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Certo è che al nascer mio, non come ignoto

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Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura Certo è che al nascer mio, non come ignoto Intestazione 28 luglio 2023 75% Da definire

Secondimi bel vento Per me giaceasi appesa
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


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LXXVII

Quando predossi alle Cherchenne, e sopra Tabarca, e nel Canale dell’Idra, alla Capraja, a Capo Bono, e si feciono franchi duecentosei Cristiani e schiavi duecentoquindici Turchi.

X

Certo è che al nascer mio, non come ignoto
     Le Muse mi lattaro,
     Perchè al nome di lor fossi devoto;
     Onde, benchè vêr me l’oro mirassi
     5Di se medesmo avaro,
     Non mai lungi da lor mossi i miei passi:
     Così tra selve, e sopra aerei sassi,
     E per solinghi liti
     A’ mormorii correnti
     10Di silvestri torrenti
     Trassi i miei dì romiti;
     E discendendo dalle cime alpine
     Cercai le più riposte onde marine.
Spesso m’apparve Euterpe, e dolcemente
     15Sostenne i pensier miei
     Contra i dispregi della volgar gente;
     E sorridendo m’affermò che aita
     Pur finalmente avrei
     Nei duri incontri della mortal vita.
     20Sciocchezza estrema, colà dove invita
     Sovrammortal possanza
     A ben sperare un core,
     S’egli perde vigore,
     Ne sa nudrir speranza.
     25Io raccolsi quei detti, e prestai fede,
     E di felicità son fatto erede.
Cosmo rivolse in me sua man cortese,
     Ed alzando mio stato,
     Meraviglioso a’ popoli mi rese.
     30Però consagro a’ pregi suoi mia lira;
     Chè verso un core ingrato
     Ogni bell’alma e tutto il ciel s’adira.
     Dunque, vergine Clio, lieta rimira
     De’ miei cotanti prieghi
     35A’ cupidi fervori;
     E de’ tuoi gran tesori
     Gemma non mi si nieghi:
     Scegli la più gentil che abbia Elicona,
     Onde io cresca fulgor di sua corona.
40Che se quaggiuso in terra animi amici
     Empionsi di diletti,
     Ascoltando de’ suoi guerre felici,
     Lunghissimo gioir non verrà meno
     Degl’Italici al petto,
     45Se io tesso istoria di valor Tirreno.

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     Ecco del nostro mar nell’ampio seno
     Cascò d’obbrobrj carca
     Aspra turba Ottomana;
     E per l’onda Africana
     50Pure mirò Tabarca
     Stringersi in ceppi musulmani arcieri
     Sotto il fischiar di fiorentin nocchieri.
     Ninfe marine a Capo Bono udiro
     Di falangi perverse,
     55Piangendo libertà, lungo martiro:
     E nel golfo dell’Idra acerbo scorno
     Altra turba sofferse,
     E venne afflitta a rallegrar Livorno.
     Cose, onde il grido che risuona intorno,
     60E per saggi s’apprezza
     Meco stesso rammento:
     Non ha stabilimento
     La mortale grandezza,
     E nel mondo quaggiù regna vicenda:
     65Convien che altri sormonti, altri discenda.
Cartago era di Libia alta reina,
     Poscia rasa le chiome
     Serva si fe’ della virtù Latina;
     Ed or d’orror miseramente involta
     70Solo serba suo nome
     Per l’immense ruine ove è sepolta.
     L’ordine con Livorno oggi si volta;
     Nella stagione antica
     Fu piaggia paludosa,
     75Dimora travagliosa
     Di vil gente mendica,
     Ch’estate e verno sosteneva affanni,
     Tessendo a’ pesci con la rete inganni:
Ora ampie strade ed indorati tempj,
     80Ed afforzate mura,
     Ed alte torri, oltra gli umani esempi,
     E contra i varchi altrui fosse profonde;
     E con Dedalea cura
     Immobil mole al tempestar dell’onde.
     85Ad onta d’ottoman, da quali sponde
     Non s’adducono palme
     Per ornar questi porti?
     Oh come in viso smorti
     Percotonsi le palme
     90Del superbo tiranno i servi avari,
     In mirar tanto minacciati i mari!
Ed ecco da lontan carco di doglie,
     Di Tripoli sul lido
     Oggi il ricco Bassà pianger sue spoglie,
     95E dir contra Macon bestemmie orrende,
     Perchè il popol suo fido
     Da’ toscani guerrier non si difende.
     Donna del Ciel, cui notte e giorno splende
     Di Montenero in cima
     100Altar fra’ voti immensi,
     A te spargansi incensi;
     Che la tua man sublima
     Di Cosmo il nome, e tra’ marin perigli
     Tu governi, o Beata, i suoi consigli.