Compendio de le istorie del Regno di Napoli/Nota

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Appendice - II. Fine del VI libro Indice dei nomi

[p. 325 modifica] NOTA [p. 326 modifica] [p. 327 modifica] Della maggiore opera collenucciana, cominciata a scrivere nel 1498(1), e data alle stampe solo trentacinque anni dopo la morte del suo autore, si conoscono ben sedici edizioni, la cui serie comincia con quella fatta a Venezia da Michele Tramezzino nel maggio del 1539 col titolo: Compendio delle Historie del Regno di Napoli, composto da Mess. Pandolfo Collenuccio, Iurisconsulto in Pesaro (a). Seguono ristampe, uscite dalla stessa officina tipografica, del 1541, ’43, *48, ’50 e ’51(3). Il 1552 segna una data importante nella storia della fortuna di quest’opera, per la comparsa a Venezia dell’edizione bonelliana affidata alle cure di Girolamo (1) Questa data ci è fornita dallo stesso Collenuccio in un passo del I Libro del Compendio, che può leggersi a p. 29 della presente edizione. Come appare dalle pagine preliminari deU’opera, essa fu scritta dal Nostro per espresso incarico avutone dal duca Ercole I d’Este: ignoro su che cosa s’appoggi l’affermazione del Frizzi (Memorie storiche di Ferrara, Ferrara, 1848, IV, 170), ripetuta piú recentemente dal Pèrcopo (/ sonetti faceti di A. Cammelli secondo l’autografo Ambrosiano, Napoli, 1908, p. 253 «), che il C. la scrivesse per sollecitazione della duchessa Eleonora d’Aragona. Cfr. la mia monografía giovanile: Pandolfo Collenuccio umanista pesarese del sec. XV. Studi e ricerche, Pisa, Nistri, 1888, p. 205 n 3. (2) <Con privilegio del sommo Pontifice Paulo III et della Cesarea Maestá et dello Illustrissimo Senato Veneto per anni dicci». Il privilegio è a c. 5. A c. 7 è una Lettera dedicatoria dello stampatore a Mons. Gio. Battista Egnazio. (3) Vedine la bibliografia completa nel mio libro sopra citato (pp. 208-211), nella quale avrei auche oggi ben poco da aggiungere o da correggere. Delle edizz. veneziane del 1550 e ’51, che ho quivi citato sulla fede di alcuni bibliografi, senza nemmeno poterne dare la completa notazione tipografica, non m’è riuscito sin ora trovar traccia nelle biblioteche nostrane ed estere, e non giurerei che siano veramente esistite. Quello die ivi è detto delle due edizz. 1552 e ’54, deve intendersi detto della sola ediz. ’52; ché l’ediz. del ’54 non esiste. Devono invece aggiungersi l’ediz. veneziana del 1559, una delle piú rare, di cui un esemplare si conserva nella Biblioteca Passerini Landi di Piacenza, e l’edizione napoletana del 1590 curata dal Costo, che trovo indicata in F. A. Sor: a, Memorie storico-critiche degli storici napoletani, Napoli, 1781, I, 203. [p. 328 modifica] Ruscelli, il quale, come è detto nel frontespizio e come meglio chiariremo piú avanti, ne «ridusse nuovamente il testo alla sinceritá della lingua volgare» (»). Il testo cosi «ridotto ed emendato» è quello che ormai comparirá definitivamente nelle successive edizioni, tra veneziane e napoletane, del 1557, ’58, *59, ’63, *90, ’91, ’92, nella giuntina del 1613 e in quella del 1771, che è l’ultima delle edizioni antiche di quest’operaia), ormai caduta, dopo un lungo periodo di favore e di gloria, nel discredito piú assoluto per i colpi fierissimi a lei inferti da vari storici napoletani, e specialmente da Angelo di Costanzo e da Tommaso Costo ( 3 ). Appartengono invece al periodo di splendore le traduzioni che del Compendio furono fatte: in latino da Nicola StoupeU), in (1) Compendio dell’Historic del Regno di Napoli, composto giá da M. Pandolfo Collrnuccio da Pesaro et nuovamente alla sinceritá della lingua volgare ridotto et lutto emendato da Girolamo Ruscelli, con un brieve discorso del medesimo sopra l’islesso autore. In Vinegia, per Giovati Maria fionclli, MDLII, in-8 picc., di ce. 215. (2) Tutte queste edizz., ad eccezione di quelle del 1563 («per Gian Maria Scotto»), del 1590 e del 1771 (ap. Gravier, Raccolta degli scrittori di Storia generale del Regno, tomi XVII-XIX), che uscirono in Napoli, videro la luce a Venezia. (3) Cfr. il mio Pand. Coll, cit., p. 21 z sgg., dove ho parlato a lungo dell’accusa fatta al Nostro, di ostilitá in mala fede verso i Napoletani e verso la Chiesa: vedi ora le imparziali considerazioni di Benedetto Croce, Angelo di Cosiamo poeta e storico. Memoria letta all’Accademia Pontaniana, Napoli, 1926, p. ti sgg. (La «memoria» è stata poi ripubblicata nell’opera: Uomini e cose della vecchia Italia, Bari, Laterza, 1927, I, 87 sgg.). Specialmente violente, sino a rasentare talvolta il comico, sono le Annotazioni che il Costo appose al testo del Compendio nelle edizz. da lui curate (in fine di ciascun Libro nelle edizz. 1591 e ’92, intercalate al testo nella giuntina 1613): dove nou tralascia occasione di bollare di malignitá e di ignoranza il povero Pandolfo, che egli non esita a dichiarare persiuo «non indegno della fine ch’ei fece»! (v. a p. 103 sgg. dell’ediz. 1613). E per tartassarlo anche meglio, il Costo, che non per nulla il Soria (Op. cit., I, 185; II, 405) defini «mordacissimo uomo» e «livoroso», scrisse di proposito una Apologia storica del Regno di Napoli contro la falsa opinione di coloro che biasimarono i regnicoli d’incostanza e d’infedeltá, Napoli, 1613. Vedasi anche Benedetto Croce, Storia del Regno di Napoli, Bari, Laterza, 1925, pp. 73, 258 sg.; e, per quel che riguarda le non meno acri censure di Angelo di Costanzo, L. Bonollo, Di alcuni falsari e di alcune falsificazioni nella storia d. Leti, il, Mantova, 1898, p. 36 sgg.

(4) PandULPHI Collenutii I. C. Pisaurensis Historiae Neapolitanae... omnia ex italico sermone in latinum conversa, Io. Nicolao Stufano Rhkto interprete, Basileae, ap. Petrurn Pernam, 1572. Una ristampa di questa traduzione apparve nel voi.: Res neapolitanae, idest Historiae Pandulphi Collenutii I. C. pisaurensis et Iohannis Ioviani Pontani conscriptae, ab ultima memoria usque ad a. Chr. MCDXCII, quo anno Historia Francisci Guicciardini incipit. Durdrechti, typis Iohannis Leonardi Berewout, 1618 in-12. Di questa ediz. si ebbe una riproduzione nel 1623 (Amstelodami, I. Iausonius), di cui un esemplare si conserva nella Biblio[p. 329 modifica] NOTA 329 francese da Denys Sauvageri), in spagnuolo da Nicola Spinosa (Valenza, 1563) e da Juan Vasquez del Marmol (Siviglia, 1584) (a).

Sebbene si abbia qualche notizia di manoscritti antichi del Compendio esistenti fino al sec. XVIII a Napoli (cfr. Soria, Op. cit. I, 185; B. Capasso, Le fonti della storia delle prov. Napoletane, 2» ediz., Napoli, Marghieri, 1902, p. 201 n 1), il materiale manoscritto di quest’opera si riduce ora soltanto ai due codici:

1. Biblioteca Estense di Modena , cod. o. G. 5. 12 (Ital. 456: ant. segnatura VIII. F. 12): [A].

Segnalato dallo scrivente fin dal 1888 come degno di speciale considerazione( 3 ), non ha trovato sin qui chi ne dimostrasse l’importanza nei riguardi del testo di quest’opera, che esso ci conserva in una forma integra e ben diversa da quella che gli studiosi conoscono attraverso le molte e tormentate edizioni che dell’opera stessa si sono succedute. È un cod. cartaceo di mm. 200 x 300 di pp. 308 non num., rilegato in pelle color marrone. Nella i» pagina è il titolo in rosso: Compendio delle Historie del Regno di Napoli: allo Ill.mo Principe et Ex.mo Signor Hercule Inclito Duca di Ferrara. Composto da Pandolpho Coldonese da Pesaro suo servo: Prohemio; e piú sotto, in nero, si legge l’indicazione: «A uso di F. Paulo dei Cherici da LignagoU): il quale lui el scrisse de sua


teca V. E. II di Roma. — Dal IV Libro del Compendio fu estratta la parte che riguarda la vita di Federico II, che, tradotta in latino da Simone Schardius, fu pubblicata, insieme con sei libri di lettere di Pier delle Vigne, nel voi. Epistolarum Pktri db Vineis Cancellarii quondam Friderici II Imperatoris... Libri VI, Basileae, per Paulum Quecum, MDLVI, pp. 1-60. Il brano tradotto corrisponde alle pagg. da 114 ( Morto Enrico VI ecc.) a 150 (... a quanto occorre di Federico II) di questa edizione.

(1) Summaire des Histoires du Royaume de Naples... composi primiirement en italien par Pand. Coll, en six livres, avec annotations sur chacun livre, par Denys Sauvagk Iraducteur. Alle tre edizioni che indicai a p. aio sg. della citata Bibliografia (Paris, Gilles Corrozet, 1546 — Paris, Am. l’Angelier, 1553 — Tournon, Guillaume Linocier, 1595), devo ora aggiungere quella del 1586 (s. 1 . in-12) che trovo indicata nel Catalogo della Biblioteca Antiquaria Loescker». 45 (1883). Il Tartt, Memoirs connected with thè Life and Writings of Pandolfo Collenuccio da Pesaro, Cheltenham, 1868, p. 330» 8, ne cita anche due edizz. di Tournon, del 1595 e del 1596, senza dare però indicazioni piú precise.

(2) Una traduzione castigliana del Compendio trovasi anche ms. nella Biblioteca Nazionale di Madrid: cfr. Isidoro Carini, Archivi e Biblioteche di Spagna, Palermo, 1884, I, 217, che non ne dá però alcuna piú minuta informazione, che permetta di identificarla con l’una o con l’altra delle due traduzioni spaguuolc a stampa.

(3) Pand. Coll, cit., p. 206 «3.

(4) È il noto autore della Cronaca ferrarese che si conserva nella Biblioteca dell’Archivio di Stato di Modena. [p. 330 modifica] propria mano l’anno 1539». Cfr. D. Fava, La Biblioteca Estense nel suo sviluppo storico , Modena, Cavallotti, 1925, p. 82. Il Dr. Ferdinand Gúterbock in una sua Memoria ( Eine zeitgenóssische Biographie Friedrichs II, das verlorene Geschichlswerke Mainardinos, in Neues Archiv d. Gesellsch. f. alt. deutsche Gesckichtsk., XXX Bd. (1904), I Heft, pp. 35-83) molto importante per lo studio delle fonti collenucciane (studio quanto mai attraente e che potrebbe serbarci ancora gustose sorprese), scrisse che le varianti del codice modenese rappresentano un peggioramento (Verschlechterung) del testo (p. 78 n). Ma il non giusto giudizio non può essere che frutto — e quel che dirò piú avanti varrá, spero, a provarlo — di un esame affrettato e superficiale del manoscritto. 2. Bayerische Staats-Bibliothek di Monaco , cod. ital. 34 : \B]. Cfr. Catalogus Codicum Mss. Bibliothecae Regiae Monacensis (Munchen, 1858, VII, 256), che cosi lo descrive: «Cod. chart. sec. XVI. 320 ff. in 2. 0 Ex bibl. vet. Mon. quondam Joan. Alberti Widmestadii, fratris militaris ordinis S. Jacobi Lusitani: Compendio de le historie del regno di Napoli composto da Pandolpho Collenuccio da Pesaro». Come ho piú sopra accennato, le stampe del Compendio possono dividersi in due grandi gruppi, nettamente distinti dall’edizione intermedia datane dal Ruscelli nel 1552. Da quali propositi il poligrafo viterbese fosse animato nel curare la nuova edizione collenucciana, ce lo fa sapere candidamente egli stesso in una lettera di dedica «al molto eccellente et honoratissimo Signore, il sig. Paolo Pappacoda» data di Venezia 14 maggio ’52, nella quale ci narra come, non potendo «raffrenare né quietare l’ardente desiderio di scriverne particolare trattato», si sentisse spinto a fare oggetto de’suoi studi e de’suoi travagli eruditi l’opera dell’umanista pesarese. «Essendomi io questi giorni con tale inten«zione posto a leggere il bellissimo compendio delle historie del € Regno di Napoli, composto giá dal Collenuccio, et trovandolo «pieno di scorrezioni et errori nella lingua et in altre parti, mi «posi a racconciarlo tutto et ridurlo alla sinceritá della bellissima «lingua nostra volgare, con farvi appresso un mio brieve discorso... «Et perché in esso si vede di quanta stima sia stato sempre co«testo nobilissimo Regno, et quanto combattuto et desiderato da «tutti i primi potentati del mondo, et per quello si può vedere [p. 331 modifica] ancora la differenza et la maggioranza sua in molte cose a questi tempi da tutti gli altri passati, ho voluto che così racconcio, accresciuto et migliorato comparisca in pubblico» (»). L’opera del Ruscelli non si limitò a modificare sistematicamente la grafia e l’interpunzione e a correggere evidenti errori delle edizioni che aveva sott’occhio, ma si estese ad una completa revisione del lessico e, quel che piú valse a dare al testo venuto nelle sue mani una fisionomia tutt’affatto diversa dall’originaria, ad un arbitrario rimaneggiamento di frasi e di periodi, lá dove le stampe presentavano lacune e nonsensi, che nessun codice ms. piú corretto gli permetteva di sanare. Cosi nessuna grazia trovano presso di lui i latinismi frequenti nei quali si imbatte e che vengono sempre sostituiti dalla corrispondente parola di uso corrente ( eversioni rovine, peculiare proprio, vetustissimo antichissimo, venia perdono, iattura danno, diversorii abitazioni, instrutti informati, exprobrare rimproverare, ecc.): né sorte migliore tocca ad altri vocaboli, che ai bene educati orecchi del purista cinquecentesco non sembrano sufficientemente agghindati e tirati a pulimento. E non meno arbitraria (e talora amena) è l’opera sua, lá dove le edizz., per imperizia o poca diligenza degli stampatori e dei curatori, dánno un testo addirittura guasto, e talvolta incomprensibile: come, per limitarmi ad alcuni esempi, nei seguenti punti, nei quali basterá mettere a confronto la lezione delle prime edizioni con quella del testo datoci dal Ruscelli, perché il lettore abbia un’idea del rimaneggiamento profondo fatto subire da questo all’opera collenucciana:

Edizioni del primo gruppo Ediz. ruscelliana del 1552
(c. gb) Veramente, Illustrissimo Signore, le mutationi de li stati, e la varietá de’ governi a niuna parte

di Italia piú familiare a’ di nostri esser si vede, che a quella che regno di Napoli è chiamata, onde pare...

(c. ib) Dico adunque, che le mutationi degli stati e la varietá de’ governi in niuna parte d’Italia piú

si veggono a’ di nostri, che in quella del bellissimo Regno di Napoli. Onde pare...


(1) Piú precisi ragguagli sui criteri che lo guidarono nella sua opera di raffazzonamento del testo affidato alle sue cure, ci dá poi il Ruscelli nel Brieve discorso, che è a p. 206 del volume; nel quale, dichiarandosi lieto * di aver restituito questo autore alla integritá della sua lettione et alla puritá della lingua, con quegli altri giovamenti, che ciascuno potrá conoscere essergli stati da luí fatti di non poca importanza», manifesta anche il proposito di accingersi» con l’aiuto di Dio» a una nuova edizione del Compendio, con l’aggiunta della € historla delle cose seguite dal tempo, ove il Collenuccio finisce, fino a questi nostri», e con altri miglioramenti. Proposito, questo, che, come è noto, fu invece attuato da Tommaso Costo nelle edizz. del 1591, del 1592 e del 1613. [p. 332 modifica]

(c. gb) ... il che non solo a tempi nostri veggiamole, per la presente historia, in piú modi si comprenderá. Ma ancora a li tempi vetustissimi esserli stato si peculiare leggiamo, che Strabone scriptore e eografo greco dice...ù ( c. 2a) Il che non solo a’ tempi nostri per la presente historia in piú modi si comprenderá, ma ancora a’ tempi antichissimi esserle stato si proprio, leggiamo che Strabone scrittore et geografo greco dice...
(c. 14b) E poi nel sino Adriatico Rasato(?!), el Gargano, a l’incontro di Varrano quattro che sono de le Isole Diomedee, hoggi detta Tremito, quale sono piccole. ( c . 6b) Et poi nel seno Adriatico Rasato, e 7 Gargano, all’incontro di Varrano, e le quattro che sono delle Isole Diomedee, oggi detta Tremito, le quali sono piccole.
( c. 50b) Ma infirmandosi poi Vinigisio el quale trattò amorevolmente confortandolo a riassumere... ( c. 44b) Ma infermandosi poi Vinigisio,fu da lui a ritrovarlo Grimoaldo, il quale lo trattò amorevolmente, confortandolo a riassumere...
(c. 59 a ) Questo è il Roberto quale per vigor del ingegno, e per la summa astutia fu cognominato in sua lingua che cosí significa Guiscardo, benché uno scrittore dice... (e. jjb) Questo è il Roberto, il quale per vigor d’ingegno, et per la sua somma astutia, fu cognominato Guiscardo, che in sua lingua significa ingegnoso et astuto. Benché uno scrittore dice...
( c . I2^b) ... che condusse in 18 mesi la pratica ad effetto, con tanto ordine (che fu mirabile cosa stesse tanto secreto) che ad un di deputato al primo sono... (c. i2ja) ... che condusse in 18 mesi la pratica ad effetto, con tanto ordine, che fu mirabile cosa, che stesse tanto segreto. Et l’ordine fu, che ad un di deputato...
( c. ijia) ... et con ogni diligentia praticò di re moverlo da questa opinione di renuncia etiam con farglielo dire in pubblico da lo Arcivescovo di Napoli al fine da ( leggi: de) una processione doppo una

solenne benedittione che fece al popolo, in fine spinta questa sua opinione da la astutia e malignitá di messer Benedetto Gaettano...

(c. 129a) ... et con ogni diligentia praticò di rimuoverlo da questa opinione di renunzia con farglielo ancor dire in publico dall’Arcivescovo di Napoli. Ma al fine, da una processione doppo una solenne benedittione,

che fece al popolo, spinta questa sua opinione dall’astutia et malignitá di M. Benedetto Gaetano...

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de) una processione doppo una solenne benedittione che fece al popolo, in fine spinta questa sua opinione da la astutia e malignitá di messer Benedetto Gaettano... cessione doppo una solenne benedittione, che fece al popolo, spinta questa sua opinione dall’astutia et malignitá di M. Benedetto Gaetano...

Il testo edito dal Ruscelli fu adottato anche nelle successive edizioni dello stesso secolo e del seguente fino all’ultima del 1771 (0; esso pertanto non rispecchia assolutamente il pensiero genuino dello scrittore pesarese, assai piú profondamente tradito qui, che non nelle edizioni del primo gruppo, le quali, pur in mezzo a lacune ed errori piú o meno evidenti, avevano almeno il merito di rappresentare piú da vicino l’originaria stesura dell’opera, con tutte le sue peculiaritá grafiche, sintattiche e linguistiche. Fortunatamente il ms. estense, che è stato da noi posto a base della presente edizione, ci offre una lezione quasi sempre corretta in confronto alle edizioni precedenti, e tale da farci ritenere in modo sicuro che esso derivi direttamente da un testo originale autografo, affatto diverso da quello servito per l’edizione tramezziniana del 1539.

Come risulta da una lettera fatta giá conoscere molti anni sono dal Bertolotti (in II Bibliofilo, IX, 1888, p. 37) e da altri documenti venuti in luce piú tardi (a), il manoscritto originale del Compendio era nelle mani del figlio secondogenito di Pandolfo, Annibaie, cui 10 richiesero ripetutamente i signori Gonzaga dal 1505 al *13, per poterne trar copia e anche darlo eventualmente alle stampe. Non pare che Annibaie aderisse a tale desiderio, forse pel fatto che il manoscritto, che egli aveva consegnato a un amanuense passato da Ferrara a Lucca, non era piú in quel tempo presso di lui. 11 modo col quale questo testo, ormai perduto, è designato («...la storia integra de Napoli con li altri arbori de li parentati de’ Re di Franza, che m’è detto haueti...»)( 3 ), fa pensare che esso

(1) Nelle edizioni curate dal Costo, a cominciare da quella del 1591, il testo (che è pur sempre quello ormai fissato dal Ruscelli) venne, «secondo il savio parere del R. P. F. Piero da S. Martino, Teologo dell’111 .mo Arcivescovo di Napoli», mutilato di qualche parte «che offendeva troppo le pie orecchie». (2) Vedi Luzio-Renier, Niccolò da Correggio, in Giornale Storico d. Leti. II., XXI, 238.

(3) Lettera di Federico Gonzaga del 19 luglio 1513 al sopra citato Annibaie, allora canonico a Pesaro: ap. Bertolotti, l . c . [p. 334 modifica] possa essere appunto l’originale autografo da cui deriva il codice estense. È certo invece che Yeditio princeps del 1539 deriva da un altro manoscritto, non si sa in qual modo né per qual via venuto tra le mani dell’editore veneziano, e le cui tracce si hanno nell’indicazione posta in fondo all’opera a c. 204 dell’edizione stessa: «Et infino a qui si trova scritto dell’historia di Napoli del presente Autore».

Perché il lettore conosca di quanta utilitá ci sia stato il codice modenese, sempre pronto ad offrirci la lezione genuina in confronto a quella, spesso ridevolmente spropositata, delle edizz. antiche, riporto ancora qualcuno dei punti piú sopra indicati, con altri che scelgo a caso:

Edizioni del primo gruppo Codice Estense
(c. 14V) E poi nel sino Adriatico Rasato, el Gargano, a rincontro di Varrano quattro che sono de le Isole Diomedee, hoggi detta Tremito, quale sono piccole. (p. io) E poi nel seno Adriatico, passato il Gargano, a l’incontro di Varano, quattro che sono de le isole di Diomede, oggi dette Tremito, quali sono piccole.
( c . 503) Ma infirmandosi poi Vinigisio el quale trattò amorevolmente confortandolo a riassumere... ( p. 68) ... ma infermandosi poi Vinigisio, Grimoaldo duca di Benevento andò a campo a Luceria e conquistolla e prese Vinigisio, il quale trattò amorevolmente confortandolo a riassumere...
(c. 5ja) Per il che indignato, non minor voglia havea di cacciare li greci di Italia che li sarraceni, con proposito di diffonderli contra di lui. (p. 72) ... per il che indignato, non minor voglia aveva di cacciare li greci di Italia che li saracini: il che tanto piú volentieri faceva, intendendo che si erano accordati con saracini con proposito di difendersi contro di lui.
(c. S 9 a ) Questo è il Roberto quale per vigor del ingegno e per la summa astutia fu cognominato in sua lingua che cosí significa Guiscardo, benché uno scrittore dice... ( p. 81) Questo è quel Roberto il quale per il vigore de l’ingegno et per la sua summa astuzia fu cognominato in sua lingua (che cosí significa) Guiscardo, benché uno scrittore dica...
[p. 335 modifica]
c. 626 ) ... con prometterli Constantinopoli, e per perditione di un capo di squadra di Nicephoro... (p. 86) con prometterli Constantinopoli in preda, lasciando l’impresa di Durazzo, lo menò a Constantinopoli, e per proditione di un capo di squadra di Nicephoro...
( c . 686) ... che volendosi opponerli, a San Germano e tutte le terre del Abbatia cacciandolo... (p. 94) ... che volendosi opponevi a San Germano fu ributtato dalli ecclesiastici. Onde il pontefice pigliando San Germano e tutte le terre de l’Abbazia...
(c. 886) ... e tutti li principi di Alemagna, venne a Ravenna del mese di Novembre... ( p. 123) ...e tutti li principi di Alemagna e di Italia per concordar le cose de la Lombardia e con esse ancora quelle de lo Imperio e de la Chiesa, passando per Pesaro, ove fu incontrato da alcuni prelati di Alemagna, venne a Ravenna del mese di novembre...
(c. 1256 ) ... che condusse in 18 mesi la pratica ad effetto, con tanto ordine (che fu mirabile cosa stesse tanto secreto) che ad un di deputato al primo sono... (p. 177) ... che condusse in diciotto mesi la pratica ad effetto con tal ordine (che fu mirabil cosa stesse fra tanti secreto) che ad un giorno deputato, al primo sono...
(c. 1586) ... corseno la terra per la Regina et al Conte data facoltá... (p. 224) ... corseno la terra per la Regina. Trattato poi alcun accordo col conte Giacomo, Castel de l’Ovo fu dato a la Regina, ed al Conte fu data facoltá...

Con tutti i suoi pregi, l’apografo estense non è però esente da vari difetti di lezione, alcuni dovuti a mancata comprensione del testo da cui deriva, altri dalla evidente distrazione o sbadataggine dell’amanuense, che lo fa cadere (proprio come accade nelle stampe, e lo abbiamo veduto in alcuni dei passi più sopra riportati) in veri e propri svarioni: difetti che ho potuto facilmente correggere col confronto delle edizz. del primo gruppo. Vediamone alcuni esempi:

a) Cod. massima, Edizz. mistura; Marca, Mecca; Vanteliano, Valentiniano; estinto, estimato; quaranta mila, quattromila; Venusia, Ve[p. 336 modifica] nafri; Giovanni, giovane; Zavernaro, Tavernaro; Fusotene, Frosolone; Cadore, Calore; lacero, iaceo; per forza d’urto, per forza di vento; instigando, investigando; creazione, condizione; tentò, tanto; spesso, spese, ecc. ecc.

Codice b) Edizz.
Libro I: ... ora pare insula et ora peninsula per il ghiaccio. ... ora pare isola et ora peninsula, et è piú del tempo peninsula per il ghiaccio.
... come libro portato dal cielo avevano avuto li suoi predecessori... ... come libro portato dal cielo per l’angelo Gabriel, si come dal cielo avevano avuto li suoi predecessori...
Libro IV: ... li fu tagliato le corde del pavaglione ferito da piú colpi. ... li fu tagliato le corde del pavaglione che li cadde addosso; onde inviluppato da la panciera non ancor vestita e da la caduta del pavaglione, ferito da piú colpi...
... secondo il consiglio e governo del regno. ...secondo il consiglio de li baroni, i quali lasciava al consiglio e governo del regno...
Libro V: ... la terra comoda, accettarono l’invito... ... la terra comoda c piena di vittuaglie e il favor suo e la loro difesa. Parendo a questi baroni la terra comoda, accettarono 1* invito...
... a saccomanno il campo, feciono tregua... ... a saccomanno il campo. Al fine venuta la pestilenza in Tunisi e nel campo, feciono tregua.
... talmente che loro pareva il re... ... talmente che loro dal re non erano conosciuti, anzi ciascuno di loro pareva il re...
Libro VI: ... calatosi per una corda in una galea nel campo terrestre a Gaeta fuggi...Ù ... calatosi per una corda in una galea espedita si parti, et A ntonio Colonna, che similmente in una galea nel campo terrestre a Gaeta fuggi...
[p. 337 modifica]
... ruppe la tregua si stava... ... ruppe la tregua et insieme con Caldora deliberarono a tradi- merito pigliare il re Alfonso che giá sicuro sotto la tregua si stava...
... era comune opinione che da la vittoria molto lontano non fusse, imperocché infermato... ... era comune opinione che da la vittoria molto lontano non fusse se l’ultimo fine de le cose umane sopraggiunto non fusse , imperocché infermato...
... senza mai tra loro... ... senza mai rimproverarli ingiuria alcuna, come se mai tra loro...
... il tempio nel quale lui stette immobile... ... il tempio nel quale lui alla messa si trovava, fuggendo ogni uomo la rovina, lui stette immobile.

Dalle edizioni il codice modenese si differenzia profondamente anche per gli alberi genealogici che chiudono i libri I, III, IV, V(i), e per una diversa proporzione che quivi ha l’ultimo dei sei libri in cui l’opera è divisa: mentre nel testo a stampa la narrazione è interrotta al 1458, l’estense conduce invece l’azione sino alla pace di re Ferdinando di Napoli con le principali potenze italiane, promulgata da papa Paolo II con la bolla del 2 febbraio 1468.

Queste differenze sostanziali fra il codice di cui parliamo e il manoscritto, ormai perduto, che è rappresentato dalle edizioni del primo gruppo, derivano con ogni probabilitá dal fatto che il Collenuccio, nell’accingersi nel 1498 a scrivere il Compendio , aveva l’intenzione di condurlo sino alla narrazione degli avvenimenti di quell’anno e forse anche degli anni successivi. Invece l’opera rimase interrotta, al punto in cui la troviamo nell’apografo di fra Paolo da Legnago, forse per i fatti turbinosi che sconvolsero la (1) Agli alberi genealogici di casa d’Angiò (v. Appendice, tav. IV e V) segue nel cod. estense (p. 245) una Genealogia hereditaria del Reame di Napoli delti Re di Franxa, la quale, come appare dalle righe che la precedono, in cui si parla di Francesco 1 re di Francia (1515-1547), non può evidentemente essere opera di Pandolfo, che mori nel 1504. Dovrá dirsi un’aggiunta posteriore dovuta o all’amanuense di A o, piú probabilmente, al possessore del codice da cui A deriva. [p. 338 modifica] vita dell’umanista pesarese negli ultimi anni suoi: e chi ebbe per primo l’interesse (e fu forse uno dei suoi figli) di far conoscere per le stampe quest’opera, togliendo gli alberi genealogici non facilmente e con esattezza riproducibili in piccolo formato, sopprimendo le ultime carte ancora non bene polite e condotte a compimento, diede all’opera stessa quelle giuste proporzioni che poi mantenne sempre (*). E queste proporzioni, ormai tradizionali, ho creduto anch’io di conservare nella presente edizione, mentre mi è parso doveroso far conoscere agli studiosi, pubblicandoli in Appendice, cosi gli alberi genealogici, come la parte inedita del VI libro.

Il cod. di Monaco, pur non avendo, come ha l’estense, le tavole genealogiche, e terminando il Compendio come nelle edizz., col periodo: «... per opera di Cosmo di Medici, quale per non dispiacer al Duca, fece per decreto pubblico determinare che anche loro neutrali in ditta guerra si stessino», per alcune particolaritá di lezione si accosta invece al codice modenese. Cito qui ad esempio la notevole variante (f. ij8 v.) che, come in A , attribuisce ai Fiorentini il presunto avvelenamento di Enrico VII di Lussemburgo (v. a p. 195 del testo), mentre nelle edizz. si ha la frase: «per opera et arte del legato (?)*,che copre un’accusa ben piú grave (2). E vedasi anche la fine del V libro, da confrontare con l’introduzione a l’«Arbore de la successione de la prima parte di Angioini * che è in A (vedi Appendice, tav. IV). Ma a questo codice (che sembra essere di provenienza napoletana) e alle sue relazioni cosi col ms. estense come con le edizioni piú antiche del Compendio, spero di poter dedicar presto uno studio piú accurato e minuto, che non mi è ora consentito di fare in queste pagine.

(1) E fu veramente saggio consiglio; ché le ultime carte di A non souo altro che una filza di appunti attinti ad altra fonte, non ancora convenientemente elaborati e fusi nella narrazione storica. Che il Collenuccio dedicasse a quest’opera anche gli ultimi anni della sua vita avventurosa è dimostrato dal ricordo ch’egli fa in quest’ultimc pagine (v. Appendice , p. 331) di Federico d’Aragona, «che fu poi il quinto re et ultimo di casa Aragonese»: parole queste che non possono esser state scritte prima del 1501.

(2) Cfr. su queste accuse G. Paliotti, La morte di Arrigo VII di Lussemburgo secondo la storia e secondo la tradizione, Montepulciano, 1894, pp. 65, 77, 96, 98.