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Dizionario mitologico ad uso di giovanetti/Mitologia/O

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O

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Mitologia - N Mitologia - P

[p. 209 modifica]Occasione,divinità allegorica che presedeva al momento il più favorevole per riuscire in qualche intrapresa. Per ordinario è rappresentati sotto la figura di una emmina nuda e calva di dietro, avendo solamente la capigliatura sul davanti della testa; con un piede sospeso in aria, e l'altro sopra una ruota: tenendo un rasojo in una mano ed un velo, nell'altra, è talvolta in atto di camminare velocemente sul taglio di un rasòjo senza ferirsi. Questi simboli dinotano che bisogna afferrare la occasione pei capelli, vale a dire nel momento stesso in cui si presenta, perchè è volubile e fugace; ciò che viene espresso dalla ruota e dal piede in aria. Il rasojo significa che ove presentisi la occasione favorevole, bisogna troncar subito gli ostacoli, che potrebbero impedire di profittarne. Fig, 55.

Oceano, il primo dio delle acque, figlio del Cielo e della Terra, padre degli Dei e di tutti gli esseri, secondo il sistema di Talete, il quale pretendeva chel'acqua fosse la materia prima, ond'eran formati tutt'i «corpi. Sposò Teti da cui ebbe molti figli. Si rappresenta sotto la figura di un vecchio assiso sulle onde de

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mare, con una picca in mano, ed accanto a lui un mostro marino. Tiene un'urna in atto di versar acqua, simbolo del mare, de' fiumi e de' fonti. Fig. 56.

Osta, monte in Tessaglia fra Pindo e Parnaso, celebre per la morte dì Ercole, che ivi bruciossi su di un rogo.

Olimpia, citta di Elide nel Peloponneso, celebre per lo tempio di Giove Olimpico, e per li giuochi Olimpici. Questo tempio era tutto circondato da colonne nel di fuori, e vi erano poste delle pietre di una bellezza singolare. L'edifizio aveva settantotto piedi di altezza ed ottantacinque di lunghezza. Era coverto di un bel marmò pentelico tagliato a forma di tegole. Alle due estremità della volta elevansi due calderoni di oro sospesi, e nel mezzo una vittoria di bronzo dorato sostenuta da uno scudo di oro. La statua del dio, lavoro di Fidia, era di oro e di avorio. Giove vi compariva assiso sul trono, con una corona di frondi di ulivo sulla testa, tenendo a man dritta una vittoria, arco dì oro e di avorio, adorna di picciole bende ed a sinistra uno scettro, sulla cui punta posava un'aquila, ed in cui riluceva ogni specie di metalli. Il trono di Giove risplendeva dappertutto di oro e di pietre preziose. Nel di sopra della testa del dio erano situati da una parte le Grazie e dall' altra te Ore, la une e le altre come figlie dì Giove.

Olimpici, giuochi cos' nominati da Olimpia città di Elide, presso cui celebravansi. Questi giuochi che facevansi in onore di Giove Olimpico cominciarono [p. 211 modifica]311

ca 776. anni avanti l'era volgare. Secondo la comune opinione furono, instituiti da Ercole. Per qualche tempo ne fu interrotta la celebrazione; ma Pelope, e dopo di lui Ifito, li ristabilirono, e ne accrebbero là pompa e la magnificenza. Avevano luogo ogni quattro anni compiti; sicché un giuoco ricorreva nel quinto anno dopo il precedente. Lo spazio che vi era tra una celebrazione di giuoco e l'altra, chiamavasi Olimpiade, maniera celebre di contare gli anni nella storia antica. Ecco l'ordine e la disciplina che si osservavano in questi giuochi. Facevasi prima di tutto un sagrifizio a Giove indi davasi principio ai giuochi col Pentatlo (1); seguiva indi la corsa a piedi; dipoi la corsa de' carri e de' cavalli. Questi giuochi duravano cinque giorni, perchè un solo non sarebbe bastato per tutt'i combattimenti che vi si facevano. Era proibito alle donne ed alle giovinette di assistervi sotto pena della vita, e financo di passare l'Alfeo durante la loro celebrazione. I vincitori erano sommamente onorati nella loro patria, poichè erasi nella opinione ch'essi le recassero molto onore, e godevano grandi prerogative.

Olimpo , monte famoso tra la Tessaglia e la Macedonia. Credevasi che Giove con tutta la sua corte facesse quivi la sua ordinaria resideaza.

Omfale , regina di Lidia nell' Asia minore. Ercole allorché viaggiava, s'intertenne in casa di questa principessa ch'era bellissima, e se ne incapricciò a segno che obbliando il suo valore e le sue imprese, per

dedicarsi ai piaceri di amore, giunse ad abbigliarsi da


(1) il Pentatlo contendeva **** la corsa. [p. 212 modifica]212

femmina, e adattando alle forti sue mani la conocchia ed il fuso di Omfalo, occupossi à filare insieme con lei.

Oracoli , Appellavansi con tal nome le risposte che davano i sacerdoti e le sacerdotesse de' falsi dei a coloro che andavano a consultarli intorno a ciò che dovevano fare o che doveva accadere. Queste risposte erano per ordinaria ambigue e quasi sempre fallaci. Davasi anche il nome di Oracoli ai differenti luoghi, ov' erano stabiliti, come l'Oracolo di Delfo, l'Oracolo di Cuma etc.

Ore, figlie di Giove e di Temi. Omero le chiama le portinaje del Cielo e loro attribuisce la cura di aprire chiudere le porte eterne dell'Olimpo. I Greci dapprima non riconoscevano che tre Ore, ma poiché il giorno fu diviso in dodici parti eguali, il numero delle Ore fu portato fino a dodici, tutte a servizio di Giove. Furono incaricate della educazione di Giunone, ed ebbero la cura del carro e de' cavalli del Sole. Gli Ateniesi loro offrivano de' sagrifizj, pregando queste deità di dar loro un calor moderato, affinchè, col soccorso delle piogge, i frutti della terra venissero lentamente a maturare. Le Ore si rappresentano con le ale di parpaglione, accompagnate da Temi, sostenendo dei quadranti, ovvero degli orologi.

Oreadi, ninfe de' monti. Davasi questo nome anche alle ninfe del seguito di Diana, perchè questa Dea frequentava i monti insieme con le sue seguaci.

Oreste, figlio di Agamennone e di Clitennestra. Era [p. 213 modifica]313

ancor giovinetto allorchè ma padre, di ritorno da Troja fu assassinato da Clitomnestra e da Egisto di lei amante e corrèo. Elettra riusci a sottrarre Oreste suo fratello al di loro furore, facendole ricoverare presso suo zio Strofio, re di Focide. Quivi Oreste strinse con Pilade suo cugino, figlio di questo re, quell'amicizia che gli rese indivisibili. Oreste, divenuto adulto, formò il disegno dì yendicar la morte di suo padre, abbandono la corte di Strofio insieme con Pilade, entrò segretamente in Micene, e si nascose io casa di Elettra. Prima di tutto si concertò di far correr voce che Oreste era mono. Egisto e Clitemnestra ne sentirono tanta allegrezza che recaronsi sotto al tempio di Apollo per renderne grazie agli dei, Oreste scortato d'alquanti soldati, penetrò pel tempio, disperse le guardie e di propria mano uccise sua madre e l'usurpatore. Da quel momento le furie cominciarono a tormentarlo. Recossi prima in Atene, ove l'Areopago lo espiò del suo delitto; ed indi fu espiato dai Trezenj, commossi dalle sue sventure. Dopo queste espiazioni, Oreste fu ristabilito né' suoi stati da Demofonte re di Atene; ma non cessando le Furie di tormentarlo, andò finalmente a consultar l'Oracolo di Apollo, da cui intese che, per liberarsene, dorava andar nella Tauride ad involar la statua di Diana, e liberar sua sorella Ifigenia. Recatosi colà insieme con Pilade, furono amendue arrestati per ordine di Toante, re di quel paese, il quale avendo saputo che uno di essi era Oreste, ordinò che fosse sagrificato. Era costume per altro d'immolare gli stranieri che approdavano in quella penisola. Siccome Oreste era conosciuto solamente di nome, Pilade, per salvar l'amico, disse ch'egli era Oreste: questi all' 140 [p. 214 modifica]incontro non sopportando che Pilade morisse in sua vece sosteneva ch'egli veramente era Oreste. Un si generoso contrasto di due amici, che volevano morir l'uno per l'altro, andava a terminarsi col sagrifizio di Oreste. Questo giovine principe era sul punto di ricevere il colpo mortale, allorchè Ifigenia sua sorella, sacerdotessa di Diana, lo riconobbe. Ella fece allora destramente sospendere il sagrifizio, persuadendo il re che i due stranieri essendo rei di omicidio, non potevano esser immolati se prima non fossero espiati; che la cerimonia doveva farsi sul mare, é che la statua di Diana essendo anche profanata da questi empj, dovevasi purificare. Ifigenia essendo salita sul vascello di suo fratello, prese la fuga insieme con lui e con Pilade, è né portò via la statua della dea. Alcuni dicono che prima di partire, Oreste uccise Toante. Dà quel momento le furie cessarono di tormentarlo. Dopò il suo ritorno marito Elletra a Pilade: pensò anche a ricuperare Ermione, figlia di suo zio Menelao e di Elena, che gli era stata promessa in isposa, e ché gli era stata tolta da Pirro. Avendo saputo che questo suo rivale era andato a Delfo, egli vi si recò insieme con Pilade, e fece correr voce che Pirro era ivi andato per riconoscere il tempio, ed involarne i tesori. I Delfj armati all'istante, assediarono Pirro da ogni lato; e lo caricarono di dardi. Egli morì a piè dello stesso altare di Apollo. Oreste in seguito sposò Ermione, è dipoi visse molto tranquillamente ne' suoi stati: ma essendo andato in Arcadia, fu ivi morsicato da un serpente e vi morì in età di 90 anni. Pretendesi che Oreste fosse un gigante, al quale attribuivano "*tè etti* di altezza.

1 [p. 215 modifica]Orfeo, figlio di Apollo e di Calliope, o secondo altri, di Oeagro e di Polimnia. Suonava così bene la lira che gli alberi e i sassi abbandonavano il loro sito, i fiumi sospendevano il loro corso e le bestie feroci affollavansi intorno a lui per udirne il suono. Amò perdutamente Euridice sua moglie, ed ebbe la disgrazia di perderla per un accidente, di cui non potè mai consolarsi. Passeggiando ella un giorno insieme con una moltitudine di Najadi in una prateria smaltata di fiori, disgraziatamente pose il piede sopra un serpente nascosto sotto l'erba, da cui fu morsicata nel tallone, ed alquanti giorni dopo ne morì. Opinano altri che fu morsicata dal serpente nell'atto che fuggiva le persecuzioni di Aristeo, figlio di Apollo e della ninfa Cirene. Orfeo, disperato per tale sciagura, prese la sua lira e discese all'Inferno per ricercarvi Euridice. Fece ivi risuonare concerti così armoniosi, che le ombre intenerite non poterono ricusare le loro lagrime alla sua disgrazia. Tantalo obbliò la sua sete. La ruota di Issione fermossi. Gli avvoltoj, che straziavano il cuore di Tizio, gli diedero qualche triegua. Danaidi cessarono di affaticarsi a riempiere la loro a**fe te; e Sisifo si assise sopra il suo sasso. Dicesi che anche le Furie s'impietosirono, e piansero per la prima volta. Finalmente Plutone e Proserpitìa lasciarono placare, e condiscesero, a restituire Euridice ad Orfeo, a condizione che non si rivolgesse indietro a guardarla, fintantochè non sarebbe uscito dall'inferno. non aveva che un sol passo a fare per rivedere la luce insieme con la sua bella Euridice; ma egli si arresta ed impaziente, di vedere se ella seguivalo, si rivolge indietro, e sul momento Euridice gli viene involata. Stende ella verso di lui le braccia; Orfeo cerca di prenderla [p. 216 modifica]ow. tia née abbraccio tn’ mbt: edas. Cilia , oppresso dal dolore, vuol rientrare nell’Inferno; ma l'inesorabile Caronte gli ot oppose. Dicesi ch’egli si trattene sette giorni interi sulle rive dell'Acheronte senza prender cibo. Ii dolore e le lagrime furono il suo unico alimento; finalmente ritirossi nella Tracia sul monte Rodope senz'altra compagnia che quella delle bestie. Le mogli de' Gironp invano si adoperarono per ridurlo ad un genere di vita meno infelice e selvaggia, e ad obbligarlo alle leggi di un secondo imeneo: egli non volle condiscendere alle loro istanze. Sdegnate per tal suo disprezzo, queste donne infuriate, col soccorso delle Bacanti, gli scagliarono addosso, e lo fecero in pezzi. La sua testa e la sua lira furono gittate nell’ Ebro; e mentre il fiume le rivolgeva nelle sue onde, la lingua di Orfeo faceva ancora ripetere agli echi della vicina spiaggia queste voci: Euridice, Euridice. Questi due sposi sventurati riunironsi nell'Inferno, ove furono sistemati nel soggiorno degli amanti virtuosi. La lira di Orfeo fu trasferita in Cielo e gli dei ne formarono una costellazione. Not. 76.

Orgie, feste che celebravansi in onor di Bacco. La Grecia diede il nome di Orgie anche alle solennità di Cerere e di Cibele, perchè in tutte tre rimarcavasi lo strepito ed il furore; e tutte tre avevano alcune cerimonie che loro erano comuni. Nel giorno destinato a questa solennità gli uomini e le donne, coronati di ellera, col capelli sparsi e quasi nudi, correvano attraverso le strade, gridando come pazzi: Eros Bacco. In mezzo a questa: moltitudine vedevansi degli uomini ubriachi, travestiti in Sitind WE Sent, di Pernt e di Bilal tedéille 22Bd [p. 217 modifica]217

smorfie e delle contorsioni indecenti. Veniva in seguito un'altra moltitudine sopra gli asini, seguita da Fauni, da Baccanti, da Tiadi, e da Ninfe, che facevano risuonare la citta de' loro urli; seguivano indi molti carriaggi carichi di tinsi, di armi, di botti, di brocche e di altri vasi. La processione era terminata da una moltitudine di Baccanti coronate di ellera intrecciata di rami di tasso e di serpenti. In mezzo a queste festività, commettevansi tutt'i disordini, che può autorizzare la ubriachezza, l'esempio, la impunita e la più sfrenata licenza; quindi la pubblica autorità fu obbligata a vietarle.

Orione, figlio di Giove, di Nettuno e di Mercurio. Questi tre dei viaggiando, insieme sulla terra albergarono in casa di un pover' uomo chiamalo Ireo, da cui furono bene accolti; e per ricompensarlo, promisero gli dèi di accordargli ciò che dimanderebbe. Era molto tempo ch'egli desiderava di avere un figlio, ma essendo morta sua moglie, vivea celibe. Gli dei ordinarono ad Ireo di presentar loro la pelle di un bove eh' egli aveva ucciso per complimentarli; ed avendola essi con la loro urina ammollata, ne uscì un figliuolo, che fu appelpellato Urion o Orione. Era questi uno de' più belli giovanetti del suo tempo. Divenne famoso per lo studio dell' Astronomia e per la caccia. Era di una statura sì vantaggiosa che fu decantato come un gigante. Divenuto molto abile nell' arte di Vulcano, formò un palazzo sotterraneo per Nettuno suo padre. L'aurora s' innamorò di lui, lo rapi, e lo trasportò nella isola di Delo. Ivi morì per essere stato morsicato da uno scorpione, esecutore della vendetta di Diana, perchè egli aveva attentato all'onore della ninfa Opi; e come altri [p. 218 modifica]fttt

dicono, perchè aveva osato sfidar la dea a chi prenderebbe più bestie selvagge. Diana pentita dipoi per aver colto la vita al bell'Orione, ottenne da Giove ch'egli fosse collocato in Cielo, ove forma la costellazione che apporta la pioggia e le burrasche.

Orisia, figlia di Eretteo, re di Atene. Questa principessa mentre divertivasi un giorno a giuocare sulla sponda del fiume Ilisso, fu rapita da Borea, che seco la tradusse in Tracia, e la rese madre di due figliuoli Calai e Zete; Ovidio narra che Borea essendosi innamorato dì Orizia; fece tutto il possibile per ottenerla dal di lei padre; ma che non avendolo potuto, a motivo che il paese freddo, ov' egli regnava, era nocevole alla di lei salute, si ricuoprì di una nuvola oscura, recò dappertutto l'agitazione ed il disordine, spazzò le terra, e fece sollevare dappertutto de' turbini di polvere, in uno dei quali ravvolse e condusse seco Orizia.

Osiride figlio di Giove di Niobe, e marito di Jo, ovvero Iside da lui sposata, allorché questa si ritirò in Egitto a fine di evitare le persecuzioni di Giunone. Gli Egizj lo adoravano sotto diversi nomi, come Api, Serapi, e sotto i nomi di tutti gli altri dei. Rappresentavasi con una mitra o beretta puntita, ed una sferza in mano. Talvolta, invece della testa di uomo gli si attribuiva quella dello sparviere con una croce, ovvero una T attaccata alla mano mediante un anello. Not. 77. Fig. 57.