Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro IV/V

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Libro IV - Cap. V

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CAPITOLO QUINTO.

Brieve viaggio sino a Macao.


A
vendo determinato, col parere del suddetto Basset, di passare in Manila, sopra il petacchio Spagnuolo, che si trovava sull’ancore in Macao; mi parve bene di fare una visita al Capitano del medesimo, e dimandargli l’imbarco: onde il Giovedì 1. di Marzo, disposi ciò, che mi facea di bisogno per si brieve cammino.

Il Venerdì 2. feci imbarcare una mia valige sopra un ciampan, o grande barca, che trasportava in Macao le casse di drappi, comprati da’ mercanti Spagnuoli, sotto la cura dell’Alfiere Barrio, e Contreras.

Il Sabato 3. si fece vela molto tardi, onde poco cammino potemmo fare: e parimente la Domenica 4. essendo il vento contrario, appena potemmo essere a vista della Villa di Sciuntè (dove tengono una Chiesa, e casa i Padri Francescani Spagnuoli) nè il Lunedì 5. a cagion dello stesso vento, potemmo passare la Villa di Aonson. [p. 509 modifica]

Prima di comparire il Sole il Martedì 6. si disposero gl’Idolatri marinaj, a far il loro sacrificio. Fece l’uficio di Sacerdote lo scellerato Piloto, sotto un’ombrella, per render più decente, o per dir meglio, detestabile l’idolatrica cerimonia. Sopra una tavola erano, in piatti Cinesi, poste le vivande: cioè, carne di porco cotta, pesce, e canne di zucchero in pezzetti, col vino. Colle mani giunte, diede in prima più colpi colla testa sul suolo, a suono di tamburo: quindi cominciò a mormorare alcune parole; e finalmente versò alquanto di vino sulle vivande; e bruciò (giusta il costume) carte colorite. Si divise poscia fra gl’Idolatri il mangiare, e’l vino; che ingoiarono avidamente, sulla falsa credenza, d’esser così benedetti.

Una azione sì empia non potea partorire, che effetti cattivi. Di due ciampan di ladroni, che stavano nell’Isola, ne venne uno sopra di noi. Lo ricevettero i nostri marinaj, come amico (credendo, che fusse guardia del canale) e salutaronlo, col suono di tamburo, o vatica. Corrisposero i ladroni, coll’istessa cortesia, alzando le mani in aria, in segno d’amicizia: poi fattisi da presso alla poppa della nostra barca, dimandand, se avevamo sale; ne si [p. 510 modifica]federo allato, per investirci. A tal veduta insospettitici noi, prendemmo le armi, e tirammo loro due colpi di pistola, per atterrirgli. Come che sono di cuor vile, spaventati, si diedero subito in dietro; et andarono a prendere una loro spia, che avevano lasciata sull’eminenza dell’Isola. Poscia amendue i ciampan si ritirarono fra’l folto dell’Isola; temendo, che avendone notizia il Mandarino di Casa Bianca, non gli avesse a perseguitare. Nel difenderci da’ ladroni, non potei evitare la furberia de’ nostri barcajuoli; che approfittandosi del tempo, nel calor della mischia, mi rubarono un picciolo oriuolo, che portava al Padre Filippo Fieschi.

Vollero por l’ancora, a vista de’ Pirati, i marinaj Cinesi; col pretesto, che la corrente era Vasiante (come dicono i Portughesi) e non bastante l’acqua del canale, per farci andare avanti; ma richiesti di tirar avanti sino a Casabianca, per metterci a coverto del mentovato pericolo, e ostinatosi il Piloto a non voler passar più oltre, ebbe alcune bastonate; e allora ridendo, alzò subito tutte due le vele.

Prima di mezzodì giugnemmo in [p. 511 modifica]Macao. Quivi posto piede a terra, andai dal Padre Giuseppe della Concezione, Priore del Convento di S. Agostino; che mi ospiziò, con altrettanta cortesia, che nel mio primo arrivo; tanto egli si era virtuoso, e gentile. Essendo quella l’ultima sera di carnovale, fummo col suddetto P. Priore, a cenare in casa di D. Antonio Basarte, Capitano del petacchio Spagnuolo. La cena fu ottima, apparecchiata per mano d’un’ottimo cuoco; ed allegra, per lo numero de’ convitati; essendovi intervenuti tutti i mercanti Spagnuoli.

Il Mercordì 7. primo di Quaresima andai a prender la cenere, in ricordanza dei nostro esser caduco; e il dopo desinare andai ad udire il sermone, nel Collegio di S. Paolo de’ PP. Gesuiti.

Il Giovedì 8. andai la mattina in San Domenico, a sentire il Sermone in lode di S. Tommaso d’Aquino; e al dopo desinare un’altro, che fu recitato nella Chiesa di S. Agostino.

Il Venerdì 9. predicò in San Paolo il Padre Gio: Laureati, Italiano, con concorso di molto popolo; perocchè in Macao è grande la divozione, e le Chiese molto frequentate, tanto da’ maschi, che dalle femmine. [p. 512 modifica]

L’abito di queste femmine è stravagante; perche due pezzi di tela della Costa, suppliscono al tutto, senza che il Sarto vi abbia ad impiegar forbice, o aguglia. Uno ne avvolgono intorno la cinta, e serve di gonna; e l’altro cuopre la testa, e’l petto: restando le gambe, colle calze, che loro diede la natura, e il piede con certe pianelle. Quest’abito quantunque mal concio, non lascia d’esser molto modesto. Le Dame però vanno vestite assai meglio, e decentemente. Costumano di andare in una sedia di legno, ben dorato, e serrata da per tutto; sedute alla Turchesca, colle gambe incrocicchiate; non permettendo altrimente la picciolezza delle sedie. Si portano queste, come tante gabbie, appese per un’anello di ferro, che stà nella sommità, per cui si passa la stanga. Gli uomini portano certe brache lunghe, sino al collo dal piede; onde pajono tanti bracchi pelosi. E’ compassionevole lo stato de’ poveri Portughesi di Macao, per la mancanza degli averi, e del commercio, massime del popolo basso. Mentre fioriva il traffico col Giappone, i Cittadini avrebbono potuto lastricare le strade di argento; ma cessato, che fu, caddero nella povertà, in cui si vedono. [p. 513 modifica]

Quantunque il vascello fusse picciolo, mi concedette, con molta gentilezza, il Capitan Basarte il passaggio fino a Manila; onde non avendo altri affari in Macao, m’andai licenziando dagli amici, per ritornare in Canton, a prender le mie valige.