Dell'entusiasmo delle belle arti/Parte I/Rapidità

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Rapidità

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RAPIDITÀ’.


Abbiamo di sopra accennata la mobilità dei fantasmi nelle loro combinazioni, cd associa-., zioni in,- sui teatro della immaginazione; e qui dee dirsi esser questo un teatro per cagion loro tumultuoso, e agitatissimo, onde /».

l’anima più si diletta più usando di sua attività nell’intrecciare, ordinare, chiamar, rimandare que’personaggi indocili, e indisciplinati. Ciò sentesi nella elevazione, e nella visione principalmente. Allora dicono i poeti d’entrar in furore di provar l’incendio d’esser ebbri, e forsennati. ( i ) Qu-.i; impeto, quel trasporro, quello io chiamo rapidità,?a qual siccome è ai fatica agli organi, così poco dura. Quindi non soffre inciampo di leggi, ama scorrer libero, aperto. £ una piena j che trabocca, e seco I’acqua ( i ) Animcrum incendia celeriter restinguumur. Cic.

Est Deus in nobis agitante calescimus ilio!

Impetus hic nostra semina mentis habet!

Impetus i/le jacet vatum qui peEiora nutrii!

E cento altri d’Ovidio, e di molti. [p. 95 modifica]

Rapidità*.py acqua porta, e i sassi, la miniera, e il fango. Ma quella miniera è d’oro finissimo, che si raccoglie poi lasciando la feccia, ella è quella pesca, in cui tu girti la rete talora inutilmente, ma vien quel colpo felice, in cui ci trovi e perle, e coralli, e pesci eletti in gran copia, separandone poscia, e purgando le chiocciolette, e l’alga, che v’è mescolata. Convien prendere qnei, momenti, perchè passano, nè piìi ritornano, e dità^lmeiv re si ricorda ciò, che si vide, e sentì. Cade un velo improvviso dopo quel rischiaramento, e non vedi più nulla, cadi tu stesso dall’alta sfera, ove le penne t’avean levato dall’estro, e non sei più, che un’uomo ordinario. E quindi alcuno da me conosciuto s’alzò di letto a metter in carta la tessitura, e molte immagini, e il primo canto intero d’un poema, che a risvegliarsi una mattina con mente più vegeta gli fu spirato, e presentato senza fatica improvvisamente.

Qualche pittore mancandogli tavolozza, e pennello prese un carbone dal focolare, e dipinse sulla parete d’un’osteria tal figura natagli in capo repente, che poi si coprì eoa crii [p. 96 modifica]crist.ilio’, Dell’Ariosto mostravasi una pelliccia, che ove era spelata per logoramento, avea segnati con lapis versi, ed ottave occorsegli lontan di casa, e così altri furono spesso costretti dall’impeto a metter così in sicuro, e sfogar ciò, che perdere non volevano, o non potean trascurare, e che poi si trovò più bello, che le studiate lor produzioni. E debb’esser così, perchè nascono in quel caso dalla vera sorgente, e spontanea dell’en, tusiasmo.

Non è in nostra mano il momento felice.

Talor vengono quasi repentine ispirazioni dall’alto i pensieri più felici, e più ardenti insieme; nè noi sappiam d’onde. Com’entra la luce negli occhi nostri, come una bella fSsonomia ci và al cuore, come nna voce ci tocca l’anima senza volerlo; così abbiamo in istanti un felice entusiasmi. Ma quindi appunto è la sua forza maggiore e robustezza, e di tali istanti nacquero i passi più prepotenti degli scrittori, i pensieri più grandi, e le pennellate più risentite dell’arti, perchè quell’entusiasmo repentino, e violento alza, domina, e trasporta rapidamente il poeta, e<i [p. 97 modifica]ed egli così investito e spinto con forza ab batte ogni ostacolo di rima, di misura, di regole, che attraversano la sua strada. Prima del caldo, e del furore sente no;a, ed inciampo, scrive, ma non ¡scolpisce, riescono i versi stentati, i suoni inarmonici, tutto risentesi dell’umana fiacchezza; ma tosto, che quel fuoco animoso il sorprende ed investe, le rime, i pensieri, il numero e Tespressioni ei signoreggia sovranamente; anzi per quegli ostacoli più si desta, e s’innalza, e più divora la strada animoso. Nell’Ariosto potrebbono più facilmente, che in altri mostrarsi a dito i momenti felici dell’entusiasmo a confronto dei luoghi, ne’quali sol fa delle ottave, o verseggia a trastulio per fuggir noia.

I poeti, e le poesie di fatto più povere di cotai rapimenti improvvisi quelle sono, che ne riescono insulse, e spiacevoli, che per istile snervato e imbelle, o per molli e lusinghevoli amori senza calore tanto torto hanno fatto alla poesia presso al mondo, e a lei meritarono quelle accuse tra noi sì frequenti di nodrir l’ozio, d’avvilir l’animo, Tomo III. H di [p. 98 modifica]di pervertire i talenti. Quali infatti son lu poeue di coloro, che si prescrivono’ tanti versi per g/orno, una scena o un au0 per settimana, un dramma al mese, come fassi a misura e a giornata? Quali i poemi fatti per ozio per far un tomo, per esser aurore stampato? Voi li vedete sempre d’una fisonomía tranquilla, d’un lavor regolato, d’un animo indifferente prender la penna e deporla, trattar un negozio e seguire il canto, non mai sturbati, non impazienti far versi e scriver lettere, alternare le cure domestiche, e i socievoli utfizj col maneggiare la lira o il pennello. Alai augurio feci io sempre di quel poeta o pittore, che sempre m’accolse in mezzo al suo lavoro senza dar segno di no;a e di mal umore al vederlo interrotto.

Così parmi avrà fatto il Trissino allor che componeva l’Italia liberara, o la Sofonisba, così mille cinquecentisti scrivendo loro commedie, e canzonieri, e orazioni, e così fanno i poeti e i pittori mediocri, perchè senza fuoco, senz’estro, senza rapidità. Vidi invece negar l’ingresso ad ognuno, o sdegnarsi con gl’importuni chiunque era preso [p. 99 modifica]dall’un-impeto dell’entusiasmo ne’buon momenti, passati i quali era poi più conversevole e lieto quasi scarico d’un gran peso. Quindi paiono stravaganti e bisbetici i poeti, e i pittori agli sfaccendati, che lor fan visite fuor di tempo, e cercano conversazione quando il compositore conversa appunto colle sue immagini, e suoi fantasmi rutto assorto e> taciturno nel suo altissimo rapimcnro, e quindi pur si fuggivano in solitudine Omero, Virgilio, e P Ariosto, e chiudevansi Michelangelo e Raffaello nella cappella sistina, o nelle logge vaticane, Paolo, Tinroretto, e Tiziano nelle sale di S. Marco imponendo silenzio a lor discepoli, e scacciandone i curiosi, come abbiam dalle storie. Talee l’indole della rapidità dell’entusiasmo, e tal si vede nelle grand’opere di pittura e di poesia piene però di forza, e di grandezza.

Se difetto vi sia, con l’animo riposato poi si tolga. Ag£,;ugnesi, o levasi, i contorni finisconsi secondo P arte, ma la figura, che uscì allora non si farebbe altrimenti, e non ma! si potrebbe condurre a quel getto gran, dioso, e sovrano. Non e certo sino allora [p. 100 modifica]{{Pt|Dito il lavoro, perchè non è stata opeza, se non che d’istinto, e d’impeto, avvenendo di rado, che in quel tumulto, in quella tnultiplicità d’Oggetti affollati non sia qualche confusione, o irregolarità, che a miglior tempo s’emenda, cioè quando, posato il furore, sopravvenga il giudizio a discernere, ed ordinare, e trascegliere tra que’confusi materiali ciò, che stà bene a mettersi in opera, e giovi alla fabbrica. Quelle ardite vivacità, e quegl’imperfetti ornamenti, que’raccozzamenti, ed ammasi fortuiti e tumultuosi son come un popolo strepitoso, disse un ottimo conoscittore, che al suon del tamburo corrono in folla ad arrotarsi nella milizia, che non tutti si prendono, ma i soli più atti alla guerra. Ma bisogna intanto, sinchè dura il caldo, gittar giù, come vuol l’estro, perchè passa veloce, e non sai, quando torni, e r.on puoi frenarlo, o regolarlo, o ritenerlo; e guai a te, se durasse uno stato sì violento più del dovere, che avviene pur rroppo a molti per tale sforzo di fibre, e di nervi indiscreto d’aver avuta k testa o per sempre, o per lungo tempo inabile ad ogni } [p. 101 modifica]appli-Vacazione. Gli studi però ai tal genere son perniciosi agli organi, logorali l’uomo, e lo struggono, mentre i tranquilli, e lenti studj anche di òtto, o dieci ore al giorno ti lasciano andar tutta la vita senza danno della salute; cosa che parvemi strana vedendola negli studiosi in Germania, prima che avessi pensato a tal differenza, Anche per questa rapidità propria dell’entusiasmo si riconosce a lui necessaria la liberti, di cui parlammo di sopra, anzi ogni liberta, libertà da precetti, e precettori, libertà da riguardi, o timori, libertà infine da tutto ciò, che può impedire quel rapido corsa, e mèttere inciampo a quell’impeto, e ispirazrone, e furor non umano. Se il giudizio, e la ragione, che sono i freni di questo corsier generoso, ed ardito, vogliono regolarlo, ei va passo passo, perde il coraggio, resta mediocre il tentativo, nè mai giugner si può al grande, al sublime, al meraviglioso, alTinsolito, che sono la meta e la carriera dell’entusiasmo. Spesso si passa di là verameute, e si dà in ¡stravaganze, e mostruosità con un cavalle sfrenato, che taloi [p. 102 modifica]ci porta ne’precipizi. Ma questa è colpa de’ cavalieri mal destri, e non pratici di così rapido corso, e corsiero. Quando d:cesi,’che vuol libertà, s’intende quella, ch’i propria d’un’indole generosa, e d’una nobile disci.

piina, cioè non servile, non tirannica, non importuna. I veri poeti, pittori, e oratori anche nell’impeto de’ più caldi lor tratti (i), fanno a un di presso il sentiero, che battono, e il fine, a cui vanno, ma ciò senza obbligarsi ad angustie, e a guide ciecamente cieche; anzi lo stesso loro destriero essendo ben educato, e di felice origine fa il suo cammino, e talor guida ei meglio con quel suo istinto ( i ), che tutt’i morsi, e gli sproni, e le verghe far non saprebbono, Non può negarsi però, che pochi essendo di( i ) Ei sa però quel punto Che quasi centro al suo discorso ha fatto, Menzinì Art. Poet.

( i ) Longino dice d’Archiloco, che mancò spesso d’ordine, e d’economia nell’elegie, ma che un ceno disordine meglio dipigne l’agitamento e la forza della passione, [p. 103 modifica]distinti dalla natura, molte volte non veg.

gasi l’entusiasmo produrre opere irregolari, e scorrette per cagione di quella tempera sua tumultuosa, e mal frenata. Quindi è quella, che dicesi ¡prezzatura ne’gran poe.

t;, e pittori, o ne’lor momenti più infiammati; il disordine gli accompagna, e un non so che di selvaggio e d’incolto, come in Dante, dello sregolato, e capriccioso, come nejl’Ariosto, il feroce e Io smisurato in Tintoretto: sono esse tali anime impazienti, insofferenti di giogo, e consapevoli a se medesime di riuscire anche così a qualche cosi d’illustre, e non curanti la lode, e il biasimo de’minuti, e freddi osservatori. In quel bollore come potrebbono consultar la grammatica, o la logica, il disegno, ed il nudo, come scegliere l’ottimo, rifiutare il basso^ frammischiandosi tutto in quel tumulto, mas* simamenre ne’tempi rozzi, che il buon gusto, e l’educazione letteraria non han potuto lor dare un senso giusto, un fino tatto, che a tempo gli avvisi, e rendagli delicati abbastanza. Questo gusto è quel virum yuem di Virgilio, che pur nelle sedizio.

H 4 ss [p. 104 modifica]se commozioni veggono a se davanti; pertsieri, e le immagini, e gl’inquieti fantasmi, e davanti al quale tacciono, e si riordinano, benchè fossero corsi all’armi confusamente* e minacciasser tumulto. Ma questo sì rispettato personaggio non è neppur conosciuto ne’ secoli incolti. La sprezzatura poi presa più strettamente in termin dell’arte è quella, che dà più grandezza all’opere, come il troppo studiò le impicciolisce. Da lei vengono que’chiariscuri della pittura, quegli alti e bassi della musica militare, qu^t contrapposti postici, ed oratori, che fan più impressione passando rapidamente di colore in colore o d’ombra in luce, da una nota posata ad altre fiere e sonore, dal patetico al forte,?

così discorrendo. Il contrario è nelle molli pitture, e musiche, e poesie, cioè nelle finite, e contornate, e degradate, ove le tinte s’impastano e sfumano, le note fluide trasfòndonsi, i versi, e le prose o co’periodi, o colle figure, o colle immagini passan dall’una all’altra insensibilmente.

Ed essendo noi così da natura costituiti, che le sensazioni provate dall’anima non siano [p. 105 modifica]no mai disgiunte in lei da un’ardente impazienza d’esprimerle al di fuori, ed i suoi movimenti a gara succedendosi, ed incalzandosi gli uni gli altri per uscire all’aperto, ciò fa, che in quello stato a que’tòcchi, e risentimenti vivissimi, e repentini di nuove cose, che l’innamorano, e l’incantano, l’ir.ondan d’un’intima voluttà, or l’anima sembri alienata, ed immersa senza poter resistere, senza distrazione in quegli, oggetti noti a lei sola, or destisi, e scuota il corpo meccanicamente senz’ordine, 0 riflessione, sicchè o ride, o canta, o gioisce nella persona con gesti, e moti, e trasporti, che nori s’intendono, ed or tutta fuor prorompendo, urta i pensieri, e sprona gli affetti, parlando vivacemente, o piuttosto precipita m folla i suoi concetti. Il vero poeta non avendo gli organi atti ( quantunque la struttura del suo celsbro sia forse la più perfetta, e gli spiriti, che l’innaffiano, abbiano la maggio: agilità, che aver possano in altri) pur non essendo sì pronti, e pieghevoli, come vorrebbesi a tutto spiegare, afferrare, comprendere, è costretto a tenersi 3 più notabili [p. 106 modifica]li obbietti e principali se ondo l’ordine, od il disordine, in che trovolli o intravvide; onde sembrano poi disgregate, sconnesse, interrotte le idee da salti da slanci da voli, e trasporti, onde quasi una strada scoscesa, e dirupata rassembra a chi non è animato, come il poeta, e non sa supplire colle idee intermedie, che da quel furono tralasciate. Perciò Pindaro a molti non è intelligibile, Orazio oscuro riesce, Chiabrera strano; essendo questi i più caldi per estro d’infra i poeti.