Discorsi di guerra/Profilo di Paolo Boselli

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Eugenio Valli

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Capitolo I
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Profilo di Paolo Boselli


Emerson avrebbe classificato, senza alcun dubbio, Paolo Boselli, nella categoria degli uomini rappresentativi. Infatti, egli rappresenta, in grado eminente, nell’attuale momento storico, il popolo italiano, non solo perchè ne dirige il Governo, ma anche, e ben di più, perchè incarna, in se stesso, le qualità del nostro recente passato, le aspirazioni e le determinazioni nazionali, in quest’ora, sublime e decisiva, della nostra esistenza futura.

Ma, anche in un senso storicamente più esteso, Paolo Boselli, può qualificarsi un uomo rappresentativo della personalità italiana. Noi abbiamo sempre contemperato e fuso il culto dell’ideale col giudizio e coll’esperimento pratico della vita, la sollecitudine ardente del buono con la costante visione del vero. Perciò, la nostra rivoluzione s’è alimentata, fino nei suoi più remoti incunaboli, s’è svolta e compiuta, senza patiboli, senza rappresaglie, senza stendardi terribili o utopistici. E con la saviezza di prudenti e apparenti rinuncie e di necessarie dilazioni, oppure di affermazioni superbe, [p. vi modifica]proclamate da Cavour, sotto l’ëgida di un gran Re, coll’ausilio miracoloso di Garibaldi e Mazzini, eterni, nella quadruplice ed eguale gloria, l’Italia ha risalito il Campidoglio, attraverso difficoltà, battaglie, congiure, capestri, affrontando un problema che forse nessun popolo avrebbe potuto condurre a tale meravigliosa, feconda e indistruttibile soluzione.

Perciò, la nostra azione, in pace e in guerra, ha potuto e può svolgersi, con vigorosa efficacia e sacrifici enormi, senza precipitare, per tirannia di logica rigidità, negli orribili abusi del diritto di guerra, che hanno fatto stendere, attorno ai nostri nemici, una barriera infrangibile, dall’intero mondo civile.

A questa armonia di doti, d’animo e d’intelletto, corrispondono, in Paolo Boselli, tutte le manifestazioni della mente e tutta l’opera svolta nel Parlamento e nel Governo. L’acume e la precisione del giurista e dell’economista gli hanno conferito, fin dai giovani anni, autorità indiscussa, in materia di finanza e di diritto marittimo.

Nella discussione di innumerevoli progetti di legge e nella difesa dei rispettivi bilanci, come Ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio, delle Finanze, del Tesoro, dell’Istruzione, nessun angolo, pur remoto, delle più gravi questioni lo colse mai impreparato o incerto. Tutto aveva sempre previsto e frugato in [p. vii modifica]antecedenza, con acuta indagine e tutto fu egualmente pronto a discutere con parola illuminatrice. E quando fu posto a capo di una Associazione, nobilitata da una altissima idea patriottica, come la Dante Alighieri, l’opera di Paolo Boselli, si svolse e si affermò, così rapida e feconda, come se ciascuna delle sue qualità antecedenti di parlamentare e di Ministro si fossero riassunte in quest’anima, prudente e vigile, per tener accesa la fiamma della Patria, completa e immortale.

Tanta armonia di facoltà, sempre più rara ormai nelle Assemblee elettive, conferisce nobiltà di arte anche ai suoi discorsi di materia finanziaria, commerciale e marittima, mentre i saggi storici e biografici, dedicati da lui agli eroi del nostro Risorgimento, si elevano ad altezza di vera poesia. Nessuno può leggere la commemorazione di Goffredo Mameli, senza ammirare la fedele evocazione storica d’un epoca eroica e del poeta soldato che ne impersonava la virtù, passando dalle speranze della giovinezza al Pantheon dell’immortalità. E nessuno ha potuto ascoltare il discorso pronunciato da Paolo Boselli in Campidoglio, presiedendo alla commemorazione di Giovanni Bettolo, alla vigilia di assumere la direzione del Governo, senza pensare con profondo cordoglio alla tragica sorte dell’Ammiraglio, che tutta la marina aveva, per tanti anni, considerato come l’uomo destinato a guidarla alla [p. viii modifica]vittoria e che, nato troppo tardi per poter affermarsi come capo nelle guerre dell’indipendenza, e troppo presto per poter partecipare a questa guerra di definitiva redenzione, non ha potuto dividere con la sua marina, durante gli ultimi giorni della vita, i perigli di questo grande cimento.

Nell’uno e nell’altro caso, la evocazione della personalità del commemorato rivelava nell’oratore quella intuizione psicologica, che è dote essenziale del vero storico, come dell’uomo di governo. Dello storico, al quale, dati e fatti, relativamente alla realtà poco numerosi, bastano per ricostruire, come se fosse rievocato alla vita, il carattere di un uomo o di un’epoca; dell’uomo di governo, che da scarse notizie e da poche manifestazioni, riesce a comprendere, in un momento critico, le tendenze e la volontà della nazione.

Ma, in questi discorsi, come in quelli parlamentari, una gran parte dell’efficacia dell’oratore è anche dovuta all’altezza del suo carattere. Macaulay, parlando di Guglielmo Pitt, giustamente pone in rilievo, che il risultato dell’eloquenza dipende in gran parte dalla tempra dell’oratore.

Questo si impone all’uditorio con un dominio cui pochi possono sottrarsi, quando loda in altri e ad altri raccomanda le virtù delle quali la sua vita possa essere esempio. E di Paolo Boselli come di Gugliemo [p. ix modifica]Pitt, può a buon diritto affermarsi che, dalla scrupolosa irreprensibilità della vita privata, molta intensità di efficacia è derivata alla sua attività politica. Nella casa, esempio di virtù famigliari, nel Parlamento e nel Governo, modello di disinteresse austero, nei rapporti sociali prodigo con tutti di una amabilità semplice, che non apparisce indulgenza artificiosa, rivelando sempre un’armonia di virtù e di energie, che ne avvicina il carattere a quei tipi dell’antichità classica che ha nutrito i suoi studi e confortato i suoi ozi in ogni età della vita.

Completa l’ascendente dell’uomo, la giovanile freschezza dell’intelletto. Ogni famiglia ama il suo capo. Ogni Assemblea, ed in particolare ogni Assemblea legislativa, ama il suo decano. Ma tanto più una famiglia è orgogliosa del padre, quanto più questi, nel guidarla, specialmente negli ardui cimenti, possa gareggiare con i figli e perfino superarli nella energia del pensiero e nella vigoria dell’azione. Come Gladstone, superato l’ottantesimo anno, sosteneva la più ardua delle battaglie parlamentari; come Ardigò che, ad 89 anni, difende con mirabile forza d’argomenti e di stile, il suo sistema filosofico, così, Paolo Boselli, fondendo il prestigio della vecchiaia con la energia della giovinezza, ha parlato all’Italia ed ha operato e opera per l’Italia, in queste ore solenni. [p. x modifica]

Oggi, a Roma, a presiedere il Consiglio dei Ministri, a conferire con i rappresentanti degli Stati alleati o neutrali, a discutere con i meno conciliativi rappresentanti, del meno governabile dei partiti; domani, a S. Giovanni di Moriana, per ardui dibattiti e provvidi accordi con i governi degli Stati alleati; un giorno, a Milano, dove, a dieci riprese, nel corso della giornata, arringa le moltitudini più diverse, dovunque prodigando, con la stessa efficacia, una eloquenza nutrita di argomentazioni chiare e di fatti precisi, vibrante d’ardore patriottico e di quell’entusiasmo sincero che ad ogni gruppo di uditori si comunica e si impone; un’altro giorno, in Parlamento, dopo una serie di sedute tempestose, coordinando le forze degli amici, rintuzzando gli assalti degli avversari, conduce, intatta, nel porto di un voto di fiducia, una nave che pareva condannata ad infrangersi contro gli scogli dell’opposizione; ancora, un’altro dì, nel Consiglio Provinciale di Torino, che presiede da 36 anni, a dirigere con l’usata maestrìa la discussione; ma, occorrendo, pronto a respingere, con signorile sobrietà le affermazioni degli avversari, sferzando con severità classicamente aristocratica, i deficienti di patriottismo.

Per l’armonia delle doti migliori, rispettivamente prevalenti, in vari tipi di uomini di Stato, Paolo Boselli, ha potuto combinare, nelle circostanze più diverse, la [p. xi modifica]efficacia della propria opera con la popolarità della propria persona. Ecco perchè, se i timori di un tepido cittadino o lo scherno di un cinico cosmopolita rivelano davanti a lui un sintomo di sfiducia, oppure un pericolo di fellonìa, l’anima sempre giovane del grande vegliardo sa rispondere al primo, con la convinzione più suggestiva, ribadendo l’assoluta certezza della vittoria, e sa battere il secondo, con fieri accenti che sembrano la rampogna di quattro generazioni di apostoli e di martiri del pensiero italiano.

Se, volgendo la mente all’avvenire, oltre la guerra, taluno si mostra davanti a lui sgomento dalla grandiosità delle possibili conseguenze economiche; oppure se altri, scambiando per aurora d’una vita nuova dell’umanità la presente ora delle alleanze, invoca, fin da adesso, stabili assetti federativi, che non potrebbero essere senza pericolo, per le individualità di molte nazioni, il timore degli uni è dissipato dal sapere del giurista e dell’economista che conosce e valuta le energie della economia nazionale e non ne ignora le più valide difese, e il temerario semplicismo degli altri è ammonito e frenato dal patriottismo pratico dell’uomo di Stato al quale la storia e la intuizione hanno insegnato quanto sia pericoloso pregiudicare, con anticipazione troppa copiosa d’impegni, la completa libertà delle iniziative future. [p. xii modifica]

Mentre Paolo Boselli parlava, con paterna eloquenza, agli operai di Milano, pareva l’araldo di una nuova civiltà e di una nuova armonia di convivenza fra le classi sociali; armonia fondata, come ha detto testé ai laburisti inglesi il primo Ministro d’Australia, non sull’equilibrio meccanico derivante dal contrasto di interessi diversi, ma sul risultato della loro cooperazione ispirata e governata dalla giustizia.

Fervido, così nell’evocare davanti un commosso uditorio di cittadini, quelle recenti glorie della nazione delle quali è stato testimonio, come nell’additare alla nazione la mèta alla quale devono giungere la lotta degli eserciti e il sacrificio dei cittadini non combattenti; guida conciliatrice d’elementi diversi, lealmente fusi in questo divino sforzo della Patria, Paolo Boselli, può bene considerarsi come l’uomo rappresentativo della nostra antica razza, rinverdita e ringagliardita dai nuovi germogli, che ci rendono degni dell’ammirazione degli stessi nemici e ci esaltano, legittimamente, davanti al mondo intero.

Roma, ottobre 1917.

Eugenio Valli
Senatore del Regno