Er galateo cristiano
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | La crausura de le moniche | Er zucchetto der Decàn de Rota | ► |
ER GALATEO CRISTIANO.
1.
Una vorta, ar passà d’un Cardinale
In qualunque carrozza co’ l’ombrello,1
Le ggente s’affermaveno2 in du’ ale,
E ttutti je cacciaveno er cappello;
E Ssu’ Eminenza, ar vede3 quer zeggnale
De stima, s’affacciava a lo sportello,
E ssalutava co’ rrispetto uguale
Er granne e ’r ciuco,4 er ricco e ’r poverello.
Piano piano però lli ggiacubbini,
Nimmichi a mmorte de le bbone usanze,
Sso’ rriussciti a llevà ppuro5 st’inchini.
Cos’è ssuccesso? In grazzia de ste panze,6
Oggi er Zagro Colleggio è a li confini
De nun zapé ppiù un c....7 le creanze.
5 aprile 1835.
Note
- ↑ [Sulla parte posteriore del cielo d'ogni carrozza cardinalizia, alla portata del braccio de' servitori, c’era sempre disteso orizzontalmente un ombrello chiuso, assicurato (appoggiato) a un uncinello o gancio; perchè, se mai il cardinale in giorno piovoso fosse stato obbligato a scendere, specialmente per inginocchiarsi davanti al Viatico, i servitori avessero potuto ripararlo dalla pioggia. Ma dicono che il caso dell'incontro del Viatico si dava molto di rado, perchè quasi tutti i cocchieri avevano ordine di evitarlo. Il porteno del secondo verso va dunque inteso nel senso di "tengono,„ e i fiocchi del terzo in quello di "nappe.„]Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte
- ↑ Si fermavano.
- ↑ Al vedere.
- ↑ Il grande e il piccolo.
- ↑ Pure.
- ↑ Panza, panzanera: nomi di spregio a gente abbietta. [Derivati dal mostrare tra i panni logori e scarsi la pancia annerita dal sole. E panzanera e panzenere son voci vive anche nell’Umbria; ma come a Roma, grazie al cielo, vive soltanto nel senso metaforico.]
- ↑ Non saper più affatto.
2.
Incontrai jermatina a Vvia Leccosa1
Un Cardinale drento a un carrozzino,
Che, ssi2 nun fussi stato l’umbrellino,3
Lo pijjavi p’er leggno d’una spòsa.4
Ar vedemmelo llì, ppe’ ffà una cosa,5
Je vòrzi6 dunque dedicà un inchino;
E mmessame la mano ar berettino,
Piegai er collo e ccaricai la dosa.
E acciò la conveggnènza nun ze sperda
In smorfie, ciaggiontài7 ccusì a la lesta:
“Je piasce, Eminentissimo, la mm....?„
Appena Su’ Eminenza se fu accorta
Der comprimento mio, cacciò la testa8
E mme fesce de sì ppiù dd’una vorta.
5 aprile 1835.
Note
- ↑ Strada di Roma, presso il porto di Ripetta nel Campo Marzio, dove pare che il Tevere anticamente formasse gli stagni di Terento. (Vedi Ovidio, Fast. lib. I).
- ↑ Se.
- ↑ [V. la nota 1 del sonetto precedente.]
- ↑ Spósa, coll’o stretto.
- ↑ [Al vedermelo lì, per non restarmene indifferente.]
- ↑ Gli volli.
- ↑ [Ci aggiuntai]: ci aggiunsi.
- ↑ [Fuori dello sportello, si sottintende.]