Dei sepolcri (Bettoni 1808)/Versi (Monti)
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VERSI
DEL CAVALIERE
VINCENZO MONTI
estratti
DAL QUINTO CANTO INEDITO
DELLA MASCHERONIANA
. . . . . . .
I placidi cercai poggi felici,
Che con dolce pendio cingon le liete
3Dell’Eupili lagune irrigatrici;1
E nel vederli mi sclamai: salvete,
Piagge dilette al ciel, che al mio Parini
6Foste cortesi di vostr’ombre quete;
Quando ei fabbro di numeri divini
L’acre bile fe’ dolce, e la vestia
9Di tebani concenti e venosini.
Parea de’ carmi tuoi la melodia
Per quell’aure ancor viva, e l’aure e l’onde
12E le selve eran tutte un’armonia.
Parean d’intorno i fior, l’erbe, le fronde
Animarsi, e iterarmi in suon pietoso:
15Il cantor nostro ov’è? chi lo nasconde?
Ed ecco in mezzo di ricinto ombroso
Sculto un sasso funébre che dicea:
18Ai sacri mani di Parin riposo.
E Donna di beltà che dolce ardea
(Tese l’orecchio, e fiammeggiando il Vate
21Alzò l’arco del ciglio, e sorridea)
Colle dita venia bianco-rosate
Spargendolo di fiori e di mortella,
24Di rispetto atteggiata e di pietate.
Bella la guancia in suo pudor; più bella
Su la fronte splendea l’alma serena
27Come in limpido rio raggio di stella.
Poscia che dati i mirti ebbe a man piena,
Di lauro che parea lieto fiorisse
30Tra le sue man, fe’ al sasso una catena.
E un sospir trasse affettuoso, e disse
Pace eterna all’Amico: e te chiamando
33I lumi al cielo sì pietosi affisse,
Che gli occhi anch’io levai, certa aspettando
La tua discesa. Ah qual mai cura, o quale
36Parte d’Olimpo ratteneati, quando
Di que’ bei labbri il prego erse a te l’ale?
Se questa indarno l’udir tuo percuote,
39Qual altra ascolterai voce mortale?
Riverente in disparte alle devote
Ceremonie assistea, colle tranquille
42Luci nel volto della Donna immote,
Uom d’alta cortesia2, che il Ciel sortille
Più che consorte, amico. Ed ei che vuole
45Il voler delle care alme pupille,
Ergea d’attico gusto eccelsa mole
Sovra cui d’ogni nube immaculato
48Raggiava immemor del suo corso il sole.
E Amalia la dicea dal nome amato
Di costei, che del loco era la Diva,
51E più del cor, che al suo congiunse il fato.
Al pio rito funébre, a quella viva
Gara d’amor mirando, già di mente
54Del mio gir oltre la cagion m’usciva.
Mossi alfine, e quei colli, ove si sente
Tutto il bel di natura, abbandonai
57L’orme segnando al cor contrarie e lente.
Edizione protetta dalla Legge 19 fiorile anno ix.