<dc:title> La caccia di Diana e le Rime </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giovanni Boccaccio</dc:creator><dc:date>1914</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Boccaccio-Caccia e Rime-(1914).djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Caccia_e_Rime_(Boccaccio)/Appendice/24&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20230502175433</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Caccia_e_Rime_(Boccaccio)/Appendice/24&oldid=-20230502175433
La caccia di Diana e le Rime - 24. I’ solea spesso ragionar d’amore Giovanni Boccaccio1914Boccaccio-Caccia e Rime-(1914).djvu
I’ solea spesso ragionar d’amore
E talora cantar del vago viso,
Del qual fatto s’avea suo paradiso[1],
Come di luogo eletto, il mio signore[2].
Or è il mio canto rivolto in dolore5
E trasmutato in pianto il dolce riso,
Po’ che per morte da no’ s’è diviso
E terra è divenuto il suo splendore[3].
Né sarà mai ch’alla mente mi torni
Quella imagine bella, che conforto10
Porger solea a ciascun mio disire[4],
Che io non pianga e maladichi i giorni
Che tanto m’ànno in questa vita scorto,
Ch’io sento del mio ben fatto martire.
↑Se reggesse il presupposto dell’autenticità, si dovrebbe dedurre da questo son. che la notizia della morte della Fiammetta inspirò immediatamente al Boccacci compianti, dei quali oggi invano si cerca traccia tra le rime certe.