Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 22
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DIRETTORE?» GIULIO RICORDI f HEDATTOBE SALVATORE FARINA SI PUBBLICA OGNI DOMENICA 2 GIUGNO 1872 Oggi si pubblica la CRONOLOGIA degli Spettacoli dei Ttegi Teatri di Alitano di POMPEO CAMBIASI; verrà spedita immediatamente agli associati che ne hanno fatto domanda. IL FAUST DI GOETHE E LE SUE TRADUZIONI MUSICALI III. L.A DANNAZIONE DI FAUST DI BERLIOZ Questo compositore bizzarro e fantastico s’innamorò ■di buon’ora del poema di Goethe. Egli dice nelle prime pagine delle sue Memorie che, venutagli fra le mani una traduzione francese quando era ancora fanciullo, non seppe più distaccarsene e la lesse e la rilesse cento volte non solo, ma cedendo ad un fascino irresistibile si accinse a vestire di note i pochi frammenti del poema che sono scritti in versi in tutte le traduzioni. Egli si avvide ben tosto d’aver accumulato errori sopra errori, ma non così presto da impedirgli di dare alle stampe la sua musica col titolo Otto scene del Faust. Guarito dalla febbre della vanità d’autore radunò quanti più esemplari potè del suo primo scarabocchio e li gettò alle fiamme. Le note bruciarono, le idee però rimasero, e quando Berlioz, ricchissimo di scienza, meno di ispirazione, si rammentò venti anni dopo le sue prime ♦ creature, le vestì a nuovo, e le adottò (come fece in altre occasioni di altri giovanili tentativi) nella Dannazione di Faust, che è una delle composizioni più belle del suo ingegno balzano. Questa leggenda, per quel che ne scrive lo stesso autore, fu incominciata durante un viaggio in Austria, in Ungheria e in Boemia, ma il disegno era, si vede, molto antico. Berlioz, come più tardi Boito, non si accontentò di scrivere la musica, ma [preparò anche la tela poetica alla sua giovine musa. La sua valentia nel trattare il verso francese non è superiore a quella d’un mediocre librettista, ma non sta nemmeno al di sotto; ecco per saggio alcuni versi dell’invocazione di Faust alla natura, i primi che egli scrivesse del suo libretto. Li scrisse in una vecchia carrozza postale tedesca, il che potrebbe essere una discolpa, se ne avessero bisogno: “ Nature immense, impénétrable et fière, Toi seule donnes trêve à mon ennui sans fin! Sur ton sein tout-puissant je sens moins ma misère, Je retrouve ma force et je crois vivre enfin. Oui, soufflez ouragans, criez forêts profondes, Croulez rochers, torrents précipitez vos ondes! Â vos bruits souverains, ma voix aime à s’unir.. Forêts, rochers, torrents, je vous adore! mondes Qui, scintillez vers vous s^élance le désir D’un cœur trop vaste et d’un âme altérée D’un bonheur qui la fuit. «Il libretto e la musica furono condotti alla fine di pari passo, nella stessa maniera con cui furono incominciati, all’albergo, per via, a tutte le ore. «A Pestìi, scrive Berlioz alla luce d’una fiamma di gas d’una bottega, una sera che mi era smarrito, scrissi il ritornello in coro della Fonda contadinesca. A Praga mi levai nel mezzo della notte per scrivere un canto che tremavo di dimenticare, il coro d’angeli dell’apoteosi di Margherita. A Breslavia feci le parole e la musica della canzone latina degli studenti: Jam nox stellata velamina pandit. «Scritta la partizione bisognava farla udire e qui cominciò una serie di dolori per l’autore. Vi riuscì nondimeno nel novembre 1846, nel teatro dell’Opera-Comica, ed ebbe ad esecutori Roger (Faust), Herman-Léon (Mefìstofele), Henri (Brander) e la signora Duflot-Maillart (Margherita). Berlioz si lamenta nelle sue Memorie delle spese che gli costò la sala, la copia delle parti d’orchestra e canto e le prove; si lagna di non aver avuto una cantante alla moda per la parte di Margherita, dice che neppure gli altri erano fashionables, e conchiude melanconicamente che le due rappresentazioni del Faust su cui aveva contato per ristorare la sua borsa, furono fatte innanzi ad un pubblico scarsissimo. «Nulla, egli scrive, nella mia carriera d’artista mi ha così profondamente ferito come questa indifferenza inattesa.» Egli non parla del successo morale della sua composizione, ma convien credere che non venisse accolta con entusiasmo; il signor Jullien va più oltre nel suo studio e dice che il pubblico, avvezzo a ridere di 184 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO questo artista scapigliato e della sua pretesa musica, lieto di poter sentenziare senza quasi ascoltare, si fece sordo alle bellezze di prim’ordine che abbondano nell’opera e non volle distinguere che le arditezze, per gridare all’eresia. L’opera di Berlioz non è molto fedele a quella di Goethe; la musa del poeta prese ciò che meglio convenne alla musa del compositore, aggiunse, immaginò, cucì il tutto insieme non senza grazia e con molto calore. Di quest’opera, ignota ancora oggi in gran parte agli stessi connazionali dell’autore, l’Italia non ha alcuna idea. Ascoltiamo adunque il signor Jullien nell’esposizione che egli ne fa: «Nella prima parte Faust erra in mezzo alle pianure d’Ungheria (b, cantando un inno alla primavera, che rinasce, al sole che si leva, in una melodia deliziosa accompagnata da un soave mormorio d’orchestra, dolce concerto della natura che si sveglia. «Segue un magnifico quadro sinfonico. Mille rumori agresti arrivano alle nostre orecchie, fino a che irrompe franca ed allegra una ronda di contadini. Questa allegria strappa al disgraziato un sospiro, che si esala in una frase melanconica. Infine passano da lungi le truppe che fanno udire una marcia guerriera. «. Nella seconda parte Faust è nel suo laboratorio, avido di sapere e stanco’di vivere; sta per avvelenarsi, quando ode il canto della festa di Pasqua. «Risuonate ancora, cantici del cielo, sciama lo scettico gettando il nappo mortale, le mie lagrime scorrono, la terra mi ha riconquistato!» Questa scena, fedele al testo di Goethe, è bellissima, il disinganno e l’ardore del sapiente vi sono dipinti con mano maestra. «Qui Berlioz ha agito più risolutamente che non facesse più tardi Gounod. Egli prese tali quali scena e canzone e le tradusse. Il coro dei bevitori è d’una foga irresistibile; poi, cedendo alla domanda dei compagni, Brander, già barcollante, canta a gola spiegata le sue strofe pesanti del Topo. Appena la folla commossa da questa orazione funebre ha pronunziato il suo lamentevole Requiescat in pace, comincia una fuga scapigliata sulla parola Amen, scherzo musicale di Berlioz, felice di dare una buona zampata ai suoi detrattori, in gran parte difensori rabbiosi della fuga classica. E perchè lo scherzo non vada perduto: «Ascolta, ghigna Mefìstofele, tu vedrai la bestialità in tutto il suo candore.» Terminata la fuga il demonio intona la sua bizzarra canzone della pulce: qui solamente l’autore venne meno; avremmo voluto che il ritornello del diavolo fosse più stridulo e più aspro.» Nella scena terza, la melodia che il diavolo bisbiglia all’orecchio di Faust è d’una soavità penetrante. Quanto al coro dei Gnomi ed alla danza dei Silfi, sfidano ogni descrizione verbale. Faust vede Margherita in sogno e domanda qualche cosa che appartenga a quella angelica creatura; Mefìstofele lo trascina mescolandosi ai (1) Berlioz ei dice nelle sue Memorie che trasportò la scena in Ungheria per potere introdurre alla sua leggenda la propria marcia di Rakoczy, che qualche tempo prima aveva avuto esito entusiastico in Pestìi.. soldati e agli studenti che cantano la guerra e l’amore: Jam nox stellata velamina pandit; nunc bibendum et amandum est! Vita brevis fugaxque voluptas. Gaudeamus igitur, gaudeamus! Nobis subridente luna, per urbem quærentes puellas eamus! ut cras, fortunati Cæsares, dicamus: Veni, vidi, vici! Gaudeamus igitur, gaudeamus! Cade la notte; tamburi e trombe suonano la ritirata. Faust penetra nella stanza della giovinetta, saluta le pareti di quel santuario con una melodia soavissima. Margherita entra col cuore turbato e canta per distrarsi una vecchia ballata. E qui Berlioz lascia Goethe e lavora di fantasia. A un segno del demonio i folletti vengono a volteggiare alla porta di Margherita. La musica di questo minuetto è graziosissima; Mefìstofele canta beffeggiando una serenata incantevole; Faust e Margherita, soli, inebbriati, sospirano una melodia piena di voluttà e di passione. Ma il demone l’interrompe: «è ora di partire, giungono i vicini» e qui ha luogo un terzetto in cui l’amore e la gioia satanica si fondono superbamente. Nella quarta parte, Margherita è nella sua camera e piange; siede al filatoio e canta una melodia angosciosa che si raddolcisce a poco a poco nella memoria del suo amore. Si odono da lungi gli ultimi ritornelli degli studenti, l’ultimo eco della ritirata. Si fa la notte; tutto rammenta alla disgraziata il dolce ricordo di quella sera senza domani. «Egli non viene!» esclama e si lascia cadere al suolo tramortita dai rimorsi e dall’angoscia. Succede T invocazione di Faust alla natura; la conposizione orchestrale e vocale di Berlioz, traduce a meraviglia questa ardente ispirazione ai godimenti infiniti; sopraggiunge il demonio che descrive al dottore il rimorso, il dolore e la prossima morte di Margherita. Salgono entrambi in groppa a due nere cavalcature e si slanciano attraverso lo spazio. Qui Berlioz abbandona le briglie all’immaginazione; la corsa dei cavalli infernali; il sabbato delle streghe, le esclamazioni di Faust e il ghigno mefistofelico sono dipinti con uno spaventevole scatenamento delle masse orchestrali. La composizione contiene altri due pezzi grandiosi che formano uno strano contrasto: il Pandémonium e il Cielo, la fine di Faust e quella di Margherita. {Continua) RUBRICA AMÈNA Traduciamo più fedelmente che ei è possibile dal Guide Musical di Bruxelles: «Il concerto dato da Wagner nella gran sala dei Filarmonici a Vienna ha preso le proporzioni d’un avvenimento. Malgrado T enormità dei prezzi dei posti e le seduzioni — ingannatrici, è vero — del sole di primavera, di cui i primi raggi avevano eccitato i dilettanti più confidenti nella natura che nell’arte a disertare la città per la campagna, a mala pena si poteva trovare un’posto vuoto; di tal guisa si può calcolare l’introito 18,000 fiorini. Al suo entrare nella sala, il maestro (dovrebbe essere un apostolo che parla) fu salutato da uno scoppio di applausi accompagnati da una valanga di fiori; undici corone portavano in lettere d’oro i nomi delle opere di Wagner. L’eroe della festa accolse tutti questi omaggi colla maestà placida d’un sovrano che riceve i tributi dei suoi vassalli; non un muscolo del suo viso si contrasse (che muscoli!), il suo occhio penetrante GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 185 guardava freddamente questa folla fremente d’entusiasmo come se egli cercasse da prima di scoprire la causa di questo rumore persistente.» (Olimpico!) «Alla fine tuttavia un sorriso di soddisfazione passò rapidamente sui suoi lineamenti. Durante l’ultimo pezzo del concerto, la sala si oscurò mano mano, un uragano scoppiò e il suo brontolio fece concorrenza ai timpani dell’orchestra. Wagner seppe trarre partito da questo incidente, e nel discorso che indirizzò al pubblico dopo il concerto si espresse all’incirca in questi termini: «Una volta diggià io ebbi occasione d’incontrare in questa città così numerose simpatie. Oggi vedo in queste testimonianze di affetto segni d’adesione al mio disegno di erigere alla nostra patria alemanna un tempio in cui l’arte resterà al riparo dalle influenze perniciose del presente. E, siccome i Greci una volta avevano costume d’invocare Giove, pregandolo di manifestare il suo consenso con un lampo, io vedo oggi un felice presagio nei segni del cielo.(UH)» Si fa al solito un gran parlare delle cose della Scala. Per ora nulla di sicuro, fuorché la scrittura del tenore Campanini, della signora Krauss, d’una esordiente signora Damare, e d’una siella del teatro la Monnaie di Bruxelles, la signora Edelsberg. In quanto agli spettacoli ei si promettono molte novità, fra cui un’opera di Wagner. Era tempo! Al Politeama proseguono con fortuna le rappresentazioni; l’impresa allestisce ora il Rigoletlo e il ballo del coreografo Casati: La Rasiera. Al Re (vecchio) non si pensa più alla Cenerentola, e per molti sarebbe stata una novità; si darà invece oggi stesso il Barbiere di Siviglia che non è una novità per nessuno. Dopo tutto è forse ancora il meglio. Anche al teatro Fossati avremo in estate spettacolo d’opera, per cura dell’impresario Sebastiani, il quale, per quel che si dice, farà le cose bene. Rivista Milanese Sabato, 1 ghigno. Avevo creduto in buona fede che le pioggie dirotte che durano da un paio di giorni avrebbero spento perfino il Vesuvio e allontanato il pericolo delle eruzioni, ed eccone invece un’altra proprio in Milano, proprio nel bel mezzo del Tivoli. I boati si erano fatti udire da qualche giorno; tutti avevano capito che sotto il palcoscenico del teatro Fossati ribolliva qualche cosa, ma nessuno aveva pensato nemmeno in sogno alla lava d’un vulcano; i martelli picchiavano è vero, disperatamente, ma non si era sospettato che fossero i martelli di Plutone; quand’ecco un bel giorno si annunzia che dalle otto alle undici pomeridiane avrà luogo la prima Eruzione del Vesuvio di Antonio Scalvini, e nel momento in cui scrivo siamo arrivati salvo errore alla settima. Fortunatamente nessun danno, la cenere non copre nemmeno tutto il palcoscenico, e la lava è addomesticata e si tiene prudentemente a debita distanza dai lumi della ribalta; in quanto a vittime, non se ne vede che una, un libertino, ladro, usuraio ed assassino, al quale si apre la terra o T inferno sotto i piedi proprio nel momento in cui vuole aggiungere un altro delitto al catalogo. Insomma è un Vesuvio che sa il fatto suo, una perla di Vesuvio, degno di aver visto la luce nella patria del risotto e in quel paradiso terrestre che si chiama Tivoli. Antonio Scalvini che ha avuto l’idea di regalare agli abitanti di Porta Garibaldi un’eruzione, per conto proprio non se n’è servito che per uso di catastrofe; prima che la punizione divina si manifesti colla luce del bengala e con due cilindri di carta, che se non sono lava meriterebbero d’esserlo, si intreccia e si sviluppa un dramma a forti tinte, a forti passioni, con scene molte volte piacevoli, e con effetti se non nuovi di zecca, almeno accettabili come buona moneta. Il pubblico freme ogni tanto coscienziosamente, e quando interviene la sospirata lava, diventa aneli’esso un vulcano e per poco l’eruzione della platea non fa impallidire quella del palcoscenico. L’altro avvenimento della settimana fu l’inaugurazione del teatrino estivo, al caffè dei Giardini Pubblici: il palcoscenico è microscopico, ma la platea è immensa; infatti il pubblico che salutava con gioia la riapparizione del Granduca di Gerolstein era immenso; disgraziatamente però per l’impresario non aveva pagato la lira d’ingresso stabilita. Nell’insieme, se non si riesce a rendere indipendente il teatrino dal caffè, mi pare una speculazione sbagliata; il prezzo d’ingresso è caro, gli spettacoli meschini, perciò non si avrà folla agli spettacoli; e il caffè che dovrebbe avere vita separata dallo spettacolo ei rimetterà gli avventori. ALLA RINFUSA Scrivono da Parigi al Trovatore che il m.° Dami, direttore d’orchestra del Teatro Italiano, sta terminando un’opera comica, in francese, che verrà colà rappresentata. Scrive L’Arpa di Bologna: Annunziamo con piacere che l’egregio maestro Alberto Giovannini ha condotto a termine la nuova opera commessagli dall’editore Ricordi, intitolata I maledetti. Un amico che n e ha udito qualche pezzo ei assicura che è lavoro a cui non potrà mancare brillante successo. E il maestro Alfonso Aragona di Nicastro’ha condotto a termine un’opera dal titolo: Beatrice Cenci. Alla Camera dei Deputati, nella seduta del 16 corrente, è stato approvato il progetto di legge per la cessione ai Municipii dei teatri regi di Milano, Torino e Parma. F. Spohr fu nominato direttore dei concerti all’Opéra di Berlino. Il giorno 18 ebbe luogo nel parco di Vienna la solenne inaugurazione del monumento a Francesco Schubert. Prima e dopo l’inaugurazione furono cantati cori del celebre compositore (con testo adattato alla circostanza). Fra gli ospiti invitati notaronsi due fratelli, due nipoti ed una sorella di Schubert e molti de’ suoi contemporanei. La casa ove nacque e morì e la tomba di lui vennero ornate. Una medaglia di bronzo fu coniata per questa solennità. Il celebre maestro di cappella del re di Baviera, Franz Lachner, ha dedicato al cav. van Elewyk due delle sue ultime opere.
- La scuola corale del teatro della Pergola di Firenze, diretta dal maestro
Fattori, ha già cominciato a funzionare. Il concorso degli uomini è abbastanza numeroso. Manca affatto il sesso femminino. •¥■ E 1 orchestra dello stesso teatro, finora stipendiata dal Municipio, venti e definitivamente sciolta. Il ministro francese dell’istruzione Pubblica di belle arti ha scritto ai direttori dei teatri dei cinque porti militari: Cherbourg, Brest, Lorient, Rochefort e Tolone per proporre loro una sovvenzione, in cambio d’un ribasso notevole del prezzo dei posti a favore dei marinai, allo scopo di indurli ad abitudini più morali di quelle del cabaret. È un eccellente pensiero.
- L’egregio maestro Domenico Lucilla, cav. dei SS. Maurizio e Lazzaro,
fu nominato cavaliere della Corona d’Italia.
- Draneth Bey, soprintendente del Teatro Vicereale di Cairo, è stato nominato
commendatore della Corona d’Italia, per le molte e splendide prove del suo amore per l’arte musicale, per la preferenza per gli artisti italiani e per i benefizi al commercio milanese. II fischio di una locomotiva, scrive il Travet, si sente a 3000 metri nell’aria. Il rumore di un convoglio di una ferrovia a metri 2500. Un colpo di fucile e l’abbaiar di un cane a metri 1800. Il canto del gallo ed il suono di una campana a 1600 metri. Un’orchestra e il rullo del tamburo a 1400 metri. Il gracidar delle rane a 900 metri ed a 800 il canto dei grilli. La parola distinta dal basso all’alto si discerne chiaramente a metri 500 e -dall’alto al basso non s’intende bene che a 100. — Questi fenomeni furono svolti innanzi all’accademia delle scienze di Francia dal signor Flamarion che li esperimento sugli areostati. La soscrizione per un monumento a Thalberg aperta nei vari magazzini di musica di Firenze, ha fruttato ben poca cosa. Due soli soscrittori fin qui sonosi raccolti per la somma complessiva di 30 lire! 186 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO I giornali francesi pubblicano la seguente lettera: La contessa Rosina Carolina de Ketlcliendorf, baronessa di Stolzneau, ha l’onore di annunziarvi il suo matrimonio in extremis col Duca Carlo Raimondo Designano di San Marino. — Roma 18 maggio 1872. La Baronessa di Stolzneau non è altri che l’antica cantante celebre Rosina Stoltz. Secondo un telegramma di Java, il celebre violinista Ole Bull fu in procinto di morire abbruciato, poiché l’albergo in cui abitava divenne preda delle fiamme nella notte dal 18 al 19 aprile. A stento egli riuscì a sottrarsi dall’incendio, e quasi ignudo, col violino sotto il braccio, lo si vide correre per la strada. Il pianista W. Krüger, che dopo lo sfratto dei Tedeschi da Parigi, era ritornato a Stuttgart, sua patria, fu dal re nominato professore al Conservatorio. > La quarta festa dei cantori (Sangertag) a Coburgo avrà luogo nei giorni 22, 23 e 24 giugno. Vi sono invitate le società corali di Bayreuth, Nürnberg, Fürth, Würzburg, Schweinfurt, Meiningen, ecc. Un interessante processo fu sciolto dalla Corte d’Appello di Parigi. Gli editori Enoch e figlio avevano stampato il Gradus ad Parnassum di Clementi, appoggiandosi su ciò che l’autore è morto da più di 30 anni (decreto del 5 febbraio 1810). Il legittimo editore sig. Richault mosse querela contro questa pubblicazione e guadagnò il processo a norma della legge 19 luglio 1793, poiché gli eredi di Clementi, che hanno la cittadinanza francese fino dal 1811, sono protetti dalla legge fino al 1884, cioè 20 anni dopo la morte della vedova di Clementi, Fino a quel tempo il sig. Richault, cui fu ceduta la proprietà, sarà l’esclusivo proprietario in Francia del Gradus ad Parnassum. > La Central Presse di Londra annunzia che tre Impresari di Teatri di quella capitale offrirono al pretendente Tichborne, 2000 lire sterline (50,000 franchi) se acconsentiva a presentarsi ogni sera sul palco scenico per pochi istanti. Sir Ruggiero rispose negativamente. 4 La diva de la chope, è lo spiritoso nomignolo appiccato dai parigini alla celebre Teresa. Essa parte ora per la Russia, scritturata per le Acque minerali, colla modesta paga di franchi 1200 per sera e un mese di rappresentazioni garantite! Acque minerali è la denominazione di un rinomato Caffè-Concert, sito sulle rive della Neva, che assomiglia al Crémorn Garden dì Londra. Negli Stati Uniti vi sono 5846 fra giornali e riviste, che, riguardo alla loro pubblicità, si dividono nella maniera seguente: Quotidiani 574, triebdomadari 107, semi ebdomadari 115, ebdomadari 4270, semimensili 99, mensili 624, bimensili 13, trimestrali 49. Di questi 4328 sono politici, 73 agricoli e di orticoltura, 122 commerciali e finanziari, 81 di società di beneficenza e società private, 502 illustrati e letterari, 20 fondati specialmente per gli interessi nazionali, 207 industriali e professionali, 407 religiosi, 6 di sport e 70 di annunzi.
- Per un triennio, dal carnovale 1872 alla quaresima 1875, è aperto il
concorso d’appalto al Teatro Carlo Felice di Genova. La dote è di L. 55,000, più l’orchestra pagata. Si esige una cauzione di 30,000 lire! I progetti dovranno essere accompagnati da un deposito di garanzia di 3000 lire. 4^. Augusto Guenzati, giovane e bravo artista drammatico del nostro Teatro de’ Filodrammatici,, è stato nominato professore di declamazione e di gesto al Conservatorio di Musica di Milano.
- Secondo V Avenir di Parigi, il tenore Mario sarebbe stato colpito, a Londra,
da una commozione cerebrale, che mette la sua ragione in pericolo. Vuoisi che alla Tietjens sieno stati offerti 120 mila franchi (?!) e tutte le spese pagate per cantare nel gran Giubileo di Boston, e che essa abbia rifiutato (!!). L’Impresario Gilmore è ancora in cerca di una rinomata artista per quella gran festa musicale.
- Una nuova opera buffa, di cui ignoriamo il titolo, verrà rappresentata,
nella corrente stagione, al Teatro Brunetti di Bologna. L’autore della musica è il m.° Vincenzo Bruti, capomusica del 34.° Reggimento di fanteaia. CORRISPONDENZE NAPOLI, 29 maggio. Scandali al S. Carlo. — Una seduta del Consiglio Comunale. — Parole del sindaco Nolli. — Rimedii?.,. — Il P’Arcais e la riforma nel teatro S. Carlo. — Crispino e la Comare al teatro Filarmonico. — Il Trovatore al teatro Nuovo. In un poscritto l’altra volta vi feci consapevole di una triste scena avvenuta al teatro S. Carlo la sera del 22; non era nuovo quello scandalo; già ve ne menzionai altri tre. Quello pertanto che nessuno conosceva, stando in platea, era che sul palco scenico pure erasi impegnata una gran lotta fra il Sindaco e l’impresario. Chi era seduto, nel centro o nel lato sinistro della platea, potè accorgersi che nel palco della Commissione teatrale non cessava un via vai dei più sconsigliati, videsi pur comparire una volta il Musella. Ora essendo andato il giorno appresso nella sala del Consiglio Comunale per assistere alla relazione sulle opere pie, invece dovetti ascoltare ben quattro catilinarie contro il Musella, e i consiglieri Busciamorra. Gallotti, Canan e d’Ayala tuonarono fulmini di vituperi all’indirizzo del presente impresario del S. Carlo. Il Sindaco riandò i fatti della sera precedente ed io vi trascrivo le sue parole non volendo defraudare i lettori della Gazzetta d’un documento così importante qual è difatti la requisitoria di quell’uomo che tanto indegnamente si è preso giuoco dei Napolitani. Eccovi pertanto le parole del Barone Nolli. «Signori, sono più mesi che si sta fieramente combattendo per fare che uno spettacolo cosi anormale e indecoroso pel nostro massimo teatro fosse per cessare. La Commissione che precedette quella di cui io sono ora a capo, faticò e adoperossi anch’essa: ma indarno quelli, indarno noi. Signori sì, abbiam che fare con un uomo, di cui uno più astuto non conobbi mai in vita mia; sarà un’astuzia bassa, vile, ma è astuzia, astuzia da perdere il senno. Nelle precedenti mie lettere al capo della provincia, su questa briga, ho sempre premurato che l’Autorità politica provvedesse. Ecco intanto quello che avvenne iersera. L’impresa che non aveva potuto ottenere che il ballo s’intermezzasse all’opera, empì di gentame il teatro, di quel gentame che tutti conosciamo quel che valga, la claque. Finito il primo atto e cominciato il secondo, il pubblico cominciò a dar fuori manifesti segni di riprovazione e poi grida ed urli e tale un baccano che mi vidi costretto a far calare il sipario e dar ordine pel ballo, intendendo che con questo finisse lo spettacolo. Se non che ad un tratto il Musella viene a comunic irmi che egli avea ordinato gli ultimi due atti o l’ultimo solo della Selvaggia per dopo il ballo, sostenendomi sfrontatamente che il pubblico voleva tutta l’opera e che le forti riprovazioni fra cui era incominciato il secondo atto, non erano allo spettacolo, ma all’ordine di esso, volendosi il ballo prima degli altri due atti. Io risposi che calato il sipario ad opera incompiuta non meritava più d’essere menata a compimento. E quando quell’ostinato volle redarguirmi, io (che avreste voi fatto?) non feci che metterlo fuori della mia presenza. Fini il ballo: F orchestra non si moveva: la claque cominciò a chiedere il resto dell’opera: io ad ordinare che ciò non avvenisse. Contrasto. Ricorsi alla P. S. perchè intervenisse a far si che gli ordini della Commissione fossero eseguiti e lo spettacolo non oltre protratto. L’ispettore di servizio al teatro rifiutossi dicendo che la sicurezza pubblica non poteva intervenire se non quando vi fosse reato. In altri termini: uccidetevi prima e poi verremo noi. A questo, mi vidi costretto a ricorrere ai miei mezzi e quindi, perchè ad ogni costo forza rimanesse alla legge e per garantire la mia persona, mi circondai di Guardie municipali ed accorsi sul palcoscenico. Io allora da una banda ad imporre che il pubblico fosse avvisato d’andar via, che l’orchestra e gli artisti smettessero dal prepararsi all’ufficio loro, che i macchinisti non alzassero il sipario; dall’altra banda il Musella co’suoi a provocarmi, a gridare contro noi parole da trivio, ad imporre agli artisti, (financo alla Tati convulsa ed inferma) di procedere al seguito dello spartito, all’orchestra di sonare, ai macchinisti di alzare il sipario e minacciando tutti, se noi facessero, di destituzione e sospensione di stipendio. Sappiate, inoltre, ch’egli osò dirmi d’essere insultato da me in casa sua e minacciarmi di redigere verbale contro me e le guardie municipali per infrazione e violazione di domicilio. «Signori, vi assicuro che mai come in questa facenda del S. Carlo sono stato in punto di perdere la mia calma abituale. Sono Sindaco, ma sono uomo anch’io e mi chiamo Rodrigo Nolli ed ho sangue nelle vene. E vi fu un punto ier sera che davvero credetti averla smarrita la mia calma, allorché presi quell’uomo pel braccio e lo slanciai lungi da me.» E qui finisce la narrazione dei fatti avvenuti sul palcoscenico di San Carlo la sera del 22 riferita da uno de’principali attori. Il Consiglio approvò l’operato del Sindaco, disse che egli aveva fatto benissimo a dare uno spintone al Musella, impose si procedesse contro costui a qualunque costo, e presto e accordò pieni poteri alla Giunta perchè facesse tosto cessare il presente stato di cose. Ottenuti i pieni poteri la Giunta Municipale, secondo quelle, che si va da qualche giorno asseverando, non vuol più il Musella, nè trattar con esso lui, non può risolvere il contratto ed è intenzionata (se pur non è ora un fatto compiuto) di venire ad un accomodamento. — Il signor Luigi Alberti, che altra volta ebbe l’impresa pei signori Monaco e Flauti, circa dodici anni fa, credo, e che oggi è impiegato col Musella, assumerebbe l’impresa. Dovrebbe egli rispondere di tutto col Municipio: e il Musella? Resterebbe sempre l’impresario. Il nostro Comune insomma vuole un capo visibile ed un altro invisibile, e l’Alberti sarebbe il pontefice massimo del nume Musella presso i protestanti riformati del palazzo S. Giacomo. Gli decreteranno l’infallibilità GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 187 a questo povero signor Alberti? Si può aspettar bene da uno che entra ampio, aperto mallevadore del Musella che non rispetta nè contratti, nè pubblico, nè autorità. Non vi pare il rimedio peggiore del male? A parlar candido il Consiglio Comunale poteva risparmiare un altro chiasso, con quella seduta, tanto più che era sicuro di far molto rumore per niente. Prima di lasciare il San Carlo, sappiate che lessi, perchè riprodotte dal Pungolo, alcune idee del d’Arcais sul nostro maggior teatro. Sono assennatissime e giuste proposte che bisognerebbe vedere attuate, ma ne dubito; le scuole corali dovrebbero già essere un fatto compiuto, ma il Municipio non curò mai d’imporne l’attuazione al Musella, che per obbligo del contratto, doveva aprire le Scuole Corali; per le altre proposte circa le masse mi sottoscrivo pienamente; ma le accetterà la presente maggioranza comunale? Se l’egregio marchese D’Arcais avesse fatto la proposta di cui è parola nella Riforma, o le avesse scritte in una lettera al giornale Roma di qua, vi affermerei che già si sarebbe messo in moto la Giunta per risolvere la questione, ma Tesser venuta fuori nell’Opinione è un brutto peccato originale e chi sa se il battesimo del Pungolo varrà a cancellarlo. Intanto a quelle proposte altre saranno da me aggiunte riguardo alla Commissione teatrale e ringrazio • fin d’ora il marchese D’Arcais che mi dà agio di prender parte ad una quistione iniziata felicemente con una sua autorevole parola. Novità zero; al Filarmonico si è riprodotto il Crispino e la Comare, quel gioiello di musica comica piena a ribocco di pensieri eleganti, inspirati, seducenti e briosi. Le opere a questo teatro succedonsi troppo rapidamente, ciò che talvolta è a danno del perfetto accordo e della sicurezza d’esecuzione Così avvenne pel Crispino; spero che nelle rappresentazioni ulteriori l’esecuzione segni un qualche grado di più nel termometro del miglioramento e volontieri discorrerò di tutti. Al teatro Nuovo invece della Norma si dette il Trovatore con la Cicinelli, la D’Auria, il tenore Joulet e il baritono Capurro. Non si passò una cattiva serata; fra le donne preferisco la D’Auria: canta con sicurezza, ha voce intonata di mezzosoprano, e accentò ben assai il racconto: Condotta eli’ era in ceppi. Udii il tenore Joulet, cioè Jaulain, a Salerno e non mi piacque. Ritengo pertanto che indisposto per le cattive accoglienze avute la prima sera cantasse colà svogliatamente; egli è certo che nel Trovatore fu un Manrico degno di molti elogi; è ancora impacciato nel pronunziare l’italiano, ma è accurato sempre e talvolta elegante nel fraseggiare; disse come non si poteva meglio l’adagio della sua aria. Se il Capurro non esagerasse sovente e se la Cicinelli gridasse meno sarebbe uno spettacolo degno di maggiori scene. ^Acuto. GENOVA, 28 maggio. Riccardo Duca di York, opera nuova in cinque atti — parole e musica del maestro V. Sassaroli, rappresentatasi per la prima volta la sera del 26 maggio nel teatro Doria. Esecutori: Imelda Gerii, prima donna — Rovaglia, contralto — Butti, baritono — Parmizzini, tenore. Giudicare d’uno spartito nuovo, di maestro favorevolmente conosciuto in paese, che per di più qual nipote di Mercadante, dedica alla di lui memoria il suo primo lavoro, non è facile impresa, ed è tanto più ardua cosa quando lo spartito, per le difficoltà della composizione e per la fretta di metterlo in iscena, non riesci nell’esecuzione troppo perfetto, e molte furono le incertezze e i vuoti rilevati dal critico. Nuli’ostante dopo aver attentamente assistito alla prova generale e alla prima rappresentazione me ne potei fare un criterio abbastanza esatto che coincide anche col parere di altri imparziali uditori. Il maestro Sassaroli volle svincolarsi dalle pastoie di un librettista, e tolta la penna se ne fece uno egli stesso. Preso un argomento dalla storia d’Inghilterra e svisando uno degli episodi della lotta delle case di York e Lancaster ne fece un dramma che riassumo brevemente (1). Enrico d’Inghilterra vinto in pugna Riccardo di York lo conduce prigione in uno alla moglie ed al figlio. Enrico innamorato di Caterina, moglie di Riccardo, offre a questi di salvarlo assieme col figliaci suo, qualora dinanzi al Parlamento dichiari aver spudoratamente assunto un titolo che non gli appartiene ed esser invece T ebreo Perchino. Riccardo, (1) L’autore accenna aver desunto l’argomento da documenti storici di Arnaud. Non avendo potuto trovare tali cronache esaminai qualche altro autore, ma in nessuno trovai F episodio tal quale lo portail Sassaroli. Nel Cantù, Storia Universale, Voi. 12, ei legge che una lotta ebbe luogo fra il Duca di York ed il Re Enrico VI, che nella battaglia di Wakefield, Riccardo fu sconfitto e ucciso, ed il di lui figlio che si era arreso fii barbaramente trucidato. sebbene conosca che i suoi amici si adoperano per salvarlo, pure con facilità acconsente a tale patto, e dinanzi al Parlamento fa solenne la voluta dichiarazione per iscritto. Enrico, crede che questo basterà a rendergli favorevole l’amata Caterina, ma essa lo respinge, non avendo prestato fede alla dichiarazione di Riccardo in Parlamento. Enrico incalza e prega, ed è in questo atteggiamento che viene trovato da Riccardo, allora uscito dal carcere, che furibondo sguaina la spada e s’avventa ad Enrico, il quale chiamate le guardie lo fa rimettere in carcere e lo condanna a morte. Caterina, disperata, nella notte va da Enrico a chiedergli la vita del marito; questi è in eccellenti disposizioni perchè preso da ingiustificati rimorsi, e senz’altro accorda la grazia, ma fatalmente Caterina arriva al luogo del supplizio quando la mannaia aveva spenta la vita del protagonista. Come si scorge i caratteri non sono bene delineati, nè v’ha energia in nessuno; la Caterina, che è donna altera, va dallo sprezzato amante a chieder la vita del marito. Il re Enrico, non si sa perchè, ha rimorsi, e come il più pacifico borghese dei tempi nostri accorda la grazia che una donna amata le chiede senza chiederle il guiderdone della concessione, e Riccardo acconsente a cambiar nome, qualità e razza, e di ciò nei secoli in cui l’onore era tutto, e le gelosie di partito e di comando primeggiavano. Il Sassaroli poteva collo stesso soggetto tessere un dramma con posizioni sceniche più interessanti e d’effetto crescente, fare dei caratteri decisi, ben delineati quale l’azione richiedeva e non privi di colorito, le scene che egli scrisse sono lunghe e le situazioni spesso false e ripetute in luogo di svolgere il suo soggetto in camere, avrebbe dovuto scendere al variato, e adornarlo di spettacolo che interessasse anche l’occhio dello spettatore. Perchè non ei fa assistere alle mene dei congiurati quando vogliono salvare Riccardo? Perchè non fa di Caterina una eroina che col pugnale costringa Enrico a salvare la vita dello sposo? Dov’è la disperazione della madre quando le viene rapito il figlio? Ma oltre allo svolgimento rachitico del soggetto i versi del Sassaroli non hanno di poesia che la forma materiale talché si potrebbero anche definire per prosa tagliata a varie misure (1), e questi malanni del libretto non poterono al certo inspirare T autore musicista. La musica di cui ora voglio dire è generalmente in tutto il corso dei cinque atti, ridotti a quattro, piuttosto rumorosa; gli istrumenti da fiato e la gran cassa dominano, sebbene talora i violini facciano sentire qualche discreto canto; non voglio dimenticare qualche bella frase per corno diligentemente sviluppata, ma nel complesso dello spartito, manca T unità del concetto e la uguaglianza dello stile, le maniere si succedono, le frasi sono spezzate e le melodie non continuate. Le forme sono antiche, soverchie le lungaggini e le ripetizioni delle cabalette, quantunque più felici degli adagi, i ritornelli sono all’ordine del giorno, e quel che è più la musica non sempre risponde al senso delle parole, poiché gli accenti di dolore vengono espressi con canti in tempo di scotisch, di tarantella o di walzer e v’ha pure qualche reminiscenza. Dissi sopra che lo stile non è regolare e che si riscontrano diverse maniere di fare, e perciò senza andare errati puossi conchiudere che quest’opera è un mosaico di pezzi fatti in varie epoche T una dall’altra lontana e sotto la impressione di idee T una dall’altra diversa, cementati con abuso di preludi spesso troppo lunghi i quali hanno lo svantaggio di tenere l’artista in scena inoperoso e impacciato nell’azione. (1) Riporto alcuno dei più originali di questi versi. Amor pugnò di patria Rise di patria amore S’alzi F anglico giudizio Sul destin del vii Peschino... Al vicin lido ascoso Evvi un navette, onde fuggir con lui..... immenso orrore Spirarti deve un empio, un seduttore Pensale trema, il folle stuolo Onde tanto infellonisti Fuggì, sparve.... L’aura, il sole, la terra ed i venti A sterminio di un empio tiranno Rugiranno tremendi su me. Gran Dio che tutto reggi L’ampia terrena mole Che desti al mar le leggi. Leggesi nel Movimento d’oggi un comunicato del sig. maestro Vincenzo Sassaroli, col quale invita tutti gli artisti di musica a intervenire nella sera del 29 (oggi) alla seconda rappresentazione della sua opera per darne un coscienzioso giudizio. Notisi che i giornali di qui non ne parlarono. 188 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Dopo aver accennato i difetti di questo lavoro, vuole anche giustizia che sieno avvisati anche i pregi di quest’opera la anale sebbene presenti molte combinazioni astruse e difficili, pure non è priva di merito. Meritano speciale encomio la scena ed aria del baritono nel primo atto, l’aria seguente per soprano colla relativa cabaletta alla maniera di Palestrina, il duetto che segue tra baritono e soprano, la cabaletta dell’aria per tenore nel secondo atto e l’aria del baritono nel quarto atto. L’esecuzione, avuto riguardo alle poche prove e alla fretta, fu lodevolissima e specialmente per parte della signorina Gerii e dei signori Butti e Parmizzini. Povera la messa in scena e meschine e fuor di costume le decorazioni. Il maestro compariva alla ribalta 11 volte. Conchiuderò dicendo che sebbene si possa lodare l’istrumentazione condotta con buon artificio, e sebbene il complesso riveli un ingegno eletto, pure non ha sufficienti attrattive per trattenere piacevolmente anche il pubblico più indulgente. Credo che questa sia stata l’opinione d’altri PARIGI, 29 maggio. Opera-Comica — Djamileh, versi di Luigi Gallet, musica di Giorgio Bizet — Le médecin malgré lui di Molière, musica di Gounod — Teatro Italiano, Anna Bolena, con la Sasse e Medini — Otello, la Penco — Chiusura. Quel bell’ingegno e quell’ardito poeta che ebbe nome Alfredo di Musset intitolò Namouna una bizzarra novella, nella quale.-ibbandonandosi al corso della sua vagabonda fantasia, parlò di tutto e di tutti salvo di Namouna. Se non che, arrivato alla fine, e ricordandosi che aveva promesso di narrare una storia qualunque, ridusse nelle due ultime strofe, di centinaia che ne ha Namouna, il fatto che voleva raccontare e mise il punto finale. Il fatto è questo: Hassan ha per uso di comperare una bella schiava, di serbarla con sè un mese; dopo di che la rivende e ne compra un’altra. Una di queste schiave condannate a soddisfar l’amor capriccioso-sensuale d’Hassan, si prende di vero amore per lui, è quand’egli la rimanda, ella si fa vender di nuovo ad Hassan dal mercante di schiave, come se fosse un’altra. Il giovine orientale, commosso da questa costanza e da quest’amore, la ripiglia. (Il poeta non dice se la conservò lungo tempo ancora). Ecco tutto. Come si fa, domando io, a fabbricar un libretto con questa semplice idea? Ebbene, il sig. Luigi Gallet l’ha fatto. Non è già un’opera comica che ha scritto, ma un semplice gruppo di scene, nelle quali ha sviluppato la piccola idea di Alfredo di Musset; ed ha cosi offerto al compositore il destro di metter in musica qui un’aria, là qualche strofa, ora un coro, ora un ballabile, più lungi un terzetto o un duetto. Egli ha aggiunto ai due personaggi del Musset, un certo Splendiano, un secretano di Hassan, ch’egli chiama Haroun, per non servirsi del nome dell’eroe di Musset, allo.stesso modo che ha cambiato il nome di Namouna in quello di Djamileh. Il Bizet è l’autore di di^e opere, che vissero senza infamia e senza lode, una intitolata: Il pescator di perle, l’altra La Iella fanciulla di Perth. Posso dire presso a poco lo stesso della sua Djamileh. Non è già che questo compositore (genero di Halevy) sia sprovveduto d’ingegno; ha, al contrario, estese conoscenze musicali; e forse sarebbe anche un melodista, se il volesse davvero, ma noi vuole. Appartiene alla nuova scuola, a quel novero di giovani maestri che, non essendo stati dotati dalla provvidenza d’un po’d’immaginazione, cercano di screditare la melodia, di dirla trastullo e passatempo di femminette. Tutta la loro cura, tutto il loro studio è consacrato alla parte istrumentale. Del canto si preoccupano poco o nulla. Sicché la loro musica si riduce ad un lungo e faticoso ’recitativo, arricchito di tutte le dovizie dell’orchestra, ma di cui non resta una. sola battuta nell’orecchio, e nulla va al cuore. In compenso il lavorio dell’orchestra è accuratissimo, qualche volta lo è troppo; a tal punto che stanca l’udito, piuttosto d’allettarlo. Certamente vi sono nello spartito di Djamileh alcune pagine melodiche, e sono precisamente quelle che il pubblico ha applaudite. V’ha un coro che è cantato nelle quinte, una romanza, un lamento, che non sono scritti esclusivamente per gli armonisti. Tutto il resto farebbe piuttosto^ le delizie d’un amatore di musica da camera, che quella d’un uditorio di teatro. Non so come nè perchè, ammaestrato dalla diversa esperienza fattane finora, il Bizet non cambia di metodo; se.vuoi piacere al pubblico, scriva pel pubblico; se vuol piacere ai suonatori di quartetti, scriva quartetti e abbandoni il teatro. Qual piacere e qual vantaggio può trovare a far mettere in scena opere che non possono -esser eseguite se non un numero molto limitato di sere, e che ricadono nell’oblio, senza lasciar la menoma traccia del loro rapido passaggio sulla scena? Ben altrimenti destro, il Gounod mise in musica un libretto tratto dal Medico suo malgrado di Molière, e lo smaltò di tanta melodia, che il teatro dell’Opera-Comic.^,, vedendo che questo spartito era stato abbandonato dal Teatro Lirico, lo ha preso nel suo repertorio, e lo ha fatto eseguire. Il successo non è stato dubbio. I plausi del pubblico hanno convinto il direttore della sala Favart, che aveva avuto ben ragione di riprender questa bell’opera. Una seconda rappresentazione di Anna Polena al teatro Italiano ha chiamato maggior numero di spettatori nella sala. Ma, che volete! non è qui che un’opera italiana può esser giudicata dopo una o due rappresentazioni. La maggior parte del pubblico’ aspetta per dare il suo avviso, quello dei giornali, e siccome i giornali non sono mai d’accordo, capirete quanto è diffìcile di sapere se un’opera ha piaciuto o no. Al teatro è anche più malagevole di farsene un’idea. Non si applaude, non si fischia; o tutt’alpiù si applaude quando un tenore o una prima donna eseguiscono un bel punto coronato. La parte d’Anna Bolena è stata rappresentata dalla Sasse, quella di Enrico Vili dal Medini; quest’ultimo ha avuto un grande successo. Ma debbo confessarlo, l’opera nell’insieme non ha riunito il suffragio del pubblico parigino. Tanto peggio per lui! Le ultime rappresentazioni nel teatro Italiano sono state e saranno fatte con TOtello di Rossini. È la Penco che canta la parte di Desdemona. Fra tre giorni il teatro sarà chiuso, ed arrivederci al carnevale prossimo. Le altre direzioni che hanno preceduto quella del Verger erano abituate a riaprir il teatro in ottobre, talora anche in settembre. Avevano torto. L’eletta gente è ancora alla campagna, e non ne torna che al novembre: ora senza d’esso il teatro Italiano, teatro propriamente di lusso, non potrebbe andare innanzi. Il Verger dunque avrà molti mesi innanzi a sè per prepararsi alla nuova stagione teatrale. Quella che ha avuto luogo in questi due o tre mesi non è stata che un semplice esperimento. Non può dirsi che non abbia riuscito; ma il difetto capitale della novella direzione è d’aver troppi cantanti, tra i quali pochissimi veramente buoni, e di voler mettere in iscena troppe opere senza perfezionarne nessuna al punto di vista dell’esecuzione. Con tre prove si va in iscena, e vi si va quando l’opera è immatura. Dopo una o due rappresentazioni si muta cartello, e cosi sempre. Val meglio la qualità che la quantità; ma l’impresa di questo teatro Italiano fa come il monello che comperando delle frutta, diceva al venditore: dammele marce, ma dammene molte. èA.. ÿv. LONDRA „ 27 maggio. Cose prossime. Gelmina, nuova opera del maestro Poniatowski — Ricomparsa della Nilsson — Rigoletto e Trovatore al Covent-Garden — La popolarità del tenore Campanini scema! «Gelmina» — La nuova opera del maestro Poniatowski è annunziata per domani sera. Dopo tutto Gye non intende frodare il buon pubblico di tutte le novità promesse! Di questa nuova opera «principesca» v’ha chi dice mirabilia’, ma secondo il solito non mancano nemmeno i detrattori. Gli artisti, a cui n’è stata affidata l’esecuzione, non sono certamente mediocrità; e non sarà colpa loro sicuro, se il successo non dovesse soddisfare appieno l’illustre compositore, e i suoi non pochi ammiratori. Gli artisti sono la Patti (Gelmina), il Cotogni (conte Adriano), il Bagagiolo (frate Giovanni), il Tagliafico (Matteo) e il Naudin (Silvio). Io m’auguro che la rappresentazione di domani sera sia veramente una rappresentazione, piuttosto che una prova generale, come avviene solitamente nella prima sera d’una novità al Covent Garden. Al teatro di Drury Lane domani sera farà la prima comparsa della stagione la gran diva svedese nella Traviata. Taluni vogliono che questa studiata coincidenza possa recar danno all’uno e all’altro teatro; ma io credo altrimenti, e son d’avviso che i biglietti d’entrata saranno facilmente esauriti e all’uno e all’altro teatro. Numerosi senza dubbio sono gli ammiratori della Nilsson; ma l’attrazione di una nuova opera di un principe puro sangue è abbastanza forte specialmente in questo paese per far non meno effettivamente gli affari dell’impresa. E poi non mancano d’avvero in Londra persone per affollare aristocraticamente e l’uno e l’altro teatro. Il Rigoletto e il Trovatore vengono ripetuti questa settimana al Covent Garden a richiesta generale. Non è merito del Duca, signor Nicolini, se vuoisi ripetuto il Rigolelto’, ma è merito deifi Albani (Gilda), del Graziani e della musica divina di quell’opera. Il signor Nicolini con tutta la potenza del suo nome e del GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 189’ suo onorario, non riuscì a farsi applaudire nella cavatina «La donna è mobile»! Bisogna però aggiungere che se l’udienza non rimase soddisfatta del canto di quel tremolante tenore, parve pienamente paga della sua apparenza ducale! Il Campanini, mal giova nasconderlo, non fa progressi meravigliosi nel favore del pubblico. La stampa continua ad ammirarlo ostinatamente; e Mapleson, che comincia ad aprir gli occhi, jiar risoluto a non fargli abbandonare il suo cavai di battaglia. É perciò che anche questa settimana avremo al Drury Lane la Lucrezia Borgia. Il Campanini s’è permesso di spaziare sovra campi meno favoriti i suoi mezzi artistici a più d’un concerto; e il risultato è stato anzi che no sfavorevole alla sua giovine popolarità. I giornali recano l’incredibile novella che il maestro Offenbach abbia ricusato una somma di ventimila lire sterline per cento rappresentazioni delle sue migliori operette in America. Che gli americani siano generosi tutto il mondo sa oramai; ma perchè farli più generosi di quello che siano? 26 Maggio. Primo esperimento dell’Accademia regia di musica — Joachim e la Contessa S... — Una pianista quindicenne — Professori dell’Istituto — Il fondatore di wz nuovo istituto e inventore della’ Bevanda Regia — Il sistema Helmhotz — Uno scavatore di tesori musicali — Altre cose amene — Una notizia mesta. L’accademia regia di musica {Koenigliche Hochschule fuer ausuebende Tonkunst), diretta dall’esimio violinista prof. Joseph Joachim, diede il suo primo esperimento pubblico pochi giorni fa nell’aula del Liceo Guglielmo, davanti a una riunione non composta che delle notabilità delle arti e delle scienze. Questa mattinata fu un avvenimento unico nella vita musicale della nostra Berlino, e non è poca cosa se si pensa ai magnifici concerti musicali avuti nell’inverno scorso Se vi dissi che i quartetti Joachim furono quanto di meglio ei forni la stagione passata, vi dirò ora che questa prova li sorpassò quanto all’effetto artistico e quanto agli applausi meritati dell’uditorio distinto e non facilmente soddisfatto. Mi permetterete di dirvi in poche parole la storia dell’istituto. Fondato per un capriccio della moglie dell’ex-ministro delle belle arti Muehler, per poco non cadde appena fiorente per opera della sua stessa fondatrice, consigliata dalla famosa contessa S... (massima ammiratrice del Wagner che ora trovasi a Bayreuth), alia quale non piacque in niun modo la corta vista musicale del direttore Joachim, che si mostra ordinariamente antagonista risoluto della nuova scuola tedesca e del suo creatore Wagner. Ne conoscete l’esito: Joachim diede la sua dimissione, tutti gli scolari suoi la sottoscrissero e l’imperatore scrisse al dìmissionario una lettera d. d. Ferrières in cui gli dava pieni poteri nelle cose dell’accademia di musica. Segnò questo fatto naturalmente la caduta del ministro, o meglio della famosa sua consorte. (Allora nelle cose artistiche vi’ geva tra noi il reggimento delle donne, ed è in quel felice tempo che fu coperta nella galleria di pitture una Venere nascente dalla schiuma perchè troppo nuda! o sancta simplicitas!) Finora quest’istituto musicale non aveva mai dato segni di vita e gli avversarli dello Joachim fecero menzione di questo silenzio, sempre che loro era dato l’occasione, credendo veramente fatte vane le grandi speranze ispirate da quella scuola; ma Joachim non riposava in quel tempo e mostrò alla prova che fu giusto il suo silenzio. La massima gloria provennegli dalla classe d’orchestra ad arco; immaginatevi 40 violinisti giovani, nello stesso modo le viole, violoncelli e contrabassi, che suonano con una finezza, accuratezza e leggierezza d’arco come se fossero un solo quartetto. Eseguirono stupendamente nulla meno che la difficilissima fuga Op. 59 {do maggi) di Beethoven, cosa non lieve per un quartetto buonissimo. D’un effetto grandioso era il crescendo dei primi violini, ripetuto poi dai secondi, ed i trilli, passaggi, staccati, legati, come d’un solo stromento. L’orchestra eseguì un concerto di Haendel, un’aria della Suite di G. S. Bach e la detta fuga, e due allievi molto distinti, i signori Brode ed Haenflein, suonarono con accompagnamento dell’orchestra un concerto doppio di G. S. Bach. Non fecero che pieno onore al maestro loro, specialmente nel sublime e quasi impareggiabile adagio di ■ questo concerto; i due violini principali unironsi, cantando un inno con tanta espressione che la penna non può descriverlo ed accompagnati dagli accordi misteriosi dell’orchestra. Della classe dei pianisti non erano rappresentati per questa volta che tre allievi: la signorina Schi— chau col signor Spengel eseguirono una sonata a due pianoforti di Mozart, pezzo che è certo fra le migliori creazioni di quel genio immortale. Benché fosse molto accurata e di molto gusto musicale l’esecuzione, fu pallida al confronto di quella della Fantasia {fa diesis minore) di Mendelssohn, d’un’allieva polacca, appena quindicenne, Natalia Janotha, la quale, continuando in questa via, sarà un giorno una pianista come mai ne abbiamo avute nel mondo. Non dico troppo, e ciascuno che conosca questo pezzo diffìcilissimo, saprà che anche eseguita in tempo moderato richiede una grande tecnica di virtuoso, ma la Janotha lo suonò rapidamente, mostrando incredibile forza e pieghevolezza prodigiosa delle dita. Naturalmente non è alla stessa altezza la sua intelligenza artistica, cosa che non si acquista che col tempo e colla maturità degli anni. Felicitiamo il bravissimo direttore dell’avuto successo, e speriamo che fra poco avremo un’altra prova in cui intenderemo anzi le composizioni degli allievi che studiano alla scuola del chiarissimo contrappuntista Federigo Kiel. I maestri dell’istituto adesso sono: lo Joachim (violino I part.), il De Ahna ed il Rappoldi (violino II e III part, e viola), il Mueller (violoncello), il Rudorff, Donc, Barth, Grabau (piano), lo Schulzel (canto), il Kiel (contrappunto e composizione), lo Haertel (armonica), lo Haupt (organo). Un contrasto curioso a quella scuola ’forma un altro istituto che ha quasi lo stesso nome {Freie deutsche Hochschule fuer Musik), fondato da poche settimane da un ricco cerretano, Carlo Jacobj, inventore della Bevanda regia {Koenigstrank) (che non guarisce tutte le malattie, come dice il nuovo Dulcamara, ma gli porta immenso guadagno ) con un capitale di 70,000 talleri (lire 262,500) ed avendo per base artistica le massime ed i principii di Wagner. Ogni allievo riceve dopo la lezione un cucchiaio di bevanda regia e i maestri una fiaschetta! Ma la sfortuna cammina presto: lo Jacoby ebbe l’idea infelice di far direttore di quest’istituto un certo conte Fyskiewicz, uomo oscuro e matto. Costui introdusse il nuovo sistema Helmholz che ha di 31 gradi la scala musicale, distribuì in due parti la scuola, insegnando nella prima la - musica speciale - che ha la base nel G. S. Bach, nella seconda - l’arte scatenata - che comincia dalla nona sinfonia di Beethoven; ed espone con gran rumore le sue opinioni invalide in tutte le gazzette. Ora i maestri scritturati e pagati benissimo se ne infastidirono e diedero, tranne il Fuchs, cavatore dei tesori musicali, come egli stesso s’intitola, le loro dimissioni. Il Fyskiewicz prese la cosa con grande indignazione, e fece di nuovo una grandiosa reclame nelle gazzette, conchiudendo la sua filippica nello stile curiale:» Considerando che le prove della classe dell’orchestra dell’accademia regia musicale sotto il prof. Joachim superano non solamente ciò che s’aspetterebbe d’allievi giovani, ma sormontano assolutamente le prove delle orchestre celeberrime della Germania e dell’estero, essendo per me il massimo ch’io abbia inteso fin dall’esecuzione della nona sinfonia sotto la direzione di Riccardo Wagner in Dresda nella Pentecoste nel 1849, Decretiamo:»Che non sia insegnato mai lo studio del violino nel Conservatorio nostro, ma quegli allievi che mostrino talento per il violino e sieno poveri, sieno istruiti a nostre spese nell’accademia regia». Finalmente una notizia mesta: Hugo Ulrich, uno dei giovani compositori tedeschi più distinti per ingegno è morto nella miseria profonda. Era il creatore della celebre Sinfonia trionfale, che fu scritta per il concorso a Bruxelles nell’occasione delle nozze del conte di Fiandra nel 1853, ed ebbe il premio d’una medaglia d’oro fra 23 concorrenti dei più celebri, fra i quali anche lo Schumann. Scrisse poi parecchie altre sinfonie, delle quali la migliore è quella in si min.; e viaggiando per due anni in Italia vi scrisse molta musica da camera ed un’opera. Negli ultimi tempi era divenuto quasi cieco, e s’era accasciato in una melanconia profonda, da cui lo liberò la morte. Ff O. TEATRI PARMA. Ci scrivono in data del 31 maggio: Si chiuse trionfalmente il nostro spettacolo col Don Sebastiano, che dalla prima all’ultima sera andò sempre guadagnando nel favore del pubblico. Alla Waldmann fu presentato dopo la romanza dell’atto secondo ün magnifico bouquet, nel quale si leggevano distinte a fiori le parole Amneris - Zaida. Furono sparse a centinaia le copie di un sonetto in di lei onore. Il Capponi fu chiamato cinque volte dopo la romanza dell’atto secondo e tutti gli artisti più volte alla fine dell’opera. Vi assisteva da un palco di terza fila il maestro Verdi. VERONA. Buon esito il Don Checca. La signora Clementina Flavis-Cencetti vi fu appi auditissima. Si attende il Crispino e la Comare. TRIESTE. La stagione teatrale al teatro Armonia è finita prima del tempo-, gli artisti perdettero l’ultimo quartale. ANCONA. Nella Favorita piacquero assai la Destin, il tenore Carpi e Bellini. Ma dopo una rappresentazione si ritornò alY Africana. GAZZETTA MUSIC ALE DI MI LA N O FIRENZE. Ci scrivono. - Buon esito al teatro Principe Umberto Le Fate del maestro Valenza. Ebbe ad interpreti la signora De Baillou-Marinoni che ha bella voce, canta con molta sicurezza e si fa vivamente applaudire, il baritono Baldassarri, artista di buoni mezzi e disinvolto, l’inimitabile Valentino Fioravanti e il buffo Correggioli. Bene anche il tenore Bronzino. L’opera andò in scena con poche prove, e perciò cori ed orchestra tentennarono. PAVIA. Buon esito YErnani, eseguito dalla signora Viardi-Uarty, dal tenore Pardini, da Mazocchi e da De Serini. Applauditi e chiamati al proscenio tutti. FIUME. La Beatrice di Tenda ebbe accoglienze fredde, per colpa dell’esecuzione insufficiente. Solo la signora Pozzi-Branzanti e qualche volta il tenore e il baritono riscossero applausi. RAVENNA. Al teatro Alighieri il Faust ebbe esito piuttosto lieto, ma senza entusiasmo, per colpa di alcune incertezze di esecuzione. La signora Pernini per altro fu una Margherita inappuntabile, cantò con anima e con naturalezza e tutti i giornali sono concordi nel farne gli elogi. Bene la sio-nora Galimberti, il basso Valle ed il baritono Navari. Mediocri gli altri, poco accurata la messa in scena. MONACO. È annunziata per la fine del mese la rappresentazione della nuova opera Teodoro Kórner, parole di Attilio Peters, musica di Weissheimer. Un certo numero di lieder di Kòrner colle melodie di Weber fu intercalato nell’opera; gli altri pezzi, di tendenza wagneriana, non sono privi, pare, nè di freschezza nè di originalità, e la melodia non è bandita con eccessivo rigore. — Milano. Virginia Cristofani, pianista, morì giovanissima. — Venezia. Il cav. G. B. Tornielli, già presidente del teatro la Fenice. — Pietroburgo. Regina-Rachele Bloch, primo premio del Conservatorio di Parigi, artista di canto. — I giornali annunziano la morte della signora Rosalia-Maria-Giuseppina Riquet de Caraman, vedova del principe Alfonso de Chimay, nata il 31 giugno 1814; suonava con vero talento d’artista il pianoforte. — Berlino. Ugo Ulrich, compositore, noto per varie opere sinfoniche e per riduzioni di opere classiche, morì il 23 maggio a soli 43 anni. — Signora Dumont-Suvanny, cantante. — Gorfù. N. Manzaros, l’autore dell’inno nazionale greco e di molte canzoni patriottiche. JmPIEQHI Y ACANTI — Ferrara. In occasione del terzo centenario del celebre pittore Benvenuto Tisi da Garofalo, le tre Società Coristiche ferraresi, due delle quali dirette dal maestro Morelli, e l’altra dal professor Ungarelli, riunite in piazza del Commercio, cantavano l’inno alle Belle Arti composto per la circostanza dal maestro Antonio Mazzolani e ridotto per la Banda nazionale dal maestro Mornasi. Di questa composizione di molto effetto, fu chiesta la replica, con insistenti ed unanimi applausi. — Bologna. Il 24 maggio la Società Coristica Bolognese diede un bel concerto nel teatro Cantavalli. Vi presero parte la signora Giulietta Fasi, il tenore Candio, il Baritono Medini e il concertista di clarino sig. Magnani, i quali in tutti i pezzi eseguiti ebbero vivi applausi. La Società Coristica diretta dal maestro Santoli eseguì assai bene tre cori a sole voci, due dei quali di composizione dello stesso maestro Santoli. — Milano. È aperto il concorso per titoli e per esame al posto di professore di clarinetto presso il Regio Conservatorio di musica di Milano cui va annesso l’annuo stipendio di lire mille quattrocento. Coloro che intendessero aspirarvi dovranno, non più tardi del giorno 30 giugno, presentare le loro domande corredate de’ relativi documenti al Ministero della Pubblica Istruzione. POSTA DELLA GAZZETTA Signor B. L-y-R. — Lecce — N. 344. Con lire 3 avrete ciò che desiderate. Signor Avv. F. G... — Miglionico — N. 638. Vi si accorda ciò che desiderate — Rimanete creditore di L. 5. 20. REBUS — Bruxelles. Splendide feste comunali avranno luogo dal 16 al 25 giugno a Schaerbéck. Vi avrà un gran festival, al quale tutte le società instrumentali nazionali ed estere potranno partecipare. Oltre le medaglie commemorative, i premi seguenti saranno ripartiti a sorte fra le società convenute: l.° premio, L. 300; 2.° premio, 200; 3.°, 100; 4.°, 75; 5.°, 50. Un premio di lire 100 sarà dato alla società venuta più da lontano. — Berlino. Scrive il Guide Musical: Una mattinata annunziata all’Opéra a profitto del Wagner-Verein, incontrò così poco presso il pubblico, che bisognò rinunziare interamente all’intrapresa. Shrewsbury. Un gran concorso di musica militare avrà luogo il 4 corrente. Molti corpi di musica si sono fatti inscrivere. Boston. La costruzione dell’organo colossale che dovrà sostenere l’accompagnamento dei cori nel grandioso festival, è quasi al termine. Sarà il più grande organo dell’universo. Il più grosso tubo avrà 30 piedi d’altezza e cinque di diametro. — Bayreuth. La cerimonia che accompagnò la fondazione della prima pietra pel teatro Riccardo Wagner ebbe luogo al teatro dell’Opera, in causa della dirotta pioggia. Dopo che il borgomastro ebbe salutato gli astanti, Riccardo Wagner fece una lunga lettura sulle sue idee ed intenzioni. Dopo lui, il banchiere Feustel, direttore della solennità, espresse degli evviva entusiastici al re Luigi di Baviera (che telegraficamente inviò a Wagner caldi, cordiali saluti e felicitazioni) e all’imperatore tedesco Guglielmo «che deve essere celebrato ovunque vi sia un convegno di uomini tedeschi. «A questi evviva fece eco tutta l’adunanza. Il giorno 22 ebbe luogo una rappresentazione festiva, in cui 330 cantanti d’ambo i sessi e 130 istrumentisti eseguirono la nona Sinfonia di Beethoven. s p s S S S OT || o R S a Quattro degli abbonati che spiegheranno il Rebus, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. SPIEGAZIONE DEL REBUS DEL NUMERO 20: Asino punto convien che trotti Ne mandarono la spiegazione esatta i signori: Giuseppe Belletti, Ernestina Benda, maestro Antonio Biscaro, G. Piccioli, capitano Cesare Cavallotti, Luca G. Mimbelli, Salvatore Botta, Giuseppe Falavigna, Annibaie Piersantelli, maestro Giov. Becchis, Giuseppe Onofri, S. Saladini, prof. Angelo Vecchio, Camillo Cora, Cesare A. Picasso, Paolo Bellavite, Citerio Amos, ingegnere Pio Pietra, Gregoletto Giuseppe, Alfonso Fantoni, Roberto Sili. Estratti a sorte quattro nomi, riuscirono premiati i signori: Giuseppe Falavigna, maestro Giov. Becchis, Gregoletto Giuseppe e Annibaie Piersantelli. Editore-Proprietario, TITO DI GIO. RICORDI. Oggionì Giuseppe, gerente. > Tipi Ricordi — Carta Jacob.