Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro IV/IV

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Libro IV - Cap. IV

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CAPITOLO QUARTO.

Si descrive il pubblico accompagnamento del Leamquam Tsuntò,

o Vicario di due Provincie, ed altre cose ragguardevoli

vedute in Kuan ceou, o Canton.


I
L Mercordì 15. di Febbraio, e 13. del nuovo anno Cinese, andai a vedere il Tsun tò, che si trovava in Canton, per [p. 500 modifica]affari della sua carica. Prima di venir fuori della porta del suo Palagio (che fù già del Regolo di Canton) si sentirono tre tiri di mortaretti, per avvertire il Popolo della sua uscita. Ella seguì coll’accompagnamento, notato nella seguente figura.
A. Tamburi Cinesi, che si toccavano con 13. colpi.|||
B. 1. Tavoletta, col segno dinotante, Giudice del Politico.|||
C. 2. Tavoletta di Governadore dell’Armi.|||
D. 3. Tavoletta, che impone silenzio.|||
E. 4. Tavoletta, che denota, che ogni uno a apparti.|||
F. Bandiere.|||
G. Diverse cariche, ed ufficj occupati dal Ministro.|||
H. Bastoni dorati.|||
I. Il Dragone, divisa Imperiale.|||
L. Domestici, e Servidori.|||
M. Carnefici, e birri.|||
N. Ombrella.|||
O. Aiutanti di Carnefici.|||
P. Persona, che porta il suggello Imperiale, dietro le spalle, in una valigetta.|||
Q. Altro, che porta la Patente.|||
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R. Tsun tò in sedia scoperta, portata da otto persone.|||
S. Altra ombrella differente.|||
T. Prime guardie.|||
V. Seconde guardie.|||
X. Compagnia di Cavalli Tartari.|||
Y. Dame Cinesi, che veggono l’uscita.|||
Z. Dame Tartare.|||

Dopo desinare andai sopra un monte, a vedere l’apparato d’una casa, in cui la sera dovea esser ricevuto il V. Re, con alcuni principali Mandarini. Ella era stata fabbricata da un mandarino, dentro la Città di Laucin, o vecchia; e consisteva in una sala, sostenuta da più belle colonne di legno. Sopra di essa s’elevava un’altra simile; però l’una, e l’altra erano spaziose, ma poco vaghe, anzi avean più tosto sembianza d’un belvedere, come noi diciamo; poiche dalle medesime si vedea tutta la Città. Nella sala superiore vi era una Pagode, con più Idoli, circondati da Religiosi, detti Taòzu. Sul piano della prima stavano imbandite le mense, bastantemente adorne, per ricevere il Fuyen, o V. Re. Vi erano all’intorno le mura armarj, scrigni, ed altri arnesi, con preziosissima vernice di Cina, e del Giappone, e con moltissime figure. [p. 502 modifica]Visto l’apparato scendei dal monte; perocchè dovea quegli passar tardi, e allor aveansi a bruciare alcuni fuochi artificiali. Essendo a piedi della montagna, entrai a vedere un Convento di Bonze. Le buone Religiose mi presentarono il Cià, e mi condussero a vedere la Pagode, e’l loro Monistero. La sera poi si fecero per la Città allegrezze, con lanterne, e altre superstiziose baje.

Il Giovedì 16. mi convitò a desinar seco D. Gio: Basset. Il Venerdì 17. andai a diporto per lo Canale, con piacere mai simile avuto a’ miei dì. E’l Sabato 18. andai a render la visita al Padre Superiore degli Agostiniani Spagnuoli.

La Domenica 19. nella Chiesa de’ Padri Riformati Spagnuoli, vi fù un gran concorso di Cristiani Cinesi. Riputandosi giorno fortunato il Lunedì 20. si celebrarono molte nozze. Stando io avanti la casa, vidi passare una Sposa. Precedevano sei donne, con altrettante Bandinelle Cinesi (che noi diciamo guantiere) bene inverniciate, e dorate, nelle quali recavano coperti i presenti. Seguivano da 20. Sonatori, con varj strumenti, e molti stendardi di carta colorita, [p. 503 modifica]innalberati su lunghi legni. Veniva appresso la Sposa in una sedia coperta, e riccamente ornata di taffetà, con varj lavori; e poscia quattro parenti, che l’accompagnavano. Dieci facchini portavano altrettante casse dove erano i mobili (per esser la Sposa di condizione ordinaria.) Lo Sposo l’attendeva in casa, con altri parenti, per riceverla avanti la porta.

Il Martedì 21. andai a visitare il Padre Turcotti. Nel Mercordì 22. vidi passare una pomposa esequie. Precedevano dodici stendardi di carta, statue, ed altre cose, appese a certe aste: venivano appresso da 20. Sonatori, e sei arche da bruciare odori, e portar le offerte a’ bonzi. Seguivano sette grandi ombrelle, con cortine all’intorno, e più Bonzi, co’ loro piviali, accompagnando il morto. Terminavano la pompa circa cento Cinesi, che portavano in mano ciascuno una corda, di quelle fatte di scorze d’albero peste, che ardevano lentamente. Fra’ medesimi andavano i più stretti parenti, vestiti di sacco, colla persona incurvata verso il suolo.

Il Giovedì 25. passai la giornata colla dolce conversazione di D. Gio: Basset.

Il Venerdì 24. poi stimando esser [p. 504 modifica]giorno a proposito, per vedere parte del palagio del Tsun tò; a cagione delle visite, che gli facevano tutti i Mandarini della Città, e Provincia, come a lor superiore nel politico, e militare (essendo egli Capitan Generale, o Vicario delle Provincie di Canton, e Kiansi) vi andai di buon’ora. Il primo cortile era lungo un tiro e mezzo di moschetto, e a proporzion largo; dove sotto tende, erano molti soldati. A due lunghe travi, che vi stavano confitte, erano appese due bandiere quadrate, di color giallo, con loro lettere; della medesima maniera, che sono in quella del Vicerè. Alla porta del secondo cortile stavano più uficiali, e fra gli altri 40. con vaghi abiti di sera; su i quali tenevano ricamati, chi un’uccello, e chi un lione, una tigre, o altro. Entrato in questo secondo cortile, (ch’è mezzo tiro di moschetto in quadro) ed innoltratomi alla terza porta, trovai le guardie, che non mi permisero passare più avanti; però quindi osservai il terzo, e quarto cortile, dell’istessa grandezza del secondo, a capo del quale era la sala del ricevimento assai bene ornata. Dopo esservi stato un’ora, vidi licenziarsi il Fuyen, o Vicerè, il Zanchyun, ed altri [p. 505 modifica]Mandarini, quali accompagnò il Tsun tò, (vecchio, ma di buona complessione, e vestito alla Tartara) con maniere assai cortesi, sino alla quarta porta, con gran riverenza: poi attese, che (per uno stradone ben lastricato, che divide il cortile) venissero alla terza porta; e quivi giunti, si reiterarono le riverenze. L’accompagnamento del Vicerè era più numeroso di quello del Zanchyun; poiche precedevano sedici bandiere; altrettante tavolette, dove erano scritte le prerogative della sua dignità; più ombrelle; 30. soldati a cavallo; più di 50. bassi ministri carnefici, e manigoldi, con legni, catene, e bacchette in mano; appresso a’ quali veniva egli in una sedia, portata da otto persone. Dissero, ch’era venuto il Tsun to, e due Ta-gin (Ta, vuol dir grande, gin, uomo, in lingua Cinese) inviati dall’Imperadore, a noverare le milizie della Provincia; che val tanto, che ad empier la borsa.

Un’altra pompa nuzziale vidi dopo desinare. Erano portate prima d’ogni altro 20. lanterne grandi, appese a legni; però le candele non ardevano. Appresso venivano quantità, e varietà di doni, e dodici donne con presenti: quindi altre [p. 506 modifica]lanterne, portate da’ giovanetti; varj lavori di seta, e di carta; e in fine la Sposa, in una sedia coperta vagamente.

Il Sabato 25. passando avanti il Tribunale dei Quanceufu (ch’è il Governadore della Città) trovai, che stavano battendo un miserabile; e dimandatane la causa, mi dissero, che colui era bastonato per colpa altrui; essendo in costume, che un reo condennato a ricevere tante bastonate, con danari truova chi le soffra in sua vece; cotentandosi colui d’esser crudele con se medesimo, per sovvenire la sua povertà. Fa di mestieri però tener contento anche il carceriere, e’l carnefice, acciò riesca lo scambio. Il Padre Agostino, Superiore della casa, dove io dimorava, mi riferì; che sì fatto abuso era giunto a tal segno gli anni passati, che essendo stati condennati a morte alcuni ladri, i protettori di essi, dando ad intendere ad alcuni poveri villani, che avessero a ricevere bastonate, per un tal prezzo; coll’intendimento del carceriere corrotto, fecero uscir fuori i veri condannati; e quei meschini furono poscia dal Mandarino fatti morire, come coloro, che s’aveano addossato il nome, e’ delitti de’ malfattori. Scopertasi poscia tale, e [p. 507 modifica]tanta malvagità, furono menati a morte gli autori.

La Domenica 26. andai a diporto in barca per lo Canale.

Dal Governadore della Città, il Lunedì 27., su ordinato un digiuno di quindici giorni, a fine d’ottenere dal Cielo la pioggia, per fecondare i campi di riso; sì grande era la siccità, che si sperimentava. Il buono si era, che faceano digiunare a forza anche i Cristiani, e far Quaresima sulla fine del carnasciale; essendosi sotto pene rigorose vietato, di vendersi carne di vacca, o di porco, polii, uova, e cose simili; ma solamente erbe, e legumi. Quasi ogni anno accade di farsi questi digiuni, in tutte le Città, dove manca la pioggia: e proccurano oltreacciò di impetrarla colle orazioni, e processioni; e coll’accendere quantità di lumi nelle loro Pagodi, e bruciare carte innargentate, e dorate. Non piovendo fra quindici, si proroga il digiuno per altrettanti giorni.

Il Martedì 28. andai da D. Gio. Basset, per consultarmi seco intorno al viaggio, e al ritorno in Europa. Il Mercordì 29. accompagnato dall’Interprete, andai nella Città nuova, a comprare alcune rarità.