Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 59
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A D. GIOVANNI DE SABBATI NI(^) i ùll I( ì I, j| ♦ MONACO DELL’ORDINE DELLA CERTOSA ( NEL MONASTERIO DI’ BELRIGUARDO (B) PRESSO A SIENA, QUANDO ELLA ERA A PISA (C).
I. Procura animarlo a dar la vita, ed il sangue por Gesù Cristo, con la considerazione dell’amor suo, e del sangue da Ini sparso per noi, il che non potersi fare senza la carità e la fortezza, le, quali s’acquistano nel cognoscimento di sè e della divina bontà.
Al nome di Jesà Cristo crocifisso e di Alaria dolce.
I. voi, dilettissimo e carissimo padre, per reverenzia del dolcissimo sacramento del corpo dolce del figliuolo di Dio e Figliuolo; e così vi dico e vi chiamo in quanto io vi parturisco per continue orazioni e desiderio nel cospetto di Dio, siccome la madre parturisce il figliuolo. Adunque come madre vi conforto nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, e desidero di vedervi annegato ed affogalo nel fuoco dell’ardentissima sua carità, nel quale amore l’Agnello immaculato si svenò, e fece bagno all’umana generazione del sangue suo. Levisi dunque l’affocato desiderio nell’ anima nostra a dare sangue per sangue, perocché Ji tempi nostri s’approssimano, ne’quali si proveranno gli arditi cavalieri. O quanto sarà beata l’anima mia, quando vedrò voi e gli altri corrire come innamorati a dare la vita, e non vollare il capo a dietro. Pregovi dunque per l’amore di Cristo crocifisso, che acciocché siate fortificalo al tempo suo, voi, in questo tempo d’ ora, apriate 1 occhio del cognoscimento; perocché io non veggo che 1’ anima possa avere in sé questa fortezza, la quale riceve dalla dolce madre della carità, se continuamente non tiene aperto questo occhio del cognoscimento di sè medesimo, onde vi diventa umile, e trovavi il cognoscimento della bontà di Dio; per lo quale lume e cognoscimento, gli nasce uno caldo ed uuo fuoco d’ amore con tanta dolcezza, che ogni amaritudine ne diventa dolce, ed ogni debile si fortifica, ed ogni ghiaccio d’amore proprio di sè dissolve, onde allora non ama sè per sè, ma sè per Dio, ed infonde ancora uno fiume di lagrime, e distende gli amorosi desiderj sopra i fratelli suoi, e d’amore puro gli ama e non mercennajo; cd ama D;o per Dio, in quanto egli è somma ed eterna bontà, e degno d’essere amato. Non tardiamo più dunque, figliuolo e padre carissimo in Cristo Jesù, a pigliare ed abitare in questa santa abitazione del cognoscimento di noi; la quale c’ è tanto necessaria e di tanta dolcezza; perocché, come detto è, visi trova la infinita bontà di Dio. Or questa è l’arme che voglio che noi pigliamo, acciocché non siamo trovati disarmati al tempo della battaglia, dove daremo la vita per la vita, ri sangue per lo sangue. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore.
Gherardo misero (D) e frate Raimondo suo padre vi si raccomandano. » « 118 .
’ % t Annotazioni alla Lettera 39, *?
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(A) Questa famiglia de Sabbalini in Bologna fu sempre riconosciuta fra le più antiche, e tini in Roma con Maic’Antonio Sabbatiri, resosi celebre per la sua eccellente erudizione sopra gli an* fichi monumenti. Da’ Sabbatini erano derivati i signori Z.ibarelli di Padova, e da questi la famiglia Bembo.
(B) Il monistero di Belriguardo de’padri certosini fu uno de’tre del distretto di Siena, iitnato a tre miglia da essa città. Venne fondato per testamento in data del i34o d’un Nicolò di Cino d’Ugo (onde:1 cognome de’Cinughi in Siena) il quale lasciò copiose rendite a questo uso, incaricandone il vescovo della città ed il fratello Francesco. L’abbate Gamurini, nella sua istoria genealogica, provò come questa famiglia venisse dallo Stato di Firenze, ove ebbe grandissimo potere voi nome di Pazzi. Di Francesco fu figlio un’Nello marito di quella Giovanua Mi.netti, che è la Giovanna Pazzi compagua alla santa, cui ella scrisce la lettera 342. Ito poscia il monistero in rovina, per decreto del capitolo generale fu rifabbricato nel 1618, ed abitato da que’buoni religiosi, sebbene non ’ condotto a termine; ma in appresso tra per l’aria malsana, e l’essersi le rendite di tanto assottigliate da non poter più sostentare un giusto numero, di Monaci, fu sospeso con Breve di Urbano Vili nel 1635, concentrandosene le rendite nella Certosa di Pontignano, a cui que’ religiosi si. ripararono.
(C) Questa lettera scritta di Pisa fu forse dell’anno 1375, del quale buona parte spese la santa a benefizio di quella città, reca* lavisi ad istanza di persone divote e d’ordine di Cristo, e da quell’arcivescovo rattenutof oltre a quello che avea in pensiero. Fu in questa lunga dimora che ella ne andò all’isola di Gorgona, e visitò la Certosa di Calce pochi miglia discosta dalla città, ove fece caldissima esortazione a que’ monaci, de’ quali era priore quel beato Giovanni Oppezziughi di cui è detto nelle note alla tetterà 54.
Molto s’adoperò la santa al compimento di quel monistero, il quale cominciato edificare colle vendite assegnate o da prete Nino, di cui è detto sopra, o da un Pietro Mirante Virginis, mercante pisano, non eras’» potuto condurre a termine per la loro scarsezza. Se diamo fede all’ autore delle memorie del beato Serafini da llavenna, la $auta, trovandosi in Avignone, impetrò da Gregorio XI mille fiorini d’oro a sovvenimento di quest t difizio, come si pare da breve dato il 19 di giugno l’anno 1376.
(D) Gherardo misero, Ser Gherardo Buonconti, nobile pisano, familiare della santa e suo albergatore, cd esso pure discepolo nello spirito di santa Caterina e di Fra Raimondo. DeH’aggiunto di misero, si può arguire aver egli scritta la lettera prcseute, rtoaudosi per umiltà questo titolo.