Canti (1831)/Alla primavera
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Per che i celesti danni
Ristori il sole, e per che l’aure inferme
Zefiro avvivi, onde fugata e sparta
De le nubi la grave ombra s’avvalla;
5Credano il petto inerme
Gli augelli al vento, e la diurna luce
Novo d’amor desio nova speranza
Ne’ penetrati boschi e fra le sciolte
Pruine induca a le commosse belve;
10Forse a le stanche e nel dolor sepolte
Umane menti riede
La bella età, cui la sciagura e l’atra
Face del ver consunse
Innanzi tempo? Ottenebrati e spenti
15Di Febo i raggi al misero non sono
In sempiterno? ed anco,
Primavera odorata, ispiri e tenti
Questo gelido cor, questo ch’amara
Nel fior de gli anni suoi vecchiezza impara?
20Vivi tu, vivi o santa
Natura? vivi, e ’l dissueto orecchio
De la materna voce il suono accoglie?
Già di candide ninfe i rivi albergo,
Placido albergo e specchio
25Furo i liquidi fonti. Arcane danze
D’immortal piede i ruinosi gioghi
Scossero e l’ardue selve (oggi romita
Stanza de’ venti): e il pastorel ch’a l’ombre
Meridiane incerte1 e a la fiorita
30Margo adducea de’ fiumi
Le sitibonde agnelle, arguto carme
Sonar d’agresti Pani
Udì lungo le ripe; e tremar l’onda
Vide, e stupì, chè non palese al guardo
35La faretrata Diva
Scendea ne’ caldi flutti, e da l’immonda
Polve tergea de la sanguigna caccia
Il niveo lato e le verginee braccia.
Vissero i fiori e l’erbe,
40Vissero i boschi un dì. Conscie le molli
Aure, le nubi e la titania lampa
Fur de l’umana gente, allor che ignuda
Te per le piagge e i colli,
Ciprigna luce, a la deserta notte
45Con gli occhi intenti il viator seguendo,
Te compagna a la via, te de’ mortali
Pensosa immaginò. Che se gl’impuri
Cittadini consorzi e le fatali
Ire fuggendo e l’onte,
50Gl’ispidi tronchi al petto altri ne l’ime
Selve remoto accolse,
Viva fiamma agitar l’esangui vene,
Spirar le foglie, e palpitar segreta
Nel doloroso amplesso
55Dafne o la mesta Filli o di Climene
Pianger credè la sconsolata prole
Quel che sommerse in Eridano il sole.
Nè de l’umano affanno,
Rigide balze, i luttuosi accenti
60Voi negletti ferìr mentre le vostre
Paurose latebre Eco solinga,
Non vano error de’ venti,
Ma di ninfa abitò misero spirto,
Cui grave amor, cui duro fato escluse
65De le tenere membra. Ella per grotte,
Per nudi scogli e desolati alberghi
Le non ignote ambasce e l’alte e rotte
Nostre querele al curvo
Etra insegnava. E te d’umani eventi
70Disse la fama esperto,
Musico augel che tra chiomato bosco
Or vieni il rinascente anno cantando,
E lamentar ne l’alto
Ozio de’ campi, e l’aer muto e fosco,
75Antichi danni e scelerato scorno,
E d’ira e di pietà pallido il giorno.
Ma non cognato al nostro
Il gener tuo; quelle tue varie note
Dolor non forma, e te di colpa ignudo,
80Men caro assai la bruna valle asconde.
Ahi ahi, poscia che vote
Son le stanze d’Olimpo, e cieco il tuono
Per l’atre nubi e le montagne errando,
Gl’iniqui petti e gl’innocenti a paro
85In freddo orror dissolve; e poi ch’estrano
Il suol nativo, e di sua prole ignaro
Le meste anime educa;
Tu le cure infelici e i fati indegni
Tu de’ mortali ascolta,
90Vaga natura, e la favilla antica
Rendi a lo spirto mio; se tu pur vivi,
E se de’ nostri affanni
Cosa veruna in ciel, se ne l’aprica
Terra s’alberga o ne l’equoreo seno,
95Pietosa no, ma spettatrice almeno.
Note
- ↑ [p. 77 modifica]„Anticamente correvano parecchie false immaginazioni appartenenti all’ora del mezzogiorno, e fra l’altre, che gli Dei, le ninfe, i silvani, i fauni e simili, aggiunto le anime de’ morti, si lasciassero vedere o sentire particolarmente su quell’ora; secondo che si raccoglie da Teocrito1, Lucano2, Filostrato3, Porfirio4, Servio5 ed altri, e dalla Vita di san Paolo primo eremita6 che va con quelle de’ Padri e fra le cose di san Girolamo. Anche puoi vedere il [p. 78 modifica]Meursio7 colle note del Lami8, il Barth9, e le cose disputate dai comentatori, e specialmente dal Calmet, in proposito del demonio meridiano detto nella Scrittura10. Circa all’opinione che le ninfe e le dee sull’ora del mezzogiorno si scendessero a lavare ne’ fiumi o ne’ fonti, vedi l’Elegia di Callimaco sopra i Lavacri di Pallade11, e in particolare quanto a Diana, il terzo delle Metamorfosi12.„ Dall’edizione di Bologna.
- ↑ Idyll. 1, v. 15 et sequent.
- ↑ l. 3, v. 422 et sequent.
- ↑ Heroic. e. I, art. 4; op. Philostr. ed Olear. p. 671.
- ↑ De antro nymph. c. 26 et 27.
- ↑ ad Georg. l. 4, v 401.
- ↑ c. 6; in Vit. Patr. Rosveydi, Antuerp. 1615, l. I, p. 18.
- ↑ Auctar. Philologic. c. 6.
- ↑ op. Meurs. Florent. 1741-1763, vol. 5, col. 733.
- ↑ Animadversion. ad Stat. par. 2, p. 1081.
- ↑ Psal. 90, v. 6.
- ↑ v. 71 et sequent.
- ↑ v. 144 et sequent.