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Amorosa visione/Capitolo XIII

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Capitolo XIII.

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Capitolo XII Capitolo XIV
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CAPITOLO XIII.




Contiene di coloro che già acquistaron tesoro per avarizia, fra’ quali racconta Mida, e Marco Crasso, e Attila.


Mirando quella turba sì golosa,
     Di quel perchè s’affanna la più gente
     Per esserne nel mondo copïosa;
Entrato infra ’l tesoro più fervente,
     5Vi vid’io Mida, in vista che sazia
     Saria di tutto appena possedente:
Non bastandoli avere avuta grazia
     Dagl’iddii, che ciò che e’ toccasse
     Ritornasse oro ver senza fallazia.
10Di dietro a lui parea che ne tirasse
     Giù Marco Crasso assai, avvegnadio
     Che della bocca ancor li traboccasse.
A lato a lui con isciolto disio,
     Quell’Attila, che ’n terra fu flagello,
     15S’affaticava forte al parer mio;
Nelle sue man tenendo uno scarpello
     Con un martel ferendo sopra ’l monte,
     Gran pezzi e grossi levando di quello.

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Dall’altra parte con superba fronte
     20Era Epasto con un piccone in mano
     Con punte agute bene ad entrar pronte.
Ognor che su vi dava, non invano
     Tirava il colpo a sè, ma gran cantoni
     Giù ne faceva rovinare al piano;
25Impiendo di quel sè e i suoi predoni,
     Ed ogni isciolta voglia adoperando,
     Dannando le giustizie e le ragioni.
Là vi vid’io ancora furïando
     Nerone imperadore, ed avea tesa
     30Sopra ’l monte una rete, e già tirando
Molta gran quantità n’aveva presa
     Di quel tesoro, e qual gittava via,
     E qual mettea in disordinata spesa.
Ivi di dietro un poco a lui seguia
     35Con una scure in man Polinestore,
     E quanto più potea quivi feria,
Ora col colpo facendo romore,
     Ora mettendo biette alla fessura,
     Quando la scure sua tirava fore;
40Forse temendo che non l’apritura
     Si richiudesse, e molto ne levava,
     Continovando pur colla sua cura.
Appresso lui, tutto ’l monte graffiava
     Pigmaleon con uno uncino aguto,
     45E molto giuso a sè ne ritirava.
L’acerbo Dionisio conosciuto
     V’ebbi mirando fra la gente folta,
     Ch’a tor dell’oro non voleva aiuto.

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Là si ficcava tra la turba molta
     50Con un roncone in man tagliando, e presto
     Di quella a’ piè si faceva raccolta,
Impiendo con affanno il suo molesto
     Voler, cacciando misura e pietate
     In modo sconcio assai e disonesto.
55Rubesto appresso la sua crudeltate
     Falaris dimostrava, ricidendo
     Con una accetta una gran quantitate,
E via di quindi di quel trasferendo;
     Poi arrotata la ingrossata accetta
     60Ancora quivi tornava correndo,
Con furïosa e minaccevol fretta.
     Quivi si vedea Pirro, accompagnato
     Con mal disposta e dispiacevol setta;
A molti lì per forza avean levato
     65A cui cesta di collo, a cui di seno
     Avean rubato l’or ch’avea cavato,
Ridendo poi fra lor se ne faciéno
     Beffe ed istrazio di que’ cattivelli,
     Ch’a cavar quel fatica avuta aviéno.
70Ancora vidi star presso di quelli
     Il dispietato ed iniquo Tereo
     Di quel tesoro prender, nel quale elli
Fatica non durò mai, come feo
     Quelli a cui il toglieva: e dopo lui
     75Pien d’oro dimorava Tolomeo.
Ivi era Pisistráto, per la cui
     Cura più scrigni ripieni e calcati
     Quivi ne vidi tirati da lui.

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Avea in un lembo de’ panni piegati
     80Siracusan Geronimo tesoro,
     E egli e molti altri ne gían caricati.
Ma di Navarra Azzolin con costoro
     Con molto se ne giva, per tornare
     Con maggior forza a sì fatto lavoro.
85Molti altri ancora vi vidi cavare,
     Ed isforzarsi per volerne avere,
     Ma niente era il loro adoperare,
Anzi ozïosi stavano a vedere.