Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro II/CAPO III

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III. Dell’uomo dabbene e pacifico.

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Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo (XIV secolo)
Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
III. Dell’uomo dabbene e pacifico.
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CAPO III.


Dell’uomo dabbene e pacifico.


1. Mantienti prima in pace con teco, e sì potrai rappacificare anche gli altri. L’uomo pacifico è più utile che non il dotto. L’uomo passionato anche il bene rivolge in male, e di leggier vi dà fede. il buono e pacifico reca a bene tutte le cose. Chi sta in bella pace, non sospetta mai di persona; ma quegli ch’è discontento e turbato, da vari sospetti è sconvolto: nè egli riposa, nè altrui lascia posare. Spesso dice di quelle [p. 80 modifica]cose, che tacere era bello; e quelle tralascia, che più gli metterebbe conto di fare. nota quello che altri è obbligato di fare; e quello ch’egli è tenuto, trascura. Sii prima zelante di te medesimo, e allora potrai giustamente essere del tuo prossimo.

2. Tu sai ottimamente scusare i fatti tuoi e colorarli, e alle scuse degli altri non vuoi dar luogo. Tu faresti più ragione ad accusar te medesimo, e il tuo fratello scolpare. Se tu ami d’esser portato, e tu porta gli altri. Or vedi quanto sei ancora di lungi dalla vera carità ed umiltà; la quale con veruno non sa crucciarsi o sdegnarsi, se non solamente con sè. Non è gran cosa l’usare co’ buoni, e co’ mansueti (che questo piace a tutti naturalmente; e ciascheduno volentieri sta in pace, e più ama coloro che sentono come lui); ma con le persone aspre e diverse, o indisciplinate, o con chi ci è contrario saper vivere in pace; è virtù grande, ed opera degna d’altissima commendazione, e magnanima.

3. Ci son di quelli, che se medesimi tengono in pace, e l’hanno pure [p. 81 modifica]con gli altri: e ci ha di quelli, che nè essi hanno pace, nè agli altri la lasciano avere, e altrui sono gravi, ma più sempre a se stessi. e ci sono di quelli, che e sè mantengono in pace, e gli altri si studiano di ricondurvi. Tutta la nostra pace però in questa misera vita è da porre piuttosto nell’umile sofferenza, che nel non sentire contrarietà. Chiunque sa meglio patire, colui avrà maggior pace; questi ha la vittoria di sè, la signoria del mondo, l’amicizia di Cristo, e l’eredità del cielo.