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Di tante e per tant'anni

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Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Canzoni Letteratura Poichè al vivere uman stame sì forte Intestazione 4 gennaio 2024 75% Da definire

Poichè al vivere uman stame sì forte Benchè di Dirce al fonte
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni lugubri di Gabriello Chiabrera
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XIV

IN MORTE

DELLA SIGNORA EMILIA ADORNA.

Di tante e per tant’anni
     In Asia sparse alte querele e pianti
     Fûro dolce mercede
     Della bella di Sparta atti e sembianti;
     5E creder fanno all’universo i canti
     Dell’immortal Parnaso,
     Che di Perseo la madre, alma bellezza,
     Costar potesse a Giove
     Diluvio di ricchezza.
10Da quale parte adunque
     Sperar possiam ristoro, e donde aita,
     Se oggi spenta è beltate,
     Per noi mai sempre immensa ed infinita?
     Deh quai faran di nostre ciglia uscita,
     15Per disfogar l’angoscia,
     E di notte e di dì caldi torrenti?
     Quai basteran sospiri?
     E sian, se sanno, ardenti.
Se la ragion di Cloto
     20Il cammin di quaggiù tragge al morire,
     Ma non allor, che appena
     Giunse l’amata vita al suo fiorire,
     Lasciar l’alme più care in fier martire,
     Torsi a’ diletti usati,
     25E sotterra portar nome di sposa
     Di genitrice in vece,
     Non è natural cosa.
Dove eri, o de’ tuoi scettri
     Custode infermo, e de’ tuoi pregi alteri
     30Mal difensor, non figlio
     Di Citerea, ma Nume vil, dov’eri?
     Ah sfortunato! popolar pensieri
     Tu pur mettevi a giogo,
     Lieto in ferir, siccome arcier ben forte;
     35Tuoi vanti e nostri intanto
     Feansi preda di morte.
Omai su queste arene
     Nobile peregrin non muova il piede,
     Chè più l’alto a mirarsi
     40Miracol di beltà non ci si vede:
     Fatta è Liguria di miserie erede,
     Solo è per lei conforto,
     E quinci il duol le si disgombra intorno,
     Che negli Elisii Campi
     45Emilia fa soggiorno.

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Quivi l’antica Evadne
     La man le porge, e tutta riso in faccia
     Penolopèa l’incontra,
     Alceste gli da baci, Argia l’abbraccia;
     50Tra’ bei Cantor lingua non è, che taccia
     L’inclite di lei doti;
     Ma su cetera d’ôr stanca la mano,
     E così fa sentirsi
     L’alma del gran Tebano:
55O ben nata, o ben degna
     Di goder prestamente il ben de’ cieli,
     Non di posarti in terra
     Lungamente a languir tra caldi e geli!
     Che oggi tua luce a’ guardi lor si veli
     60Contra ragion, ben sai,
     Prendono a lamentar gli egri mortali;
     Basti tua rimembranza
     A lor temprare i mali.