Come dall'Oriente aprendo al Sole

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Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura Intestazione 28 luglio 2023 75% Da definire

A voi men vegno al fine, a voi men vegno
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


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XCIII

AL PRINCIPE CARLO

DUCA DI GHISA1.

Per la presa della Roccella.

Come dall’Orïente aprendo al Sole
     Il dorato sentiero
     L’alba di luce incoronata il crine.
     Con la man bianca più che nevi Alpine,
     5Dallo stellato impero
     Sparge nembi di rose e di vïole.
     E con dolci rugiade,
     Del Ciel liquide perle, il seno inonda
     Della gran Madre antica, e la feconda
     10Di fiorita beltate:
Antistrofe.
Così mia lingua di dolcezza Iblea
     Soavemente aspersa
     Piove rugiada su’ gran Gigli d’oro,
     Gigli intrecciati al trïonfante alloro,
     15E sovra lor riversa
     Stile immortale di virtù Febea:
     Ed ora a far corona
     Di sì bei fiori alla real tua fronte
     Al suon de’ versi miei saran ben pronte
     20Le Dive d’Elicona.
Epodo.
Su dunque armi la mano
     Bella Vergine Clio,
     E con dardo Tebano
     Il Tempo alato, e ’l neghittoso Obblío
     25Fuimini ardente;
     E qual torrente,
     Che l’ampia terra allaga, i regj vanti
     Sparga di Ghisa in ammirabil canti.
Strofe.
Altri su corde, armonïose lingue
     30D’eburnea cetra altera,
     Canti, che germe sei di Carlo il Grande,
     E tessa agli avi tuoi auree ghirlande.
     Io tua virtù guerriera
     Con tromba eccelsa, e che non mai s’estingue
     35Nel Tempio della Gloria
     Oggi consacro, onde i sublimi onori
     Nati e nudriti a’ tuoi guerrier sudori
     Eterna abbian memoria,
Antistrofe.
Ma qual primiero a’ risonanti strali
     40Di mia voce canora,
     Fra cotanti trofei, segno diviene?
     Tra le Stelle del Ciel pure e serene
     Espero pria s’indora:
     Così l’alto valore,
     45Che rosseggiar di sangue orribilmente
     Fe’ l’onda Roccellese, or la mia mente
     Ingombro di stupore.
Epodo.
Ama di folle speme
     Le lusinghe soavi
     50Chi giunger tenta insieme
     Con mano augusta l’animate travi
     Di selva immensa;
     E s’altri pensa
     Tutto delle tue glorie il Ciel varcare,
     55Darà precipitando il nome al mare.
Strofe.
Io sol t’ammiro entro a’ funerei lampi,
     Qual procelloso Arturo,
     D’Anfitrite turbar gli ondosi campi.
     È men di te possente
     60Sull’Oceán, se a dissipar l’antenne
     Move armato di gel Borea le penne
     Orgoglioso fremente.
Antistrofe.
Tu sembri in mare, il correttor de’ mari,
     I genitor de’ venti,
     65Lo Scotitor della terrena mole,
     Di cui son fiera orrisonante prole
     Vasti fiumi correnti:
     Ma non dell’Oceán gli orgogli amari
     Col gran tridente frangi;
     70Vibri la spada, e da’ rostrati legni
     Mandi svenati a’ tenebrosi regni
     L’eretiche falangi.
Epodo.
Poi se de’ bronzi ascolto
     L’alto rimbombo orrendo,
     75Tu mi rimembri in volto
     Su Flegra tonator Giove tremendo;
     Allor che vinte
     Caddero estinte,
     Al saettar de’ folgori tonanti,
     80L’orride teste degli Etnei giganti.
Strofe.
E mentre ardendo di disdegno interno
     Hai la morte nel brando,
     E sol col guardo fulmini terrore,
     Erra per l’aria un minaccioso orrore,
     85Tonando e fulgorando,
     E sembra incendio il mare, il cielo inferno,
     Altri more, altri langue,
     Altri vivendo han per sepolcro l’onde;
     Ogni petto, ogni cor largo diffonde
     90Alti fiumi di sangue.
Antistrofe.
A tanto ardire, a così gran fortezza,
     Qual sul mattin d’aprile
     Si dilegua dal Sol la nebbia oscura,
     Caddero a terra l’esecrate mura,
     95Dell’empietà covile.
     Ivi non più con barbara fierezza
     Al Monarca del Cielo
     Negansi incensi, sacrificj e voti:
     Or porgon prieghi i popoli devoti
     100Con puro ardente zelo.
Epodo.
Canti la fama eterna,
     Che ’l bellicoso Alcide
     Al portento di Lerna
     Le sette teste rinascenti uccide;

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     105Glorie mendaci.
     Ben son veraci,
     Inclito Carlo, le celesti imprese,
     Onde alterrasti l’eresia Francese.
Strofe.
Le tempie ornar di vincitrice palma
     110È supremo diletto:
     Pur gaudio è incomparabile infinito,
     Se a mille rischi coraggioso ardito
     Prima s’offerse il petto.
     Nocchier che solca il mare in bella calma
     115Non ha pregio dell’arte,
     Sol quando incontra orribile tempesta,
     Sol quando ad onta di procella infesta
     Mantiene arbori e sarte.
Antistrofe.
D’Africa tutta col terror del ciglio
     120Cesare ebbe vittoria;
     Non già di lauro inghirlandò le chiome,
     Ne quivi accrebbe al formidabil nome
     Lampi di vera gloria:
     Ma quando ardente entro il mortal periglio
     125Pugnò col Franco, e vinse;
     Perchè sangue versò, sparse sudori,
     Di palme eccelse e trionfali allori
     L’alma fronte si cinse.
Epodo.
Or se in perigli estremi
     130Forte movesti il piede,
     Deh quali onor supremi
     Daranti, o Carlo invitto, alta mercede,
     Non bronzi, o marini,
     Non suon di carmi!
     135A chi per Dio quaggiù guerreggiar vuole
     È Campidoglio il Ciel, corona il Sole.


Note

  1. Figlio del famoso Enrico che fu acciso a Blois nel 1688 per ordine del re Enrico III. Combattè con valore all’assedio della Roccella, dove comandó le navi che vinsero la flottiglia Rocellese. Fuggi ai sospetti e alle segrele persecuzioni del ministro Richelieu, ritirandosi a Firenze nel 2631, e morì nel Sanese nel 1610.