Delle strade ferrate e della loro futura influenza in Europa/Sezione terza

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SEZIONE TERZA


Effetti delle strade ferrate in Europa. — Tendenza delle nazioni verso il perfezionamento sociale. — Cenno storico di tale tendenza e delle gare tra le nazioni per ottenere la supremazia commerciale ed industriale. — Effetti delle nuove strade relativamente al commercio, all’industria ed alla popolazione. — Variazione di fortuna nelle diverse nazioni. — Effetti a favore dell’agricoltore e del proprietario. — Maggiori capitali impiegati. — Rapido moto che deve acquistar la moneta. — Influenza delle strade in ferro sulla politica europea. — Sui costumi. — Sulle favelle.


§ I.


Se volgiamo lo sguardo ai secoli passati, le nazioni ci si presentano sempre animate da un desiderio di progressione nella via del perfezionamento e da una smania di supremazia, non solo quella [p. 18 modifica]della potenza, che determina il dominio, bensì ancora quella della ricchezza, e degli onori che in se racchiude la gloria di superar l’emule nazioni.

Vediamo infatti questo unanime intento acremente conteso or con nobile gara, ora coll’aperta ragione dell’armi; la supremazia dichiararsi a favore d’una nazione e le rivali stancate dalla lotta gemere sotto il peso delle loro disfatte; ma il fuoco dell’invidia, che cova sotto le ceneri dell’umiliazione, promuovere novello incendio, e nella combustione di mille interessi, la ricchezza, la gloria, il potere mutar di sede, e l’alloro incoronare un’altra nazione, che a sua volta e nel discorrere de’ secoli precipita dal seggio usurpato.

Così mentre Cartagine domina i mari mediterranei, e chiama a se le ricchezze delle sue spiaggie, sorge Roma, e [p. 19 modifica]l’annienta; Roma concede libero il volo alle sue aquile, ed in breve coprono colle sue ali l’universo. Allora l’ardore delle armi cede il luogo all’industria ed al commercio, l’uno e l’altro aumentano la ricchezza, la civiltà. Le provincie s’infiammano a questa luce della romana grandezza, e qualche debole raggio trapela fin nelle gelide regioni della Scizia e nei deserti dell’Arabia. Allora due invide e fameliche nazioni sbucciano dai loro covaccioli. Le stimola la propria miseria, le alletta la ricchezza altrui; le incoraggisce la disperazione, e la mollezza altrui loro rende facile la vittoria.

Già l’impero di Occidente è contaminato dalla presenza degli uni, quello d’Oriente è insanguinato dalla crudeltà degli altri; il patrimonio d’Augusto è divenuto proprietà dei barbari; le scienze, la civiltà, l’industria, simboli di pace, [p. 20 modifica]fuggono spaventate in seno alla religione.

Genova e Venezia ricettano la gloria italiana, fanno risorgere il commercio e l’industria, e sono gli agenti intermedj fra l’Asia e l’Europa. Ma la rivalità indebolisce questi due popoli generosi, il fragore dei fratricidi cannoni svegliano le assopite nazioni. L’Olanda vuoi partecipare alle ricchezze delle rivali; la Spagna, il Portogallo reclamano, a favore della loro posizione, gli utili da altri goduti, e squarciando le non ancora toccate alghe dell’Oceano vanno a raccorre per più comode vie i tesori dell’India, ove il veneto trafficante trovava un dì le ricchezze e la potenza. L’Inghilterra abbraccia col desiderio il commercio del mondo, colle prepotenti forze di mare frena l’ardor degli uni, annienta l’attività degli altri, si erige [p. 21 modifica]arbitra del commercio dell’universo, e la sua industria vorrebbe estinguere anche quella francese; se non che nell’attività di questa trova un freno alla sua possanza. Pari le forze, pari l’ingegno, la lotta è continua sorgente di mille curiose invenzioni che si gareggia in mandarle in breve spazio di tempo sui centri di consumazione. Le nazioni minori che le ricevono, si sforzano di emanciparsi dalla lunga dipendenza, ed ecco una terza potenza che vuol prender parte all’arduo agone.

L’Inghilterra ha per se il dominio dei mari, quindi la facilità e la sicurezza dei trasporti su tutte le spiaggie del mondo; la Francia confida nella sua situazione topografica, nel suo spirito intraprendente e nella sua attività; le altre sperano nella produzione del proprio [p. 22 modifica]suolo o nelle comunicazioni naturali di cui loro fu larga la creazione.

Su questi fatti s’aggirano le azioni dei popoli d’Europa; ora, che sorge l’invenzione delle strade ferrate e delle macchine a vapore, potranno esse influire sulla condizione dello stato attuale del commercio e dell’industria cogli effetti ch’esse sono per produrre?


§ II.


Si disse altrove che la forza del cavallo impiegata sulle strade di ferro aumentava di sette ottavi; ciò che vuol dire dover la spesa di trasporto costare, col nuovo mezzo, sette volte meno di ciò che costa ora sulle strade ordinarie; so che alle spese di trasporto si dovrebbe aggiugnere il dritto di pedaggio; ma siccome non si calcola verun dritto [p. 23 modifica]sulle vie ordinarie, che pur costano tesori, così mi sia permesso per ora di tacere dei dritti di pedaggio, essendo mia intenzione di trattare di quest’argomento in luogo migliore.

L’egregia minor spesa di trasporto produce questi effetti essenzialissimi:

Favorisce il consumatore che riceve a più buon mercato le merci, poiché ogni risparmio di fatica, di tempo e di spesa nell’acquisto, e nel trasporto, diminuisce il primo valore della merce, ed il buon mercato aumenta il numero dei consumatori medesimi; favorisce il fabbricante, poiché, cresciuta la consumazione, ed animato egli da gioconda speranza, moltiplica il lavoro del suo opifizio, e con essi i lucri che ne conseguono; arricchisce l’agricoltore che spaccia più presto e meglio le materie prime ch’ei cava dalla terra; anima il [p. 24 modifica]commerciante, che, per la maggior richiesta delle materie prime e delle merci manifatturate, interviene più spesso nelle contrattazioni, nelle quali è attor primo fra i prodottori, i manifatturieri ed i consumatori. Brevemente, le merci diminuendo di quel maggior valore, a cui le alzava il costoso trasporto, sono di facile acquisto ad un più gran numero d’uomini, e questa maggior consumazione accresce i benefizj dell’agricoltore, dell’artigiano e del trafficante, e li anima a più abbondante produzione.

Ma la facilità e la rapidità dei trasporti1 opera nell’azion de’ negozj ben altri singolari prodigj. [p. 25 modifica]Posto per base che il valore della merce determina la convenienza della concorrenza ai mercati, ne viene che le produzioni nate nelle vicinanze di essi sono spacciate a preferenza di quelle prodotte in luoghi più lontani, gravate da maggior spesa di trasporto, da più gravi pericoli, e dalla perdita sulla stagnazione dei capitali. La migliore qualità delle merci influisce assai poco sull’ordine generale, e sulle somme delle contrattazioni; essendochè la maggiorità dei consumatori nell’atto della compra sacrifica l’idea del bello al soddisfacimento del bisogno; così le merci [p. 26 modifica]germaniche non potranno sostenere in Italia la concorrenza delle merci francesi che sono più vicine, o le britanniche che hanno a favor dei trasporti le facili vie del mare. Ma se invece una comunicazione per mezzo di strade ferrate annullasse le difficoltà de’ monti e toccasse i confini dell’Italia, le merci germaniche trionferebbero sulle inglesi, ed avrebbero solo a lottare con quelle di Francia, le quali poi, benchè giungessero in Italia con uguale qualità di strade, pure la proporzione della spesa di trasporto delle une e delle altre non avrebbe quella disparità che avvi ora col servizio delle strade ordinarie. Se p.e. il trasporto in Torino di una data quantità di merce costa ora dalla Francia L.8, e dalla Germania L.16, col servizio delle vie ferrate la spesa sarà ridotta a [p. 27 modifica]L.1 dalla prima (2), e L.2 dalla seconda. La diversità della spesa di trasporto sarà sempre, è vero, del doppio, ma però il valore della merce francese in Torino sarà diminuito di L.7, mentre sarà di L.14 su quello di Germania; ciò che vuol dire che quest’ultima nazione può ribassare alle sue merci una somma due volte uguale a quella ribassata sulle merci francesi.

Per viemmeglio esprimere questo concetto pongo qui sotto il conto seguente:

[p. 28 modifica] Valore di una data quantità di merce in Torino, ivi condotta sulle strade ordinarie.


Di origine germanica:


Valore sul luogo d'origine L. 8.
Prezzo di trasporto... » 16.
Totale valore in Torino L. 24. L. 24


Di origine francese:


Valore sul luogo d'origine L. 8.
Prezzo di trasporto .»8
Totale valore in Torino L. 16. L. 16


Differenza di prezzo fra
la merce germanica
e quella francese in
Torino L.8




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Valore della stessa merce condotta
in Torino sulle strade ferrate.


Merce germanica:


Valore originale L. 8.
Prezzo di trasporto... » 2.
Totale valore in Torino L. 10. L. 10


Merce francese:


Valore originale L. 8.
Prezzo di trasporto .»1
Totale valore in Torino L. 9. L. 9


Differenza di prezzo fra
la merce germanica
e quella francese in
Torino L.1

[p. 30 modifica]La differenza è dunque ridotta a tal somma che il negoziante germanico può lottare colla concorrenza francese; molto più se perfezionando i meccanismi, o migliorandosi dal fabbricante la merce, vien stimolato il consumatore a sacrificare al bello la tenue maggior spesa.

Col sistema delle nuove strade i prodottori e trafficanti concorrono a qualunque lontano mercato; il consumatore partecipa di quel tanto che si perdeva per il maggior prezzo di trasporto, e risparmia una ricchezza ch’egli può impiegare in altri oggetti di piacere e di comodo fabbricati da molte altre classi di artigiani.

I beneficj delle industrie prestabilite fioriscono quindi in tal modo; se non che per la stessa causa delle nuove strade, le nazioni puramente agricole o puramente pastorali acquistano il lucroso [p. 31 modifica]fenomeno dell’industria; anzi talune si emancipano dal tributo altre volte da esse pagato all’industria straniera, e certune più fortunate, provveduti i bisogni interni, esportando l’eccedente, concorrono sui mercati e divengono emule delle nazioni, alle quali erano prima tributarie.


§ III.


Sonvi nazioni prive, o quasi prive dell’onor dell’industria, o perchè la natura è loro avara di materie prime atte alle manifatture, e troppo gravi spese di trasporto sconsigliano di derivarne dall’estero; o perchè la natura del loro clima e la loro situazione geografica non lasciano trapelare la fulgida luce dell’incivilimento, e, prive di esso, gemono sotto le leggi della forza, che suole, [p. 32 modifica]disperder gli uomini ed allontanargli dall’idea della sociabilità.

Ma una nuova e facile comunicazione prepara all’azione di quei popoli impensato sconvolgimento nella loro economia. Essa vi reca l’idea del bello e dell’utile, essa offre a quei semi-barbari oggetti necessarj alla comoda esistenza, essa ingentilisce poco a poco quegli animi, nei quali instilla il prodigioso balsamo delle scienze. Quelle nazioni allora acquistano abitudini che divengono ogni giorno necessità, al cui soddisfacimento non bastano le scarse ricchezze del suolo, della caccia, della pesca: il bisogno le spinge al lavoro, i lumi acquistati loro promettono l’intento. Se la facilità delle comunicazioni offre le materie prime a buon mercato, i primi esperimenti loro instillano il coraggio, e l’interesse ne raddoppia la forza. [p. 33 modifica]La maggior parte di quelle nazioni cresciute a miglior fortuna provvedono ai loro bisogni, ed alcune altre più popolate, più ricche di combustibili, o favorite da qualche circostanza inerente alla natura dei loro prodotti naturali, siccome possono render minime le spese di mano d’opera, così lor è concesso di diminuire i valori degli oggetti d’industria. Cessano allora non solo dall’essere tributarj, che anzi concorrono sui mercati già frequentati da popoli privi dell’esercizio delle industrie, e vi recano l’eccedente ai loro bisogni.

Da ciò ha origine una rivoluzione nel commercio e nell’industria, e con ciò la moltiplicazione dei centri di commercio; poichè chi teme la concorrenza su di un mercato, corre a cercar fortuna in altri luoghi; così come il negoziante che s’avvede di aver poco smercio nella sua [p. 34 modifica]bottega manda in giro per la città uomini e ragazzi che assordano, è vero, il viandante, ma a cui però vendono le merci, che se non le avesse vedute o se gli mancasse il tempo di cercarle, non avrebbe comprato. Ondechè l’industria contrariata da una nuova concorrenza è costretta di ridurre il prezzo alle sue merci; ed acciocché si moltiplichi il numero dei consumatori, crea oggetti a cui possono optare anche le mediocri condizioni; perciò vediamo fin d’ora le orificerie, come i sepolcri imbiancati, comporsi di metalli ignobili; i panni, i setificj, le cotonerie, e mille e mille altri oggetti, vestire le forme del bello apparente, e mancare di quella solidità che conviene all’economia. Però questo mezzo ridondò ad utilità pubblica, essendoché ha ingrandito la sfera dei godimenti delle ultime classi, ed ha giovato alla [p. 35 modifica]società in generale col permettere ad ogni classe un vestire più decoroso con cui può prodursi nelle società, e cogliere i frutti preziosi che suole produrre alla morale, alle scienze, ed ai costumi la riunione degli uomini. Questi fatti che ora vedonsi ripetuti, perché il bisogno di aumentare i consumi comincia a farsi sentire, sono per crescere assai col sistema delle strade ferrate.

Da quanto finora si disse, pare che, mentre l’industria di alcune nazioni comparirà in luoghi a lei tuttora sconosciuti, quella di alcune altre sarà per soffrirne detrimento; se non che verrà senza dubbio in ajuto delle perdenti la maggior consumazione, la quale accrescerà il numero degli oggetti manifatturati, e con ciò i lucri dell’artefice; e siccome poi la fusione dei costumi sarà origine di più frequenti varietà nelle mode, così [p. 36 modifica]queste saranno anch’esse cause potentissime d’immenso lavoro e di copiosi guadagni.

La facilità delle comunicazioni farà sì che materie prime, speciali produzioni di certi stati, giungeranno su tutti i punti ed in tutti gli opifizj, quindi ogni nazione avrà allora facoltà di dar belle forme a qualunque straniera materia, e la misura dello smercio prenderà norma soltanto dalla situazione delle manifatture, e dal perfezionamento dei lavori.

La pronta facoltà di avere qualunque qualità di materia prima, stimolerà l’ardore industriale. Se si lavorerà di più, si avranno maggiori mezzi d’intraprendere lavoro; e siccome da questo dipende la vera ricchezza di uno stato, così il maggior lavoro presumibile rappresenterà una nuova ricchezza aggiunta a quella rispettiva di ogni nazione. [p. 37 modifica]La ricchezza vuole più ampj comodi, vuole gustare le dolcezze del lusso; perciò l’artista sdegna l’abitazione, nella quale annovera una sola cameruzza; i cibi con cui nudrivasi, gli abiti che lo coprivano più non lo soddisfano, vuole alloggio migliore, vuole cibi più dilicati, vuole abiti più decorosi; il caffè è un bisogno, lo spettacolo è una necessità. L’agiatezza lo pone in grado di sopportare le spese di una famiglia, ed allora prende moglie, e prepara alla nazione un incremento di potenza e di forza.

Tali sono gli effetti del maggior lavoro, origine delle ricchezze; che se questi effetti si avverassero, facile sarà allora immaginarsi i benefizj che ne avrebbero le classi del proprietario di case, dell’agricoltore, del fabbricante, quale rapidissimo moto sia per prendere la moneta, e qual egregio numero [p. 38 modifica]d’uomini siano li pronti a parteciparne. Mentre l’industria riceve dalle nuove strade una scossa che migliora la sorte di alcune nazioni e deteriora quelle di alcune altre, il commercio cammina sulle stesse traccie, ed è soggetto alle medesime scosse.

La rapidità dei trasporti favorisce e moltiplica le contrattazioni, duplica la massa dei capitali, aumenta il numero dei negozianti, e produce una diminuzione nel valore delle merci. Infatti il negoziante che in breve giro di tempo, e con minima spesa riacquista il suo capitale colla vendita delle merci che traffica, o permuta in pochi giorni quelle che possiede con altra ch’egli vuol trafficare, trovasi in facoltà di ripetere più spesso le sue operazioni, si fa organo dei concambi fra nazione e nazione, tante volte in un anno, quanto più [p. 39 modifica]celeri sono i trasporti, estende le sue speculazioni sovra tanti prodotti quanti sono i mercati ch’egli perlustra, e moltiplica tante volte i lucri, quanti sono i contratti ch’egli eseguisce. Egli poi ingrandisce per altre cause la sfera delle sue transazioni. Se per la difficoltà di vendere era costretto tener un capitale in riserva, da impiegarsi nella continuazione del commercio nel caso presunto di merce non venduta, ora che ha vie spedite per più mercati, che è sicuro di operare le contrattazioni in breve tempo, impiega anche il capitale di riserva, il che duplica le sue ricchezze col doppio traffico, e pone in corso un capitale prima inoperoso.

Il lavoro, qualunque origine egli abbia, è ciò che costituisce la vera nazionale ricchezza. Ora, se più si lavora, più abbondano le ricchezze, se più si ha [p. 40 modifica]tempo da impiegare nel lavoro, più lavoro si eseguisce; quindi si dovrà dire che le strade in ferro, siccome economizzano il tempo del viaggio, aumentano perciò la massa del lavoro, quindi la pubblica ricchezza.


§ IV.


Non vi è chi possa negare che la ricchezza del commerciante ha origine dall’attività e dalla prontezza dell’esecuzione, ondechè ad un tal scopo divengono necessarie le rapide comunicazioni, le quali poi anche lo istruiscono intorno le combinazioni commerciali sì sottoposte a variazioni. Ed è ciò sì vero, che l’Inghilterra, l’Olanda, la Francia, e la Spagna formarono già da più secoli le compagnie commerciali, che stabilivano i loro agenti immediati nei centri [p. 41 modifica]di commercio nei due emisferi. Con esse l’uomo commerciante moltiplicò se stesso e si è posto in grado di toccare ad un tempo le due più interessanti parti del globo, di conoscere opportunamente come e quando debba l’azione del commercio intraprendersi. Con tal mezzo egli vinse la difficoltà dello spazio che ritardava l’occasione del traffico; era necessario vincere l’altro che prolungava la definitiva consumazione dei negozj: le strade in ferro e le macchine a vapore hanno incoronato l’intento.

Avvi poi un’altra classe di negozianti che per le gravezze delle spese o per la difficoltà dei trasporti limita le sue provviste nella vicina capitale; acquista in essa, da seconda mano, oggetti di varie nazioni, già gravati da spese inutili provenienti da vizioso viaggio. Se le difficoltà sono vinte e le spese diminuite, [p. 42 modifica]egli recasi nei luoghi di origine, compra direttamente, e dirige le merci al suo magazzino; nel qual atto guadagna il fabbricante che non è più gravato dalle spese di commissione verso chi è agente intermedio fra lui ed il negoziante al minuto; guadagna quest’ultimo che risparmia le sensarìe e le spese di provvisione; guadagna il consumatore, perchè il negoziante avendo goduto le facilitazioni che si è detto, può diminuire il valore delle merci per aumentare il concorso al proprio negozio.

I pericoli del commercio sono diminuiti dal nuovo sistema stradale, sia relativamente alle merci che viaggiano, sia in ordine al valore delle carte di credito emanate dai negozianti e banchieri. Le mercanzie che viaggiano, sono esposte alla degradazione in ragione del tempo che impiegano nel percorrere lo [p. 43 modifica]spazio; perciò la celerità dei trasporti diminuisce la somma dei danni. Un banchiere, benchè ricco di credito e di onestà, è tuttavia esposto al fallimento per colpa di un confratello soverchiamente intraprendente, o pessimo calcolatore; la celerità del trasporto siccome abbrevia la distanza, perciò favorisce la sorveglianza dei commercianti, e fa sì che difficilmente non abbia sentore delle ardite operazioni, del probabile esito di una impresa, della condizione infine di un confratello. Nei quali supposti il probo negoziante o banchiere prende le sue precauzioni e salvando se stesso dal precipizio dei fallimenti è scudo agli interessi di coloro che hanno cieca fiducia nella sua buona fede e nella sua sagacità. [p. 44 modifica]Il commercio godrebbe l’utile delle strade ferrate altresì per la facilità di conoscere i valori de’ cambi sovra tutti i mercati cospicui, ed anche questo essenziale ramo di commercio avrebbe a soffrire minore incertezza, e potrebbe imprimere maggiore attività nella circolazione della moneta.


§ V.


Uno fra i più cospicui benefizj delle nuove strade, quello si è di porre in rapido moto il numerario e di procurare ai capitali sonanti il loro pronto ed integrale impiego. La moneta come segno rappresentativo, è l’oggetto il più prezioso dei popoli, è l’abito, è il cibo di essi; ha la facoltà di moltiplicarsi in ragione della rapidità del suo giro, e di [p. 45 modifica]moltiplicare i suoi favori, quante sono le mani, per cui va passando nel veloce giro che a lei imprimono le industrie ed il commercio. Quale rapidissimo moto debba essa avere per causa delle nuove strade, già si è potuto conoscere da ciò che qui sopra si disse: non sarà tuttavia fuori di proposito l’aggiugnere che le facili comunicazioni siccome concedono facoltà al commercio di conoscere i bisogni delle diverse piazze, non che le utili speculazioni a cui potrebbe attendere, perciò i capitali si recheranno, senza perdita di tempo, a beneficar quei mercati, ove l’impiego è pronto, utili le imprese; in tal modo sarebbe la moneta in continuo giro, ed ogni piazza avrebbe i capitali necessarj al bisogno: la mutuazione di questi soccorsi, oltrecchè impedirebbe inopinati fallimenti, farebbe sì che i capitali non sarebbero [p. 46 modifica]neppur per un giorno oziosi ed il commercio, che tiene conto delle ore, sa quanto sia importante l’economia di un giorno di tempo.

La forza del commercio posta dunque in azione con maggior utilità, fa sì che il negoziante può mandar a fine frequenti concambj con minor quantità di denaro. Perciocchè la compra e la vendita non è divisa da assai tempo, anzi si può quasi dire, che per la rapidità delle comunicazioni egli riceve da una mano la moneta, e dall’altra la reimpiega in acquisto di altre merci. I valori dei cambj, gli accidenti del commercio, il prezzo delle mercanzie dei varj mercati, i fatti politici od economici che possono per avventura alterare i valori delle merci stesse e delle carte di debito pubblico, sarebbero dunque prontamente a notizia del commercio, ciò che, [p. 47 modifica]ingenerando più tranquillità e sicurezza, potrebbe altresì raffermare la probità che nel commercio, come in qualunque altro ramo, è il tipo della prosperità e ricchezza delle nazioni


§ VI.


Pare quindi che l’industria ed il commercio in generale risentirebbero vantaggi dalle vie ferrate; e poichè la fortuna di queste due classi suole potentemente influire sulla prosperità di quella agricola, perciò è lecito sperare che il nuovo sistema stradale sarà per giovare altresì all’interessante classe degli agricoltori.

Infatti, dato per vero che le azioni dell’industria e del commercio siano per aumentar grandemente; che tale aumento promuova a loro favore [p. 48 modifica]maggiore ricchezza, ne avverrà senza fallo, che si consumerà maggior copia di materie prime necessarie alle arti, e di materie necessarie al vitto ed ai comodi. Il proprietario adunque avendo maggiori ricerche alzerà il prezzo delle proprie derrate, e l’agricoltore alzerà quello della mercede, l’uno e l’altro, animati dal facile e lucroso spaccio, spenderanno maggiori capitali nelle operazioni agricole, e lavoreranno con maggior coraggio onde ottenere una quantità maggiore di prodotti.

A questi egregi vantaggi arroge che il produttore avrà facoltà di recare egli stesso, e con piccole spese, le derrate sui centri di consumazione, acquistando così gli utili che in altro modo dovrebbe lasciare a favore del commercio.

L’artista, il commerciante e l’agricoltore sono dunque chiamati a più [p. 49 modifica]prospera fortuna dall’esistenza delle strade ferrate; e siccome il comodo stato consiglia, singolarmente nelle ultime classi, ed è origine dei matrimonj, perciò un importante effetto delle nuove strade sarà, come altrove si disse, quello di aumentare la popolazione in ragione delle ricchezze degli stati diversi.


§ VII.


Il sistema delle strade ferrate, quando fosse generalizzato in Europa, sembra dover influire altresì potentemente sulla politica delle nazioni, e sulla loro sociabilità. Abbiamo detto altrove, esservi fondata ragione di considerare il nuovo sistema stradale quale copiosa sorgente di prosperità privata, su cui saldamente risiede la pubblica ricchezza; ed abbiamo altresì sullo stesso proposito notato che la fortuna dell’industria e del [p. 50 modifica]commercio può, pel fatto delle nuove strade abbandonar certe nazioni e favorirne alcune altre, ora incapaci di prepararle un convenevole seggio. Ciò posto, siccome la ricchezza suole dar leggi alla forza, perciò quello stato, che, invigorito dalle passate affluenti ricchezze, comandava agli altri, ora se perde, per causa della deviazione dell’industria e del commercio, le sorgenti della sua opulenza, vedrà scemare le proprie forze, e sarà costretta umiliarsi alla potenza altrui.

Dicasi ancora, che fra le nazioni trovansi determinate combinazioni politiche nate o dalla situazione geografica, o dalla natura delle produzioni, o da altre cause inerenti alla specialità delle ricchezze nazionali, le quali combinazioni costituiscono la misura delle relazioni politiche fra l’uno e l’altro stato. [p. 51 modifica]Due nazioni di egual potenza separate da una terza di forza preponderante, saranno, per effetto di situazione e di parità di condizione, naturalmente alleate tra loro e naturalmente sospettose della più forte; due nazioni pari di forza, di ricchezza, e d’inclinazione, confinanti tra loro, o divise da altra di esse più debole, saranno naturalmente nemiche tra loro e naturalmente protettrici dello stato intermedio. Ora se la presenza delle strade di ferro opera la mutazione di fortuna, lo sconvolgimento d’interessi mercantili ed industriali, l’aumento di ricchezza negli uni, e la decadenza degli altri, pare incontrastabile che debbansi mutare anche le misure dei rapporti politici internazionali e le conseguenti loro combinazioni.

La minore influenza che eserciteranno le potenze marittime in Europa dopo la [p. 52 modifica]formazione del sistema di strade ferrate, pare debba altresì variare la natura dei rapporti politici: il possesso delle isole, e dei porti di mare, ora sì ambiti, non servirà che debolmente all’azione del commercio, che avrà luogo di preferenza sulle grandi linee stradali segnate sul continente; nè la proprietà dei lidi favorirà, come oggidì, l’influenza politica, poichè diminuendo il corso del commercio per mare, scemerà in conseguenza l’azione della forza marittima; ondechè le isole non sarebbero più che nidi d’aquile o covaccioli di pirati pronti a molestare le spiaggie nemiche ne’ casi di guerra.

Quale rivoluzione ciò debba operare negli interessi generali dei popoli, e quale influenza debba un tal fatto avere nella politica dei governi, è facile immaginarlo. La situazione geografica, un [p. 53 modifica]dì fondamento della potenza italiana, e della ricchezza spagnuola, l’una e l’altra quasi cinte dal mare, potrebbe divenire origine infausta di futura miseria e dipendenza, se il commercio del vecchio continente si eserciterà per le facili e sicure vie ferrate.

Parlo di queste due nazioni a modo d’esempio, e taccio di molte altre poste nella stessa situazione, e che potrebbero per avventura cadere nello stesso e forse peggiore infortunio.

Le armate terrestri delle nazioni sono anch’esse per influire assai più che pel passato sul sistema politico europeo. Perciocché esse, benché non aumentino di numero, acquistano nondimeno maggior importanza, in ragione della rapidità, colla quale possono essere recate sui varj punti di confine dello stato che le mantiene. Questo solo timore basterà a [p. 54 modifica]costringere tutte le nazioni a formare ne’ proprj stati le strade di ferro, essendochè verun altro mezzo, neppur quello gravissimo di un doppio numero di soldati, basterebbe a superare i vantaggi di quegli stati che colle facili vie percorrono in brev’ora il proprio territorio e minacciano quello altrui.

Il pericolo di veder scompaginati i rapporti internazionali, sconvolte le relazioni del commercio, e sciolto il sacro vincolo della concordia, che ne consegue, consiglierà certamente i governi a consentire all’universale sistema di nuove strade, unico mezzo che possa mantenere gran parte delle relazioni attuali, e consolidare l’equilibrio politico d’Europa, con tanta gloria e con tanto utile dei popoli mantenuto dalla sapienza dei Principi. Ciò che sarà con tal mezzo facilissimo; imperciocchè i progetti di [p. 55 modifica]conquista, se per avventura infestassero la mente di qualche ambizioso, diverrebbero ineseguibili, e non sfuggirebbero alla sagace surveglianza degli amici della pace e dell’umanità, i quali col favore delle rapide comunicazioni avrebbero facoltà di soffocare colla forza l’infausto germe della prepotenza. Per la quale facilità guadagnerebbero anche i piccoli stati posti in mezzo a potenze di primo ordine, attesoché sorgerebbe un potere esercitato dalla maggiorità delle nazioni, in cui risiederà mai sempre il desiderio di mantenere i territorj nei confini segnati dalla politica e dalla sicurezza comune3.

Quindi l’Europa avrebbe in quella maggioranza di Principi umani e sagaci [p. 56 modifica]un poter coattivo più efficace e più pronto, che frenerà le ambizioni individue senza aumentare la potenza delle parti che la esercitano.

I pericoli delle guerre, che la forza dell’incivilimento va ogni dì allontanando, diverrebbero anche meno terribili, come altresì impossibili i tumulti ed i subbuglj delle rivoluzioni, soffocate ben presto dall’improvviso arrivo della forza. Ma potrebbesi opporre, che, data a tutte le nazioni la medesima rapidità nel movimento delle armate, diviene comune il vantaggio, uguali sempre rispettivamente le forze di ogni stato, e costante la influenza che ora esercitasi dai grandi sui piccoli. Se non che debbesi osservare, che, dato per possibile il trasporto di grandi masse4di [p. 57 modifica]armati per le vie ferrate, senza che le circostanti nazioni non abbiano odore degli armamenti, potrà sempre il piccolo stato operare una resistenza momentanea, la quale, benchè debole, basterà tuttavia a dar tempo ai potenti alleati d’intervenire e di proteggere. Diasi un’occhiata alla storia dei tempi nostri, e si vedrà, che ove il sistema stradale, di che io parlo, fosse stato in vigore, forse si sarebbe impedita qualche guerra, forse qualche rivoluzione non si sarebbe consumata.

A consolidare questo sistema della difesa, diverrebbe necessario ritornare le città ed i borghi cospicui al metodo di [p. 58 modifica]fortificazione dei tempi di mezzo. Converrebbe ch’essi potessero opporre qualche resistenza, moltiplicando gli ostacoli sino all’arrivo d’una forza protettrice e preponderante.

Col sistema generale della nuova viabilità le Potenze europee potrebbero diminuire le loro armate, e ridonare all’agricoltura ed alle arti molte braccia improdottive, moltiplicando col loro lavoro la ricchezza delle nazioni, ed ampliandone i loro rapporti.


§ VIII.


Le relazioni fra uomo e uomo, fra nazione e nazione furono mai sempre create dalle reciproche convenienze, e aumentate dai bisogni di permutare il superfluo col necessario. Le relazioni raddolciscono la rozzezza dei costumi, [p. 59 modifica]e schiudono il seme dell’ evangelica fratellanza, sviluppano il germe delle scienze, ed animano il genio delle arti. "Vicini a noi, disse Turgot, hanno gli uomini bisogno di noi, per sentimento di natura inclinati ad amarsi; lontani dai nostri soccorsi, la tenerezza nostra loro è inutile. Essi fuggono agli occhi del nostro cuore ed all’occasione dei nostri benefizj a misura che fuggono dal nostro sguardo. Da ciò nasce quella vivacità graduata del sentimento in ragione della distanza degli oggetti".

Le scienze devono la loro diffusione in Europa alle relazioni immediate dei popoli. Allorchè l’impero d’Oriente cadde sotto il giogo dei Turchi, le scienze dell’illuminata Grecia vennero a rischiarare le tenebre dell’Occidente. Così l’industria deve le principali sue scoperte [p. 60 modifica]all'immediato contatto delle popolazioni, come il loro incremento è dovuto alla formazione delle città, ossia alle riunioni considerevoli d’uomini.

Le facili comunicazioni, che certamente sono per aumentare le relazioni fra i popoli, compieranno questi vantaggi, e rendendo l’uomo più sociale, gl’instilleranno nell’animo il sublime precetto dell’amor dei fratelli.

Le distanze non si misurano dalla quantità dello spazio, ma dalla somma del tempo che s’impiega a percorrerle; ondechè i popoli ravvicinandosi, i rapporti più continuati e più rapidi tra nazione e nazione, produrranno la fusione dei costumi, e daranno luogo a vincoli di parentela e di amicizia. Ciò impertanto consiglierà i governi a consolidare l’armonia dei popoli con nuovi trattati, affinchè il commercio abbia la [p. 61 modifica]libertà con cui e per cui soltanto può spingere in alto i suoi voli, e conosceranno altresì i governi il bisogno di variare le leggi economiche, conformandole allo spirito dei tempi ed agl’interessi comuni. Allora scompariranno le linee doganali, perchè incompatibili col nuovo rapidissimo moto del commercio; diverrà necessaria una monetazione unica convenzionale, onde agevolare i negozj, e difenderli dagli inganni; i pesi e le misure dovranno essere ovunque uguali, onde ognun, che traffica, possa su calcoli esatti determinare le speculazioni, e calcolare i lucri che può da esse sperare. Le leggi commerciali, che hanno sì grande influenza sull’attività e prosperità del commercio, e sì grande impero esercitano sulle transazioni dei popoli, dovranno divenire uniformi, e sì lo potranno, perciocchè le [p. 62 modifica]rapide e frequenti relazioni, la parità delle speculazioni ed interessi vogliono parità di mezzi, onde renderle valide ed inviolate colla forza delle leggi. Talché il negoziante italiano, che specula in Russia, ed il russo che traffica in Italia, troveranno ciascuno nel paese straniero quella legge e quella protezione, ch’essi sono sicuri di ottenere in patria, e regoleranno il loro commercio come nel proprio paese.

La libertà del commercio, la tutela, ch’egli incontra in leggi da lui conosciute ed apprezzate, genereranno la sicurezza nei negozj. Quindi le speculazioni saranno maggiori, e maggiori le ricchezze private, delle quali non può non risentirsene grandemente la prosperità generale delle rispettive nazioni.

Ma queste ricchezze saranno esse vieppiù concentrate nelle capitali, ovvero le [p. 63 modifica]città, che le circondano, ravvicinate dalla brevità delle vie, sono esse per chiamare a se parte del commercio e dell’industria delle capitali stesse?.... Per quanto sia difficile scoprire nell’avvenire il moto del commercio che sta per essere sconvolto dalla forza di una potente novità, desumendo la mia risposta dalle teorie generali, parmi di poter dire che, siccome il commercio e l’industria seguono la legge dell’economia di spesa e di tempo, che apprezzano sempre le località che loro porgono con questi vantaggi anche l’occasione di acquistare le materie, di cui hanno d’uopo nell’esercizio del loro lavoro, perciò penso che le città, in cui più abbondano le materie prime, siano per chiamare a se l’industria, e questa il commercio. Così il valore delle mercedi di un dato paese può determinare [p. 64 modifica]l’industria ed il commercio ad abitarlo a preferenza delle capitali, in cui le spese locative, il salario, i dazj di consumo sono mai sempre più alti che nelle città di provincia. Le capitali vedranno diminuita la loro popolazione, e per le addotte ragioni, e perchè gli stranieri, che affluivano a quegli emporj di tutte le industrie nazionali e mercati, ove è più facile la compra e la vendita, gli stranieri, dico, se linee stradali solcheranno l’Europa, avendo essi facoltà di recarsi con minimo consumo di tempo, e con leggerissima spesa nei centri dell’industria, lascieranno le capitali persuasi di trovare altrove prezzi minori.

D’altronde, ravvicinate dalle nuove strade le città alle campagne, calcolate le maggiori spese locative delle capitali, pare che le popolazioni di esse, senza abbandonarle totalmente, saranno in [p. 65 modifica]grado di godere i piaceri della libera campagna ed approfittare degli utili che potrebbero per avventura ricavare dalle capitali.


§ IX.


Ma ritornando sugli effetti che le migrazioni possono produrre nella generalità delle nazioni, giova notare, che i continui rapporti fra le nazioni, nel generare la fusione dei costumi, produrranno altresì la diversità delle mode e l’alterazione nelle differenti favelle. L’istinto dell’imitazione è comune al cuore degli uomini, e suole seguire sempre le orme del potere, piegarsi ai suoi usi, accarezzare le sue costumanze, ed a distruggere persine le delizie della civiltà per dar luogo alla rozzezza della barbarie; ed è perciò che le bellezze [p. 66 modifica]artistiche d’Italia vennero contaminate dal gotico barocchismo, e la greca letteratura soffocata dal romantico gusto dei Saraceni.

Allorquando la Spagna possedeva in Europa il primate, il vestire e gli usi spagnuoli erano comuni a quasi tutte le nazioni. E così nel modo stesso che ora si imitano le mode ed i gusti francesi ed inglesi, mutandosi nei tempi futuri l’ordine delle ricchezze, aumentandosi ed ampliandosi le relazioni dei popoli, nascerà probabilmente dal miscuglio dei costumi un costume unico, forse diverso dai molti, che ora si praticano. E siccome poi ogni nazione possiede qualche utile specialità, perciò le emigrazioni dei popoli sapranno approfittarne, e spenderle nelle nazioni a cui appartengono.

Ciò, ch’io dissi dei costumi, dicasi [p. 67 modifica]ancor della favella. Allorchè Roma dall’altezza del campidoglio teneva suddito il mondo, la lingua del Lazio dirozzava la favella dei Galli, dei Celti, e degli altri popoli soggetti. Ma l’Italia cadde sotto l’impero dei Barbari, e la purezza della lingua latina venne contaminata, quindi distratta dai nuovi dominatori. La lingua latina non cedette già il luogo al dominio delle lingue celtiche o slava; bensì con esse si formò un impasto, che generò nuove favelle più analoghe tra loro, e certamente più dicevoli ai progressi dell’incivilimento.

Le guerre di Luigi XIV ed il commercio, che circa que’ tempi percorse con più ardito e stabile piede il continente, propagarono la lingua francese, che divenne in Europa, ed altrove, la lingua di convenzione del commercio [p. 68 modifica]e della diplomazia5,come la latina lo divenne delle lettere.

L’interesse che dettò altre volte al commercio l’obbligo di conoscere la lingua francese, ora che le relazioni si estesero a paesi più lontani, sprona gli uomini alla conoscenza d’altre lingue; ondechè anche le lingue tedesca ed inglese sono assai più comuni che non erano pochi lustri or sono. Per la qual cosa se i rapporti internazionali fossero, come non v’ha dubbio, ampliati per causa di più rapide comunicazioni, la cognizione delle lingue straniere si propagherebbe in ragione dell’attitudine del [p. 69 modifica]commercio e delle proprie combinazioni. La facilità d’intendere e d’essere inteso, il bisogno di comunicare le idee nostre, e ricevere quelle altrui, non può che formare un utile impasto, e fermentando, produrre il fulgido lume delle scienze, che si propagheranno colla velocità del pensiero, da cui ebbero vita; tale miscuglio infine deve necessariamente alterare le lingue, e Dio sa se l’azione del tempo non sia per creare una nuova favella nata dalla fusione di tutte le altre.

Note

  1. Temono alcuni che lo stabilimento delle strade in ferro possa per avventura diminuire i lucri dei carrettieri e rovinare la loro industria. Ma dai fatti statistici offertici dal signor Johard vediamo che nelle contrade, ove esistono strade in ferro, il numero dei cavalli impiegati nei trasporti è maggiore che in quelle di cui ne son prive; il che devesi attribuire al maggior moto che prende il commercio delle strade laterali alle vie ferrate, le quali aprono un utile sfogo alle merci dei paesi latostanti. Vedasi la nota A in fine dell’opera.
  2. In questo calcolo tengo per base ciò che si disse a pagina 22, cioè che la spesa di trasporto sulle vie ferrate costa l’ottava parte di quanto si spende ora sulle strade ordinarie.
  3. Le guerre ingiuste nascono dalla mancanza di una comune garanzia (Ancillon, histoire des révolutions du systéme politique d’Europe).
  4. L’Inghilterra ebbe già ricorso alle strade in ferro pel trasporto delle truppe. Trovo scritto (Instruction sur les routes en fer etc. etc. a l’usage de l’ècole d’application du corps royal d’État major), che venne trasportato un reggimento intiero da Liverpool a Manchester, e che quella distanza di kilometri 50 fu superata in sole due ore di tempo.
  5. I trattati si dettarono per molti secoli in lingua latina da tutte le nazioni d’Europa, piene ancor di venerazione per il più famoso popolo dell’antichità. Ma Luigi XIV fu il primo a voler i trattati scritti in lingua francese.