Dell'entusiasmo delle belle arti/Parte I/Visione

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Parte I - Elevazione Parte I - Rapidità

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VISIONE.


Si è parlato dell’elevazione quasi da se sola bastasse ad inventare e creare, ma benchè sia quella il primo passo dell’anima e senza cui nulla può essa a produrre e ad agire ha bisogno della visione, con cui spiega tutta li sua attività d'immaginazione. [p. 74 modifica]74VISION’E.

Allora dunque ritirasi l’anima dalie vedute ordin;rie e famigliati degli oggetti visibili, che la confondono e la distraggono per assistere alia scena dell«.’immagini interne", che van risvegliandosi per la su* attenzione, e contemplazione più intensa. Coll’ajuto della memoria allora più necessaria si attraggono insieme, sfilano ordinatamente poco a poco, si fan varj gruppi o associazioni, e vi s’insinua la riflessione per ccminarle, la qual reagisce sopra l’immaginazione, e la memoria, e da lor nuova forza, nuovo esercizio, nuova attività, e tutte e tre a gara e d’accordo fan più accozzamenti, più paragoni, più tentativi, e progressi, onde appare, che quante più si raccolgono, e riunisconsi immagini e idee nella capacità maggiore dell’immaginazione, tanto più agisce J’anima e dispone delle sue forze e ricchezze, più sceneggia, inventa, e crea, e men suggetta si sente a quanto ha di fuori e d’intorno, Rifletti che son quelle figure o simolacri mobilissimi, qua e là volanti, e però irregolari, ma questo difetto corregge la loro [p. 75 modifica]attra-trazione, che le unisce in anelli, onde for» „ masi quella catena ordinata d’una primaria, come abbiam detto avanti, a cui si legano le secondarie; al ricordare o udir solo il nome d’una cosa ella è presente, con lei veggo il luogo, e unisco le persone, seguono i piaceri, o disgusti provati, e di tutti insieme combinandoli variamente ne fo un quadro a me stesso, come pittore che il fa più bello, quante più posizioni, atteggiamenti, feare, ed azioni accoglie in quello.

Tutti i sensi concorrono all’opera, benchè la vista sia la pii. ferace, e più amica, ma il fiuto, il gusto, l’udito, e il tatto ancora, benchè il più materiale tutti mi somministrano personaggi; il profumo de’ fiori ne fa più bello il colore e la forma; il colore degli augelli ne rende il canto lor più soave; il suon rotto del fiume, e del rio mel fa veder più limpido, e cristallino, son tanti chiarioscuri del quadro, che si aiutano insieme, e si dan lume, e ne fanno evidente la prospettiva.

Chi ha più ricchezza di quelle adunque, e chi ha più prontezza a maneggiarle è quel che [p. 76 modifica]yóViSIÓn’s.

die fa meglio la sua scena, e meglio dipinta la fa comparire che non è in se stessa e nella natura. Le descrizioni poetiche danno loro più vita che non hanno dalla stessa veduta, benchè la imitino, perchè v’aggiungono i colori ( cioè le circostanze ) più vivi e piì^beili con l’espressione, perchè dalla veduta non entra nella immaginazione se non che la parte entrata per gli occhi, laddove nella descrizione il poeta sceglie quel che più piace, unisce le varie parti non prima osservate, o a noi nascoste esaminando l’oggetto. Vedendolo fuori se ne forma nell’anima una idea composta al più d altre due o tre, ma dipinto dal poeta, che ne può comporre assai più, ci presenta:.e atte a colpirci, e le combina più vivamsnte o per contrapposti, o per associazioni. Tal colore e suono ed odore n’offre campi e giardini, ci guida a’teatri, a’spettacoli, e nelle città, e nelle campagne, quindi il poeta il pittore piucch’altri devono farsi ricchi di tali immagini coltivando l’immaginazione, e la memoria quanto un filosofo l’intelletto colle cognizioni.

E [p. 77 modifica]quel-E quelli infatti hanno un modo lor proprio di visione sopra natura, di cose e persone vedute solo e inventate da loro, e sen.

za modello, fate maghi stregoni demon; larve ec. Quindi poemi di romanzo, e metamorfosi, anzi sole metafore nello stile dan vita alle cose insensate, o rendon corporee le spirituali, visibili le invisibili, e realizzano i pregiudicj dell’infanzia con nuovi costumi ed abiti e personaggi. I cervelli filosofi o freddi per natura abborrono tal pittura e poesia, come improbabile o contradditoria o superstiziosa, ma generalmente siani persuasi esser nel mondo ordini vari di spiriti fuor delle leggi ordinarie date agli uomini, e sotto quelle d’una economia superiore all’umana, e ne godiam l’illusione e la scena presente.

Sempre v’è sotto una verità della mente, ch2 ridettesi dall’immaginazione, e si colorisce in figura, trasportandola dal moudo materiale, dalla scuola inorale, dalla stessa ragione nel mondo immaginario. Comparazioni, allegorie, metafore, ed ogni allusione sparge a proposito collocata tanta luce, che [p. 78 modifica]ne illu-illumina tutto un quadro e un discorso; sotl tanti ritratti, quante similitudini, tanti abitatori e persone, quanti vizj, o virtù o passioni j tanti fantasmi quante verità, che vegliamo, che ordiniamo, con cui conversiamo.

^utro si fa solo in quella elevazione, e con quella visione, che abbiam detto. La oual visione anch’essa partecipa della elevazione ron silo inventando, ma nobilitandosi seco tra oggetti grandi, e sublimi, astraendosi dai bassi triviali, e particolari, e sdegnando le ’icene ordinarie, onde concorre alla bellezza leale sopra l’arte e i modelli comuni, e laida a terra i precetti servili; benchè sempre nccompagnata dalle regole primitive dei gran maestri, usandole senza avvedersene, essendone pieni per lungo uso, e avendole trasformate in noi stessi lassù nella elevazione dell’anima.

Ma usciamo oramai da questi principi più astratti, e parliamo il ¡inguauio dell’entusiasmo. L’anima dunque in quello stato d’elevazione, e d’indipendenza dagli oggetti corporei vede più chiaramente quegli altri tra quali levassi j ed è presente alle cose, [p. 79 modifica]che rap-rappresentale la fantasia. Nè penso gii che alcun mi domandi quale occhio e dove abbialo, di qual luce e colori usi l’anima a godere tai viste, ove siano gli oggetti suoi, se in tela dipinti, se da vel trasparenti, se scolpiti nel celabro o simili cose. Quest’ottica è ancora a trattarsi, ed io son pago della certissima mia sensazione, onde a chiusi occhi ho chiare vedute interne, lontane dai sensi, o sopra loro per alta illuminazione.

Quasi in clima più puro e più sereno vedo ciò che non vedesi al basso e tra le nebbie, vedo una scena intera moversi, vivere, agire, animando l’anima ogni oggetto, e quindi provandone l’impressioni, come se gli esterni ccchi aprissi, l’orecchie udissero, le mani toccassero corpi reali, benchè il corpo tutto, e i sensi esterni sieno in ozio. Perciò dicor.si visioni, e sogni, e talvolta sembrati delirj.

Dal che vien l’opinione, che i pittori, e i poeti, come in lor ciò fassi più spesso, e più fortemente, sien gente pazza, perchè le cose straordinarie, e non conosciute dal comune degli uomini si vogliono facilmente [p. 80 modifica]avvi-vìlire dall’amor proprio de’ molti a depres» sione de’pochi (i). Gli è però vero, che così fatta alienazione, e rappresentazione è quasi una illusione, ed avvicinasi un poco ai delirio, talchè penso poter ben dirsi al di là dell’entusiasmo essere }a pazzia, di qnà il giudizio, essendo in fatti certi pazzi perciò ancor pazzi, perchè abitualmente sono in quelle visioni, nè sta in lor mano, come ai poeti, e ai pittori, uscir dall’estro, e tornare alla queta ragione, e pur troppo sappiamo quanto vicine son sempre la gloria dell’uomo, e la sua mici-ria. Ben richiedesi appunto molta solidità d’organi, equilibrio d’umori, e buona dose di saviezza per bilanciar l’entusiasmo. Se questo predomina, fa travedere, vede rroppo, scorre aJl’inverisimile, al mostruoso, al fanatico, al forsennato. Ma d’altra parte senza quella illusione non può giugnersi a cose grandi, perchè (i) An me ludit amabilis insania? Videur pios errare per lucos &c. Hor. 1.

Ode 4. [p. 81 modifica]

che l’intima persuasione di quel che veggi;;, mo ci rende intrepidi, valorosi, arditi, e fa, che altri veggano, e credan vedere ciò, che veggiam noi, e si rrovino al par di noi.

o poco meno in quel trasporto. Il poeta, il pittor, P oratore nell’entusiasmo è cosi vivamente presente alle sue figure, e prospettive, che non può dire di ricordarsi, o non s’accorge, o non pensa già d’inventare.

Vede solo, e sente veracemente con que’ suoi occhi, e sensi nuovi il fresco del rio, la bellezza del cielo, il fischiare dei venti, P ondeggiare dei flutti; così ode la tromba della battaglia, ed t: nella mischia, e tra il sangue, cd in mezzo a’cadaveri. Altrove ascolta l’armonia, e danza, e canta d’accordo.; rò altrimenti darebbe al suo stile quella, che perciò chiamasi evidenza, con cui senza accorgersi altri crcdon leggendolo di sentire, e vedere lo stesso.

„ La mente d’un gran poeta ” ( dicea uno, (1) che ben sapealo ) „ a me sembra (i) Ceva Vita di Lemene.

Tomo III. G } [p. 82 modifica]„ una sala principesca tutta messa a oro, e M a quadri di finissimo colorito, con fine„ stre, e poggi a diversi aspetti, qual di „ marina, e qual di ville, e palagi reali!

„ tante sono le belle immagini, e tante le „ deliziose vedute, la varietà, la leggiadria, „ e dirò così T aria, ed il verde fiorito del„ la Sua vaghissima fantasia.... Che dirò „ poi delle delizie, e dell’amenità di tanti „ fiori, aitrette, augelli, e fonti, e collinst„ te, e boschi, e pirati sì ben dipinti, e,, sparsi qua, e là ne’suoi versi, che porta„ no il lor bellissimo verde nella fantasia di » chi legge, e tutta di varj colori l’investo„ no? Qual giardino nel colmo de’suoi fiori 31 ( per parlar coi poeti ) qual riva di lago,,j o di mare veduta sul tramontare del sole „ in una fresca, e tranquilla sera di prima,, vera o d’estate può pareggiare le belle „ immagini, che ti lasciano nella mente? ” Or questa sala, e queste belle vedute si trovano solo nella maggiore elevazione dell’anima secondo l’altezza, di cui diverse son le vedute, e più oscure, e più chiare a proporzione del rapimento, e del volo più felice, [p. 83 modifica]ce, e del più propizio momento. Oggi è nebbia, e caligine, che nulla vedi, 0 vedi male, e confusamente, alzandoti poi sopra la nebbia, e trovando una luce serena, e un sol folgorante la scena s’illumina, e tutto brilla.

Questa proprietà del vedere si riconosce jieli’ uso de’ poeti, pittori, ed oratori, di tutte l’arti imitatrici; che danno corpo, e vita ai lor pensieri. Il mondo poetico è composto di apparizioni, di spettri, d’iddi, e di persone create da lui per vedere i suoi pensieri, e realizzar le sue fantasie per dipignerle, e rappresentarle più vivamente.

Le cose immaginate prendono corpo, e persona. La fama di Virgilio, la discordia dell’Ariosto, l’invidia d’Ovidio ec. tutto è vestito, caratterizzato, animato, veduto e conosciuto in persona. La creazione, o finzione poetica è lo stesso che la rappresentazione di cosa lontana ignota, astratta, e il fingere dei latin: vuol dir figurare, idoleggiare, e questa dolce illusione è quel mentis gratissima* error, che sparge l’arti imitatrici d’una secreta delizia, e sempre [p. 84 modifica]nuova.

L’ani-L’anime piL{ volgari non veggono per esempio alla campagna fuorchè armenti, e gregge, aratori, e messi, piante, e ruscelli, L3 entusiasmo ci vede ciò, che non mai ci videro gli altri, e quel, ch’essi ci veggono, sprezza, e non cura. Vede ne’ fiori le lagrime dell’aurora, nell’acque le najadi, le driadi nelle piante, e sui lidi del mare ascolta il suon delle conche, e vede le danze dei intoni colle nereidi. Ivi scende alla reggia di Nettuno, e di Teti, alla spelonca d’Eoio, come nell’erebo a quella di Plutone, e di Proserpina, a un nuovo mondo tutto e solo veduto da lui. Così nella selva ei non trova il silenzio, e la solitudine, come noi, che or l’eco dal sasso risponde, or frani, e silvani cantano, e suonano, or Diana colle sue ninfe armate d’arco, e di faretra metton tutto a romor colia caccia. Ovidio ha raccolto questo mondo poetico nelle trasformazioni, e in quella moltitudine di personaggi terreni, o celesti, che vestono nuove forme d’alberi, d’animali, di fiumi, di sassi, onde Iev più insensibili cose, e più materiali prendono penso, ed intelligenza, e la natura tuttae [p. 85 modifica]t’iva, e animata, e quivi più che altrove passeggia la fantasia tra’ incanti, e comparse, e sceneggiamenti perpetui di un mondo affatto nuovo. E questa è la forte illusione, che giustamente si dice magìa dell’eloquenza, pittura, poesia, e dell’altre arti; onde maghi veracemente si dicoiio poeti, oratori, pittori, allorchè sono compresi dall’estro, poichè sogliam far autori i maghi dell’apparizioni, de’ viaggi per aria, delle trasformazioni in mezzo alle larve, all’ombre, agli spettri.

Mi sia permesso spiegarmi ancor con immagini. Per quanto un poeta abbia meditato profondamente il sorretto, per quanto abbia d’ingegno, e di cognizioni, per quanto ricordi precetti, ed esempi, molte volte nulla gli giova, ha fredda la fantasia, sterile l’invenzione, nè trova immagini, forme, e bellezze degne d’un nobil quadro. Or ecco improvviso un raggio, un lampo, un momento gliele presenta spontaneamente, par che cada un sipario, si fa giorno, e subita illuminazione quasi divinamente. Parmi avvenirgli quel, che ad Enea, quando Venere gii [p. 86 modifica]gli parlò in que’ bei sensi ( i ) - Or apri gli occhi, e vedi, ch’io sgombro la densa nuvola, che gli offusca, e tolgo il velo, che a te mortale appanna ed infosca la debil bil vista, = e vide in un suBito ( 2 ) gl’invisibili numi nemici di Troia, il lor truce aspetto, le mine fatte da loro. Per simil guisa e necessaria a’poeti ed a’loro compagni una splendida luce inusitata a rischiarare le tenebre naturali, e ordinarie, e a discoprir improvviso, e ad un colpo ciò, che prima fur incapaci di ravvisare.

Aperto questo teatro alla visione di un’idea, se ne accoppiano molte insieme: le cognizioni sue previej gli sttidj, e le dottrine, e gli spettacoli della sua vita, ed educazione, ( 1 ) Aspi ce, namque omnem- qu<t mtne obciuEìa titemi Mortales hebet at vista tibi, dr humid.i circum Caligai nubem, eripiam.

( 2 ) Apparsut àiì rc- facies, inimicagli* T rojte Numina magna Deum....

Neptunus muros, jtneid, Jib, 2. [p. 87 modifica]

ne, che lasciarono occulte tracce nell*anima, ove stavan sopire, tutte si destano alla ciña» mata dell’estro, e corrono, e gareggiano a combinarsi, a ingrandirsi, a figurare nel nuovo teatro, che loro è aperto. Tutte insieme voglion la parte, cercano un luogo, e ci sforzano ad abbracciarle, sicure d’esserci grate, e usando lor prepotenza perchè splendide, e luminose.

Vero è però, che ranto potendo nell’entusiasmo la fantasia, ed essendo ella per indole capricciosissima, sono ancora le nostre interne visioni incerte, e mutabili, come Tonde del mare ad ogni aura, e percossa.

Quando vogliam pensare a qualche cosa, noi comandiamo all’immagine d’essa di comparire davanti agli occhi del nostro spirito.

Talor ubbidisce l’immagine, e pronta al cenno sembra dir: eccomi. Ma spesso ancor il pensier, che cerchiamo resiste, e tarda a venire, vien pallido, e contraffatto, o s’ecclissa tosto, ch’è apparso, e nelle tenebre torna a nascondersi, dalle quali abbiamo gran pena a richiamarlo. Oh quante volte s’ostina un fantasma, e fa il sordo a tutte le coG 4 stre [p. 88 modifica]stre preghiere, ed inviti, mentre intanfì?

roill’altre immagini non chiamate importunamente presentami, e givocano a nostro dispetto, turbandone tutt’i pensieri, e facendone infine con rabbia gittate la penna, e fuggir dal lavoro. Mille sono i capricci, che possono accennarsi, ma che meglio pur troppo si fanno per esperimento ( i ).

Di tal vistone son privi in gran parte i mediocri poeti e pittori non mei: ciie alcuni generi d, pittura e di poesia. Non veggono questi I? se I. reme, o le veggono pallide e inanimate; non inventano azioni, e gruppi di personaggi, han gli occhi corporei o poco più per vedere gii oggetti quai sono, Trovano muta ed uniforme la natura, perchè non sanno mirarla nell’aria sublime sua pròpria, e trarne un composto di varie parti di lor creazione. Così fan copie, traducono, e son poeti di parole, e di precetti, oratori di crusca, scrittori grammaticali preferendo una fra-, C r ) Vedi nota nona. [p. 89 modifica]

frase del Eoccacclo, una collocazione di particelle e di numero alle immagini grandi, alle figure possenri sull’animo umano per forza d’immaginazione. Oggi don-ina quello stile di moda detto geometrico, che qual aria coraggiosa infetta la letteratura al par di quello de’ tempi di Seneca, di Petronio in Roma i de’ Sofisti in Grecia, per cui peri ogni gusto di Tullio e di Livio, di Pericle e dì Demostene, di Tucidide, di Senofonte. Questa ì: la falsa eloquenza perche nemica delle ¡mmagini, delle metafore, del colorito, e della luce d’immaginazione, di tutte infin le visioni dell’anima creatrice, e uno stile che non dipinge nulla, o tutto al più si rassomiglia alle figure disegnate al lapis con pure linee senza chiariscuri, e senza colori, il che tanto nuoce alla prosa, e strugge tutta la poesia, che vuol quadri, e lumi or più grandi or meno, or in tutro il lavoro, or sin nelle espressioni più minute dette perciò pittoresche, che fanno il linguaggio de’ poeti.

Omero, Virgilio, Orazio, Petrarca, Ariosto e gli altri non parlano che con questo non scio nelle gran scene dell’epica e della lirica, [p. 90 modifica]pa, ma in ogni frase eziandio dello stil pre?

cettivo della georgica, e delle satire, e dell5 episrole, benchè sermoni propiora, benchè in oggetti meccanici e triviali, che quindi fannosi più gentili, più grati, pieni d’anima e vita, e son perciò una visione continua, in una parola son poesia. Trovasi questa sin nelle pistole familiari scritte da una fertile e ridente immaginazione, e dal suo pennello or dilicato e tenero, come il sogliono aver le donne, or vivo e ardito, come l’han Cicerone, ed Annibai Caro, e l’avrebbe ancor Plinio, se noi guastasse quell’aria d’ingegno, e quell’affettazione di acutezza, che guasta il naturale, e lo spontaneo più necessario di tutto in quello scrivere. Noi pur troppo omai più non conosciamo questo stile, e la nostra poesia divien francese ogni giorno, cioè prosaica, e la nostra prosa diviene scolastica e pedantesca. Nel che meritiamo tanto più biasimo, quant’è la nostra lingua più ricca di lumi, di colorito, di vivacità, mentre i francesi lamentansi della loro troppo timida, e smorta, rroppo modesta e schiava di regole. L’animarla e darle colori è il [p. 91 modifica]sommo sfor-cfòrzo de’suoi poeti, che disperando di riuscirvi preferiscono di far prose poetiche, come fecesi pel Telemaco, e fanno oggi insir.o i fisici ed i filosofi in Francia.

A concludere T argomento io dico tre esser l’interne visioni trasformatrici delle vedute esterne per forza d’:mmagiruzione; La prima si è quella delle gr;m scene anzi teatri dell’epica, della tragica, della comica, dell’oratoria, e dell’altre composta d:. molti attori e personaggi, di moiri affètti, contrasti, vicende e catastrofi, che è la gran scuola della vita umana, lo specchio delle passioni., La seconda è la rappresentazione di una s’jh figura o persona, che non esiste in natura, ma tal diviene per la visione interna trasformarne/ simbolica a farne un quadro magnifico, qual conviene a più brevi poemi, a’nostri sc-olti,/lle canzoni elevate. Tal è il Proteo del quarto della georgica, la Calliree della sifillide ( ben altro poema che non quella lusiade sì decantata del Camoens sopra le cose indiane ) la fortuna del Guidi, ed altri simili personaggi.

La [p. 92 modifica]La terza è quel continuo idoleggiare e dipingere anche in prosa, ma naturalmente, ogni cosa per graziose metafore e immagini e similitudini chiuse in una parola, in una frase per quella gaia fantasia simile ad ambra scaldata, che tutto a se trae, a miniatura de' più fini colori, a limpido fonte, donde traspaiono l'erbe del fondo, e la ghiaia in più vaga luce. Così scrivono l’Algarotti, ove particolareggia, per usare il termin dell’arte, così Tornielli, che insieme unisce anche gli altri due gradi, e Ceva nella vita di Lemene, e Martinetti, ed altri. Ci vuol però molta sobrietà per non dar nel ieccato, o ne! puerile, la qual non raèho è necessaria a chi grandeggia in magnifiche scene e personaggi per non dare nel gigantesco, perchè l’une e T altre visioni devono temperarsi con quel lume nativo e giusto d’un terso specchio, non con quelli del microscopio o del telescopio oggi troppo venuti in uso nell’eIevazione or gonfia e forzata, or languida e inanimata de’ nostri poeti e prosatori, come altrove ne reco palpabili esempli.

A ristringere il sin qui detto per [p. 93 modifica]conclusione io dico, che il vero poeta, e così il vero pittore, e gli altri aver dee non solo una fantasia pittoresca per imitare con vivi colori gli oggetti offerti a’ suoi sensi, e per essi al pensiero la più forte e la più vivace, ma che dotato esser dee della più destra ed agile facilità per riprodurli nel miglior lume davanti agli occhi, ed all’anima altrui. Che se giugne ad arricchirsi di molte immagini belle ed illustri la memoria in lungo studio ed uso, quasi una galleria splendida di bei quadri, e di statue eccellenti, di chiari fatti o storici, o favolosi, allora ei da sestesso compone nuove pitture e simolacri spiranti vita, bellezza e valore, e di molte parti disperse e nobilmente da lui raccolte e combinate produce le novità più mirabili, delle quali non dà la natura, e non ha modello. Così divien creatore per la sola forza dell’interna visione.