Dizionario mitologico ad uso di giovanetti/Mitologia/N
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Traduzione dal francese di Francesco Rossi (1816)
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N
Najadi, ninfe che presedevano alle fonti ed ai fiumi. Gli antichi le onoravano con un culto particolare, come tante divinità, ed offrivano loro in sagrifizio capre e agnelli, con delle libazioni di vino, di
miele e di olio. Per ordinario contentavansi di presentare sui loro altari latte, frutti e fiori. Vengono
rappresentate sotto la figura di giovinette leggiadre
appoggiate su di un urna in atto di versar acqua, e
con delle perle, il cui splendore fa risaltare la semplicità del loro abbigliamento. Una corona di rose
adorna la loro capellatura inargentata, che ondeggia
sulle loro spalle. Fig. 52.
Napee, ninfe che presedevano alle praterie, alle valli ed ai boschi.
Narciso, figlio di Cefiso e della ninfa Liriope. Era cosi bello che era amato da tutte le ninfe; egli però non ne ascoltò alcuna. La ninfa Eco non potendo innamorarlo, se ne rammaricò, a 'segno che diseccossi pel dolore. Quest'apatia di Narciso fu punita dalla dea Nemesi. Ritornando un giorno dalla caccia, rimisossi in una fonte, s'invaghi di se stesso o si lascio consumare di amore e di desiderio sul margine di questa fonte. Fu trasformato in un fiore, che porta lo stesso nome. Si strano farnetico lo accompagno fino nell'inferno, ove si specchia nelle acque dello Stige.
Nauplio, figlio di Nettuno e di Amimone re di Eubea. Avendo sposata la bella Climene, n'ebbe molti figliuoli, tra quali Palamede, uno de' principi greci, che recaronsi all' assedio di Troja. Palamede fu ucciso per gli artifizj di Ulisse e di altri capi dell'armata. Nauplio se ne irritò a segno che cagionò il maggior guasto possibile negli stati de' principi greci. Dopo la presa di Troja, vedendo la flotta de' vincitori sbattuta da una violenta burrasca, fece accendere la notte molti fuochi fra gli scogli, dai quali era circondata la sua isola col disegno di attirarvi i vascelli de' Greci, e di Vederli ivi naufragare. In effetto i vascelli vennero a rompersi contro que' scogli; parte de' Greci si annegò; gli altri avendo a bistento guadagnata la terra, furono uccisi per ordine di Nauplio; ma Ulisse e Diomede, principali autori della morte di Palamede, salvaronsi dalla di lui vendetta, essendo stati gittati in alto mare dalla tempesta. Nauplio ne sentì tanta rabbia che si precipitò nel mare.
Nausicae, figlia di Alcinoo, re de' Feaci. Era una principessa bellissima e molto amabile. Un giorno essendo andata presso un fiume insieme con le sue donne per lavare le sue vesti e i suoi pannolini, vide sulla spiaggia Ulisse, il solo che aveva campato dal naufragio. Era egli cosi difformato dagli spumosi urti del mare che le compagne della principessa furono sorprese da spavento, e presero la fuga. La sola Nausicae lo attese senza scommuoversi. Ulisse le parlò da lontano, chiedendole degli abiti onde cuoprirsi, e pregolla di additargli la strada della citta. Nausicae richiamò le sue donne, fecegli dare degli abiti, ed ella medesima lo condusse seco. al palazzo del re suo padre; ma in avvicinarsi alla città, lo consigliò di distaccarsi da lei, e di seguirla da lungi per prevenire la maldicenza. Giunto egli al palazzo, Nausicaa lo presentò al re. Ella aveva manifestato sentimenti molto favorevoli per Ulisse. Piacesse a Giove, diss' ella, che lo sposo a me destanato avesse le fattezze di questo straniero; ch'egli si contentasse di soggiornare in questa isola, e che vi fosse felice! Dicesi ch' ella sposò Telemaco, figlie di Ulisse, e che n'ebbe un figlio.
Neleo, figliuolo di Creteo e della ninfa Tiro. Discacciato dalla Tessaglia da suo fratello Pelia, fu costretto ricoverarsi nella Laconia, ove fondò la citta di Pilo. Quando si vide bene stabilite, recossi ad Orcomene per isposar Cleri, figliuola di Amfione, dalla quale ebbe dodici figliuoli, che accrebbero molto la sua potenza, Superbo di sì numerosa famiglia, osò far la guerra ad Ercole, collocandosi con Augia contro questo eroe; ma Ercole venne a saccheggiar Pilo, ed uccise Neleo con undici suoi figli. Il giovine Nestore solamente fu risparmiato e poste in possesso del regno di suo padre, perchè non aveva voluto unirsi agli altri suoi fratelli.
Nemea, figlia di Àsepo, o secondo altri, di Giove e della Luna, diede il suo nome ad una contrada del paese degli Argivi, ov' era una vasta foresta, famosa per il lione ucciso da Ercole. Questo lione di una smisurata grandezza devastava la contrada. Ercole, non ancora di sedici anni, assali questo mostro, vuotò il suo turcasso contro questo animale, la cui pelle era impenetrabile, e ruppe su di esso la sua clava di ferro; finalmente dopo molti sforzi riusciti vani, afferrò il lione, lo sbranò con le proprie mani, e con le unghie le scorticò, servendoti di poi della medesima pelle per suo scudo e vestimento.
Nemei. I giuochi Nemei erano riputati tra i più famosi giuochi della Grecia, che fossero instituiti da Ercole, dopo che uccise il lione nella foresta Nemea, ed in memoria della sua vittoria. Altri dicono essere stati istituiti per onorare la memoria del gioyiue Ofelte, ovvero Archemoro, divorato da un serpente. Qualunque fosse la loro origine, egli è certo che furono celebrati per lungo tempo nella Grecia ogni tre anni. Celebravansi a spese degli Argivi nella foresta Nemea ed eglino stessi n'erano i giudici. Dicesi che giudicavano in abito di duolo, per contrassegnare la origine di tali giuochi. Da principio non vi furono che due soli esercizj, l'Equestre ed il Ginnico; in seguito vi si ammisero le cinque specie di combattimento, come negli altri giuochi. I vincitori dapprima andavano coronati di ulivo, ma in seguito, in vece dell' olivo, adoperavasi l'appio, pianta funebre; questa è la ragione per la quale i giuochi Nemei sono stati riguardati come giuochi funebri.
Nemesi, figlia di Giove e della Notte, e dea della Vendetta. Castigava gli scellerati, e tutti coloro che abusavano dei favori della fortuna. I suoi castighi erano severi, ma non eccedevano il punto di giustizia. Non vi era persona che potesse salvarsi da' suoi colpi. Compiacevasi di abbassare le teste orgogliose, umiliare coloro che mancavano di moderazione nella prosperità, e quelli che insuperbivano per la loro bellezza, per la forz del corpo o pei talenti. Aveva la speciale inspezione sulle offese fatte dai figli ai loro padri. Riceveva i voti segreti per cagion di amor disprezzato o tradito, è vendicava le amanti infelici per la infedeltà dei lori innamorati. Si rappresenta alata, ed armata di faci e di serpenti con una corona in testa, adorna di un corno di cervo Fig. 53.
Nereidi, figlie di Nereo e di Dori, ninfe del mare; erano cinquanta, Si rappresentano giovinette coi capelli intralciati di perle, portate da delfini, tenendo per ordinario con una mano il tridente di Nettuno, con l'altra un delfino ed alle volte dei rami di corallo. Talora vengono rappre sentate sotto la figura di metà femmina e meta pesci.
Nereo, dio marino, più antico di Nettuno. Era figlio dell' Oceano e di Teti, ed aveva sposata Dori, ovvero Doride, sua sorella, da cui ebbe cinquanta figliuole nominate Nereidi ossia ninfe del mare. Si rappresenta come un vecchio placido e tranquillo, pieno; di giustizia e di moderazione. Peritissimo indovine qual' egli era, predisse a Paride le disgrazie, che il rapimento di Elena dovea cagionare alla sua patria. Indicò ad Ercole il luogo ov' erano i pomi d'oro, ch'Euristeo gli aveva ordinato di andare a cercare. Faceva il suo ordinario soggiorno nel mare Egeo ov' era circondato dalle sue figliuole, che lo divertivano coi loro canti e balli.
Nesso, centauro, figlio d'Issione e di una nube. Un giorno avendo egli veduto Ercole e Dejanira fermati sulla sponda del fiume Eveno, le cui acque rapide erano ingrossate dalle piogge., esibì ad Ercole i suoi
servigj per portar Dejanira ai di la del fiume. L'eroe ac205
cettò la esibizione; ma Nesso subite che tragittò il caro deposito statogli affidato, tentò, rapire Dejanira. Ercole irritato dalla di lui baldanza, gli scoccò una freccia e lo uccise. Il Centauro, morendo, diede a Dejanira la sua camicia, tinta del proprio sangue, assicurandola che dessa avrebbe la virtù di conservare in Ercole l'amore per lei, o di richiamarlo, qualora volesse attaccarsi ad altra donna. Questo sangue era in vece un veleno che cagionò la morte dell'eroe.
Nestore, uno de' dodici figliuoli di Neleo e di Clori. Questo principe non avendo presa alcuna parte nella guerra che suo padre e i suoi fratelli fecero ad Ercole in favore di Augia, rimase solo di tutta la sua fami- glia, e succedette a suo padre nel regno di Pilos, riunendo in lui l'intiero regno de' Messenj. Egli era molto avvanzato in età allora quando recossi all'assedio di Troja, ove condusse novanta Vascelli. Era il più vecchio di tutti gli eroi dell'armata greca. Saviezza, equità, rispetto per gli Dei, urbanità, avvenenza, dolcezza, eloquenza, attività, valore; tali erano le qualità di Nestore. Parlava spesso del tempo passatto, e sempre lo preferiva al presente. Le principali epoche della sua vita innanzi all'assedio di Troja, sono la guerra de' Pili contro gli Elei; il combattimento de'Lapiti e de' Centauri; la caccia del cignale di Calidone, in cui egli salì sopra un albero per evitare il furore del mostro ferito.
Nettuno, figlio di Saturno e di Rea. Sua madre lo
salvò dal furor di suo padre, siccome ne avea campato Giove, dandogli a divorare un corpo estraneo. La 208
sua educazione fa affidata da sua madre ad alcuni pastori di Arcadia. Fatto grande sposò Amfitrite, figlia dell'Oceano e di Dori. Invaghitosi di costei, oca potendo ottenerla, inviolle un delfino, il quale tratto con
tanta abilità questo affare che la indusse ad acconsentire alle brame del dio. Gli si attribuisce un gran numero di favorite, dalle quali fece amarsi trasformandosi in varie guise. Allorché si fece la divisione del
regno di Saturno tra lui e i suoi fratelli Giove e Plutone, gli spettò per sua porzione l'impero delle acque
delle isole e di tutt' i luoghi aggiacenti, e fu proclamato
dio del mare. Fu egli insieme con Apollo discacciato dai Cielo per aver voluto cospirare contro
Giove; ed allora fu che recaronsi unitamente a prestare il loro ajuto a Laonedonte per innalzare le mura di Troja; ed in seguito pum questo re, per aver
ricusato pagar loro la convenuta mercede, suscitando
un mostro marino che desolò tutta la spiaggia. Contese con Minerva per sapere a chi degli due spettava
dare il nome alla città di Atene. Con un colpo di
tridente fece uscir dalla terra un cavallo, e Minerva fece nascere un ulivo. Questa riportò la vittoria, e diede il sue nome ad Atene. Nettuno sorprese e cangiò Amimone in fonte. Per ordinario è rappresentato sopra un carro in forma di conchiglia tirato da cavalli marini con un tridente in mano. Not.75 Fig. 54.
Ninfe. Questo nome, che nella sua greca origine significa donna maritata di freseo, fu attribuito ad alcune divinità subalterne, ch'erano rappresentate sotto la figura di giovinette. Contavano molte specie di 209 ninfe. Alcune abitavano nel mare e chiamavansi Oceanidi o Nereidi. Quelle che risedevano ne'fiumi, ne'fonti o ne'torrenti, nominavansi Najadi. Appellavansi Driadi quelle che soggiornavano nelle foreste; e le Amadriadi non avevano che ciascuna un sol' albero sotto la loro protezione: Napee regnavano ne' boschetti; e ne' prati; le Oreadi me' monti.