Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni/Libro quarto/20. Coltura

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20. Coltura

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[p. 126 modifica]20. Coltura. — Al principio dell’etá dei barbari, due scrittori rappresentano insieme la condizione delle popolazioni e delle lettere romane: Boezio [470-525] che vedemmo perseguitato, fatto morire da’ goti, Cassiodoro [470-562] che fu ministro di tre o quattro de’ lor re. Il primo scrisse parecchi ristretti di filosofia, rimasti famosi ne’ secoli seguenti fino alla restaurazione degli originali, e in carcere poi il bel libro Delle consolazioni della filosofia; ondeché si può dir ultimo dei romani antichi e primo degli scolastici. Il secondo piú retore, piú intralciato, piú barbaro in tutto, non interessa quasi se non per li fatti che si trovano nelle lettere di lui, e nel ristretto della sua Storia dei goti compendiata da Iornandes. — Gregorio magno [542-604], [p. 127 modifica] scrittore ecclesiastico copiosissimo, si può giá dire scolastico intieramente. San Colombano [540-615] monaco d’Irlanda venuto di colá in Francia, poi in Longobardia sotto Agilulfo e Teodelinda, e fondator del monastero di Bobbio dove furon ritrovati a’ nostri dí parecchi codici d’autori antichi, accenna l’ultimo precipizio delle lettere italiane, che ricevean cosí quasi una restaurazione dall’ultima Irlanda. Paolo Diacono [740 circa-790 circa] il solo scrittore di qualche conto che abbiamo di nazione longobarda, e scrittor unico della storia di essa, ci è prezioso perciò, ci è caro per l’amore ch’ei mostra, scrivendo sotto Carlomagno, a sua gente caduta; ma è, del resto, o pari o di poco superiore ai piú meschini cronachisti dell’etá seguente. Misero ritratto di tre secoli di letteratura! ma che si potrebbe argomentare dalla storia politica; allor sí veramente i barbari distrussero le poche lettere antiche, le molte cristiane che rimanevano. — Delle arti, l’architettura trova sempre qualche modo di fiorire sotto a principi potenti quantunque barbari; e cosí fiori sotto Teoderico, e poi sotto Teodelinda ed Agilulfo. Fu architettura romana, decadente via via piú, non dissimile, ma meno splendida della bizantina; ondeché si vede chiaro qui ciò che del resto ognun sa oramai, quanto sia falso il nome di «gotica», dato poi a quell’altra architettura molto posteriore, tutto diversa, anzi contraria, degli archi acuti e delle colonne sottili. Nella vera architettura gotico-longobarda, l’arco viene anzi abbassandosi, e le colonne ingrossando, e tutto lo stile diventando tozzo e goffo. Il quale poi ritrovandosi tra’ sassoni in Inghilterra e in Francia e Germania fino appunto alla diffusione dello stile acuto e sottile, convien dire che tutto quel primo stile pesante chiamato «sassone» da alcuni, venisse dal romano-gotico-longobardo. E ciò si fa tanto piú probabile, che dalle leggi longobarde abbiamo un cenno di una quasi societá di maestri muratori settentrionali d’Italia (magistri comacini), i quali aggirandosi tra noi e probabilmente anche fuori, mantennero e diffusero l’architettura, lo stile italiano imbarbarito; e furono forse origini di quelle societá o confraternite o gilde di muratori od architetti, che si ritrovano quattro o cinque secoli appresso; e che [p. 128 modifica] si pretendono origine esse di quella societá o setta segreta de’ franchi-muratori, modello poi o madre stolta e brutta di piú brutte e piú stolte figliuole. Del resto, que’ maestri scolpivano probabilmente e dipingevano quel pochissimo che era da scolpire e dipingere ne’ poveri edifizi edificati da essi. Onde anche quell’altro nome di «stile greco», dato alle pitture e sculture tozze e goffe di que’ tempi, sarebbe forse da mutarsi tutt’insieme in quello di «stile italiano imbarbarito»; piú brevemente, «stile comacino».