Busto Arsizio - Notizie storico statistiche/Parte I/VII

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VII.


Eccessivi balzelli — Sviluppo della peste nel 1630 in Milano, Saronno e Busto Arsizio. — Provedimenti sanitarii — Commercio, industria ed agricoltura danneggiati — Promessa de’ Bustesi di recarsi ogni anno alla Madonna sopra il monte di Varese.


La maggior parte de’ redditi del suolo, de’ trafici e delle mercanzie, era assorbita nell’alimento della soldatesca. Il popolo di Busto era sì oppresso ed esausto, che di ottocento case, soltanto quaranta o poco più trovavansi in grado di reggere alle grosse e continue imposte. Le terre vicine pagavano lire 20 la pertica e lire 12 le altre di minore bontà.

„Che vuoi di più? erano fatti talmente miserabili li poveri contadini (così il cronista Reguzzone) che erano restati come vermicelli, a guisa di fanciulli allora nati ignudi, tali quali la natura li aveva creati; non dirò altro: avevano solo quelle poche spoglie con che si [p. 40 modifica]coprivano le nude carni del corpo; nel tempo di riposare avevano la dura terra per letto, le paglie per piume, l'aria per coperta, le olle di creta e di terra per pignatte, per cibo, pane di crusca e rape; infine altro non avevano che il nudo corpo come vermicello, coperto di stracci.

„ Il grosso debito dei censi, e cambii di lire trecentomila che hanno coi particolari, il eguale si è fatto maggiore di lire centocinquantamila di più per i lunghi e continui allogiamenti di una compagnia di quattrocento soldati imperiali a cavallo, che venne alli 12 di dicembre 1630, gente forbita, fiorita, nobile, e tutti officiali, come dirò a suo luogo, che fu l'ultima ruina ed esterminio di cotesto borgo, che se le dava ogni giorno un scudo d'oro di paga oltre l’alloggiamento. Molti di loro tiravano cinque, sei, sette, otto, nove, dieci ed undici razioni, cosa mai più udita, ne sentita in tutti i secoli; questi soldati, essi non conoscevano, nè obedivano a superiore alcuno fuori che a l'Imperatore istesso, ed al suo generale, quale si chiamava Galasso per nome; di modo che se bene gli erano mandati patenti dal Commissario generale del Ducato, qual'era il conte Giovanni Serbellone, di allargarsi altrove per le terre circonvicine, le stracciavano, ne volevano obbedirle, talchè eravamo ridotti alla servitù e cattività di Egitto; ma peggiore ancora.

„ Insomma si era venuto a tal demerito, che l'uomo non era padrone solamente della roba, ma neanco dell'onore, e poco meno della vita.

„ Aggiungi per colmo di sventura il crescere della carestia, che fe' salire i generi campestri a carissimo prezzo. Un moggio di frumento si pagava lire 72, di segale 60, di miglio 50; una brenta di vino 24 lire. La crusca vendevasi 60 soldi lo stajo; a 16 le rape; la [p. 41 modifica]poveraglia mangiava lupini, ed ogni sorta di erbaggi. Avreste veduto, tutti i poveri correre a gara a comprare le rape, quando erano condutte in carra dai forestieri, come fanno le pecore affamate che vanno alla pastura (condegno castigo veramente dell'uomo per li gran peccati ed offese fatte a nostro Signore); di modochè ne seguì infermità atrocissime ed incurabili, non conosciute, nè curate, nè da medici, ne da chirurghi, nè da uomo vivente, le quali continuavano sei, otto, dieci e dodici mesi, dove ne morì una grande moltitudine ed infinità l'anno 1629; perchè di ottomila anime in circa, che faceva il nostro borgo, si ridussero al numero di tre mila, e non più, avendo fatto di questo la diligenza per il numero delle bocche il nostro cancelliere della Communità m.ʳ Francesco Pozzo detto Bassino, che allora eserciva quest'officio.

„ L’anno poi 1630 cominciò a pullulare il morbo contagioso1 prima nella città di Milano, dove non non se ne faceva motto alcuno, non pensandosi a cotal ruina; poi si palesò e si dimostrò nel borgo di Saronno, dove continuando mesi e mesi sfiorò quasi tutto quel popolo, e molte case in tutto e per tutto estirpò; e perchè gli fu detto dal suo medico, che dovessero pensare a'casi suoi, che sì fatto morbo era pestilenza, [p. 42 modifica]in pagamento dell'avviso fu archibugiato: cosa crudele invero, e tra di loro erano talmente disuniti e discordi, che si ammazzavano con le arme.

„ Questo male sventolò, e fu portato nella terra di Villa Cortese là dove acceso alla gagliarda per il poco governo, in due mesi, o poco più atterrò mezzo quel popolo con il signor Curato insieme, uomo di molta integrità, e mio sviscerato amico, per poco meno di 250 persone dove andava ancora continuando più che mai, la qual Villa faceva il numero di 400 incirca; per servizio di cotesto luogo fu mandato dal signor Prevosto di Busto Antonio Ammiraglio, il signor Giuseppe Radice per curatore d'anime, teologo della nostra collegiata, uomo assai intelligente e di buona vita il quale in progresso di pochi mesi fu creato legitimo pastore e curatore.

„ Per divino volere poi l'istesso morbo contagioso fu trasferito in questo nostro borgo di Busto, se bene vi erano buonissime guardie a due porte, Milanese e Piscina; e le altre due di Svico e Sciornago erano chiuse e ferrate, che nessuno poteva uscire, nè entrare, essendo ferrati tutti li anditi e porti della terra intorno intorno; e, come vogliono alcuni, il morbo, dico, fu portato da un figlio di Giovanni Maria Merone, il quale venendo dalla Valle Tellina, dove era l'esercito, stando detto figliuolo con un officiale, quale morì di pestilenza, questo garzone, pigliando dei vestiti del suo padrone, venne alla volta di Busto sua patria per entrare senza bolletta della sanità, ed essendo rimandato indietro, stando due giorni fuori della terra, andò a orecchia della madre, la quale fece tanto con lagrime presso li signori deputati della Sanità, che fu fatto entrare; dove che in pochi giorni sfiorò tutta la sua casa, quali erano di sei persone in sette; e così poco a poco parva scintilla [p. 43 modifica]excitavit magnum incendium, serpendo per molle case della terra, stando il morbo molti giorni coperto e nascosto, si andò dilatando l'incendio per tutta la vicinanza, che fece poi una strage notabile, come si dirà. Perchè cominciò il mese di genaro, anzi al fine di dicembre si faceva sentire, dove pigliò tanto campo per il freddo che regnava, che s'avvampò benissimo, e ogni giorno ne moriva due, tre, quattro, cinque, sei, otto e dieci al giorno, e li medici benché periti e chirurgi ancora non intendevano il male. Chiamato ajuto e consulto d'altri medici e chirurgi provetti, e molto esercitati nella loro professione, quali fecero venire a bella posta, fu concluso, che non fosse pestilenza, ma sì bene morbo contaggioso. Dove per il lungo commercio, e per il poco riguardo della plebaglia, s'era talmente acceso il fuoco, che in pochi giorni furono ripiene le sepulture delle chiese parochiali. Intanto per la moltitudine de'morti e de'morienti, s'era venuto a termine, che ogni giorno ne morivano ordinariamente otto, dieci, quindici, e talvolta venticinque, e più oltre li infetti, de'quali fu giudicato ispediente, e santamente bene di riporneli e mandarli nelle caserme dei soldati che sono tre stanze grandissime, le quali sono state la ruina di questo borgo. Ivi erano curati e pasciuti tutti li sospetti ed infetti a communi spese della Communità, i quali talora arrivavano al numero di ducento, ma più, e a quelli che dava fuora il male, quale erano buboni sotto l'ascelle, dopo l'orecchie, nella schiena, sopra le braccia, e sopra i galoni (coscie), e nei varchi nascevano codaselle (buboni; tutti questi mettevano separati in una stanza sola, e li sospetti in un'altra separatamente, quali erano diligentemente serviti, curati, medicati, e dai protettori e proveditori sollicitati e visitati.

„ Questi mali facevano in due giorni, tre, o poco [p. 44 modifica]più; in altri ancora, secondo la complessione, otto, dieci e quindici giorni, e finalmente bisognava dare a terra. Vero è che alcuni sono guariti, ma pochi, anzi il signor Giovanni Battista Visconte, medico nostro patrizio, uomo intelligentissimo, se bene giovine di anni 33 di sua età, maturo però di giudicio, per gelosia della sua cara patria anch'esso s'apprese il male contagioso, più tosto nella Villa Cortese, come deputato che era per le visite dal Tribunale della Sanità di Milano. In quindici giorni rese lo spirito al Cielo, ed il corpo alla terra, con grandissimo cordoglio di tutta la patria e di cotesto borgo.

„ E perchè più ogni giorno andavano crescendo l'infetti, e più ne moriva, fu dato ordine di commune parere di comprare un luogo fuori della terra, sì come fu fatto, per una parte di riporre i morti; e per l'altra di fare le capanne e baracche per l'infetti; e quello benedire, ma questo no; il quale luogo era terra avita altre volte del quondam messer Tullio Pozzo, adesso della Scuola de'Poveri di questo borgo: era fuori della porta di Basilica, o vero Milanese, vicino al Terraggio, e fu benedetto dal signor Prevosto. Prima cantatasi una messa de requie pro defunctis nella collegiata, poi pròcessionalmente accompagnato con apparato da tutto il clero, e da una buona parte del popolo. Fu benedetto questo sito solennemente, e dall'istesso signore Prevosto nostro, uomo di gran bontà e di virtù pieno; e nel bel modo di dire dicitore grande e raro. Fu fatto un breve, bello e dotto discorso alle persone presenti, per maggiormente inanimirli e avvivarli a coraggiosamente combattere in questo nobil conflitto di morte, che tutti mandavano abondantissime lagrime dagli occhi di giubilo e d'allegrezza, e questo fu alli 12 di aprile del 1630, [p. 45 modifica]un dì di Venere, e erano già morti in tre mesi di febraio, marzo ed aprile fin al numero di 450.

„ Nell'istesso tempo furono piantate sessanta baracche, dove si reponevano tutti li infetti e appestati, e, crescendo il numero, furono accresciute le capanne sin al numero di cento e più ancora, e le baracche erano distanti dal luogo dove si sepelivano li cadaveri braccia venti, avanti le quali così poco discosto vi era piantato una cappelletta d'asse2 e un altare posticcio, la dove si celebrava per li ammalati delle capanne ogni festa. Questi ammorbati erano diligentissimamente serviti e per li medicamenti e per il buon governo di vivere, ai quali non mancavano buona carne di vitello, ova fresche, butiro, brodo, buone minestre, vino ancora a chi si poteva dare matina e sera. Il luogo poi che fu benedetto per sepelire li morti, fu chiamato di commune consenso Santo Gregorio in Campo Santo, al quale da diversi defunti fu lasciato dinari di fabricare la chiesa in detto lazaretto.

„ Fu ancora sospettato e da molti tenuto per certo e sicuro, che fosse morbo fatturato: perchè l'anno 1629, ma più l'anno 1630, l'imperatore Ferdinando aveva posti due eserciti grossissimi; uno sotto la città di Mantova per assedio, l'altro sotto la città di Casale Monferrato; le quali città erano pretese da un certo principe d'Anversa francese, e per gelosia di ragione di Stato il re di Francia calò con molti eserciti da tutte le bande, per difendere queste due città assediate; ma però, come si dice e si crede, con l'intelligenza de'Veneziani e dell'altezza di Savoia del duca Emanuele, e calò con tanto e numeroso esercito, che di necessità li fu dato [p. 46 modifica]quella inespugnabile fortezza di Susa del duca di Savoia per ostaggio, la quale è di qua de'monti, là dove ben fortificati li Francesi, con poco onore dell'imperatore, quasi al fine dell'assedio di Casale Monferrato, furono sforzati levar l'esercito, acciò non andasse lutto a fil di spada per mano dell'inimico, là dove impadroniti li Francesi di quel forte di Susa, in pochi mesi avvalorando con grossissimo esercito, avevano pensiero con ogni sforzo possibile di scorrere li paesi, svaligiare, saccomannare e finalmente impadronirsi del Stato Milanese.

„ Ma non voleva Iddio sì fatta ruina e saccheggiamento co'l mezzo del nostro imperatore, non meno potente e valoroso, che buono, raddoppiò li eserciti sotto le dette città di Mantova e Casale, e da questo vogliono il vulgo, e così tengono che li Francesi non potendo vincere con l'arme si sieno ingegnati di vincere con le fatture, avendo sparso per le campagne del pane fatturato di qua di là di mangiare, acciò mangiandone li particolari s'ammorbasse il generale; e di questi pani molte volte se ne sono trovati in diversi luoghi del nostro territorio. E di questo io ne posso far fede e testimonianza oculata, perchè un giorno di sabato di sera fui dimandato a bella posta per questo fine, che fu alli 27 di aprile, acciò io andassi in compagnia del nostro signor organista Melchiore Carati, di messer Francesco Bossi Coccione, di messer Giovanni Maria marchese Dondina a vedere quattro pezzi di pane bello e fiorito quali furno trovati in via Vernasca in una siepe, sei braccia dopo la cappelletta della Madonna; e così in fallo si trovò detto pane, e cogliendolo con la punta di due spiedi di ferro fu portato vicino alla porla di Piscina, e ivi fu sotterrato, acciò non infettasse qualcheduno che l'avesse mangialo; e di sì fatto pane si dice essersene trovalo nel [p. 47 modifica]territorio di Legnano, e altri luoghi e da lì a pochi giorni cominciò a palesarsi e manifestarsi l'istesso contagio in quel borgo, il quale fece gran disagio, ma molto maggiormente in Legnanello, dove delle dieci parti non ve ne restò appena una. La verità è che il contagio fu portalo in Legnano dalla cassina di S. Bernardino, il quale aveva già ammorbato e infettato due o tre casate di quella cassina.

„ Io per me non ho mai potuto credere nel principio di questo contagio, che questo fosse opera fatturata, anzi le tenevo per favole e menzogne, stando che questo nostro Stato Milanese era tutto circondato d'una forte corona di soldati; oltre che nessuno poteva andare d'un luogo all'altro senza la bolletta della sanità per il gran sospetto della peste, che già un pezzo avanti si temeva da molti paesi intorno. Nondimeno da poi che in fatti fu verificato in processo da diversi delinquenti di questa professione, come appresso a suo luogo descriverò, un fatto particolare dato alle stampe d'ordine dell'eccellentissimo Senato, sono stato sforzato credere la verità di questa fattura diabolica dell'unto. Infatto è stata ancora maggiore a quelli che l'hanno veduto, di quello io posso descrivere3.

„ Ora facendosi maggiore la contagione d'un giorno all'altro, si giudicò bene di fare la ritirata universalmente di tutte le case per tutta la terra in forma di quarantena per fare la scelta delle pecore buone e delle rognose; e al governo di questo borgo fu deputato dal Tribunale della Sanità di Milano il signor conte Claudio [p. 48 modifica]Rasino di Borsano con amplissima autorità, e per luogotenente il signor capitano Giovanni Battista Ferrario uomo molto officioso e di gran valore; e la quarantena cominciò alli 18 di aprile. Erano infette molte case di Busto tanto di poveri che di ricchi che non si pensava. In questo mentre si diede ordine dopo il primo giorno di quarantena dai signori Proveditori della Sanità di questo borgo di cibare li poveri a commune spesa della Communità e ogni due dì gli davano la dovuta provisione di pane, sale, olio, riso, butiro, secondo il loro bisogno, e vi erano deputate ogni giorno persone a questo effetto a mantenerli d'aqua per l'uso del mangiare per cuocere il pane per i particolari che avevano del grano; anzi ogni giorno più e più volte facendo il bisogno si facevano congregazioni e radunanze insieme dai signori Proveditori coll'intervento del Prevosto per ovviare tutte le occasioni che potevano nascere da questo morbo, come per dar ordine e provedere ai venturi bisogni di tutte le cose; e il tutto si faceva con pesato e maturo giudizio della Congregazione a questo fine ordinata d'uomini prudenti, giudiziosi e timorati di Dio.

„ Perciò fu ordinato dal Prevosto nostro, conforme li ordini osservati da S. Carlo in Milano l'anno della pestilenza 1575-76, che ogni giorno sette volte il giorno al segno della campana, prima dati tre segni per l'ave maria poi toccandosi li botti e segni dell'orazione ognuno alle finestre, alle strade, alle porte, in casa, e tutti cantassero le litanie de'Santi e della Madonna, la qual cosa inviolabile si osservava per tutte le contrade, carrobbi, e le case e in ogni luogo.

„ Nel giorno di festa poi, acciocchè il popolo serrato in casa non perdesse messa, fu dato ordine ai sacerdoti di questo borgo, che erano venti, che ciascuno [p. 49 modifica]di loro dando commodità alle persone di sentir messa, ognuno con altari posticci, paramenti e calici appartati pigliasse un posto commodo di strada in strada, acciò tutti sentissero messa. Io tenevo il posto a mezza contrada Piscina. E a questo modo si andava mantenendo la divozione per mezzo de'buoni religiosi della terra. Alle capanne poi celebrava il signor Prevosto per sua particolare divozione, se bene dei sacerdoti ne mancarono poi alcuni sopra il tempo.

„ E perchè ogni dì più andava crescendo in maggior colmo il morbo, cercandosi con ogni modo possibile da cotesto popolo di placare l'ira di Dio per questo tremendo flagello, di fare una solennissima processione con l'imagine della Madonna di rilievo, accompagnata parimenti con l'imagine de'Santi Giuseppe e Giovanni Battista di rilievo, quali sono riposti nella cappella laterale a man dritta nella chiesa di Santa Maria di Piazza.

„ Alli ventotto di aprile, giorno di domenica, fu portata in processione per tutte le contrade della terra con l'intervento de'signori Proveditori, e s'andò per maggior consolazione delli ammorbati alle capanne e baracche. Poi ritornati i Bustesi alla chiesa incoronarono la Vergine (così segue il cronista) col figliuolo di due corone d'argento assai magnifiche, avendo zoiellata la santissima Vergine e il figliuolo insieme di preziosi anelli, corali, Agnus Dei e crocette non poche. Nell'istesso giorno avresti ancora veduto una bella e ordinata processione di crocigeri, vestiti di sacco, con croci pesantissime sopra le spalle per tutte le strade, procurando con questi abiti orridi di movere a compunzione il popolo.

„ E per maggior intelligenza di questo fatto bisogna sapere che al 22 del mese di marzo cotesto borgo fu sospeso dalli signori del Tribunale della Sanità di Milano [p. 50 modifica]del commercio universale di tutte le altre terre, non potendo contrattare con altri, ne contrapassare la finia del nostro territorio sotto certa pena pecuniaria alli contra facenti, ma non già pena corporale, nè bando della vita, a fine non si trasgredisse col pericolo altrui li ordini dati da così alto e supremo Tribunale.

„ In questo mentre fu mandato un commissario quale antivedesse tutti i bisogni, e riferisse minutissimamente il seguito e successo di tutte le cose e della malignità del contagio, il quale sempre si è mantenuto sano e salvo. Ma perchè pareva che non fosse sufficiente, nè troppo abile all'impresa, nè al bisogno della terra, essendo quasi come uomo morto a li negozi della Communilà, ne fu ricercato un altro, quale fosse più attivo, si come ricercava la necessità del fatto. Venne un certo quale si chiamava l'Erba, uomo veramente capace assai della professione, con esso lui menò in compagnia un suo figliuolo; e perchè morivano delle persone molto ricche, che lasciavano delle eredità molto commode, e la casa piena di molte cose necessarie al vivere, per così dire quasi senza eredi, come in particolare dove si facevano grosse postarie, ben fornite d'ogni vittovaglia e di ogni sorta di vivande e squisite per uso di ben mangiare, questo povero commissario per interesse della gola e del guadagno entrava in quelle stanze e si serviva della commodità, pigliando delle carni salate, dei presciutti, dei salciccioni, de'buoni formaggi e robiole; come in particolare fu della casa di messer Giovanni Maria Crespi da Rolfo, e la cosa durò per qualche giorni, si come anche fece in casa di un nostro sacerdote per nome prete Leone Pozzo. Di poi per divina disposizione detto commissario cascò nel morbo contagioso, del quale in tre giorni soli miseramente finì la vita, e fu portato al [p. 51 modifica]Lazaretto di S. Gregorio. E perchè la contagione si era dilatata nella terra di Gorla Minore, il primo commissario che allora si ritrovava a Busto, fu poi mandato per provisione a questa villa di Gorla Minore dal signor conte Claudio Rasino e in suo scontro fu deputato il signor Francesco Bigliotto, nostro podestà di Busto.

„ Nel principio di questo morbo per ajuto delli ammorbati, fecero venire da Busto Piccolo un chirurgo per nome Pietro Paolo, al quale si dava per salario oltre la casa e utensili uno scudo il giorno: in prima si diportò assai bene, e ne ha curati alcuni e tirato a buon porto. Ma perchè il male andava crescendo e facendosi maggiore, e maggiore ancora si faceva il numero degli ammalati, ad esso per sua buona sorte se gl'intaccò il male contagioso, e da sè stesso curandosi alla disperata per Dio grazia guarì. Mentre esso, stette ammalato, essendo già morto il medico, nè vi era chi curasse li poveri infermi, ne fecero venire un altro chirurgo da Milano, giovinetto sbarbato per nome Francesco, il quale era molto coraggioso. Questo povero giovane come poco accorto andava troppo sicuro e franco a medicare, e in capo di otto giorni s'ammalò e in ore quaranta rese il corpo alla terra e l'anima al Cielo. Così si è continuato co'l primo per molto tempo, il quale per la prova fatta andava molto pesato nella cura e professione degli ammalati, e perciò alcuni si risanavano per la robustezza della complessione, altri ancora morivano per la fiacchezza della vita; molti poi della plebaglia perivano per la poca cura che si teneva dal chirurgo.

„ Qui non restarò di dire che fra tanti medici peritissimi e eccellentissimi e chirurgi d'ogni esperienza provatissimi e pratichissimi di questa città di Milano, mai si trovasse remedio opportuno a tale contagione, [p. 52 modifica]ma si bene si giocava indovinare. In tanto tempo facendosi il morbo del Stato Milanese notorio a tutte le altre città di questa provincia e quasi a tutta l'Europa, venne una buona donna a Milano forse con pensiero di farsi ricca, la quale si esibì alla città di guarire li infetti da cotesto morbo. Fatta già la prova nella città, se bene non le riuscì, come si stimava, nondimeno fu mandato a Busto copia della ricetta di questo medicamento dal signor Carlo Landriano nostro patrizio, quale teneva fondaco e botega di guanti e de'profumi in Milano. La ricetta era questa: succo di zucca matta, aceto, antimonio preparato per provocare il vomito, e se ne dava un'oncia per matina per tre matine a digiuno alli appestati e li faceva vomitare e andare del corpo. Di quest'aqua ne potevano pigliare le persone sane per preservativo, e faceva l'istessa operazione; ma nientedimeno a molti fu dato a tempo e niente giovò.

„ Ora si era venuto a tal termine per la moltitudine de'morienti che in buona parte non se li faceva alcuna sorta d'esequie, se non gli erano fatte dal signor Pietro Bonetto nostro sacrista, ma avevano di somma grazia che fossero portati al lazaretto dalli monatti, i quali erano di dieci in dodici sempre, ai quali si era provvisto di una stanza vicina e attacata a S. Rocco, la quale era di messer Francesco Bosso dello Coccia. Questi monatti erano vestiti tutti ad una livrea di colore celestino, per conoscerli dagli altri; erano mantenuti dalla Commmunità di buone spese cibarie, pane, frumento, carne, formaggio, latticinii, buon vino, oltre quello si pigliavano da se stessi nelle case dei morti, di buone galline, salati ed altro, che la maggior parte del tempo erano ubbriachi. Se occorreva che si facessero le esequie a qualche persona di qualità, o vero a'sacerdoti, si facevano [p. 53 modifica]pagare. Quando si facevano li funerali delle persone qualificate, per il gran pericolo della vita, non si trovava fra tanti sacerdoti chi volesse intervenire alli funerali. ed il maggior numero che andasse alli corpi erano di quattro in sei e non più, li altri tutti stavano ritirati, e quasi mai il signor Prevosto interveniva per le molte occupazioni che aveva. Erano solleciti e diligenti li signori curati della collegiata, il signor Bernardino Landriano e il signor Bernardino Piatti, molto concordi e unanimi.

„ Dei più erano talmente sbigottite le persone e fuori di sè che non si trovava chi volesse portare la cera al cataletto; che se si ammalava il padre o vero la madre, fratello o sorella, figliuolo o figliuola, che nessuno di questi andava nella camera dell'ammalato, nè anco vicino all'uscio o finestra, ma sempre fugivano da lontano, come fa il diavolo dall'aqua santa, come se fossero stati tanti pagani e ugonotti. Solo il signor Curato li confessava stando fuori della camera, e se si potevano muovere stavano fuori della porta, e li communicava con molte cautele, portando delle bragie con loro per purificare i luoghi ammorbati, e dopo communicati purificava le dita con il fuoco e con l'aceto, avendo prima bene lavata la faccia e le mani di forte aceto, per contrastare alli fiati guasti, corrotti e putrefatti dal contagio; nè altro sacramento se gli dava per ordine del nostro superiore per schivare il pericolo della vita, altro beneficio non si poteva fare alli moribondi; di poi erano abbandonati in tutto e per tutto dalle visite. Intanto (se mi è lecito dire) bisognava morire più di dolore e cordoglio, che di morbo e pestilenza, nè bisogna farsi maraviglia, perchè così ricercava l'occasione.

„ Ma che dirò del danno infinito da ogni banda patito da questo nostro borgo per cagione dei trafici [p. 54 modifica]tralasciati e delle mercanzie abbandonate, non per mesi, nè per un anno solo, ma per molti e molti anni, e Dio sa che non sia anco per tutti i secoli.

„ Nè qui finisce il male: ma, quello che più importa, il discredito per tutto l'universo mondo, per non dire per tutta l'Europa, delle nostre merci; perchè esercitandosi costì due sorta di mercanzie insigni, ed in tutto e per tutto necessarie alla natura dell'uomo, cioè quella del filo di ferro, che ha esito e ricapito sin nella Turchia, la quale pare pure che resti in qualche migliore condizione e credito, per non essere così sottoposta al morbo ed al contagio; e quella del cotone, o come vogliamo dire della bombacina, quale è fatta talmente esosa ed odiosa in tutte queste parti d'Italia, che nessuno può sentire a parlare di questa mercanzia sbandita e sospetta, in quel modo che il diavolo è sbandito dal Cielo; e questa più particolarmente è utile alla terra, perchè passa per mano di cinque o sei persone per esser fabricata, ed a tutti dà guadagno e utilità; prima per mano di battilana, per mano delle filere, per mano dei tessitori, dei garzoni, delle grizzere (garzatrici), dei tintori, e finalmente dei mercanti.

» Ora torniamo all'opera cominciata della perdita, e danno della roba famigliare. Chi crederebbe ora di quanta rovina sia stato al ben publico e privato di questo borgo il non potere esercire l'impresa de'Cavalieri, o vero come volgarmente si dice delli bigatti? che a centinaia di once di semenza si sarebbero dispensate in tempo particolarmente così disoccupato dalla campagna, dove l'uomo non ha in che impiegarsi? io per certo no'l posso giudicare.

„ Quanto danno si potrà mai giudicare da uomo vivente, si sia patito nel tempo della quarantena, non [p. 55 modifica]potendosi cultivare le campagne, nè zappare i frumenti, quasi buona parte della campagna! Ed io come testimonio oculare, dico la verità, perchè mi bisognò lasciare dodici pertiche frumento inculto, per non trasgredire li ordini dati da'signori proveditori della Sanità di questo borgo, che non produsse la metà del grano che avrebbe fatto; così penso di tutti li altri. Lascio di dire che molti terreni e campagne sono restate vane, e vóte per non potersi seminare nè marzatichi, nè lino, nè ceci, nè fagiuoli, nè lenti, nè melica, ed altro, con che si sostenta universalmente la plebaglia; danno certo irreparabile per mesi, anni, e più.

„ Quanti guadagni si sono persi dai poveri, che avrebbero fatto ed acquistato per mano de'particolari! Quanti esercizj manuali sono andati in malora, e perdizione per il contagio! Quanti figliuoli sono andati vagabondi e dispersi per non avere potuto seguitare la scuola delle buone lettere!

„ Di commune consenso de'signori Proveditori e Consiglieri si è fatto divozione di andare ogn'anno alla Madonna Santissima del Monte il giorno di S. Giorgio che corre ai 24 d'aprile, ed essendo legitimamente impediti, diferirlo in altro tempo; ed ivi il giorno di S. Giorgio cantare una messa solennemente co'l clero che si troverà presente a divozione della Beatissima Vergine, la quale ci voglia guardare e difendere nell'avvenire da sì fatti contagi, visitando insiememente il corpo della Beata Giuliana di Busto, e questo consta per istromeinto rogato dal signor Melchiorre Carati nostro organista, sotto il dì 23 di aprile del 1630.

  1. La storia della Peste che devastò Busto nel 1630, fu narrata da un canonico della Collegiata di quel borgo, di cognome Reguzzone, come si rileva dal manoscritto stesso, nel quale si dichiara cugino germano di un tal G. B. Reguzzone. Di questi, l'Argelati, diligentissimo raccoglitore delle cose milanesi, non fa parola. È cronista schietto, ma non sobrio, nè giudizioso, e non scevro al tutto delle stranezze del seicento, in cui scriveva. E da lui che ho tolti alla lettera i passi virgolati del nostro libro relativi a quest'epoca luttuosa, variando solo leggermente l'interpunzione e lessigrafia del dettato originale, affinchè riuscisse più accetto ad ogni classe di lettori. Così per atto d'esempio ai vocaboli, hora, homo, et, disposinone, scuto, ecc. si è sostituito, ora, uomo, e, disposizione, scudo.
  2. Fu surrogata da una cappelletta in cotto intitolala a S. Barnaba, stata atterrata or son due anni
  3. Si riferisce al noto processo contro il barbiere Mora, del quale il cronista più innanzi dà un ragguaglio, e che si omette, potendo chicchessia istruirsi assai meglio in proposito con la scorta della Colonna Infame di Alessandro Manzoni.