza e dei fiori; Mergellina e Posillipo han sempre qualcosa che attira la nostra anima innamorata, [p. 8 modifica]

, e che la fissa prepotentemente, al pari d’una bella fanciulla, la quale, si presenti come voglia, è sempre bella. Sembra che una sirena con una bacchetta magica, battendo su le acque, abbia detto: «Qui voglio un giardino.» e un giardino è comparso su la superficie del mare. Questa, più o meno, è una imagine poetica, ma più o meno, credo che renda in realtà il carattere di quel sito. Lì la fantasia fa piccolo sforzo a rappresentarsi l’incantatrice dei mari «a veder di piacer piena» che sorge splendida di stille e di nudità, e ripara all’ombra misteriosa di quei giardinetti eternamente fioriti. L’anima si culla beata, come in un sonno voluttuoso e dimentica tutte le asprezze e le angolosità della vita; si ha bisogno di dolcezze, di amore, di baci, di canzoni, di corone di rose; corre spontáneo su le labbra l’inno pagano di Catullo. Nel romorío lontano dell’acqua si crede sentire il gemito d’una vergine innamorata; dolore, guerra, lotta della vita sono brutte antitesi, note discordanti per l’ar monia di quel sito. E Posillipo e Mergellina, quella sera si mostravano con una sfarzosa veste d’inverno. Era il tramonto d’una bella giornata di marzo. All’orizzonte si [p. 9 modifica]Pagina:Vuoto (1876).djvu/7 [p. 10 modifica]Pagina:Vuoto (1876).djvu/8 [p. 11 modifica]Pagina:Vuoto (1876).djvu/9 [p. 12 modifica]Pagina:Vuoto (1876).djvu/10 [p. 13 modifica]Pagina:Vuoto (1876).djvu/11 [p. 14 modifica]La fanciulla corse in cerca d’un lume e glielo portò pochi minuti dopo.

— E adesso ho da domandarvi un favore: venite un po’ nella mia camera; dovreste cucire due bottoncini ad un pajo di guanti.

Sul viso di Maria passò come una leggiera nube di curiosità femminile; alle sue labbra s’affacciò un perchè; ma ella seppe dargli subito uno scappellotto e mandarlo giù.

Ma a proposito di curiosità, prima di andare più innanzi, penso di dirvi qualche cosa di molto importante: una notizia necessaria che son certo voi non sapete, e che invece so solo io: Errico e Maria sono due cugini.

Dippiù un’osservazioncella che certo a voi sarà sfuggita ed a me invece no: Maria dà quasi sempre del tu al cugino; Errico quasi mai alla cugina. Chi sa perchè?

— Qui, Maria, ecco i guanti.

— Esci adesso, n’è vero?

— Perchè me lo domandate?

— Per nulla; per sapere se ti bisognino adesso i guanti.

— Proprio adesso.

[p. 15 modifica]— Vado dunque a compiacerti.

— Troppo gentile, Maria... ma perchè ve ne andate dentro? Potete restare anche qui.

— La mamma è tanto malata stasera, Errico; se sapessi come è malata!...

— Che cosa ha la zia?.. ma già l’è una faccenda d’un minuto.

Errico in questo frattempo si dava un gran da fare, preparando gli abiti di società, spazzolandoli, e stropicciandoli con cura.

Adesso aveva preso un po’ di sonno; finalmente, dopo una giornata intera di patimenti! Stamattina ella ha avuto due accessi di febbre. Oh, Errico, se continua così!... Figurati, il dottore ha detto, che un’altro attacco le può riuscire fatale... egli non l’ha detto a me, ma al signor Andrea... ed io l’ho inteso; perchè a me non isfugge nulla. Egli ha ordinato, non sì tosto verrà la buona stagione, ha ordinato di andare alla campagna. La mamma ha sorriso tristemente... oh Dio, Dio!...

— Ma la scorsa notte, ella ha riposato?

— No, Errico, nemmeno un’ora, e ne sentiva tanto bisogno.

— Potreste dire, ne sentivamo; perchè anche voi, povera figlia, dovete essere molto stanca.

[p. 16 modifica] Maria lo guardò negli occhi con espressione di riconoscenza.

— Oh, no, Errico! io ho bisogno soltanto di rassicurarmi su la salute di mia madre; io son giovane, io son forte; che mi fanno due notti di veglia?

— Questa notte però dovete promettermi che andrete a riposare.

— Aspetterò prima voi, Errico, e poi andrò a letto.

— Oh, no!... io son costretto di ritirarmi molto tardi.

— Molto tardi? — Andate a divertirvi? — disse Maria con un tono di voce in cui traspariva un po’ d’amarezza.

— A divertirmi! — ripetè Errico, e con un moto nervoso spiegazzò tutto un colletto che aveva fra mani.

La fanciulla alzò lo sguardo stupita.

— Che cos’hai, Errico?

— Nulla, nulla, Maria... si, andrò a divertirmi, a ballare, a suonare... a suonare molto... figurati, sino a che le braccia mi cadranno stanche... e non si potranno più sollevare. Vedi, Maria, io mi annojo di questa vita monotona ed oscura... Son più di quindici giorni che non esco di casa, che non vado a [p. 17 modifica]nessuna parte... io mi sento soffocare chiuso fra le pareti mussite di questa stanzetta: ho bisogno d’aria... di luce!...

— Ma che cos’hai, Errico, — ripetè la giovanetta, con un sentimento di paura, facendoglisi d’appresso, con quell’atteggiamento angelico di volto, con cui una donna sembra dire ad un uomo: «Vieni; confidati a me; versa nel mio cuore tutti i tuoi affanni: io son pronta a lenire le tue trafitture col balsamo del mio affetto.» E si deve avere proprio un’animo molto chiuso per rifiutarsi.

— Nulla, nulla, Maria; mi sento un po’ nervoso, questa sera: ecco tutto. — Ho fatto una lunga passeggiata; ho anche ideato una specie di coro di voci notturne... ma ogni ispirazione è forza che s’estingua nell’anima mia.

— Perchè dici questo, Errico?... forse perchè il Cielo non volle darti tutti quei mezzi, che spianano agli altri la via dell’arte? Ma che importa, Errico! esso t’ha dato tanto ingegno da poter supplire alla mancanza di questi mezzi materiali; t’ha dato la volontà, ch’è compagna dell’ingegno...

— Maria, Maria... per carità, non parlarmi del mio ingegno!... perchè vuoi rendermi triste, mentre son preparato andarmi a divertire?

[p. 18 modifica]— E buon divertimento dunque! Felice notte; ballate molto, signorino: un giro di valzer dippiù per vostra cugina... Io ritorno alla mia malata.

E la buona fanciulla, strisciando un lungo inchino, con un atteggiamento di leggiera ironia, uscì in fretta da quella stanza.

Ella entrò su le punte dei piedi nella camera, dove riposava sua madre. S’avvicinò pian pianino al letto di lei; ne spiò attentamente il respiro; le tastò con massima delicatezza il polso e le tempia; quindi, alquanto soddisfatta di quella sua visita, si sedette ai piedi del letto, e, al poco lume d’una piccola lampada, difesa da una ventola azzurra, si diede a leggere in un suo libriccino non so quali preghiere, con tutta la riconoscenza e tutto l’entusiasmo di un’anima divota.

Circa un quarto d’ora dopo, ella fu scossa dall’urto d’una porta.

— Egli è uscito! — esclamò la povera figlia. — E non badare nemmeno di non far rumore!

Poi s’alzò, e, sempre su le punte dei piedi, corse alla stanza attigua; aprì un tantino la finestra, e sporse il capo in fuori.

— Eccolo che scende... Ah, ah, il signorino sta in giubba!... benissimo, va ad una festa stasera! E non [p. 19 modifica]ha pensato di dirmi nemmeno addio, nemmeno di domandare come sta sua zia... Mi lascia così sola sola con una malata; mi condanna, stanca come sono, ad aspettarlo chissà fino a che ora, senza una parola di scusa... di ringraziamento... nulla. Oh, egli non ha cuore!

E la povera fanciulla diede in uno scoppio di pianto. Quanto abbandono, quant’amarezza in quel pianto!

Poi si sedette di nuovo alla sponda del letticciuolo della madre; e lì attese in silenzio sino a quasi l’alba.

Di quando in quando però correva alla finestra della stanza attigua e guardava giù, ed aguzzava l’orecchio fra il silenzio pauroso della notte. — Faceva tanto freddo quella notte.