Dodici monologhi/Il nonno

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Il nonno

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Il piede della donna Il signore che pranza in trattoria


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IL NONNO.


[p. 57 modifica] Ah, questa poi è buffa!

Per fortuna che nessuno mi vede; ho comprato questo esercito per il mio Giulietto, e mi ci diverto io! e forse mi ci diverto più che lui, perchè ha tre anni.... va pei quattro, ma è già un uomo completo. Appena ha nelle mani un giocattolo, lo fa in due pezzi; ieri ha distrutto uno squadrone di cavalleria. Sono dei gran demonietti, i nipotini!

Giorgina, Giulio e Bice. La mia Bice, cara quella cosina! Aveva appena due anni e già parlava come parla adesso. Bisogna sentirla.... Non ci si capisce niente.

Il giorno del mio compleanno, Giorgina e Giulio mi fecero una letterina piena di affetto e di sbagli di grammatica. Cominciava così:

Nonno tanto carro.

E lei, Bice — è alta così, pare un [p. 58 modifica]gattino — si presentò anche lei, con una carta piegata come una letterina, strillando:

Chitto, chitto io, — Ah, hai chitto? E mi diede la lettera; c’erano tre aste nere fatte col ditino intinto nel calamaio. A proposito di ditini: Giulio ha un vizio, ogni tanto si caccia un dito in bocca. Io gli dico: Quel dito in bocca non ci si mette! E lui, obbediente, leva quel dito e.... ce ne mette un altro (istintivamente fa il movimento, poi accorgendosi lo tira via). Non vi dico niente, quando sono riuniti tutti e tre in giardino al sole, tra i fiori, le farfalle: corrono, saltano, urlano, sembrano ubbriachi di paradiso.

L’altro giorno, Giulietto, per correre dietro a una lucertola, che, secondo lui, era un coccodrillo, rovinò tutti i rosai della mamma, che, a sentir quel che gli ha detto, era uno spavento, e poi lo ha chiuso nel camerino buio a pane e acqua.

Poverino! passavo sempre davanti all’uscio e lo sentivo piagnucolare. È inutile, io non ci reggo! Ho socchiuso la porticina e gli ho dato dei dolci. Santi del paradiso! Sono stato scoperto dalla [p. 59 modifica]nuora, che mi ha fatto su due piedi una gran lavata di testa.

— Non è così che si educano i bambini! Voi demolite il prestigio dell’autorità.... Voi di qua.... voi di là....

— È vero che ho fatto una mancanza; meriterei anch’io d’andare nel camerino al buio, a pane e acqua.

— Eh!... non dico di no! — Lei si allontana e mi sento tirare per le falde. — Che c’è? — Era Giorgina che diceva sottovoce: — Non aver paura! se ti mettono nel camerino, te le porto io le paste!

Quella ha un cuore da Cesare.

Una mattina mi sente dire, con una voce poco allegra, che avevo perduto trentamila lire sulle azioni della Tiberina, e subito sparisce. Poi torna e mi dice: — Ora non ti lamenterai più! — E mi versa in mano il suo salvadanaio.... cinque mezze lire e sei soldi.

Ma come va che non sono ancora tornati dal passeggio?

Domani me li porto a Frascati, a fare una bella merenda. L’altra domenica li portai ad Albano. Bisognava vederli sul treno! Non vi dico niente: e chissà che cosa avrebbero fatto, se non li avessi [p. 60 modifica]indotti a star cheti, per un certo caso che....

Alla stazione, salì nel nostro vagone una signora, una bella signora pallida, pallida, tutta vestita a lutto, e si mise a sedere nel cantone di fronte a me. Giù, abbasso, c’era un domestico, con la livrea abbrunata, il quale teneva per mano due angiolini biondi, vestiti di nero anche loro, belli come due amori come i miei. La signora partiva per Napoli, e prima che il treno si mettesse in moto, disse ai suoi due angioletti:

— Bravi, eh!... state bravi! Tornerò subito e.... mi raccomando, non piangete.

— No, mamma, — rispose il più grande — mai, non piangeremo mai!... — e due lacrimoni gli solcavano quelle guancette di rosa.

Io non sono di cuore sensibile, ma, quando il treno si mosse, e quelli agitavano le manine, io.... non so.... istintivamente abbracciai e baciai le mie creature. Ma poi mi fermai, perchè vedevo che la signora... eh, si capisce, e dissi:

— Bambini, zitti e quieti perchè il capo treno non vuole strepiti.

[p. 61 modifica] Nella società, godiamo di una riputazione veramente falsa. Tutti dicono:

— La casa del Duca è un miracolo d’ordine e di regolarità.

Non è vero niente: questa casa è una vera Babilonia. Qui, nell’ordine apparente, è un perpetuo conflitto di tutti i sistemi di governo, antichi e moderni.

Cominciamo da mia moglie: santa donna, sotto tutti gli aspetti, santa perfino come suocera, ma non ammette scherzi in fatto di doveri religiosi: governo teocratico.

Mio figlio. Il padrone è lui. Tutto deve dipendere da lui, tutto deve emanare da lui: per quanto in realtà non s’incarichi di niente: governo dispotico.

Mia nuora. Una donnina di garbo e piena di tatto: vorrebbe l’equilibrio dei vari poteri, compreso il mio, che sarei il senato; mia nuora dunque: governo costituzionale.

Maddalena, la governante: attribuzioni ben definite; diritti e doveri eguali per tutti, maschi e femmine, alti e bassi, sopra la base della libertà.... almeno ogni domenica: repubblica federale borghese.

Francesco, il cuoco: le chiavi della [p. 62 modifica]dispensa, le chiavi della cantina, e non fare mai i conti: repubblica americana.

Poi c’è il cocchiere, che regna con la frusta: governo feudale. Ma non basta: in alto i poteri costituiti, in basso i poteri rivoluzionari, ossia Giorgina, cinque anni: tutto quel che vede è suo: collettività.

Giulio, tre anni e nove mesi: rompe tutto quello che tocca: nichilista.

Bice, due anni e quattro mesi: non riconosce nè legge, nè religione, nè autorità. Le dite: Sai? tutte le sere, prima di andare a letto, tu devi.... Niente! è anarchica.

Ah, eccoli.... qui non c’è capo treno... senti che baccano, in giardino.... scusatemi!... prima di tutto son nonno. Anzi, a momenti, divento.... un nipotino.