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Del coraggio nelle malattie/XVI.

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XVI.

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Dopo aver esposto 1.° i vantaggi del sentimento del coraggio; 2.° ciò che lo allontana; 3.° ciò che lo procaccia; piacemi additare alcuni casi pratici di malattie croniche ed acute, dove sensibilmente ei rendesi necessario. L’avvertir quivi nuovamente che dalla varietà de’ temperamenti e delle abitudini dipende anco la varietà della maggiore o minore disposizione a concepire il coraggio, io lo giudico bene, giacchè debbo ora avvertire eziandio che la medesima varietà di detta disposizione la si incontra istessamente nella varietà intrinseca della forza essenziale delle malattie. Concesso che al caso mite l’uomo non si smarrisca, ei per lo più cangia di tempra al cangiar di [p. 67 modifica]scena del male. Tuttavia queste varietà, e per il primo e per il secondo motivo, sono tra loro promiscue, e l’una dall’altra dipende quasi sempre.

Ecco dunque una combinazione di forza di male, e di forza di temperamento e di abitudine, che si offre di continuo al retto giudizio del Medico, la quale ei deve di proposito ponderare per rilevare nell’infermo la maggiore o minore sua facilità all’adozione del coraggio, e per ragguagliare al confronto di siffatta combinazione le massime contenute nel presente ragionamento, e in particolare pei casi seguenti.

Avanti tutti si presentano gli affetti ipocondriaci. È noto a ognuno che se v’ha ammalato che del coraggio abbisogni, egli è l’ipocondriaco. Ma come procurarglielo, se quasi l’essenza del suo malanno è la privazione totale di lui? Il suo animo cupo, smarrito, pauroso, visionario [p. 68 modifica]è egli suscettibile di questo elisire, che appunto perchè no’l può praticare, continua a tormentarsi e a sè medesimo vilmente increscere? Le sue viscere in turbolenza, i suoi nervi in disordine, il suo cerebro aggravato da vapori, son eglino capaci di ricevere il vantaggio della loro quasi unica benefattrice, qual è la mutazione dell’animo da procacciarsi da un’affezione, qual è il coraggio, tutta opposta alla di lui prava costituzione, e tenutagli sempre lontana dalla di lui mala volontà o mala impressione?

Difficile indisposizione, e difficilissima applicazione di un tanto rimedio! Basta il dire che in certa guisa non v’è luogo alla ragione per poter dire che non v’è luogo al coraggio. Il ragionar co’ pazienti di questo male, è farli incollorire, perchè in ragionando da buon senno si dèe necessariamente conchiudere che gran parte vi ha la loro immaginazione; ed è [p. 69 modifica]ciò che non voglion dire. Il secondarli e compatirli è mostrar di nutrire un’opinione simile alla loro, è concorrere a rendere il loro stato ancor più crudele, perchè pare che diasi peso e valore alle angosce che sentono, e alle conseguenze che temono. Il miglior partito, dice Falconer1, pe’ miseri ipocondriaci, egli è l’inspirar loro il coraggio; e così prescrive il ch. Sauvages2 con tutti i più saggi. Ma come effettuarlo, se ne vedemmo le difficoltà? o sia se vedemmo in certa maniera la presenza e la sostanza del malanno, e la onnimoda esclusione del rimedio?

Tuttavia malgrado ciò vi ha da essere tra noi Medici una serie di piccole attenzioni e di piccole astuzie, che bellamente vadano assediando l’animo di tali infermi, e insensibilmente lo guadagnino [p. 70 modifica]collo stringerlo tra certi affetti, che a prima vista pajono lontani dallo scopo a cui si mire, ma che servono assai bene a preparare i più vicini e i più appropriati a recare l’effetto premeditato.

Per esempio giova il riconvenire l’ipocondriaco di piccolezza o di talento o d’indole o di educazione qualora ei voglia durare ne’ fastidiosi e improprj suoi lai. Simile tocco, troppo spiacevole a che si crede altrimenti, fa una sensazione che talvolta supera l’altra già inveterata ed offensiva, e fa piuttosto adottare la massima del mostrar tutto il coraggio, e del non dar retta alle loro consuete molestie. E mentre quasi per amor proprio queste si celano, trovasi che a poco a poco si estinguono onninamente.

Giova la sana morale. Non si sa egli, che i mortali sono esposti al giuoco della sorte, or rea, or buona anco in proposito della propria sanità, e che è indegno [p. 71 modifica]del carattere dell’uomo il lagnarsi continuamente de’ mali che sono attaccati all’istessa umanità? Non si sa che un’anima generosa, o semplicemente ragionevole, deve resistere alle eventualità, e deve non abbattersi ne’ guai? Non si sa che tra gli uomini è quegli il più felice che è il più tollerante de’ tedj e de’ travagli sì d’animo che di corpo? Sono queste, ed altrettali massime, che c’insegna la retta filosofia morale, e sono del pari vere che valide a far rifiorire nell’alme la nobile e necessaria saggezza, apportatrice immediata del coraggio per sottostare imperturbabilmente ad una cagionevole e penosa vita. Dal che senza accorgersi acquista finalmente l’ipocondriaco il vero segreto per eliminare la sua malattia.

Giova il motteggio. Sebbene sia questo un mezzo dei più delicati e difficili per disimbarazzare ammalati cotali; pure non può negarsi che ben tratteggiato [p. 72 modifica]qualche volta e’ non vaglia insignemente. Il metter puntiglio in essi, onde non sempre espongano o dolgansi delle lor turbolenze e dei loro disturbi, riesce ancor questo a fare, che si volgano fermamente ad eseguirlo. Così che in fine eglino hanno il vantaggio di togliere alla loro infermità il solito di lei pascolo, qual è quello di esternare ed accusare ad ogni momento i loro crucci, ed hanno poi l’altro più salutevol vantaggio di indebolirla e di distruggerla.

Giova la distrazion della mente, cioè lo allontanarla dalle sue triste immagini, che per lo più non sono che mere finzioni create dalla fantasia, e da essa lei credute per altrettante verità. Ciò avviene perchè la forza, colla quale a lei si presentano queste idee, che il celeb. Hume chiama idee d’immaginazione, essendo eguale a quella delle idee nate dall’impressioni reali, che egli chiama idee [p. 73 modifica]di memoria, fa che la mente più non distingua le une dalle altre, e le prenda tutte egualmente per vere. Serva di esempio quello recato dal cel. Soave, degli uomini sospettosi e apprensivi, i quali quante volte prendono per veri e reali i loro sospetti e le loro paure immaginarie?

Bisogna ridirlo; gl’ipocodriaci temono ognor di morire. Finchè hanno fitto nella loro mente cotal timore, sono come que’ guerrieri che quando si credono in discapito, o che odono nel forte della zuffa che taluno gridi siam perduti, si avviliscono, perdono il valore, cessano di esser guerrieri. È di mestieri che sieno distratti, animati, strascinati e trasportati dall’esempio, e nel bollor della battaglia che non pensino alla morte. Il simile si dica degl’ipocondriaci.

Dissi che giova la distrazion della mente; ma se ben si consideri, ricavasi che il coraggio gli è quello che insomma la [p. 74 modifica]somministra, e che poscia volge a profitto que’ piccoli, ma continui effetti, che essa distrazione va producendo. Perocchè d’ordinario l’ammalato si determina a distrarsi, e svagar l’animo o con dei viaggi, o con altri ajuti, per quel certo coraggio che gli vien fatto da chi è conoscitore del male suo. E di mano che ei si guadagna que’ pochi intervalli di quiete e quelle poche tregue che da tali ajuti ritrae, va pigliando coraggio a continuare tal metodo e a coltivare queste medesime pause; e in ragion dell’aumento di queste cresce il coraggio e s’ingrandisce sino all’intero abolimento del male.

L’esempio additato d’altri ammalati di questo male, e perfettamente risanati, e perfettamente risanati; l’assistenza d’un buon Medico, o d’un amico intelligente; la musica; la borsa, come dice Cocchi3, non deficiente, e [p. 75 modifica]simili, sono altri mezzi troppo celebri che io intenderei adoprarsi, e che sono tutti niente meno efficaci a provocare il coraggio in un languido ipocondriaco, e ad avvalorarlo a un grado, che questi giugne a disprezzare le sue sciagure e non più a badarvi: e con ciò giugne al più probabile grado di sortirne felicemente.

Quanto abbiam detto degli affetti ipocondriaci si confà cogli affetti isterici, se è vero ciò che da’ moderni or dicesi, essere l’isterismo l’istesso incomodo in essenza che l’ipocondria. Per altro la diversità del sesso porta troppa diversità di gravezza e di andamento dell’incomodo, e conseguentemente esso chiama a sè diverse mire. Inoltre la donna generalmente tiene maggior sensibilità: e come in grazie di questa ella prova varietà nell’impressioni degli oggetti e nelle operazioni delle passioni, così ella sortisce anco varietà di sintomi e di alterazioni. [p. 76 modifica]Sicchè que’ motivi di coraggio che negli uomini sono i più ovvj e i più valevoli, possono essere nelle donne o più difficili, o più deboli, o più incerti; e vice versa. Dunque s’aspetta al Medico il saperli scegliere e porre in uso, e darci quella maggiore o minor attività che il suggetto infermo esige.


  1. Op. cit.
  2. Nosologia ec.
  3. Tolleranza filosofica ec. Lettera 33.