Er santo padre Abbramo

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Luigi Ferretti

Luigi Morandi Indice:Ferretti - Centoventi sonetti in dialetto romanesco.pdf Er santo padre Abbramo Intestazione 9 febbraio 2023 75% Da definire

Poche spicce Er core d'una madre
Questo testo fa parte della raccolta Centoventi sonetti in dialetto romanesco

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XXV.

ER SANTO PADRE ABBRAMO .


1.


     — Abbramo?... (E quelo gnente!1 Abbramo, Abbramo?...
— Accidenti! Chi è? - Dice: — So’io;
Nu’ me conoschi? So’ Dominiddio .
— Che ve s’è sciòrto?2 — È un’ora che te chiamo,

     E tu fai finta a nun sentìmme! Annamo,
Ch’ho prescia. — E indóve? (arèprica er Giudio).
— Dove me pare piace. — E ’r fijo mio
Ha da vienì? — Se sa.3 Ma je la famo,4

     Sì o no? - Ma ch’ho da fà? — Vojo ’na prova
Che me vòi bene. — Embè?... Sorte ber bello
Da casa tua, pija la strada nova,

     E quanno hai camminato quarche mijo
Pe’ la montagna, tu caccia5 er cortello,
E pe dà gusto a me scanna tu’ fijo.



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XXVI.

ER SANTO PADRE ABBRAMO .


2.


     Cosa arisponne lui? Lui, fiacco fiacco,6
Dice: - Va be’; — s’arza a sede sul letto,
Pija ’na brava presa de tabbacco,
Fa du’ stranuti,7 se mette er zucchetto 8

     E le ciavatte,9 poi s’infila er sacco,
E senza manco pijà quer goccetto
De caffè nero, curre a svejà Isacco,
Je mette su’ le spalle un bèr fascetto

     De legna, fa vestì du’ servitori,
Mette l’imbasto10 ar somaro, e po via ....
Ma quanno stava pe’ sortì de fòri,

     Curre a pijà er marraccio de cucina11
Pe’ fà la festa, e poi la compagnia
Se mett’in viaggio, e cammina, cammina....


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XXVII.

ER SANTO PADRE ABBRAMO.


3.


     Quanno fu er terzo giorno finarmente,
Se scropì da lontano un monticello;
Allora er boccio12 disse a le su’ gente:
— Restate puro13 qui cór somarello.

     E doppo poi se sa14 come quarmente
Agnéde15 in su cór fio16 che, poverello,
Siccome lui nun ce capiva gnente,
Diceva: — Tata,17v e indóve sta l’agnello?

     E Tata duro! ... Abbasta, er resto poi
Lo sanno tutti, si la storia è vera.
Ma er bello è, che ner mentre uno de noi

     Ch’ariprovassi18 oggi a fà antrettanto,
Lo pìjeno e lo schiàffeno in galera,
Lui s’è scroccato er titolo de santo!

  1. E quello niente! e quello duro!
  2. Che vi si è sciolto? Maniera sarcastica di domandare: Che volete da me? Come se dicesse: «Che cosa vi si è sciolto, ch’io vi deva rilegare o riallacciare?»
  3. Si sa.
  4. Ma gliela facciamo? Cioè: «Ma ci sbrighiamo?»
  5. Caccia fuori.
  6. Lemme lemme.
  7. Starnuti.
  8. Il berretto.
  9. Ciabatte.
  10. Il basto-
  11. Il coltellone di cucina, quello cioè che serve a fare il battuto, spezzar gli ossi, ec . Questo vocabolo è senza dubbio lo stesso che il toscano marrancio (coltellaccio da macellaio), il lombardo marasa (potatoio), il sardo marrazzu (ferro da tagliar le unghie a’ cavalli), e l’antico spagnolo marrazo (ascia per far legna): i quali tutti, secondo l’egregio prof. Caix (Studi di Etimologia italiana e romanza; Firenze, 1878; pag. 124), sono composti di marra e ascia, appunto come il toscano marrascura (zappa munita di scure, per tagliare i boschi cedui, per ripulire gli ulivi, ec.) è composto di marra e scure.
  12. Il vecchio, Abramo.
  13. Pure.
  14. Si sa, è noto.
  15. Andiede, andò.
  16. Col figlio.
  17. Babbo.
  18. Che riprovasse.