Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. III/Libro II/IV

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Cap. IV

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CAPITOLO QUARTO.

Genealogia de’ G. Mogoli, ed altre cose osservate

in quella Corte.


I
L vasto Imperio del Mogol (che in lingua Indiana suona bianco) comprende tutto ciò, ch’è fra l’Indo, e’l Gange. Confina da Oriente col Regno d’Arecan, Tipa, ed Assen; da Occidente colla Persia, [p. 195 modifica]Persia, e Tartari Usbeki; da Mezzo dì ha il grande Oceano Indiano, e qualche spazio di paese tenuto da’ Portughesi, od altri Regoli; di Settentrione il stende sino al monte Caucaso, e paese del Zagatay; e dalla parte di Greco al Regno di Butan, donde viene il muschio. Di modo tale che la sua lunghezza, da Bengala a Candahar, non può passarsi in meno di sei mesi, e la sua larghezza, da Mezzo dì a Settentrione, in meno di quattro.

Il primo, che pose le prime fondamenta di sì gran Monarchia, si fu Tamerlan, altrimente detto Teymur; il quale per le grandi conquiste fatte dall’Indie sino a Polonia, avanzò di gran lunga le glorie de’ più gran Capitani de’ secoli trasandati. Egli teneva una gamba più corta dell’altra, e perciò fu detto il zoppo; e a questo proposito dee notarsi l’arguto suo detto a Bajazette Imperador de’ Turchi, da lui vinto in battaglia, e fatto prigioniero. Fattolo venire in sua presenza l’istesso giorno, e considerandolo attentamente in viso, si pose a ridere; di che sdegnato Bajazette disse; non ridere della mia fortuna Tamerlan; sappi che Dio è il distributore de’ Regni, e degli [p. 196 modifica]Imperj, e che quanto a me si è oggi avvenuto, può a te accadere dimani. Rispose il Tamerlan, senza punto alterarsi; so bene anche io Bajazette, che Dio è il distributore de’ Regni, e degli Imperj. Io non mi rido già della, tua disgrazia, ma perche, considerando il tuo viso, sono venuto in cognizione, che bisogna, che questi Regni, ed Imperj siano molto picciola cosa appresso Dio F. Bernier Revolut. des estats du Grand Mogol. tom. 11. pag. 78.; poiche egli gli distribuisce a persone sì mal fatte, come noi due siamo: a un Grand Villano come te, e a un miserabile zoppo come me. Non fu Tamerlan di basso nascita, come alcuni stimano, ma della prosapia di Scia guis Kan, Re della Tartaria. Nacque in Samarcand Petrus Texeira de Imperio M. Mogolis, sive India vera pag. 162. paese de’ Zagatay; o de’ Tartari Usbeki, dove anche poi fu sepellito.

Gli succedette nel trono Mirumxa suo figliuolo: a questi il figlio Mehemed: a Mehemed Mirza Sulian Absuid suo figlio, che fu ucciso da Persiani nel 1469.

M. de Thevenot Voyage. des Indes liv. prim. c. 3.Ebbe poscia il Regno il figlio di costui Mirza Sultan Hamet, che morì nel 1495. Quindi il figliuolo di Hamet detto Sultan Babur (che significa Principe bravo) che nel 1500. fu spogliato del Regno da Kay-bek-kan Usbeko: ma da poi esser andato lungo tempo ramingo per l’Indie, ricuperò il Regno; e fù il primo de’ [p. 197 modifica]Mogoli, che si rendesse così potente. Morì nel 1532.

Gli succedette nell’Imperio il figlio Homagion appellato, cioè fortunato, il quale occupò i maggiori, e più opulenti Regni dell’Indie. Se gli rubellò Kirkan General de’ suoi eserciti, facendolo fuggire al Re di Persia; dal quale egli avuti 12. m. scelti soldati, sotto la condotta di Beuran-kan, sconfisse il Ribelle, e ricuperò il Reame. Morì nel 1552.

Dopo la morte d’Homagion, fu innalzato al Trono Gelaladin suo figliuolo, chiamato volgarmente Akbar. Questi regnò 54. anni, e morì l’anno di N. Signore 1605. e dell’Epoca Maomettana 1014. lasciando il Reame al figliuolo Sultan Selim, chiamato per altro nome Gehanghir patsca (cioè Imperadore conquistatore del Mondo) morì costui lasciando quattro figli; il primo, Sultan Kosru, il secondo, Sultan Kurom; il terzo, Sultan Peruiz; e’l quarto, Scia-Daniel.

Sultan Kurom, colle male arti di sopra narrate, succedette a Gehanghir suo Padre, e fu riconosciuto per Sovrano da’ Grandi del Regno dentro la Fortezza d’Agra, sotto il nome di Sultan Sciabedin-Muhammed; però egli volle esser [p. 198 modifica]chiamato Sciah-gehan. Venne appresso Oreng-zeb, il quale, col mezzo di tante crudeltà, pervenuto al Trono dell’Indostan; volle portare il superbo nome di Oranzevo Alem-ghire, cioè Signore del Mondo; credendo di possederne tre parti. A tal fine portava egli in cammino, per insegna (come anche nel sigillo delle patenti) una palla d’oro: e oltreacciò rompeva un’angolo del foglio, sul quale scriveva, in segno che la quarta parte del Mondo non era sua. Aggiunse egli all’Imperio i Reami di Vigiapur, e Golconda (i di cui Re teneva a mio tempo prigionieri) parte del paese del Savagì, e di altri Regoli dell’Indostan.

S’ingegnava Oranzevo di farsi stimare grande osservatore della sua legge, ed amico della giustizia. S’avea così divise l’ore, che quasi in niuna potea dirsi, ozioso. Alcuni giorni della settimana si lavava il corpo, prima di sorger l’Aurora; poi fatta orazione, prendeva alquanto di cibo: indi sentiti per due ore i Secretarj, dava prima di mezzo dì l’audienza pubblica, dopo la quale faceva la seconda volta orazione. Ciò fatto desinava, e poco dopo tornava a dare udienza, per passare poscia a fare la terza, e [p. 199 modifica]quarta orazione. S’occupava poi in affari domestici, fino a due ore di notte. Quindi cenava, e si poneva a dormire per due sole ore; dopo le quali di nuovo prendeva in mano l’Alcorano, e leggeva sino all’alba. Fummi ciò narrato da molti Eunuchi di Corte, i quali, sapendo il loro Signore esperto nel mestiere di nigromanzia, giudicavano essere, in tal penoso genere di vita, ajutato dal demonio; altrimente non avrebbe potuto, in età decrepita, a tante fatiche resistere. Dovria ciò esser d’esemplo ad alcuni Principi d’Europa, sì delicati, che non danno audienza se non due volte la settimana: e allora non vogliono sentire che per un momento, le bisogne de’ Sudditi; quasi non fusse loro dovere pazientemente ascoltargli. E pure è vero, ch’il Mogol non si pasceva di cibi sì dilicati, com’essi, ma d’erbe, e legumi; digiunando in sì cadente età ogni giorno, avvegnache composto di carne, ed ossa come gli Europei.

Dapoi che Oranzevo s’ebbe eletto un tal genere di vita, cessò d’essere sanguinolento, come per lo passato; e fecesi per lo contrario così benigno, che i Governadori, ed Omrah gli prestavano poca ubbidienza; sapendo certo, che la sua [p. 200 modifica]clemenza non sarebbe passata al gastigo. Quindi i poveri erano oppressi da’ Grandi, senza sapere a chi ricorrere; perche il Re ammonito, ad esser meno clemente con chi trasgrediva i suoi comandi, rispondea, che egli non era Dio, a cui non potesse replicarsi da’ Ministri: e che se questi opravano male, il Cielo gli arebbe gastigati. Governo ben differente dal Turco, e Persiano, dove la macchia della disubbidienza si lava nel sangue. Coloro, che non penetravano più addentro che la scorza, dicevano, che Oranzevo era un gran Santo Maomettano, che dopo morte, dovea esser posto nel Martirologio della loro falsa Religione. Ma io son di parere, ch’egli i difetti de’ Ministri, ed Omrah dissimulava; acciocchè essi amassero il presente governo, come quello, in cui poteano a lor piacere operare; e per conseguente non si aprisse la strada ad alcun de’ suoi figli, d’innalzarsi al Trono.

Dall’altro canto, a dire il vero, non si diede nella sua giovanezza, a’ piaceri del senso, come i suoi predecessori; conciòfossecosa che, per ostentazione, giusta il lor barbaro costume, tenesse nell’Aram più centinaja di concubine. [p. 201 modifica]Si narra a questo proposito, che avendo egli segnata una donna dell’Aram, per farla giacer seco la notte seguente: s’adornò quella nel miglior modo, che potè, per ricevere un tale onore. Giunto il Re, all’ora destinata, nella di lei stanza, in vece di porsi in letto, prese a legger l’Alcorano tutta la notte. Venuto all’alba l’Eunuco a dire, che il bagno era pronto, (come costumano i Maomettani dopo aver usato) la beffata donna gridò ad alta voce: che non facea di mestieri bagno, perche il Re non avea fatta ventosità alcuna; volendo dire, ch’egli era stato in orazione, la quale, se da ventosità viene interrotta, denno i Maomettani andare al bagno. Ciò udito il Re, vergognoso partissi; dicendogli la donna, che quella non era stanza d’orazione: ed indi in poi mai più il Re non guardolla in viso. Infinita è la spesa, che fanno i Re dell’Indostan, per lo mantenimento di tante concubine; imperocchè elleno hanno dall’Erario Regio molte migliaja, e migliaja di rupie l’anno: (taluna delle più dilette, sino a un milione e mezzo) che spendono poi in sostener moltissimi Elefanti, cavalli, e servidori.

Fra le altre astinenze di Oranzevo, dopo [p. 202 modifica]tante enormità, non mangiava delle rendite del suo Regno: dicendo, non esser giovevole il cibo, che si ha dal sudore de’ vassalli, ma che chiascheduno dee mangiare colle sue fatiche. Lavorava perciò egli berrette, e le presentava a’ Governadori de’ suoi Regni, e Provincie; i quali, per l’onore ricevuto, gli mandavano poi un presente di più migliaja di rupie. Quando io vi fui, l’età decrepita non permettendogli più di farlo, s’avea riservate per la sua tavola le rendite di quattro Terre. Per altro poco si spendea al suo mantenimento, non eccedendo una sua Cabaja di tela il valore di otto rupie; e meno la cinta, e’l Cirà.

L’ordinaria residenza de’ Re Mogoli è in Agra, ed alle volte in Dehli, e Lahor; nelle quali Città è custodita sempre la Persona Reale da un Omrah, con un corpo di 20. mila cavalli, accampati in vicinanza di esse Città: e questa guardia si muta ogni otto giorni. Quando però Oranzevo (che stava sempre in campagna) dovea partire da qualche luogo, dov’era coll’esercito, si portava prima una tenda da 120. Elefanti, 1400. cammelli, e 400. carrette, per erigersi, dove egli era per andare: e più migliaja di cavalli, e [p. 203 modifica]pedoni givano ad assicurare il luogo dell’accampamento, con 70. Elefanti. Si portavano, poi sopra otto altri Elefanti, 8. sedie, come bare, con lavori d’oro, argento, o legno dorato, serrate da’ cristalli. Altre tre a mano, con otto uomini per ciascheduna; in una delle quali il Re si poneva, quando non montava l’Elefante, particolarmente in occasione di pioggia, o polvere. Tutti i Gradi l’accompagnavano a piedi; ma quando si andava fuori della Città, e la giornata dovea esser lunga; egli solea loro comandare di porsi a cavallo.

Generò più figli Oranzevo. Il primogenito (come altrove è detto) fu Mahmud; il quale seguendo le vestigia de’ suoi maggiori, per regnare prima della morte del Padre; operò in sì fatta maniera, per farlo privar di vita, che questi fu di parere prevenirlo; e un giorno, che andò a caccia, lo fece avvelenare da un’Eunuco: e perche dubbitava, che non fusse veramente morto, fecegli, giunto in palagio, crudelmente passare un ferro infocato dalla pianta del piede sino al ginocchio.

Scialam, secondo figliuolo, occupò per la morte di Mahmud, il luogo della primogenitura, colla quale congiunse i medesimi pensieri; di togliersi d’avanti il [p. 204 modifica]Padre. Fece perciò fare una volta un gran fosso vicino la tenda di Oranzevo, acciò ivi precipitasse in passando; ma avutane quegli contezza da un’Eunuco, schifò la morte; e pose il misleale Scialam in oscura prigione, dove stiede sei anni (quantunque sessagenario) sino a pochi giorni prima che io arrivassi al campo.

Azam-scia terzo figlio di Oranzevo, fece anche egli delle sue, macchinando contro il Padre, col Re di Vigiapur suo cognato (prima che questi fusse fatto prigione, e privato del Regno) tanto si è ereditario in questa Prosapia l’odio inverso i Padri. Sarà ora di 55. anni.

Il quarto figlio si chiama Akbar (oggidì in età di 45. anni) più ambizioso di tutti gli altri; poiche mandato dal Padre nel 1680. con un’esercito di 30. m. soldati, a far la guerra al Ragià Lisonte, che confina col Regno d’Asmire, appartenente all’istesso Mogol; in vece di soggiogarlo, si lasciò persuadere da quell’Idolatra, e dalla propria ambizione, a portar l’armi contro il proprio Padre. Unite perciò le sue genti con quelle del Ragià, contro Oranzevo (che ogn’altra cola arebbe creduta) e fatto un corpo di 70. mila cavalli, e bastante numero di [p. 205 modifica]pedoni, la più parte Ragiaputi, pervenne in Asmire, dove stava il Padre. Quivi mentre dava riposo all’Esercito, stanco per lo lungo cammino; l’astuto vecchio non avendo forze per resistergli, ricorse alle stratagemme. Mandò adunque nel campo nemico un suo confidente, con lettera dirizzata al figlio; nella quale lodava la sua prudente condotta, in far venire gl’Idolatri sino a quel luogo, per porgli, giusta il concertato, tutti a fil di spada: e ch’egli sarebbe uscito il dì seguente, per ciò recare ad effetto. Avea l’Eunuco ordine di portarsi in guisa tale, che i nemici, preso di lui sospetto, lo prendessero; ed intercettata la lettera, non prestassero più fede ad Akbar. Tanto appunto seguì; e per molto, che questi giurasse sull’Alcorano, essere ciò un ritrovato del Padre, per tenergli a bada; non fu possibile, che i Capi Gentili si risolvessero a dargli credenza. Andarono tanto alla lunga cotali dubbj, che Oranzevo (siccome s’era proposto) ebbe il tempo di chiamare il secondogenito, con poderosa oste, in sua difesa; quale giunto disfece il Ragià, ed Akbar. Essendosi poscia questi ricoverato, con quattro mila cavalli sotto la protezione di Sambà, [p. 206 modifica] Pagano; Oranzevo mosse si fiera guerra a Sambà, che alla fine lo fece prigione, e per lo sconvenevol parlare in sua prescnza, fece mozzargli il capo.

La rovina di costui fu cagionata dall’ubbriachezza; perche stando egli a sollazzo sulle tende, bevendo colle sue ballarine, avvisato dalla prima Guardia, che veniva l’Esercito del Gran Mogol, in vece di porsi in arme, fece a coloro tagliar la testa: dicendo, che dove stava egli, non avrebbe avuto ardire di avvicinarsi; e’l simile fece colla seconda sentinella. Il Figlio, che non avea tanto vino in testa, si pose in salvo con mille cavalli, lasciando il Padre; che fu poscia condotto prigione, e non guari di tempo dopo alla tomba.

Akbar scampato da sì ria tempesta, andò in Goa; dove da’ Portughesi ebbe navi per passare in Ormus. Quivi fu magnificamente ricevuto da quel Kan, e poi per ordine di Scia-Selemon, allora Re di Persia, accompagnato da molte compagnie di soldati sino alla Reggia d’Ispahan; dove fu cortesemente trattato, ed ebbe convenevole assegnamento, per mantenersi da suo pari: siccome io nella seconda parte divisai. [p. 207 modifica]

Il bello si è, che temendo il vecchio il valore di questo suo figlio, proccurava con varie industrie ritrarlo dalla Persia; però con poca speranza di riuscita, perche Akbar non era semplice, per dar nelle reti del Padre. Mentre io era in Ispahan, mi dissero alcuni Eunuchi, che essi erano stati mandati da un tale Omrah (che governava ne’ confini di Candahar) con più migliaja di rupie in dono a questo Principe; ma che egli non avea voluto accettarle; e perciò voleano già ritornarsene indietro col danajo. Mi offersero costoro di portarmi in India per terra, ma io ricusai il favore. Seppi poi da altri, che questa si era una macchinazione di Oranzevo, il quale avea detto all’Omrah, (richiesto da Akbar di alcune migliaia di rupie in prestanza) che glielo dasse pure in dono, e che proccurasse, con bel modo, di farlo rivenire in India. Ciò che saputo da Akbar, per mezzo della Sorella, ricusò il presente.

Per l’ajuto dato a questo Principe, tolse Oranzevo molte Terre al Savagì; e seguitando tuttavia la guerra, lo tenne ad assedio nella di lui Reggia di Gingi. Come che la Città è situata fra sette montagne, ciascheduna delle quali tiene [p. 208 modifica]in cima una Fortezza; e per vie sconoseiute a’ Mogoli può avere ogni sorte di soccorso; indarno vi stettero con 30. mila cavalli, ed altrettanti fanti. Da che partii da quei paesi, non ho mai avuto novella del fine di un tale assedio, che erano già sette anni, che durava.

L’ultimo figlio d’Oranzevo si è Sikandar, di età al presente di 30. anni, infermo anch’egli della febbre d’ambizione. Quindi il vecchio, quantunque superati i Re di Golconda, e di Vigiapur, non gli fussero rimasi altri nemici, che’l Savagì, debole a riguardo dì lui; pure a gran ragione temendo della cattiva inchinazione de’ figli, si manteneva armato in campagna, erano già 15. anni; e spezialmente quattro anni in Galgalà, dopo aver vinto Akbar. Diceva egli, che Scia-gehan suo Padre non avea avuto tanto senno; perche dalla lunga isperienza avea potuto apparare, che i Re dell’Indostan nell’ultima loro età, denno mantenersi alla testa di potente esercito, per difendersi dall’ambizione de’ figli. Io però son di parere, che, con tutte le sue cautele, non farà fine più felice de’ suoi predecessori. Quanto sin’ora è detto, intorno alle domestiche guerre de’ Mogoli fummi [p. 209 modifica]riferito, e confermato da molti soldati del Campo, che n’erano testimonj di veduta; e parte cavato da Autori veridici.