[p. 189 modifica ] GAZZETTA MUSICALE
ÂNNO M. domenica
N. 45. 5 Novembre 1845.
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si
danno ai signori Associali dodici pezzi di scelta musica
classica aulica e moderna, destinali a comporre un volitine
in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in
apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà AsI.
Mtisici Sacra. Dies irae a quattro voci con Orchestra
del signor cavaliere Giorgctli. - II. La Lucrezia
di Ponsàki)al teatro He. - III. La Reale Compagnia
Drammatica al Servizio di S. M. Sarda. - IV. Varietà’.
- V. Notizie Diverse. - VI. Nvovk Pcbblicaziom
Musicali.
MUSICA SACRA
Miies ime a 4 toc! con Orchestra
del signor cavaliere Giorcktti (1).
gli è colla massima soddisfazione
IroMpche noi vediamo come da qualCm)
he tempo le pubblicazioni di
opere sacre musicali vadano facendosi
più frequenti: pare che
alla comparsa ed al successo d’entusiasmo
ottenuto dallo Slabat di Rossini debba
principalmente attribuirsi la pubblicazione
di altri lavori in simil genere di Jlercadanle,
di Mandanici, di Bossi, di Pacini,
di Donizetti e di aliti distinti compositori
che si seguirono l’un l’altro in brevissimo
spazio di tempo. Noi adunque, e
lo ripetiamo, siamo ben contenti che l’esempio
abbia trovato imitatori: ci doleva
immensamente che questo genere di musicabile
incontrastabilmente deve ritenersi
pel vero sublime, giacesse da molti anni
cosi negletto ed anzi dimenticato; non a
torto i censori <V oltremonte già da gran
tempo ci rimproverano questa colpa, trascendendo
forse anche Iroppo ed asseverando
che nelle scuole d’Italia si è perduto
V insegnamento dello stile rigoroso,
atrimonio nostro preziosissimo ai tempi dei
carlatti, Jomelli, Pergolesi, Allegri, ecc.
Noi conveniamo che il numero dei teatri
in Italia e fuori smisuratamente accresciuto, f
e l’esclusione dei musici e delle così dette
voci bianche dalle Cappelle abbia fatto si
clic la musica sacra, non solo sia rimasta
in uno stalo stazionario, ma che anzi abbia
fatto de’ passi retrogradi; ma non possiamo
assolutamente far buona l’asserzione
di coloro che pretendono non esservi in
giornata compositori in Italia che sappiano
scrivere per chiesa: i nomi rispettabili di
Basily, Raimondi, JVIayr, Baini, per tacere
di molti altri, sono tali da smentire questa
accusa: volgiamo lo sguardo ad un’e(!)
Firenze, presso l’Eililorc Lorenzi.
DI MILANO
La musique, par des inflexions vives, accentuées, et,
• pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas•
s ion s, peint tous les tableaux, rend tous les objets,
• soumet la nature entière à ses savantes imitations,
• et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen•
timents propres à l’émouvoir. ■
J. J. Rousseau.
Il prezzo dcH’associazionc alla Gazzetta c eYAntologia
classica musicale è «li cffctl. Ausi. L. 12 perseinesirc,
cil cltctt. Ausi. L. I l affrancala di porlo lino ai conlinidcllu
Monarchia Austriaca; il doppio por l’associazione annuale.
— La spedizione dei pezzi di musica viene falla
mensilmente c franca di porto ai diversi corrispondenti
dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto.
— Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Filino
della Gazzetta in casa Ricordi. contrada degli Oiiicnoiii
N.«1720; all’estero presso i principali negozianti
di musica e presso gli UlTìci postali. — Le lettere, i gruppi,
cc. vorranno essere mandati franchi di porlo.
poca sebbene passata però non molto remota,
e noteremo un Cherubini, un Mattei,
un Santucci, un Zingarelli, un Pilotti,
dei quali tutti i nostri antichi hanno tanto
da poter dimostrare se sapessero trattare
quello stile. Eh non sapete quanti fra i nascenti
compositori si dedicherebbero esclusivamente
a questo genere, se fossero meglio
favoriti dalle circostanze? se fossero
cioè protetti dai ricchi, se maggiore disinteresse
si trovasse negli Editori, se giusti
estimatori negli artisti e nei dilettanti, e
finalmente se,anziché tentare di proscrivere
dalle chiese le musiche, si provvedesse
alle Cappelle in modo che, oltre all’assicurare
ai maestri il mezzo di un onesto sostentamento,
non difettassero del personale
necessario onde interpretare degnamente,
e come la musica lo richiede, i sublimi
canti della chiesa. Ecco le circostanze principali
per le quali a noi sembra che l’arte
trovisi nell’attuale decadimento... se esse
non lo giustificano interamente, possono
però in gran parte scusarlo.
Il signor cavaliere Ferdinando Giorgetti,
egregio professore di violino, e di cui più
volte questa Gazzetta ebbe a fare onorevole
menzione, spinto anch’esso probabilmente
dal nobile sentimento di provare
che non si trascura in Italia la musica sacra, ha pubblicato un suo Dies irae del
quale, sebbene fosse in noi vivo il desiderio
di tener proposito mollo prima d’ora,
pure per alcune circostanze fummo nella
spiacevole situazione di non potercene occupare.
Nulla a parer, nostro havvi di più
mortificante per un autore cheesponga un
lavoro di qualche entità quanto lo scorgere
che esso passi inosservato, e tanto maggiormente
deve rincrescere laddove si rifletta
quanto un imparziale e saggia critica
giovi al progresso dell’arte, egli è adunque
nell’intenzione di tributare i dovuti
elogi al sig. cavaliere Giorgetti per i pregi
onde va bello questo suo recente lavoro
che noi intraprendiamo a parlarne, ben
persuasi altresì che la modestia dell’egregio
compositore non vorrà farci carico se
ci permetteremo di schiettamente esternare
il nostro parere, e se talvolta noteremo qualche
piccola menda da cui non sempre vari- i
no esenti anche i più classici lavori. A dare
una idea più precisa di quest’opera, per!
coloro che non la conoscono, la divide- j
remo anche noi, siccome fece il maestro, a;
versetti.
Dies irae. Il pezzo comincia con un al- j
legro in sol minore: l’orchestra propone I
un movimento di semicrome che saggiamente
in alcuni punti della sequenza è stato
dal maestro ripetuto come a suo tempo
indicheremo: in questo primo versetto si
riscontrano alcune imitazioni tanto nelle
parti vocali che nella istrumentale, noteremo
però come nell’ottava battuta ci sembri
che si poteva ommettere l’imitazione
del primo soprano, o almeno disporla diversamente,
perchè cosi nasce nelle parti
estreme un unisono che non può produrre
buon effetto.
Tuba mirimi,(ini [>). Questo passo della
sequenza in cui si ricorda lo squillo tremendo
che dovrà chiamarci al linale giudizio
ci sembra sia stato un colai poco trascurato:
la maggior parte degli autori sogliono
porre gran diligenza in questo versetto
che offre immagini a suflicirnza per
trarre molti effetti anche dallo strumentale:
la condotla di questo pezzo è chiara... ed
anzi avremmo desiderato che l’accompagnamento
dei violini (vedi pag.!) è dò) non
fosse così semplice (per non dir povero)
e qualche volta urtantesi colle sortile degli
stromenti a fiato’, questo inconveniente sarebbe
tollerato in gran parte ove il movimento
fosse celere; ma quantunque si sia
ommesso di marcarlo al principio del versetto,
pure ci sembra che debba essere un
andante comodo e questo Io inferiamo dalle
note ripetute sul secondo ed ultimo quarto
dalle trombe che se fossero in tempo allegro
perderebbero della loro grandiosità.
Non sappiamo perchè l’autore non abbia
cercato di rendere più indipendente il canto
del soprano secondo sulla progressione che
comincia coll’ultima battuta della pag. dO
in cui per tre misure continue il primo e
secondo soprano ed il basso cadono nel
primo quarto sulla medesima nota; vi erano
mille maniere di assegnare almeno al secondo
soprano un contrappunto più reale
e più armonioso. Per un esempio ne parrebbe
sufficientemente opportuno il seguente
come anche pel miglior effetto avremmo
desiderato che in alcuni luoghi le parti fossero
disposte diversamente in quanto che
alcune volte gl’intervalli fra le parti medesime
non distano cosi che sia evitato l’inconveniente
di note che si urtano troppo
dappresso ed alcune altre distano troppo. [p. 190 modifica ] ) perlocclrè, ne deriva quello non meno diI
s^listogo di sentire il moto che nasce dalle
i distanze che passa fra le note acute delle
} voci bianche e le medie dei tenori e bassi...
Il registro di contralto fu saggiamente
destinato a togliere questo difetto.
Finalmente, nella pag. 12, alla prima battuta
abbiamo rimarcato come il maestro
non siasi accorto che procedendo il basso
dal Sol al La b a mezza battuta ed il soprano
parimente a mezza battuta dal Re
al Mi b producono l’effetto delle due quinte
che riescono più sensibili ove si esamini
l’accompagnamento nel quale sembra che
dal maestro sia stato espressamente ommesso
l’intervallo della terza, che solo si
riscontra un poco sensibile nelle viole, appoggiando
tutto il rimanente delPorchestra
e sul Re e Sol nella prima mezza battuta
e sul Mi b e La b nella seconda metà della
stessa battuta.
Liber scriptus, Judex ergo, e Quid surn
miser. Si può dire di questi tre versetti
clic l’autore ne abbia fatto uno solo diviso
in tre piccoli pensieri. Egli comincia
il Liber scriptus con un Larghetto in La b
a quattro soli e ripete lo stesso pensiero
nel Quid sum miser con buonissimo effetto.
Rex tremendae majestalis. Noi saremmo
inclinati a credere che il sig. Giorgelli si
sia servito di questa terzina della sequenza
soltanto per portarsi sul modo di Si b in
cui cade il Recordare: ed anzi a questo
proposito ci è sembrato di notare come
spesso l’autore nelle ultime battute di un
versetto (forse perché quello che segue era
già preparato) abbia fatto dei passaggi di
tuono per portarsi da un versetto all’altro
che sentono un colai poco di rappezzatura.
Vedi per esempio le battute che
precedono i versetti Liber scriptus: Recordare:
Oro supplex, ecc., ecc., non era
meglio in tal caso isolare i versetti medesimi
anziché insieme legarli?
Recordare: Questo pezzo a 5 voci è di
bella fattura e senza dubbio uno de’ migliori
di questo componimento. Vi è originalità,
chiarezza e, se non erriamo, molto
effetto^ vi è forse un piccolo abuso di terze
e seste, ma in compenso il canto vi è semplice
e quale si richiede in questo passo
del sacro testo tutto amore, tutto preghiera:
l’istrumentazione vi è lavorata con molta
diligenza - sia adunque lode sincera al signor
Giorgetti.
Juste judex. Il movimento d’orchestra
ci richiama al pensiero quello del primo
versetto con cui ha principio il Dies irne.
Questa idea ci pare buonissima, specialmente
in questo punto in cui La Velidetta
del giudice giusto necessariamente ci
richiama al giorno dell’ira. Non sappiamo
poi perchè alla pagina 57, battuta quinta,
l’autore abbia inteso di far cadenza sul
do minore- con due accordi di settimaj
&3
ciò deve produrre la sensazione poco gradevole
ad un orecchio linamente educato
di sentire consecutivamente due quinte e
due settime di grado. Si avverte però che
questo pezzo è in Sol minore e che non
) essendo espressa la terza in nessuna delle
’ parti d’accompagnamento sulla nota Fa si
^ sottintende la terza maggiore, la quale non
) riuscirebbe dura se non fosse seguita dall’accordo
di Sol jjjj: ad evitare tale durezza
bastava che la settima del Fa accompagnata
dalla terza minore fosse semplicemente
un ritardo della sesta, la quale
cadendo sul secondo quarto preparerebbe
la quinta dell’accordo di Sol. Noi però abbiamo
forte dubbio che, come in molti altri
luoghi, anche in questo sia occorso
qualche errori di stampa, de’quali possiamo
francamente dirlo, non è penuria nell’edizione
scorrettissima di questa opera.
Qui Mariani. Questo pezzo (in Re b) è
trattato, o almeno proposto a modo di Fugala
nostro giudizio non può chiamarsi tale,
perciò siamo nella ferina opinione che l’autore
non abbia inteso di fare una Fuga
formale, ma bensì alcune ingegnose imitazioni,
le quali sotto diverse forme si continuano
anche nel seguente versetto Confutatis:
avremmo però desiderato che talvolta
le dissonanze fossero meglio preparate
e non così di frequente riscontrare
come lo siano da una figura di minor valore.
Oro supplex (a tre soli in Si b ) semplice
ed affettuoso è il concetto di questo
piccolo Versetto nel quale pure troviamo
un grosso errore di stampa alla decima
battuta in cui. mentre perdile buoni quarti
sotto l’accordo di Fa $ con settima, 1 oboe
tiene un Mi b il clarinetto si ostina a lacerare
l’altrui orecchio con alquanti Re....
Lacrymosa dies illa. Anche qui é bene
appropriato il richiamo del citato movimento
d’orchestra, che poi va tratto tratto ripetendosi
fino alla fine. AU’undecima battuta
però avremmo veduto più volontieri che i
bassi in luogo di ascendere dal do tAfa $
(4}( ^avessero continuato l’imitazione già indietro
proposta e dal tenore e dai soprani
discendendo per quinta dal do al./«$,
così sarebbe stato tolto anche il cattivo effetto
del tritono, intervallo che quantunque
noi non pretendiamo a soverchio rigore,
pure siamo d’avviso si debba, per
quanto si può, evitare specialmente nella
musica di stile severo.
All’Amen i tenori ed i bassi propongono
una frase a note larghe, la quale viene
continuata dalle altre due parti a più riprese
da tutte quattro: questo brano deve
rieseire di molto effetto e per la chiarezza
ond’è concepito, e perchè dopo la forte
strumentazione del versetto precedente l’orecchio
in questo riposa, essendo per buon
tratto accompagnato da un semplice pizzicato
di stromenti ad arco e da qualche
nota degli stromenti a fiato.
Fedeli al proponimento fatto di dire
schiettamente il nostro parere ci permetteremo
di far conoscere come ne sembri
dura alle parole Pie Jesu Domine pagina
64 la transizione dell’accordo [
quello I
■ che, come ben si vede, non
hanno fra loro rapporto alcuno: ed oltre
a ciò nelle seguenti battute scorgiamo
alcun che di stentato che quasi c’indurrebbe
a credere che l’autore non sapesse
come proseguire il suo lavoro: finalmente
ne spiace il salto mortale (Vedi le
prime battute dell’ultimo tempo) dall’accordo
di Re con [l settima che dura per due
battute e nelle quali i violini fanno sentire
di passaggio anche il Mi b cosicché
l’orecchio si dispone a udire
l’accordo di Sol a quello di Mi b
di sbalzo si cade su quello di t
Nessuno potrà contrastarci la durezza
questo passaggio che si sarebbe Schivata ’
benissimo pessando al Mi b e successivai>‘
mente coll’accordo di
I portarsi sul
Fa, ecc. Ciò ne sembra molto più regolare
e naturale.
Ecco quanto abbiamo creduto di scorgere
nel lavoro del sig. cav. Giorgetti, commendevole
per molti riguardi e che per la
sua importanza meriterebbe un’analisi molto
più diligente che non il breve cenno che
qui si è fatto. Avremmo ben a caro clic
qualche autorevole persona imprendesse ad
esaminare più minutamente questa composizione,
tanto perché maggior gloria ne venisse
al chiaro suo autore, quanto per assicurarci
se le nostre osservazioni si accordino
con quelle che potessero esser fatte
da più esperti conoscitori dell’arte.
R. Manna
TEATRO RE
I.
KVCX8XXA IDI
(Continuazione <• /ine. Vedi il foglio antecedente.)
L’intreccio di questa tragedia, voi lo vedete, è assai
semplice; il fatto procede regolarmente senza accettale
nessuna di quelle grandi peripezie. di quelle
ingegnose complicazioni., clic velano con alide sagacia
la troppo precoce previsione della catastrofe, previsione
clic, ammorzando la curiosità, distrugge quasi
l’interesse. La strada percorsa daH’avvcnimento è senza
curve; appena voi avete mossi i primi passi abbracciate
tosto collo sguardo tutta la via per cui vi condurrà
l’autore; mai una risvolta clic cangi il punto di vista,
mai un ostacolo che ergendosi impreveduto risvegli la.
vostra attenzione, c vi prometta delle situazioni clic
non avevaie imaginato, mai insomma uno di quegli
ardili ed avventurosi tentativi deli’imaginazione, che
scintillando luminosi gettano sulla scena una Id£c improvvisa,
che mula, per così dire, il colore delle cose,
togliendo cosi quell’affaticante uniformità, che è il più
detestabile attributo d’un lavoro pel teatro. Sotto
questo rapporto il sig. Ponsard ò crudelmente classico;
egli rispetta la castità dell’antica musa, c rifiuta
con severità i lenocinli della scuola moderna.
Ma almeno l’antica tragedia ricomprava l’aridità
delle sue forme colla grandezza delie passioni, coll’energica pittura dei carotieri, colla forza vigorosa
de’ contrasti, colle ire fiere e tremende degli oppressori,
colle lagrime piene d’ineffabile pietà delle vittime; l’antica tragedia vi compariva dinanzi nuda e
disadorna, nm il suo soffio potente faceva surgere delle
ammirabili creazioni, e se l’austera rigettava la ricchezza
degli episodi!, se invece di offrire degli uomini
presentava dei tipi impossibili, se cercava dapertutlo
non il vero, ma il poclico ed il sublime, almeno negli
stessi suoi traviamenti più convenzionali, quando
evocava alla vita del palco scenico degli spettri che
uscivano da tombe ohe non crono umane, essa colpiva
coll’armonia, colla maestà sempre sostenuta dei
suoi colossali concetti. Ma nella Lucrezia del signor
Ponsard voi cercale invano tutto questo; i caratteri
sono dipinti languidamente, le passioni non hanno n
suna grandezza, c voi non provate n
per queste creature che vi si agitano <
la forza che le mette in movimento i [p. 191 modifica ] ) clic la schifosa brutalità «l’un libertino. Lucrezia e una
moglie onesta, ecco tutto; ma questa qualità non
è sufficiente per renderla una nobile eroina da traj
gedia. Schiava dei più meschini pregiudizi! del temessanon
indovina altra virtù per una donna, che
il ritiro ed il lavoro. Appena la commedia potrebbe
contentarsi di questo tipo di inassaja volgare e comune.
D’altronde la sua stessa castità non ha nulla d’eminente;
se rifiuta la dichiarazione di Sesto essa adempie
al più stretto dovere e nulla più; giammai la
sua virtù si trova costretta ad una di quelle terribili
lotte che rendono eroica, la vittoria; nell" ultimo alto
soltanto Lucrezia si solleva ad una certa altezza, ma
ciò è, a quanto mi pare, un mostrarsi troppo tardi
degna di divenire il personaggio titolare, d’una tragedia.
Tullia e, nè più nè meno, una donna galante dei
nostri giorni; sposa d’un imbecille essa s’appassiona
per un libertino; oltraggiata dall’amante, essa ascolta
con terrore le sprezzanti parole del marito, clic le
addita nel suicidio l’unico asilo per sottrarsi all’infamia.
Ma la miserabile, invece di sottométtersi con nobile
rassegnazione al suo destino, cerca un ultimo,
un ineffabile avvilimento recandosi alla casa del suo
seduttore, per esserne respinta colla più insultante ironia.
Grazie a questo abbietto tentativo la pietà polla colpevole
deve cedere il luogo allo sprezzo; ed il suo
suicidio, invece d’essere una grande espiazione, si converte
in un nauseante trasporlo di disperazione. Questa
donna è troppo vile davvero; essa si dibatte sotto
tutti i piedi, sotto quelli del marito dapprima, più lardi
sotto quelli deH’amantc. Dopo aver mucchiata la sua
bianca benda di sposa, essa arriva a trovar un fungo
che possa macchiare persino la sua già turpe corona
di cortigiana.
Coliatino è una nullità; egli mi sembra piuttosto un
ridicolo marito da commedia, anzi clic un eroe da
tragedia. Niente di più meschino della fatuità da collegiale
con cui vanta la virtù di sua moglie, e la fa
in tal modo soggetto di controversia. Quest’uomo
manca di dignità, d’onore e di buon senso; egli accetta
da alcuni libertini un’infame scommessa su lutto
ciò clic v" è di più delicato, sulla virtù delle mogli;
come uno spensierato ne accetterebbe un’altra sull’agilità
di due destrieri. Egli solleva il velo pudico
clic nasconde il sacro mistero della vita domestica,
per introdurvi una frotta di scapestrati, e ciò a soddisfare
la sua sventata e sciocca vanagloria. E questi
l’eroe, che dividerà più tardi il consolalo con Bruto!
li questi il marito a cui Lucrezia è attaccata con tanto
vincolo di venerazione e d’amore!
Sesto è di una infamia rivoltante; l’abbietto titolo
di seduttore è troppo nobile per questo miserabile,
che non bada a far fremere d’orrore e di ripugnanza
la sua vittima, purché la sua schifosa brutalità resti
appagata. Sì, l’uomo clic coll’artificioso’prcstigio della
parola e dell’avvenenza, cerca di far filtrare una colpevole
passione in un casto cuore di donna, e anela
a gettare il disonore sovra una fronte intemerata, senza
tener calcolo delle infelicità, dei rimorsi, delle angoscio
clic turberanno più tardi la povera sedotta, senza domandarsi
con qual diritto viene a turbare la calma
d’una famiglia, e a gettarvi la desolazione ed il tradimento,
quest’uomo, io dico, è una generosa creatura
in confronto di questo Sesto, clic penetra furtivo
in una stanza consacrata dal candore e dal
poso, per gettarsi iniquamente sulla sua preda!E clic vale
il dire clic tale ce l’hanno trasmesso le pagine tradizionalijdclla
storia? Il poeta, invece di attenuare, e.
ne aveva il diritto, le verità rivoltanti della storia, le
ha forse aggravate, giacché chi sa dopo (piai lotta
lunga, inutile, disperante contro la virtù di Lucrezia,
l’antico, il vero Sesto si sarà alla fine appigliato al
suo tenebroso progetto! Chi sa a quali ispirazioni di
amor proprio offeso, a quali terribili affascinamenti di
una passione da mollo tempo concetta e sempre
spinta, avrà egli fatalmente ceduto! Il poeta non
tea forse rendere meno codarda l’empia impresa dello
sciagurato? E non dovea forse farlo?
r. Ultimo fra i caratteri che non sono acccssorii, ci
3 si presenta ora quello di Bruto. Sovr’esso diremo soltanto
clic non tutti i caratteri veri nella storia, sono3
veri nel dramma, e che una eccezionalità che passa
«gli apparenti confini del probabile non è facilmente
accettata dagli spettatori. D’altronde la finezza delle
parole di Bruto, non è opportuna a giustificare presso
gli altri personaggi del dramma la vernice d’imbecillità,
con cui s’ammanta il nemico dei Tarquini. Ci vuole
^ostinazione decisa a considerar coinè un pazzo questa
creatura eloquente, clic getta là le allegorie più piccanti,
e clic punge da tutte le parti co’suoi tremendi sarEd
ora confrontate vi prego questi caratteri incompleti,
senza elevatezza,’coi colossi di ferro dell’antica
tragedia, e ditemi che vi sia di comune fra Sesto ed
Egisto, fra Tullia e Clitennestra, fra Lucrezia e Virginia,
fra Bruto e Timolconc. Ditemi quali di queste
figure dell’attuale tragedia s’innalzi o alla sublimità
feroce di Oreste od alla eroica grandezza della madre
dei Gracchi? Dove e la maestà altiera e tremenda
del classico coturno, le sue passioni, i suoi delitti, i
suoi terrori, le sue tremende emozioni, la sua pietà
ed il suo potente ribrezzo? Dov’è questa coorte di
semi-dei evocala dalle imaginazioni creatrici, e parlante
un linguaggio aspirato in un’atmosfera più lucida
e più turbinosa della umana? Ed è perchè si abbassò
la più meravigliosa pagina dell’epoca romana
alle pigmee proporzioni d’una commedia d’intrigo, a
stento rialzata dalla sonorità delle frasi, che si cade
in una meraviglia spasmodica? od è perchè si tolse
la splendida loro aureola agli eroi misteriosi collocati
dalla tradizione sovra un piedestallo, la cui sommità
si nasconde fra le nubi, clic si decerne una nuova corona
al grande poeta, che deve rialzare l’arte prostituita
dai novatori e dai seguaci della scuola moderna?
Ho detto che l’autore della Lucrezia ha il gusto
delle particolarità; difalli con una pazienza da archeologo
egli diseppellì tutto ciò clic ha relazione alle idee,
ai costumi, alle credenze, ai pregiudizi di quell’epoca,
divenuta quasi ommni favolosa. Ed il sig. Ponsard non
ci fa grazia di nessuna delle sue scoperte; la credulità
nei presagi, le tendenze superstiziose, la fiducia
negli oracoli, l’abbigliamento delle spose, la descrizione
dei festini, i dettagli delle ccrcmonic, ecc., ecc., tutto
è nicchialo più o meno opportunamente nei cinque
alti di questa tragedia. Io troverei, a quanto mi pare,
delle eccellenti ragioni per combattere questa inclinazione
troppo spinta al rigorismo storico, clic quanto
è opportuno ristretto in certi limiti, altrettanto raffredda, stanca ed annoia quando oltrepassa i confini
che determinano la differenza fra la tinta clic dipinge
un’epoca e quell’affastellamento di minuzie, clic dovrebbero
trovare il loro posto, non nell’agitata tela di una
tragedia, ma fra le pagine morfine d’un libro d’erudidizionc.
Ma se, e lo spazio e l’indole del giornale mi
proibiscono di scendere ad una parziale discussione su
tale argomento, non ommcttcrò di accennare il senso
strano clic ha operato sopra di me la comparsa e la
profezia della Sibilla. Che la malizia umana si sia approfittata
in tutti i tempi della focile credulità delle masse
o degli individui per abbagliare con artificiosi incanti
ed indovinamcnli, lo ammetto; ma se voi mi presentate
questo fatto seriamente, se togliete alla sibilla il
suo mantello d’intrigante e d’astuta, se invece di presentarmi
un oracolo vago, incerto, che sarà interpretato
più tardi dall’avvenimento, mi fole risuonarc agli
orecchi una profezia clic determina e l’evento futuro e i
limili entro i quali deve accadere, voi combinate stranamente
la fovola colla storia, il probabile coll’impossibile,
ed accettate nella vostra smania di passeggiare
sui calcagni di Tito-Livio, e ciò clic v’è di vero in
un folto e ciò che a lui, fu aggiunto dalla corrotta, e
traviala ed ignorante tradizione popolare.
Ma la critica che avrebbe pure molte e molle cose
da aggiungere, si arresta innanzi allo stile, alla forma
del verso, ed alla bellezza della dizione, sfoggiali dal
sig. Ponsard! Sotto tale rapporto il fanatismo dei parigini
è giustificalo; esaminala da questo lato letterario
la Lucrezia è un magnifico lavoro, che attesta clic
l’organizzazione poetica del sìg. Ponsard è infinitamente
superiore al suo talento drammatico. La fusione ricca
e. splendida del verso, l’abbondanza ed il perfetto buon
gusto nell’ordinamento e nella fattura della frase, la
grande eloquenza di alcuni squarci, la aurea semplicità
di alcune scene, lutto concorre a collocare il signor
Ponsard fra i più elevati, corretti, ed ingegnosi
scrittori del giorno.
Giunto a questo punto mi affretto a chiudere il
troppo lungo, e troppo brcvcarticolo, premettendo clic
la Lucrezia tradotta in prosa ed eseguita al teatro Re
dalla compagina del Modena con un sufficiente assieme,
fu accolta con una certa freddezza, e trovò un pubblico
clic differiva ne’suoi gusti dal pubblico di Parigi.
Il silenzio accompagnò quasi tutta la recitazione di
questa tragedia, che si travolge sopra un fatto, che
sarebbe d’ima discreta volgarità se non acquistasse
importanza e dal venerando velo gettato sovr’osso
dai secoli, e dal pensiero che fu questa l’ultima goccia
clic fece traboccare un vasc già colmo.
Dei-mani
M MWMSrn
AL SERVIZIO DI S. M. SARDA
PRIME REGITE
Agli artisti drammatici diretti dal Modena succedettero
sulle scene del teatro Re i bravi veterani della
Reai Compagnia Sarda. Diciamo veterani nel più ideale
significato della parola, e non già per indicare comparativamente
la giovinezza della maggior parte dei commilitoni
del Modena e la più matura età dei principali
sostegni della schiera torinese. Certo è peri) che ove.
istituir si volesse un confronto tra l’una e l’altra compagnia
non sarebbe possibile il fare a meno di fondarlo
sulla consumala sperienza della scena di clic può
vantarsi la Sarda e sulle più fresche e, diremo anche,
sulle più contemporance abitudini dell’altra, clic è poco
più clic esordiente nella difficile palestra drammatica.
Ma lasciando per ora da un lato queste sottili distinzioni
e confronti diremo clic la R. Compagnia di Piemonte,
dopo essersi ‘annunziata con un prospetto, pingue
al solito di larghe lodevolissimc promesse, diè
principio mereoledì sera al nuovo suo corso di rccite.
Le targhe lodevolissimc promesse, accennano coni’ è
facile immaginare, al proponimento di offrire un repertorio
di rappresentazioni in gran parte ringioviniloQuel
prospetto ci conferisce dunque il diritto di prepararci
ad udire molle nuove composizioni italiane e
straniere. E questa una buona novella per gli amatori
del teatro drammatico. Solo desideriamo due cose: la
prima che le promesse non isfumino, come troppo
spesso accade, in sole parole; la seconda (e questo è
il caso opposto) che per la troppa foga di darci cose
nuove non si cada nel guaio di servir male il pubblico
offerendogli componimenti o non troppo bene scelti, o
affrettatamente sbozzali, anziché studiati colla diligenza
e preparali colla ricercatezza indispensabile anche al
buon esito delle migliori produzioni. L’artista clic ora
presiede alla direzione «Iella Compagnia sarda è persona
dotata di non comune coltura e sperienza delle
più viete consuetudini e risorse della professione. Vogliamo
lusingarci che a fronte delle nuove e più fine
esigenze de’ nostri sottili amatori, queste qualità,potranno
essere garanzia sufficiente d’un regime drammatico
baslcvolmcntc progressivo. Intanto noi ci disponiamo
ad esprimere francamente, l’opinione nostra
sul valore delle fatiche di questa benemerita Compagnia,
e siamo deliberati ad essere tanto larghi interpreti
della soddisfazione del pubblico quanto intrepidi formulatoci
del suo biasimo, ogni qual volta ci si offrirà
occasione di prestarci all’uno o all’altro caso.
E per far subito seguire il fatto alla promessa cominciamo
a dir qualche parola della prima recita.
Il dramma Sedici anni sono, fu scelto male a proposito
per dar principio ad un novello corso di recito.
E un componimento del vecchio genere francese, che.; nell’originale non manca di vivezza e varietà, ina nella
riduzione italiana, grazie ad alcuni inesorabili mutilamenti
e ad un dialogo stenlato e inelegante, riesce mo[
nolono, languido, e per conseguenza sufficientemente
• nojoso. Consiglio la R. Compagnia a volere non solo 11011
j esordir mai su vcrun teatro con questi antiquatissimi [p. 192 modifica ] na ben anco a levarli al tulio dal
suo Repertorio, perchè neppur il modo col quale essa
li rappresenta «il più acconcio a supplire alla mancanza
di vero interesse e novità.
Sarò un po’ più discreto nel parlare delle Prime
armi di Iiichclicu (traduzione impropria del titolo francese
Les première! armes de Iiichclicu) commedia piena
di spirito e improntata di tulio quel carattere di cortigianesca
galanteria, di fina malizia da boudoir onde
fu distinto il tempo del celebre cardinale-ministro. Peccherei
d’adulazione se volessi affermare clic la compagnia
Reale seppe farsi carico di questo special carattere e
riprodurlo con una recitazione brillante senza sguaiataggine,
aggraziata senza affettazione, rapida e viva.. •
Non entro nei dettagli pel timore clic la materia alla
critica mi si svolga troppo abbondante fra le mani.
Dirò solo per amor di giustizia che al finir della recita
porzione del pubblico volle salutare I’ attrice protagonista
signora Romagnoli, la quale sostenne la parte
di Ricliclicu con molla disinvoltura e con modi vivaci
e arditi, ma non sempre col fare delicato e finamente
aristocratico clic volcasi a ritrarre il costume della
corte di Luigi XIV, della quale il nipote del DucaCardinale
e il pupillo della principessa di Noaillcs fu
un tipo bizzarramente storico.
Per terza recita la Compagnia Reale Sarda volle
regalarci il Fallo di Scribc, questo vecchio dramma
Vaudeville, già da ben quindici anni ridotto per le
scene italiane e dedicato ai palpiti e alle lagrime di
commozione delle nostre buone platee, le quali oramai,
dopo aver tante volte palpitato e gemuto alla vista di
quella povera inesperta peccatrice, bandita per sempre
da un inesorabile marito, ora cominciano a sbadigliare
e a torcersi sulle scranne. Ciò valga d’avviso alla R.
Compagnia Sarda di voler quindi innanzi sceglier meglio
la sua terza recita., anche per addimostrarsi un
po’ più fedele alle sue largite promesse di voler cioè abbondare
di novità italiane e straniere, tanto che si rinnovi
quasi per intero ii vecchio suo repertorio ch’ella
stessa implicitamente confessa. essere ornai degno di
pietosa giubilazione per aver fatto i suoi bravi e buoni anni
di servizio. Nò con questo si dice ch’ella abbia a bandire
tutte, o poco men che tulle le vecchie produzioni. Mai no:
ve ne lia molte tra queste le quali, o per essere di classico
autore o come modelli tipi d’uno special genere drammatico,
vogliono conservarsi e ripetersi anzi di tempo
in tempo a tener sulla buona via il gusto del pubblico
e a rendere il de vulo omaggio agli antichi maestri
dell’arte, e specialmente se italiani. Ma ii genere
bastardo straniero, il raiwfcciWe-scnlimcntale, travestito
da dramma Iagrimoso, il melodramma da bouIcvarts
raffazzonato all’italiana con dialogo vernacolo
piemontese o meneghino, ecc. ecc., non hanno da trovar
venia sotto la falce che avrà l’onore di sfrondare l’antiquato
suo Repertorio. Se la R. Compagnia Sarda seguirà
questo mio consiglio farà opera gradita alla maggior
parte degli imparziali estimatori del suo inorilo, i quali
bramano vederla scuotere’ di tanto in tanto quella
polvere di arcaismo clic le dà una fisonomia non ai
tutto isocrona al rapido movimento sociale del tempo
nostro.
Non tacerò che in queste prime sere, sebbene il
concorso degli spettatori fosse molto limitato, massime
ai palchi, pure ve ne ebbe in quantità sufficiente
per fare onorevole accoglimento agli attori favoriti,
tra quali principalmente la signora Robolti, ii Taddei, il Goltardi, e il Borghi, oltre la già nominata
signora Romagnoli. Si ha speranza clic nelle susseguenti
recito, si farà più animato li teatro, grazie a una migliore
scelta di produzioni. &. Pigoli.
VARIETÀ.
MUSICA ALO VA
Il foglio musicale, Il Segnale, che si pubblica a
Lipsia, annunzia le seguenti novità con singolari moderne
denominazioni: Fiocchi di neve per Pianoforte,
del maestro Ci vai al; Sentimenti musicali durante l’uso
della cura dell’acqua fredda, per Pianoforte del maestro
Deichcrt!! Qual freddo, umido vento non soffia
ora nel mondo musicale!.. Altri giovani maestri
cercheranno più stravaganti titoli; presto ci regalcGhiacciuoli
per Chitarra, Gliiacciajc per Arpa
e per i Tamtam e Tromboni.
NOTIZIE MUSICALI DIVERSE
— Il comune di Rosate, Capo luogo di distretto, altra
volta sede di una Giudicatura, possedeva anche i
tempi andati un RR. Capitolo addetto a quella Chiesa
Prcposituraìc. Questa, sebbene di ambiente non troppo
ampio, e già cadente, era fornita di un eccellente
gauo, ed aveva organisti fra i migliori, ultimi dei quali
un Chiappa ed un Ciceri della cui valentia ho pur qualche
reminiscenza. Se non che soppresso da pochi.
il Capitolo, indi primeggiando qualche chiesa dei f
vicini per bontà di organo o bravura di organisti, ri
neva quel Capo-luogo in tale rapporto quasi dimcntiFu
quindi ottimo il divisamento di quella zelante fabbriceria,
dopo clic si coslrusse una nuova chiesa di più
estesa ampiezza, di aggiungervi ad ornamento un organo
che fosse corrispondente alla grandezza del Tempio, e
di commetterne la costruzione ai rinomali fabbricatori i
signori fratelli e nipote Prestiuari di Magenta.
L’opera venne da questi intrapresa con vero amore dell’arte
e col giorno S prossimo passato fu ultimalo superiore
anche all’aspettativa il grandioso organo della
Chiesa Prcposituraìc di Rosate, del quale possono a ragione
andar fastosi i fratelli e Nipote Prestinari, come
lavoro di tutta eccellenza, e per avere con abilità non
comune superate le più ardue difficoltà. L’aria è ili esso
bilanciata in modo che ad onta della sterminata quantità
di canne la cui mole ne assorbisce gran copia, la
prontezza del suono, in qualunque modo venga prodotto,
si rende facile come quella del più perfetto pianoforte.
E se credesi soverchio (nè il permetterebbe la ristrettezza
del foglio) I’ enumerare partitam’enle i pregi dei
vari istromcnti, la cui imitazione supera quasi il naturale,
non è però da tacersi la maestosa armonia del ripieno,
il cui tocco commove l’animo a devoto raccoglimento.
Il complesso dell’opera è tale infine che può annoverarsi
fra i capolavori dell’arte. Ella è pure da encomiarsi
la saviezza di quel ài. R. sig. Proposto e della
fabbriceria, i quali a norma del Rito che vieta nelle
sacre funzioni gli accompagnamenti di orchestra, non
permisero che vi si introducesse qucH’istromento altrove
tollerato, cioè la gran cassa (tamburo), per cui risuoua
talvolta nel Tempio Cristiano la cosi detta Banda
G. I‘. Calvi
— La nuova opera di Hùminel figlio, intitolata: Alor
ossia gli Unni di Merseburg, fu già data due volte a
Weimar. Si spera che piacerà maggiormente quindi innanzi
e quando sarà fatta più vecchia.
(Segnale)
— Monaco 2G ottobre. Liszt diede jeri la terza sua
accademia a prò dell’Instituto de’ciechi. Essa ebbe
luogo nel regio teatro di Corte in presenza dell’augusta
casa Reale, e colla coopcrazione de1 più distinti membri
della R- Cappella. L’applauso fu tanto smisurato quanto
fu grande il numero degli uditori; i palchi.erano così
zeppi, che non si potevano chiudere le porte. L’artista
mandò i viglictti d’ingresso con gentil invito agli allievi
dell’Instituto, e noleggiò egli medesimo in quella sera,
a propria spesa quattro palchi, nella prima fila.
— La Società de’ Swanglosen, unione de’ primi letterati
ed artisti di questa capitale), diede jeri (28 ottobre)
una festa a Liszt.
Confermcinentc al comune desiderio l’illustre artista
dava lunedì, ultimo d ottobre, un quarto concerto a
benefizio de’ bavari bisognosi, i quali in conseguenza
degli ultimi avvenimenti che ehber luogo nella Grecia,
devono abbandonare quel regno.
(Gazz. Univer.)
— Vienna. Il signor Simone Sccliler, I. R. organista
di Corte, nostro venerato collaboratore, uno de’ più rinomali
moderni contrappuntisti ( maestro de’signori
Thalbcrg, Collier, Salvi ecc.) compose un’opera buffa,
intitolata: Ali-Kitsch-Jlalsch, clic si darà fra poco al
teatro Joscphsladl.
(Gazz. HIus. Piemia)
— Moria ni cantò in tutto 13 volle a Pest e Buda, ma
ricevette soltanto l’onorario per otto rccile, avendone egli
dedicato le altre cinque gratuitamente a beneficio d’altri
artisti, od a scopo di beneficenza.
— Czerny pubblicò presso Haslinger la sua 730 opera.
È la undecima gran sonala per pianoforte, e prova che
egli sa anche scrivere da gran maestro, comunque in
molte altre sue composizioni cerchi render omaggio al
così detto gusto moderno.
— Il rinomato pianista viennese Leopoldo di Meyer,
che si fece sentire a Costantinopoli in presenza del Sultano,
come a suo tempo fu reso conto in questi fogli,
non volle abbandonare quella capitale senza darvi un’accademia
musicale a benefizio de’ poveri. Essa ebbe luogo
nella prima metà del p. p. ottobre nel teatro italiano, fu
coronato da numeroso concorso e del maggior applauso.
(Gazz. teat. di Piemia)
— Cisski.. Dopo la recita dell’Antigone di Sofocle,
con musica di àlcndelssobn, diretta da Spobr, i filologhi
al tempo della toro radunanza in questa capitale, inviarono
un indirizzo di ringraziamento al cel. maestro
per aver egli contribuito a far rivivere questa tragedia
sulla scena. Spobr non potè far udire durante questo
consesso il suo Oratorio: la Caduta di Babilonia,
avendogli l’Elettore ricusato la coopcrazione decantanti
di Corte.
(Gazz. Jf/us. di Pienna)
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