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Benchè di Dirce al fonte

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Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Canzoni Letteratura Poichè al vivere uman stame sì forte Intestazione 4 gennaio 2024 75% Da definire

Di tante e per tant'anni Ecco il Roman Campion dall'Istro algente
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni lugubri di Gabriello Chiabrera
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XV

IN MORTE

DI ORAZIO ZANCHINI.

Benchè di Dirce al fonte
     Spensi primier la sete,
     Che già Savona mia lunga sostenne,
     E di Parnaso al monte
     5Sulle piagge segrete
     Di lei Cigno novel sciolsi le penne;
     Non mai però m’avvenne
     Sì desïata sorte,
     Che di Febo intendessi
     10Il canto, ond’io potessi
     Vincer quaggiù l’aspro rigor di morte;
     Od al suo colpo crudo
     Ond’io temprassi scudo.
Colei d’alti diamanti
     15L’orrido cor si serra,
     Nè l’altrui merto unqua pietà vi crea;
     Nè per preghi o per pianti
     Unqua perdona in terra,
     Sempre a’ mortali inesorabil, rea:
     20Incontrastabil Dea,
     Tua legge io non rifiuto,
     Sì ti riprego ardente,
     Me tua falce possente
     Nelle piagge del dì mieta canuto,
     25Chè è doppio aspro morire
     Caderci sul fiorire.
Ma Te, del nostro giorno
     Mattino aureo sereno,
     Ria morte, Orazio, acerbamente ha spento;
     30E benchè al tuo ritorno
     Nel bel velo terreno
     Vano sia il lagrimar, vano il lamento;
     Pur piango a i pianti intento,
     Onde Fiorenza suona,
     35Che del tuo vago Aprile,
     Già d’ogni fior gentile,
     Lieta sul biondo crin portò corona;
     Ora il bel crin si frange,
     E sul tuo sasso piange.
40Ma la cetra soave,
     Che su corde canore
     Svegliava il suon della dolcezza eterna,
     Fatta funesta e grave
     D’immenso atro dolore,
     45Tace per te nella magion paterna;
     E il Dio, che almo governa
     Casto le stirpe umane,
     Spenta ha la face accesa;
     Nè col desir contesa
     50Fan più d’amor le Vergini Toscane;
     Chè col gel, che ti preme,
     Vedova è la lor speme.
Così di porto uscito,
     Per Oceáno orrendo
     55Perdi le merci a te dal Ciel concesse;
     E noi quaggiù sul lito
     Lasci ad ognor piangendo:
     L’Austro crudel, che il tuo bel legno oppresse,
     Vidi qual aurea messe,
     60Che ove più ricche usciro
     Dentro l’ombre inimiche
     Perdeo l’amate spiche;
     O quale agli occhi altrui conca di Tiro
     Fra l’alghe in sull’arena
     65Senz’ostro onde ella è piena.