<dc:title> Gazzetta Musicale di Milano, 1843 </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Autori vari</dc:creator><dc:date>1843</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Gazzetta_Musicale_di_Milano,_1843/N._48&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20220110172333</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Gazzetta_Musicale_di_Milano,_1843/N._48&oldid=-20220110172333
Gazzetta Musicale di Milano, 1843 - N. 48 - 26 novembre 1843 Autori variGazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu
[p. 201modifica]GAZZETTA MUSICALE
ANNO II. domenica
N. 48. 26 Novembre ’1843.
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso di
danno ai signori Associali dodici pezzi di scc
classica aulica e moderna, destinati a compoi
lume in 4." di centocinquanta pagine circa, i
apposito elegante frontespizio figurato si inli!
DI MILANO
Il prezzo dell’as:
yia classica music
ed eITctt. Ausi. I,. H i affrancata di porlo lino ai confinidcilù
Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione anives.
accentuécs, et, liliale. — La spedizione ilei pezzi di musica viene fatta
>rime tnulcs les pus- mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti
•end taus Ics objcls. dello Studio /lienrdi, nel modo indicato nel Manifesto.
aimiiles iinilatinns, — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio
le l lamine des se» - della Gazzella in casa /lienrdi. contrada degli Omc— !
I"20; all’estero pressò i principali negozianti
iea e presso gli Uffici postali. - Le lettere, igrupvorranno
essere mandati franchi di porlo.
J. J. Rousskjv.
NO» MARIO.
I. Esajik dello stato attuale della Musica Drammatica
in Italia. - II. La Musica guardala nei bisogni presenti.
- III. Cahtkggio. - IV. Notizie Divkiisk. I.
R. Tkatho a li. a Scila L’assedio di Brescia.
ESMEE
DELLO STATO ATTUALE
DELLA
MUSICA DRAMMATICA III ITALIA
{Vedi i -V. 19 e 27.)
a scuola di canto trovasi ora
ifjjv presso noi divisa in due sistemi,
5§£i quali, come per solito acca______
fde, hanno un lalo buono. ed
difettoso, e in un sol punto
s accordano (che è male-comune), nel non
istruire abbastanza il cantante nella scienza
musicale, affinché questa fecondi la scienza
drammatica. E i difetti di scuola vengono
ancora a dismisura ingranditi dall’opinione
già accennata, e sempre più prevalente, che
a riuscire cantante drammatico non occorrano
tante cognizioni e cosi lungo studio,
bastando certi naturali doni, di cui è troppo
facile credersi forniti. Malta idea, deplorabile
presunzione spesso fomentata da
maestri ignoranti e poco onesti con immenso
danno dell’arte, degli artisti e della
società! Né basterà mai a svellerla lo spettacolo
lagrimevoie dei moltissimi che, per
aver dato retta alle avare adulazioni di
cattivi istruttori, e chiuso l’orecchio agli
avvertimenti dei pochi onesti e chiaro-veggenti,
vivono nella miseria e peggio! Ma
non si vuole vedere altro che le fortune
immense raccolte da pochissimi, e quando
taluno si è lilto in capo di battere la carriera
teatrale, è inutile il dirgli che non
può riuscire che ad essere mediocre. Il maestro
sincero ed onesto è chiamato ignorante,
perchè per una delle tante pazzie
cui va soggetto l’umano cervello l’essere
tacciato di inettitudine per la musica spiace
a taluno più dell’essere creduto poco ga- 1
lantuoino. Quindi poi mentre le antica- i
mere dei corrispondenti teatrali brulicano j
in ogni tempo di virtuosi e virtuose, i di cui
vanti, accompagnati sempre da un modestis- j
simo non fo per dire, veli farebbero credere j
meraviglie nell’arte, a grande stento potete;
sentire un’opera ben eseguita anche nei!
teatri di primo cartello. Dio vi scampi dalle j
prove!... Poniamo line alle digressioni, e!
ritorniamo alle scuole di canto.
I due accennali sistemi si possono distinguere
coi predicali di antico e moderno,
benché il primo non sia più il medesimo
col quale salirono ad altissima fama le scuole
di canto dello scorso secolo, avendo non
poco dimesso delle rigorose esigenze d’allora.
I maestri, che al primo si attengono,
pongono ogni studio nell’educai-e la voce
per renderla agile e pronta a qualunque
passo, a qualunque esigenza della composizione
e del sentimento. La messa di voce,
le volate ascendenti e discendenti, il trillo,
il gruppetto, e mille altri esercizii formano
uno studio principalissimo cui tengono dietro
i solfeggi e vocalizzi. E fin qui è ottima
scuola non polendo un cantante interpretare
giustamente una composizione
qualunque, ed eseguirla a dovere se il suo
organo non è educato ed obbediente. Di
solito però, avendo per massima che canta
bene chi vocalizza bene, si Irascura di far
cantare colle parole; e considerando la
soavità siccome qualità principalissima del
canto, uè alcun conto facendo delle esigenze
della musica moderna, si reprimono
soverchiamente le voci.
Le conseguenze ordinarie di questa pratica
sono: d.° che l’alunno apprende ad
apprezzare maggiormente ciò che è solo
una qualità accessoria, l’agilità; epperò facilmente
tende a sovraccaricare il canto di
quale, olfegjio,
nulla ommetlendo o quanto alla precisione
degli accenti, o al perfetto fraseggiare,
non sa poi articolare con chiarezza,
non conosce l’accento della parola; e non
sa accordarlo coll’accento musicale. 3.° Che
si abitua a tener poco conto del significato
delle parole le quali gli sono per Io
|)iù di peso inopportuno, perchè squiii—
n-andosi. nell’articolarle, l’economia del fiato,
più non sa respirare a tempo. 4.° E finalmente
abituandosi l’allievo a non emettere
un volume di voce maggiore di quello gli
abbisogna per cantare in camera col solo
pianoforte, quando poi passa a cantare coll’orchestra,
m più vasto locale, trovasi sbalestrato
fuori delle norme ricevute. In questo
caso, se il continuo reprimersi non ha
diminuito realmente il volume della voce,
per l’ordinario si sforza soverchiamente per
superare il fragore dell’orchestra, e supplire
all affievolimento più apparente che reale
prodotto dalla distanza delle pareti.
La scuola moderna per l’opposto trascura
troppo di rendere la voce flessibile,
di moderarne e migliorarne il timbro. Trascura
ancora più il solfeggio, e secondando
di soverchio il naturai desiderio dei principianti
di cantare i pezzi più applauditi
delle opere in voga senza i necessari studi
preliminari, fa si che questi montino troppo
presto in superbia per aver imitato scimiotticamente
il tale o la tale celebre cantante.
Non è raro Io scontrarsi in taluno
di questi aspiranti alle glorie teatrali, il
quale per avere bene o male appreso, toccando
i suoni sul cembalo di cui appena
conosce i tasti, alcune arie (più spesso le
sole cappellelte) credesi all’apice della
scienza, alla vigilia di un gran successo.
Voi lo sentirete vantare come cosa propria
il genio che crea gli artisti.
isprezzare
rii ornamenti. 2.° Che quello il quale
canterà egregiamente il più difficile solfegchi
predica la necessità dello studio, senza
essere ad un quarto di quanto ne occorrerebbe
per divenire appena mediocre, senza
saper attaccare con sicurezza uri salto
di quarta o di quinta. Sentirete quésti saputelli
vantar sempre il canto spianato, non
già perchè sappiano realmente portare la
voce, e moderarla colla finitezza che un
tal canto richiede; ma in verità perchè non
saprebbero eseguire con garbo un gruppetto,
una volata avendo l’organo vocale
non domato dallo studio, e di più indurito
dal continuo gridare e sforzarsi di arrivare
agli estremi acuti. E questa è appunto
la pecca più.grave della moderna
scuola; la quale per disavventura è appunto
la più ricca di maestri e di alunni.
Conviene fare notevoli eccezioni a favore
dei conservatorii, nei quali buoni
maestri seguendo buoni melodi si oppongono
alla traviata corrente: se non che
10 scarso numero di veramente buoni cantanti
prodotti da queste scuole, sebbene
vi si possano rifiutare tulli i dotati di
scarsi doni naturali, fa sospettare che ivi
pure siavi del guasto.
Non vi sono adunque più buoni cantanti
in Italia? Non vi è dunque più perfetta
scuola?
Questa terra, culla prediletta delle arti,
e specialmente del canto, può ben essere
decaduta dall’antico splendore; ma non ha
per anco tutto perduto, e conserva tuttora
11 primato sulle nazioni rivali in questa come
in altre nobilissime arti. Scarso è il numero
dei cantanti drammatici, i quali abbiano
perfezionato con uno studio assiduo
e ben inteso le doti naturali: pure ve ne
sono, e per essi l’Italia ha vanto. Più scarso
è il numero dei buoni maestri capaci di
istruire i loro alunni in modo che si sviluppino
in essi le naturali disposizioni, e
l’arte supplisca ove fu natura avara.
Abbiamo notato i difetti
più comuni <
delle scuole vigenti; non sarà inutile il dire £
quale debba essere una scuola di canto per ( [p. 202modifica]meritare il titolo di perfetta, e quali siano
i doveri del buon maestro.
E incominciando da questi ne sembra
incumbergli prima di tutto l’obbligo di ben
studiare il grado di attitudine del suo alunno,
e prima di promettere felice riuscita,
esaminare ben attentamente se vi abbia
vero fondamento a sperare. Questo è debito
di onest’uomo, e chi vi manca si fa
reo dei mali che inevitabilmente tengono
dietro ad una vocazione sbagliata (U.
Conosciuta a non dubbie prove la capacità
dello scolare, il buon maestro debbe
attendere a educarlo all’arte secondando,
non violentando, la natura. Chi ha voce
di basso non costringa a diventar baritono,
chi ha voce di baritono non si ostini a
rendere tenore. Ma prima di tutto si adoperi
ad istruirlo nei principii musicali e a
renderlo franco nel leggere, non istallandosi
di insistere nel solfeggio. Questa massima
è la più trascurata per l’opinione erronea
che il cantante drammatico, dovendo
eseguire a memoria, è inutile ch’ei sappia
leggere a prima vista. Il vero però si è
che if cantante esperto ha sempre pronto
un ripiego, e apprendendo la propria parte
con facilità gli rimane il tempo di studiarne
l’indole e il partito di cui è suscettibile,
mentre l’inesperto giunge appena in tempo
a saperne le note materialmente (2).
Una pratica dannosa, e ciò nullameno
generalissima, è quella di ajutarsi col pianoforte
per attaccare i suoni. L’esperienza
dimostra che con tal mezzo l’alunno
non attende abbastanza ad imprimere nella
mente l’effetto dei diversi intervalli, e
apprende più difficilmente a intonarli. Conoscere
il pianoforte è certo utilissima cosa
pel cantante:, più utile il sapersi ben accompagnare
e conoscere a fondo l’armonia}
ma questo studio si deve fare a parte, e
verrà reso più facile se lo precederà quello
del solfeggio mentale.
Appreso questo si deve attendere a domare
la voce con tutti quegli esercizii che
possono migliorarne il timbro, dare estensione
al fiato, e renderla agile quanto lo
permette natura. Nel quale studio quando
siasi passabilmente innòltrato, si incominci
pure a cantare con parole qualche pezzo
scelto dal prudente maestro, e si ripeta
quanto basta ad eseguirlo colia maggior
finitezza.
(Sarà1 continiiatoj ’ ’
M.° Raimondo Bouciieuon.
(t) Anclie il medico vuol essere consultalo per accertarsi
che il tcmpci-amcnto c la complessione dello
scolare siano tali da potergli permettere l’esercizio del
canto. Cosi praticavasi anticamente nei conscrvalorii.
(2) 1 cantanti clic non san leggere sono poi continuamente
costretti a farsi passare la parte dal maestro: buon per’essi se possono sempre esimersi dal
pagarne le spesso cattive lezioni!
LA MUSICA
CUARDATiV NEI BlSOUilll PBKSESiTI
ÀST1COLO Vi.
( Vedi i fogli di questa Gazzetta N. 32, 33,50,42 e 47 ).
Questo articolo sarà un appendice dell’antecedente: perché dovendo io toccare
del Diletto, che il dramma debbe agli animi
l recare, non dimenticherò que’giocondi affelti
che risvegliati in noi dalla musica e? poesia formano appunto la parte sostan!
ziale del piacei’e. Guai se il teatro lirico
| non dilettasse, dito cogli elementi drammatici,
non con quelle altre circostanze
che rendono amabile il teatro. Ma questo
diletto va coordinalo al maggior nostro
vantaggio, che è quanto.dire a’nostri bisogni.
Pur troppo fuori dei recinti teatraliabbiamo
faccende private e pubbliche che
ci occupano seriamente: il positivo, l’aritmeticaj,
il traffico, le scienze economiche, il
vapore, e mille altre novità moderne. Perciò
in teatro abbiam bisogno di sollievo,
e dirò anche d’allegria. Ma chi è tra’ poeti,
e maestri che conosca bene questa commozione,
che sappia stuzzicare questa corda?
Mi si risponderà: Gli autori delle Opere
buffe. Bene. Dunque andiamo a rallegrarci
all’Opera buffa} ma dopo che il sentimento
s’intruse in questi drammi comici.
non possiamo pie
ridere con
quel
con che ridevano gli avi nostri. Il sentimento
è una faccenda seria, come una di
quelle poc’anzi nominate} è un elemento
di necessità per divertire con sussiego, per
alleviare con gravità, per mettere un ostacolo
a quelle piacevoli convulsioni della
bocca, che chiamansi riso. Il sentimento
eccita lo spasimo, movimento interno semi-giocondo,
o semi-melariconico, che non
si annunzia esteriormente che con qualche
artifiziosa smorfia, increspamento di baffi,
o torcimento di collo.
Vi hanno però opere buffe senza sentimento,
e di queste non parleremo. Altre
ve n’ha che intente a divertire non seppero
in lutto, od in parte conservarsi monde
dal lezzo delle cronache scandalose, dal
dizionario de’bisticci, logogrifi, allusioni
oscene, abbastanza note per un certo cinismo
insultante. Questi libretti mezzo
sentimentali, e mezzo disonesti fecero il
giro dell’Europa, ed avvertirono gli statisti
a qual grado sia la moralità europea nel
secolo del miglioramento e della perfezione.
Da ciò bisogna dedurre che il primo
requisito del diletto arrecalo dagli spettacoli
musicali vuol essere l’onestà. Il ridicolo
debbe nascere da una deformità come
opinavano gli antichi, ed i drammatici dovrebbero
ciò sapere più d’ogni altro} perchè
quando la musica è contraria al senso
delle parole, od alla situazione scenica, non
hanno essi tosto un esempio di deformità
e perciò di ridicolo? Badino dunque a
questi ridevoli accidenti, e ne facciano lor
prò. Ma queste deformità non vogliono essere
nè dolorose, nè nocevoli.; perché in
luogo del riso e della giocondità proveremmo
sentimenti contrari all’umanità, alla
virtù. Cosi p. e. i vizj non sonò ridicoli
ilei loro stretto significato} ma possono
dar materia da ridere quando appariscono
sotto la forma di quelle imperfezioni che
la società perdona con molto suo piacere.
Insomma se possiamo divertirci senza offendere
l’onestà e la morale, senza ridere
di certe istituzioni sociali che formano l’ordinario
intreccio de’drammi, dobbiamo anche
lusingarci di qualche futuro miglioramento.
Lascierò ora il comico per tornare al
serio. Alcuni male intendono il diletto che
ridonda dai melodrammi, volendo essi che
per.^eccitarlo si richieda una poesia facile,
una musica leggiera. La dottrina in teatro,
secondo essi, non genera piacere, come
se l’imparare non fosse un piacere. Una
grave armonia che accompagni un sentimento
filosofico è una stoccata al loro cuore
come una verità amara. Colestoro sono i
grandi nemici della musica tedesca, di quella
che tenta di dar significato alla poesia. Ma
io dirò a’ maestri moderni avviati sulla
buona strada. State forti nel vostro proposito.
Noi uomini di questo secolo abbiam
bisogno di divertirci ragionevolmente anche
in teatro} perchè se proveremo pia- L
ceri secondo gusto e senno, porteremo poi!
Pana e l’altra qualità negli altri affari più
importanti, e la sodezza sottentrerà alla
leggierezza in ogni cosa. Chi non è educato
alle scioccherie, alle insipidezze non
dirà mai che la musica significante annoja,
non dirà mai che la dottrina del mae,
stro portò nocumento al suo ingegno, solo
| perchè volle egli che noi sentissimo quel! piacere che spiriti ben educati, colti, sensibili,
giusti debbono sentire.
Ma il miglior elemento del diletto è la
varietà, quella virtù che ci porta gradatamente
da un oggetto ad un altro, che ci
illude col continuo cangiamento di scene,
di quadri dissimili, ma non discordanti.
Sia vario il melodramma se vuol dilettare}
ma sieno pur varj gli spettacoli musicali
che allora ci divertiremo forse più. E che
voglio io dire con questo? Voglio dire che
la musica può riempirci di nuovi piaceri,
’olesse applicare ad argomenti che
minatici. Già toccai
iesta
corda quando parlai del concerto privato,
quando insinuai ad applicare la musica a
soggetti descrittivi. Nulla è che tanto diletti,
quanto la descrizione, genei’e poco
usilato in Italia, ma molto adoperato oltre
monte. I lavori di tal fatta chiamerò io
Oralorj, sebbene questo nome non possa
adattarsi a tutti, dovendo essi abbracciare
sacro e profano. Generalmente si suole
scegliere un latto grandioso e noto, un
soggetto che si arrenda a svariate pitture}
questa grandiosità i nostri predecessori
trovavano per lo più negli avvenimenti della
storia sacra: nella Creazione, nel Diluviò,
nel Baldassare, nella Passione, ecc. In questo
caso il sublime della poesia e musica
era facile a conseguire} ma come si vorrebbero
introdurre questi Oratorj ne’teatri
per alternarli coi drammi, e variar Io
spettacolo, e’ converrebbe ricavarne gli argomenti
dalle storie profane o dalle grandi
epopee. Può essere anche un’azione con
qualche intreccio drammatico, non già esposta
allo sguardo, e rappresentata, ma narrata
e descritta. Comunque sia questo lavoro,
un concetto morale, un pensiero che
vi ammaestri, o scuola debbono animarlo.
Quali pensieri, quali rimembranze non lascia
p. e. la Creazione A’May in? La narrazione
di Mosè è semplice, ma sublime
per le cose, pei’ l’ispirazione} la pittura
del maestro sente della stessa semplicità,
e sublimità, e lascia l’animo altamente
commosso dai portenti dell’arte e del genio. come quella il lascia confuso ai miracoli
dell’onnipotenza.
Ripeto che cotesti argomenti debbono
essere capaci di svariate pitture, di sempre
nuove scene, altrimenti, ’mancando loro
ciò che illude e rapisce lo sguardo, possono
di leggieri ingenerare monotonia. Ma
come una continua descrizione anche varia
non si potrebbe a lungo sostenere, ei
bisogna intermezzare i quadri con dialoghi
affettuosi, che daran luogo a bei duetti,
terzetti, e va dicendo} in generale la
parte descrittiva debbe essere ì-iservata ai
preludj, ai recitativi, ai cori, ai finali, e là
parte affettuosa ai pezzi concertati. Conviene
anche ajutare il lutto con analoghi
dipinti che rappresentino a un dipresso il C
luogo dove sarà avvenuto il fatto tolto a ’
desCrivei’e, èd anche con analogo vestiario}
cosi che l’Oratorio poco abbia ad invi [p. 203modifica]diare al Dramma, e coU’andar del tempo
si sollevi al medesimo grado d’importanza.
Ma soprattutto è da osservare che la parte
poetica non sia inferiore ai migliori libretti
delle opere. Anche questo sarebbe un nuovo
campo alla poesia moderna così ricca di
pensieri, d’affetti e di filosofìa. Questa
poesia debbe essere sommamente armoniosa
nel metro, limpida ne’ concetti, forte
e vibrala nelle locuzioni, avvicinarsi alla [
dantesca. Sarà come un poemetto di vario
metro: con endecasillabi.sciolti, talora al- |
ternati con settenarj e rimati quando nar- ]
rcrà; sarà un’ode, od altro pezzo lirico a;
strofe molto sonore quando descriverà ed |j
ecciterà gravi movimenti; saranno semplici I;
strofette allorché s’introdurrà il dialogo.!
Non dirò che l’Oratorio debba sempre j
essere di genere sublime. La vita campe- I
stre, le scene pastorali, intorno a cui si li
occupavano i nostri antichi drammatici, i
creatori del teatro, potranno anche pie- |
stare argomenti. Che importerebbe poi ai [
dilettanti di teatro che le scene musi- I;
cali loro intonassero un bel canto nazio-!
naie, un inno religioso, un brano di mu- j
sica che ricordasse le imprese de’ nostri I
maggiori, le glorie della patria, che dilet- j
tasse i presènti colle illusioni dell’avvertire?
Chi non sente il bisogno d’una musica
degna d’uomini, di pensatori, di collabo-!
ratori della civiltà, merita d’essere con- j
dannato per sempre alle lascive cantilene I
degli spasimanti’, od al fracasso delle opere j
insignificanti. Quando musica e poesia sono!
capaci di sublime e toccante lin<ma(’ffio. ’
quando ci possono eccitare senti menti’no- j
bili e. generosi, quando ci possono dilet- |
tare senza corromperci, ed effeminarci, j
perchè ridurremo noi l’una e l’altra al:j
triviale officio di lusingarci gli orecchj e I
le passioni? Si è detto che le arti belle li
giunte ad ottenere nella società grande j
importanza e venerazione, finiscono con j!
guastare i costumi, c danno il crollo a |!
quelle maschie virtù che esse società so- j
stenevano. Quest’accusa, se prendesi nel I
suo stretto significalo è ingiusta; perchè [
le arti, essendo per sè innocue, non pos- j;
sono in ver un modo nè corrompere, nè j
rovinare. Ciò che debbesi veramente accusare
è l’abuso che loro viene e dai loro |
cultori, dai quali comincia lo scandalo, e j!
dalla malvagità di chi se ne diletta. Per I;
fino la danza, inventata-a dare agilità e j
disinvoltura alle membra, ad insinuare Parmonja
de’ movimenti, de’gesti, de’passi, e lj
procurare sanità e robustezza, che è dive- j
nula in pubblico e privato? Un incentivo!|
al male. Un’azione mimica, un dramma |
muto grande, ed interessante al pari della P
miglior tragedia, insudiciato da qùe’diso- il
hesti intermezzi, da quelle danze insigni- j
Acanti che sappiamo, sebheri possa tornar j
grato a chi ammira la virtù delle gambe, li
agli occhi dell’uomo debbe parer mostruo- li
sa, immorale.
Non si abusi adunque delle arti se vuoisi j
da esse ricavare un piacere che non ci j
contamini. Come le vergini muse potranno i
coi loro pudibondi sguardi, coi loro modesti
colloquj, colle loro celesti influenze I
spargere in luogo del diletto il veleno nei ||
nostri cuori? Se mai il teatro per causa
de’presenti costumi, non fosse degna stanza j
di queste deità; se mai avessero a schifo I!
la profanità del luogo, sta a noi che in-!
tendiamo al meglio, a purificare il tempio:
dall’abbominio sopravvenutogli da un falso ||
sentire, da uno sciocco dilettarsi,e sopra I
lutto dall’idolatria che si professa agl’in- Il
lj terpreti delle muse teatrali. Costestoro i
j lerpreteranno meglio quando sentirai! m
j glio,e non sentiran meglio che quando sarau
j meglio educati, non dico nella musica, nel! canto e nel gesto, ma nella morale. La
j buona educazione, cosi dicesi da più anni
j in qua, è quella che debbe migliorarci;
| dunque applichiamovici anche in teatro:
Prof. Bigliani.
CARTEGGIO
Il Don. Séhastif.x, al Rrand tollera,
La Mabia iti Koiian, al Veatro
italiano, ccc.
Parigi, Nov. 1843
Per aeqnìstarc dello spazio, io rispnrmicrì) tutti gli
’Ordii, persino quello elio aven già idealo, c elite1 dora
assumersi l’incombenza di far risaltare eon una
inveniente vivacità, la singolarità piuttosto unica che
rara del doppio trionfo assegnato a Donizetti dal pubblico
parigino nel breve giro di circa trcnl’ore. Sì, sì,
io potrei far sorgere una folla di osservazioni più o
meno nuove e deliziose nel parlarvi dell’ingegno proteiforme,
della ispirazione sempre in movimento e sempre
inesausta di quest’nomo, elio, è il grande provveditele
di note, di quasi tulli i teatri d’Europa. Ma io
ve. l’ho detto, gli esordii saranno risparmiati, ed avrò
per bacco! il coraggio di mantenere la parola.
11 Don Sebastiano dunque, l’opera dovuta al doppio
concorso di due fra i più fecondi talenti dell’epoca,
ollennc all’O/jera un deciso c’completo successo;
la musica dapprima, c poscia l’esecuzione, le
decorazioni ed anche il libretto appagarono le immense
aspettnlivc d’un pùbblico, clic avea da più mesi formato
di quest’opera l’argomento de’suoi discorsi.
La distribuzione delle scene, l’intreccio e. la verseggiatura
del libretto, mentre offrono dei veri pregi, che
non mancarono certo d’influire sulla fantasia del maeslro,
presentano pure dei difetti d’uno evidente apparenza;
tali sarebbero per esempio, quell’abuso eccessivo dei
mezzi estremi offerti dall’arie, clic permette bensì
1 impiego delle posizioni terribili, ma che ne respinge
l’affastellamento; (ali sarebbero varie incongruenze che
passano i limiti concessi alla vita (inizia del paleo scenico;
tali sarebbero un numero discreto di versi che
s’aggirano sopra pensièri d’una antichità o d’una volgarità
disperante... Nò l’elenco dei peccali del signor
Scriba sarebbe qui finito, se. invece di una lettera destinala
a tenervi al fatto delle novità musicati di Parigi,
mi venisse il capriccio di scrivere un arlieolo di
critica melodrammatica. Ma io avrò indulgenza c risparmierò
a Scribc ed a voi il flagello d’un’analisi minuta,
clic recando della noia a tutti, non farebbe alla
lunga del bene a nessuno.
Veniamo ora alla musica. Il primo atto comincia superbamente
con una introduzione islrumcnlale la cui
base ò formata dal motivo della musica funebre del
terzo atto; ma il primo coro e l’aria di Rnrroilhet
non presentano una grande originalità, nò dei molivi
francamente designati: La marcia della processione
clic conduce Zaida (Mail. Sloltz) al supplizio
è un pezzo degno d’essere citato, sia polla fattura che
pel concetto, come pure merita molti elogi un piccolo
cantabile, clic esprime i sentimenti della giovane africana,
quando ha ottenuta dal re la sua grazia. Il cauto
della partenza, c il ritornello F.n avalli Ics Chreliens,
sono vivamente accentuati, ma lasciano qualche
cosa a desiderare in quanto ad eleganza c novità. Il
secondo atto comincia eon un coro assai grazioso, seguilo
da un cantabile della Sloltz. clic fu ammirabilmente
eseguilo. E assai licita la prima parte d’un il
duetto fra la Sloltz c Duprcz, durante la quale si ri-!
sente, grazie ad un innesto felicemente ispiralo, il i
cantabile della Stollz del primo alto. La seconda parte
del duetto avrebbe diritto a maggiori cncomii, se il i
suo effetto non fosse minorato dalla decisa superiorità I
del primo tempo. Quest’alto finisce in una maniera
assai ardila, vale a dire con una romanza di Duprcz, |
pezzo delizioso clic fece scoppiare una tempesta d’ap- fl
plausi, sebbene all’idea di finale vada d’ordinario aggiunta
quella di gran casse, di tromboni, di trcmuolo
insomma musicale. 11 duetto del terzo atto fin Abayaldos
(Massol) c Zaida ò d’un vigorec d’una energia
straordinaria; la stretta produce il più grande effetto,
c completa superbamente uno dei pezzi più drammatici
della musica moderna. Il pubblico fu letteralmente
elettrizzalo da questa splendida ispirazione, clic
venne interpretala da una esecuzione supcriore ad
ogni critica. La romanza di Barroilhct 0 ma patrie I
ò deliziosa, ed il suo duetto con Duprcz ò pieno di
espressione. Il cantabile però di questo duetto mi sembra
preferibile all’allegro clic ò forse un po’ troppo
saltellante. La marcia funebre è un pezzo da gran
maestro delineato largamente, istromcntato con rara
abilità, un pezzo insonni» d’un colorito e d’una fattura
incontrastabilmente eminenti. Il quarto allo, superiore
ancora al bellissimo terzo, forma certo la parte
più interessante del magnifico lavoro di Donizetti;
esso ò pieno di impressioni terribili c grandiose. Quest’atto
ò costituito, quasi per intiero, da un gran pezzo
d’assieme con cori, scritto secondo il sistema del crescendo
lentamente, adoperalo da Donizetti molle volte
coll’esito più felice. Nessuno certamente sa meglio del
celebre maestro servirsi di una tale risorsa musicale,
nò con maggior criterio; egli calcola da lungi la forza
progressiva delle voci, finché le fa scoppiare, unitamente
all’orchestra, in un fortissimo, il cui effetto abbagliante
trascina il pubblico all’entusiasmo. Il successo
di questo pezzo fu grande, completo, generale, profondo,
c fu costatato dal bis che insorse rumoroso da
tutte te parti nella sala; ed ò questo un avvenimento
unico all’Opéra’ per un pezzo d’assiemo.
La prima parte del quinto atto riesce un pò’languida
dopo le potenti impressioni prodotte dal quarto
atto; n» pure vengono a rialzarlo una deliziosa barcarola
di Baroilhctj cd un terzetto clic dà fine all’opera,
clic ò d’un aggradcvolissimo effetto e clic lai
forse la sola imperfezione di chiudere un po’ leggermente
l’imponente riunione de’pezzi drammatici, clic
formano complessivamente lo sparlilo del Don Sóliaslicn.
Da questa rapida analisi, voi avrete traveduto elio
la musica giustificò altamente le grandi aspettazioni
del pubblico e della direzione, e clic il legittimo trionfo
di Donizetti ha arricchito il regno musicale d’uri nuovo
capolavoro. Nò questo successo sarà di breve durata,
aliò anzi il temilo e la riflessione andranno sempre
più rafforzandolo, giacché il Don Sebastiano appartiene
al novero di quelle opere, lavorale con profondità c
coscienza, che vanno sempre più acquistando quanto
più vengono con minutezza esaminate.
L’esecuzione di quest’opera affidata alla Sloltz cd ai
signori Duprcz, Barroilhct, Massol, e Lcvnsscur fu assolutamente
degna dei più splendidi nomi di cui s’onori
1 arie francese. Gl’interpreti della musica del granile
maestro non ommiscro nò arte, nè ispirazione per collocarsi
al livello dell’incarico che veniva loro affidalo,
c corrisposero ampiamente all’importanza ’della loro
missione, E ben vero clic la loro impresa ricscivn
meno difficile dal momento, che nessun maestro ai
nostri giorni conosce cd indovina meglio di Donizetti
le qualità dei cantanti clic deve impiegare, nò sa trarne
partito al pari di lui; ma pure io debbo costatare coi
più vivi elogi l’impégno con cui tulli cercano di tradurre
i concetti del grande itab’ano, c la felicità con
cui raggiunsero il loro scopo. Duprcz, fra gli altri, fu
inarrivabile; giammai, neppure nei suoi giorni migliori,
egli fc’pompa di eguale calore, energia, potenza,
nò meritò mai, più clic in quesl’opera, il titolo
di primo cantante della Francia.
Dativi questi dettagli non vi parlerò delle decorazioni
clic sono d’un lusStf, d’un buon gusto, d’un effetto
incredibile; le meraviglie di misc-en-scdne a crii
ci I» avvezzati l’Opéra, impallidiscono innanzi ai nuovi
c prodigiosi risultati ottenuti dalla direzione: in tale
occasione; le istorie favolose delle fate furono realizzate
per circondare coi loro prestigi questo nuovo capolavoro
di Donizetti.
Passando ora al teatro Italiano la Maria di Ilolian,
scritta pclln scorsa primavera di Vienna, manierine
nella massima parte gli augtirii favorevoli clic avenno;
preceduto la sua comparsa. II primo cd il secondo. [p. 204modifica]- 204 atto
di quest’opera non produssero, se debbo dire il
vero, un troppo completo entusiasmo, ma il terzo atto
trasportò il pubblico, e giustificò pienamente l’entusiasmo
che avea già prodotto sui Viennesi, b una successione
rapida, non interrotta, meravigliosa di bellezze
musicali di prim’ordine, di bellezze, clic uniscono
al pregio dell’originalità quello d’un’csprcssionc drammatica
clic esercita sugli uditori la più alla influenza.
L’aria di Chevreuse (Ronconi) Bella e di vel vestila,
il duello di questo colla duchessa, infine il grande
terzetto finale fc (pianto di più bello possa udirsi, e si
elevano nelle più sublimi regioni del dramma e della
passione. Ronconi nella parte di Chevreuse fu inimitabile;
egli fu cantante ed attore di primissimo ordine.
lo dovrei citare tutti i suoi pezzi se volessi annoverare
quelli nei quali trasportò il pubblico all’entusiasmo;
ina se ommetto il lungo elenco, non voglio
tacervi l’effetto formidabile da lui prodotto nella terribile
frase del duetto - È troppa la gioja... vii toglie...
il respiri - detta da lui in modo da far agghiacciare
il sangue; il colorilo mordente della sua
voce, l’espressione atrocemente sorridente della sua
fisonomia fanno un assieme di cui si cercherebbe invano
d’offrire un’idea. 11 successo di Ronconi si consolida
tutti i giorni, e ciò fa onore al criterio del
pubblico parigino. La Grisi fu una bella duchessa;
Salvi si cavò bene d’impegno nei primi due alti ove
potè far pompa di soavità e di dolcezza, ma fu inferiore
nel terzo, nel (piale richicdevasi una grande
passione, e la Brambilla cantò bene, per quanto lo permetteva
la sua voce, le strofe d’una sua canzoncina
nel primo allo. In complesso grande successo.
Ed intanto permettetemi che mi dica
Vostro affezionai.
NOTIZIE MUSICAL!
— HIn.M’0. - /. II. Teatro alla Seala - fTAssedio
di Mt vescia, dramma lirico del signor
Jannctli, con musica nuova del signor maestro Bajclli,
ebbe accoglimento clamoroso la sera di martedì
scorso. Ciò è quanto di più lusinghevole può dirsi intorno
ài valore di questa nuova produzione melodrammatica
non destinala a splendido avvenire. Se
non ci inganniamo, le situazioni principali del libro
sono tratte da un nolo dramma di Soulié, il
Proscritto, ed ove voglia dirsi clic il Jannctli non
tolse nulla al drammaturgo francese, bisognerà pur
confessare clic nella letteratura si danno delle singolari
combinazioni! Intanto osserviamo clic il soggetto
è qui e qua sparso di punti d’azione pieni di calore,
ma forse offre una tal quale monotonia d’interesse.
Quella benedetta droga del patetico esagerato, che d’alcun
tempo in qua si profonde alla cicca dai nostri
manipolatori di libri per musica, è gettata a larga mano
anche nel dramma del sig. Jannctli, e forse troppo a larga
mano. Non si raccomanderà mai abbastanza a’signori librettisti
di essere un po’più avari di esagerate emozioni,
e di pitture cpilcllico-scntimentali. - Del resto, lo sforzo
tentato dal poeta per annestare sul domestico aneddoto
tragico il fatto pubblico dell’Assedio di Brescia
(che entra per ben poco nell’azione) non bastò ad ispirare
il maestro in guisa da farlo uscir fortunato nel tentativo
di emulare, nel genere grandioso, e corale-drammatico
(come vorremmo chiamarlo) un giovine compositore
suo contemporaneo già celebre in questo gcL’adagio
del finale del terz’atto offre nel tutt’insicmc
un tal qual effetto di armoniche combinazioni, e
rimembra felicemente la maestrevole fattura di altri
simili pezzi, onorati di popolare celebrità. Il secondo
tempo (se non erriamo) del duetto fra Tebaldo e
Uberto, è un buon saggio della forza di stile drammatico
cui può giugnerc la fantasia del sig. Bajclti;
ma parlando in genere, la sua opera presenta poca o
nessuna novità di forme e di pensieri: si nota in lui
più che altro una speciale attitudine ad affettare le
singolarità di stile più aggradite in giornata.
Nella cavatina della protagonista, e in qualche altr’aria,
non riuscì troppo felice: il suo modo di svolgere
le melodie è incerto e stentato’; mancano di
chiaro sviluppo le sue frasi. Quanto all’istrumcntazionc,
vorremmo quasi non parlarne; sarà bell’e buona
osservala sulla partitura, ma è povera di effetto, ovvero
è ricca di tali effetti clic non sono certo i più
opportuni a darne spicco alla parte cantabile e a spargere
di gradevoli tinte, e di svariali contrasti l’insieme
defla composizione. Valga d’esempio la cavatina della
De Giulii, in cui quella povera brava signora è costretta
a fare sforzo de’ polmoni per non soccombere
sotto il peso di certi accompagnamenti che invece
di servire da scudieri al canto, gli fanno, come
avrebbe detto Grctry, da gendarmi.
A riassumere in breve il nostro giudizio diremo:
la nuova opera del sig. Bajclti addimostra in lui una
non comune capacità musicale; ma non gli dà diritto
di porsi in ischicra coi pochi chiamali dal voto dei
veri intelligenti a coronare di nuove glorie i fasti già
si ricchi dell’Opera italiana. Di questi soli eletti deve
occuparsi la coscienziosa critica musicale, agli altri ella
si limita ad augurare la miglior fortuna possibile. 11
signor Bajclti dotalo di molta dottrina e di non minore
buona volontà si è già collocato a un buon posto
in questa seconda categoria di compositori. Se
ne tenga pago.
11 l’eretti e il De Bassini, il primo nella (iurte
di Tebaldo, l’altro in quella di Uberto, hanno gareggiato
di zelo per interpretare alla meglio le intenzioni
vocali e drammatiche del compositore, ed
ebbero qui e là applausi in parte meritati, in parte
cortesi. Sono due bravi e buoni allori-cantanti. Beccato
clic le loro due voci, quella del baritono clic tenoreggia
forse troppo, e quella del tenore clic forse
troppo baritoneggia, nei pezzi di concerto e a due
tendono a fondersi in guisa l’una nell’altra clic ne risulta
povero l’effetto per mancanza di vivo contrapposto
nei due metalli. Ma forse un compositore accorto
saprebbe adoperarle in guisa da produrre miglior effetto
di quello clic producono nell’Assedio di Brescia.
— Le sorelle Milanollo si produssero in altre tre serate,
l’ultima delle quali fu giovedì or passalo. 1 clamorosi
applausi del pubblico non vennero meno, e ciò fu
dovuto in par.c al sommo valore co.ii cui la Teresa fe’
udire altri nuovi pezzi di bella ed arduissima fattura,
eseguiti con mirabile magistero. La fantasia di Vieuztemps,
l’altra su’inolivi della Muta di Portici, e quella
sui motivi di Bellini furono le più gradite tra le molle
composizioni suonate dalle due sorelle. Il duello di Dancla,
tante volte ripetuto piacque sempre al maggior seguo,
per la mirabile sicurezza, piccisioiic ed accordo dell’csccuziouc.
— Vik.vna. L’attrice Matilde Wildancr, Moriani e
Ciabatti ebbero l’onore di prodursi il giorno 11 novembre
in uu concerto di Corte. La prima cantò con Moriani
un duetto di Roberto Devereux, e uu terzetto della Lucrezia
Bargia col medesimo e Ciabatti. Questi ultimi
cantarono inoltre delle arie e duetti.
— Liszt diede il 7 novembre il
a Stuttgard, ed eccitò entusiasmo.
— Fra poco si pubblicherà a Pe
un Metodo per pianoforte sulle teo
brenner e Uummel.
— Burlino. La Corte e gli augusti suoi ospiti della
Germania, Svezia e Russia, assistettero all’apertura dell’Opera
italiana coi suoi assoluti virtuosi. L’assoluto
tenore Ferrari Stella piacque decisamente, e cosi pure
l’assoluto soprano, signora Malvani. La relativa prima
donna, signora Bcccorini è giovine avvenente, e possiede
anche buona voce. Speriamo che l’aslfalto valore dei
talenti saprà vulularsi nel concreto fenomeno dell’introito
della cassa. Si rappresentò la Beatrice di Tenda
di Bellini. Dico ciò in line, poiché nell’Opera italiana
l’opera stessa e una cosa accessoria. Presso i Tedeschi
l’opera viene prima, poi i cantanti.
— Il maestro Persiani sla sciivendo una nuova opera
per il Teatro Italiano di Parigi; si intitolerà il Fantasma,
e le parti principali saranno affidate a M. Persiani,
Mario, Ronconi, Fornasari e Morelli. La Direzione
del teatro Italiano fonila le migliori sue speranze su
quest’opera e sul Corrado d’Altamurà di Ricci.
— Domenica or passata ebbe luogo al R. Conservatorio
di Musica di Parigi la distribuzione;sotcnnc dei
premiò II sig. Keratry, presidente della commissione
di Belle Arti, aprì la seduta con un discorso pieno di
osservazioni giudiziose e di ottimi consigli. Egli raccomandò
agli allievi lo studio dei grandi maestri e il
rispetto alle savie tradizioni, eec.
— Il signor Ettore Berlioz dovea dare la sera del IO
scorso una grande Accademia nella sala dei Menusplaisirs.
Fra gli altri pezzi doveasi eseguire la sinfonia
d’llerold, l’ouverture del Re-Lear, la Romanza per
violino, un pezzo di Romeo e Giulietta, il finale della
Gran Marcia funebre ecc.
— È morto ultimamente un celebre attore a Londra,
e lasciò una sostanza di due milioni e mezzo di franchi
guadagnati colle sue fatiche artistiche!
— Una nuova Opera, libro di Scribe e musica di Adam,
fu data a studiare al Icatro ieY Opéra contigue: ha
per titolo Cagliostro, e si produrrà nel gcnnajo prosNOTIZIE
DRAMMATICHE
— La Commissione degli autori e compositori drammatici
composta dai signori Etienne, pari di Francia,
dell’Accademia Francese, presidente; Liadicrcs, deputato;
Vittore llugo dell’Accademia francese, Adolfo Adam
Halcvv, ecc., indiresscro al Ministro degli affari esteri
a nome di tutti gli autori e compositori francesi, una
lettera nella quale lo ringraziano d’aver fatto inserire uel
trattato di Commercio, ultimamente couchiuso Ira la
Francia e la Sardegna, un articolo che assicurò ad un
tempo e reciprocamente agli scrittori dei due paesi la
nropriclà delle loro opere così peiguirilli di stampa e
di vendita come pei diritti d’autore per le r
produzioni teatrali.
Questa convenzione clic pare destinai
i concerto: in lingua ungaresc
e di Czcrtiy, Kalkfavorirc
il
librario dei due paesi, coll’impedire nell’uno
nell’altro la cosi detta pirateria o, come la chiamano i..anecsi, contrefufon, riuscirà di un vantaggio inconte:
stabile agli autori di libretti, sudditi sardi, i quali se
| avranno la fortuna di associarsi a compositori di grido,
| potranno godere dei generosi diritti d’autore conceduti. in Francia, ogni qualvolta le opere cui avranno somministrati
i loro versi, verranno chiamate all’onore di essere
riprodotte sulle scene dell’Opera italiana di Parigi,
e ridótte per le scene liriche dei teatri di dipartimento.
•— Al secondo teatro francese, (Parigi) cbhe accoglimento
favorevole una nuova commedia in cinque alti
ed iu versi del sig. Leone Guillard, intitolata Les moyens
dangereux. A quanto pare dal giudizio di qualche
sensato giornate non e questo un componimento del genere
farraginoso, in cui le peripezie, i contrasti, gli svi!
lappi, gli strani incidenti si intrecciano e si accavallano
i con una gara di inverosimiglianze e di colpi di sorpresa.
La nuova commedia del sig. Guillard appartiene
al vero buon genere drammatico, e alla evidenza e semplicità
di uu concetto sufficcntcmcnlc piccante e dato
valore da una felice esposizione, da un dialogo fino ed
animalo, e dalla maestrevole pittura de’ caratteri.
— Un dramma di tuli’altra natura è VEva di Leone
Gozlan che recentemente si produsse con clamore sulle
scene della Commedia Francese. L’impeto di una fantasia
poetica die si compiace dell’invcrisimilc e dello
strano, purché dal loro urto scaturisca l’effetto teatrale,
è speso a tratteggiare con mano ardita e sicura una serie
di scene piene di vigore ed attrattive. - In questo
nuovo dramma del sig. Gozlan, due civilizzazioni stanno
a fronte l’una all’altra: la fine del secolo 1S e la nuova
era. La scena ha luogo in America. Èva personifica l’avvenire,
e il marchese di Fermare rappresenta il passato.
• Cosi un giornale parigino, òoi per conto nostro
non parteggiamo per questa foggia di drammi a simboli,
noi amiamo riscontrare nel dramma la pittura
animata, effettiva, palpitante della vita reale presentata
sotto i punti di vista più atti a offrir splendida idea
dell’umana natura e dei contrasti cui ella é sottoposta
dai conflitto delle passioni, e dalle giuste o ingiuste
esigenze della società.
— Il Teatro del l’audeville prosegue a far gli onori
dell’ultima splendida produzione di madama Alicelo!.
La celebre autrice di Maria o le tre epoche, nel nuovo
suo dramma Madama Roland, volle deporre per un
momento la fina e leggera matita colla quale delineo
tante aggraziale pitture di famiglia, per afferrare il pennello
del gran dramma storico, e tratteggiare arditali
mente un’epoca di feroci passioni politiche, feconda di; lagrime, di sangue e di spaventi. La forte virtù di una
li donna che soccombe vittima del suo cullo ai sublimi
prìucipii di un vero destinato alla lenta ma sicura ri!
generazione della società umana, é questo l’alto conI
cello della nuova tanto applaudita opera drammatica! della signora Alicelo!.
I — Dumas, che recentemente ebbe la soddisfazione di
vedere riprodotto con clamoroso esito il suo Enrico III,
• sta preparando per l’Odeon una nuova commedia, il
Laird di Domhicky, clic dicono sia una meraviglia di: spirito e di originalità.
GIOVAMI RICORDI
EniTOBK-I’ROPBIKIABIO.
tvws. SI liniere a questo foglio il pezzo JV. 8 DELL’AXTOLOGIA (JLASSICA MUSICALE
Dall’I. R. Stnbìllniento Arazionale Privilegiato
di Calcografia, Copisteria e Tipografia musicale di GIOVAIH RICORDI
Contrada degli Omenoni If. 1720.