Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro IV/VI

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Libro IV - Cap. VI

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CAPITOLO SESTO.

Ritorno in Canton, per altro cammino.


T
olta in affitto una sedia per 850. ciappe, mi posi in cammino il Sabato 10. prima di mezzo dì, Passai prima per Casa blanca, Villa picciola, e residenza d’un Mandarinetto; e la sera venni nel Casale d’Iumà, dopo 18. miglia. Ebbi cattiva stanza, e peggio cena nell’osteria, non trovandovisi che comprare.

La Domenica 11., a buon’ora, io, e un Cinese, che s’accompagnò meco, ripigliammo la strada, sempre fra monti, e colline. I facchini, che portavano la sedia, per debolezza, bene spesso si riposavano; onde, per compassione, feci buona parte del cammino a piedi. Erano eglino ben differenti da quelli di Nanganfu, che mi portarono, per una dirupata [p. 514 modifica]montagna, senza farmi toccar mai piede a terra. Giugnemmo, dopo mezzo dì, in Aonson, fatte altrettante miglia. M’imbarcai subito, per poche ciappe, nella barca di passaggio; che al cader del Sole spiegò le vele, e camminò tutta la notte.

Il Lunedì 12. passammo per Sciuntè, continuando ancora il buon vento. In questo Canale (benche d’acqua dolce) si prendono infinite ostriche, così grandi, che la loro polpa alle volte pesa una libbra; però ordinariamente pesano la metà; nè il sapore è cosi esquisito, come delle nostrali. Delle scorze i Cinesi si servono nelle fabbriche, come se fusser pietre; e i Portughesi le assottigliano, per farne come invetriate alle loro finestre.

Il Martedì 13. dopo Vespro, giunto in Canton, andai alla solita mia stanza de’ PP. Riformati Spagnuoli.

Il Mercordì 14. mentre andava dal pittore, che lavorava per me, incontrai una processione di Tauzu; che vestiti de’ loro piviali, guerniti d’oro, andavano a un funerale. Precedevano più ombrelle, bare d’Idoli, banderuole di seta, e di carta colorita, profumi, ed altro.

Il Giovedì 15. vidi partire il Fuyen, o Vicerè, con un superbo [p. 515 modifica]accompagnamento di 200. grandi barche dorate, e ben dipinte; appartenenti, così a lui, come a’ Mandarini, che l’accompagnavano sino a Fuscian. Vi andava egli, per provvedere alla custodia d’una terza parte della sua Provincia) dove si temeva di qualche tumulto, o invasione di ladri. L’Imperadore avea ordinato, che, per maggior sicurezza, si dividesse la cura della Provincia a tre: una a lui; una al Titù, o Capitan Generale della milizia del paese; e l’altra parte al Tsuntò; e a ciascheduno di dar conto di quello, che accadesse nel luogo loro assegnato.

Il Venerdì 16. partì il Mandarinetto di Tunlan (che significa sponda d’Oriente) mandato dal Vicerè, con commessione di comporre le differenze, che passavano fra i villani di detta Villa, e i Padri di S. Francesco Spagnuoli; i quali avendo comprato il terreno, per alzare una picciola Chiesa, per uso delle donne Cristiane del luogo; quelli tumultuanti, impedivano la fabbrica, quasi che, alzandosi la Chiesa, si morirebber tutti; togliendosi loro in tal guisa il Fuen Scyy (cioè il vento, e l’acqua) o Fortuna, come altrove è detto.

Avendo io deliberato di partire, andai [p. 516 modifica]il Sabato 17. a prender congedo dal Padre Turcotti. La Domenica 18. feci l’istesso dovere con Mr. Gio: Basset, Prete Missionario Francese; e’l Lunedi 19. similmente andai nella Città vecchia, a render le dovute grazie al Padre Commessario Provinciale di S. Francesco, per lo cortese albergo, datomi per più mesi: siccome feci anche co’ Padri della Casa, dove avea dimorato.