Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro IV/III

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Libro IV - Cap. III

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CAPITOLO TERZO.

Anno nuovo Cinese, e celebre festa delle Lanterne.


E
Ra io venuto in Canton, risoluto di passare in Emuy della Provincia di Fukien, e quindi imbarcarmi per Manila; ma perche ritrovai di già ritornata la soma di Canton, e poi nel porto di Macao un vascello dell’istessa Isola; mutai pensiero, e attesi l’imbarco sui medesimo: tanto più, che nell’istessa Casa de’ PP. Francescani, trovai tre Spagnuoli, che erano venuti in Canton, ad impiegare cento ottanta mila pezze d’otto, portate dal vascello. Con essi adunque contratta amistà, io mi ridea della maraviglia, che si faceano della mia intrepidezza, nell’esser passato in Canton, senza pagar passaporto, e poi in Pekin; quando lo Xupù, o Doganiere avea loro tolto trenta pezze per lo passo.

Vennero molti amici il Mercordì 25. a rallegrarsi meco del mio felice ritorno: onde il Giovedì 26. per non aver simile complimento, andai vedendo la Città, e’l preparamento della festa del nuovo anno. [p. 482 modifica]

Si serrarono le porte della Città vecchia, detta Laucin, il Venerdì 27. per tema di sedizione; visitandosi fino alle sedie dalle guardie delle porte. Fu carcerato uno, che dissero essere Capo di sediziosi, con venti complici; e tuttavia si continuavano le diligenze, per assicurarsi degli altri; perche si temea, che con gran numero di barche, non venissero ad assediar Canton. Certamente egli è oppresso il popolo dalle tante imposizioni, e tasse, dopo il Governo del Tartaro, che non puote lungamente durar la pace in Cina.

Il Sabato 28. partì per Europa Mr. de Sesse, Prete Francese, e Missionario Apostolico in Cina. La Domenica 29. si continuarono le diligenze contro i sediziosi, non solo nella Città vecchia, ma anche in Sancin, o nella nuova.

Il Lunedì 30. presa una barca, passai dall’altra parte del fiume, a vedere una famosa Pagode. Alla porta del primo Cortile trovai due statue gigantesche, per parte, come se custodissero l’entrata. Nella seconda porta del secondo Cortile i quattro simili, orribili a vedere; una delle quali tenea nelle mani una chitarra. Dirimpetto era una gran Pagode, nella [p. 483 modifica]nicchia maggior della quale si vedeano sedenti tre Idoli dorati, di smisurata grandezza. In ciascun de’ lati ve n’erano otto altri, fatti di gesso colorito; e più dietro uno di bronzo. Ne’ lati del Cortile erano due altre Pagodi, in ciascuna delle quali era un grande Idolo in piedi, di color d’oro, ben lavorato. Nel terzo cortile era una picciola piramide di marmo, alta 50. piedi, con figure intagliate da per tutto: e dietro di essa un’altra Pagode, con più Idoli. All’intorno l’edificio erano le danze per ducento Bonzi, che vivono delle rendite della Pagode.

Il Cin y vè, o anno nuovo Cinese comincia dalla nuova Luna, che accade più vicina a’ cinque di Febbrajo, o al decimo quinto grado d’Aquario; che divide in due uguali parti lo spazio fra’ due punti dell’Equinozio, e del Solstizio: e in tal dì, secondo essi, entra il Sole in un segno, che chiamano, Lie ciun, overo il risorgere di Primavera. Contano dodici mesi lunari; uno detto picciolo, di ventinove dì, e l’altro grande, di trenta: e ogni cinque anni torna l’intercalare, con una giunta degli avanzi passati; onde poi vengono ad agguagliarsi co’ solari. Le settimane le dividono, come noi, [p. 484 modifica]secondo il numero de’ pianeti, a ciascun de’ quali assegnano quattro loro proprie costellazioni, una per di; talche dopo quattro settenarj ritornano alla prima. Contano il dì da mezza notte a mezza notte, dividendolo, non in 24. ore, come da noi si fa, ma solo in dodici parti uguali; e queste tutte insieme, cioè tutto intero il dì naturale, vien diviso in cento parti, e ogni cotal parte di nuovo in cento minuti; talche dieci migliaia d’essi ne compiono un’intero. Le ore poi non le contano per numeri, una, due, tre; ma per nome, e carattere proprio di ciascuna: e ne han tre osservatissime, e di gran misterj, per la positura del Cielo, che dee loro corrispondere. La prima si è il punto della mezzanotte, perche in esso dicono, che fu creato il Cielo: poi la seconda, e la terza; perche in quella ebbe essere, e forma la terra, e in questa l’uomo. Cadde questo nuovo anno Cinese a’ 3. di Febbrajo, giorno di Venerdì: onde parve bene a’ Missionari Apostolici dispensare a’ Cristiani Cinesi i cibi di carne, come anche nel seguente Sabato; perche altrimente s’averebbero da per loro tolta la licenza. Fu cagione tal dispensazione di nuovi disturbi fra il Vescovo di [p. 485 modifica]Macao, e Vicarj Apostolici Francesi; mentre avendola quegli mandata, per esercitare questo atto di giurisdizione; i Vicarj risposero, che non ne avevano di bisogno, perche dalla Sede Apostolica tenevano facoltà di ciò fare.

Il Martedì 31. andai prendendo piacere per la Città, tutta superbamente apparata, e risonante d’allegrezza: essendosi di già serrati i Tribunali, e posto sotto chiave il suggello Regio, molti giorni prima, in tutto l’Imperio, per dar luogo a questa gran festa. Non vi è ora, e dì determinato, così per chiudersi, come per aprirsi il suggello, e’ Tribunali; ma si segnano dalla Corte, colla direzione degli Astrologi; acciò l’Imperadore ripigli a regnare nel nuovo anno, in giorno, et ora di benigno influsso. Si serrarono perciò quell’anno 1696. a’ 22. di Gennajo, ad ore 21. Come che in questi giorni non si regge giustizia, è molto pericoloso l’andar viaggiando; uscendo allora fuori tutti i ladri, per la sicurezza di non potere esser subito gastigati. Per altro nelle strade, in tal tempo, si raddoppiano le guardie, per prendere tai ladri; a’ quali si differisce il gastigo sino all’aprirsi de’ Tribunali. [p. 486 modifica]

Ogni miserabile, sul principio del nuovo anno, si veste d’un’abito nuovo; cuopre di nuova carta le finestre di sua casa, e le pareti; rifà gli epitaffii, et iscrizioni, che sono nella medesima; nè lascia di fare buona provvisione di vino, e roba da mangiare, per banchettare con gli amici.

La sera del Mercordì, primo di Febbrajo, andai, accompagnato da’ servidori di casa, a vedere la quantità di lumi, che si vedevano per tutta la Città.

Il Giovedì 2. ultimo dell’anno si principiarono le solennità del nuovo, per dar commiato al vecchio. Elleno sono le seguenti. La sera, in tutte le case, i figli avanti al Padre, e Madre, il fratello minore al maggiore, il servo al Padrone genuflessi, battono la fronte a terra; e fanno le cerimonie, secondo l’uso del Paese, altrove riferito. Le Donne fra di loro fanno lo stesso; poich’in Cina è così vietata la comunicazione delle donne, ch’il suocero giammai non può vedere la nuora nobile; e solamente in tal dì va col figlio, a far questo ufficio. Prima però di esiggere questo debito da’ figli, i padri di famiglia lo rendono a’ loro maggiori; battendo tre volte la fronte a terra, [p. 487 modifica]avanti la tabella de’ medesimi morti (cioè del padre, avo, e bisavo) e bruciando odori. Si sollazzano il resto della notte in mangiare, e bere, giocare, et in altri passatempi.

La mattina del Venerdì 3. ben di notte, i più scrupulosi andarono nelle Pagodi di loro divozione, a batter la fronte, e bruciare odori, e di quelle corde, fatte di corteccie d’albero peste. Soglion passare poscia a far le visite a gli amici, a’ quali basta lasciare scritto, in un pezzo di carta rossa, esservi perciò andato: e ciò per togliere la soggezione de’ complimenti nel ricevere. I parenti però, ed amici di stretta confidenza si vedono; nè nelle loro visite alcuno può scusarsi di bere tre bicchieri di vino di riso; e così chi ha molti parenti, ed amici, per molto che sia uscito di casa composto, vi torna colla testa carica, e vacillante. Dissi composto, perche in questi dì i Cinesi vanno, come tanti Religiosi, senza punto scomponersi; avendo opinione, che ridendo, piangendo, giocando, e facendo leggierezze, tutto l’anno poi s’abbia inchinazione a far lo stesso. In fine questo principio del nuovo anno si solenniza con iscambievoli visite, crapule [p. 488 modifica]ed allegrezze; sentendosi, per tutti i tre giorni, un tedioso rumore di tamburi Cinesi, e d’altri istrumenti; non meno che di fuochi artificiosi (de’ quali si parlerà appresso). Consumasi molto danajo in polvere, e carta, tanto per porre alle Case, quanto per bruciare nelle loro Pagodi, dopo il sacrificio, ed offerta di carne, di galline corte, e frutta; che poi riportano a casa, per mangiare con Amici.

L’istessa mattina de’ 3. di buon’ora andai a vedere una gran freddura, secondo il mio genio, nell’opinione però de’ Cinesi stimata gran cosa. Uscito fuori la porta di Laucin. dalla parte d’Oriente, trovai una gran vacca di terra colorita, circondata da una infinità di Cinesi; i quali con lunghi bastoni rottala (in che consiste la solennità della festa) fecero a pugni, a chi meglio poteva avere le picciole vitelle, della stessa materia, che erano nel ventre di quella: e ciò in ricordanza d’un antico loro Imperadore, che il volgo crede, si fusse convertito in vacca; la quale non era buona, che per l’aratro. Mi dissero, che le vitelle le presentavano poi a’ Signori, per avere buone mancie.

Nel ritorno entrai a vedere due ben [p. 489 modifica]grandi Pagodi: la prima fabbricata in onor di Cianlaoye; Deità, per cui stanno sempre, avanti la porta del Tempio, cavalli in ordine, perche con essi narrano, che faceva mille leghe il giorno. Vi sono anche, per gli cortili, molte statue di gesso di varie, ed orribili forme. A capo della Pagode sta il suddetto Idolo Cianlaoye sedente, e tiene in testa un come diadema. Trovai molti Idolatri, che stavano offrendo carne apparecchiata, e frutta; bruciando odori, e carte da convertirsi in oro, e argento, per servire a’ loro morti. Prendevano altri un pezzo di legno, partito in due, e quelle parti buttavano in aria. Se cadevano a terrai una, o tutte due dalla parte superiore, era buon segno, e che l’Idolo stava bene con essi; ma se la corteccia era voltata verso il Cielo in amendue, era cattivo presagio. Tante volte però le gettavano, che alla perfine avevano da cader le legna a lor gusto. Altri rivolgendo molte legna, insieme ligate, ne tiravano uno, per sapere la buona, o mala influenza; e ripetevano ciò, fino a tanto, che ne veniva uno, con segnale fortunato.

La seconda Pagode era vicina al palagio, che già fu del Regolo, et allora [p. 490 modifica]serviva al Capitan Generale de’ Tartari. Si divide in tre, l’una dietro l’altra: nella prima vidi tre Idoli nella nicchia, con testa scoperta, e sul suolo altre statue molto grandi. Nella seconda, erano medesimamente tre Idoli nella nicchia, e quattro stavano nel suolo, a’ fianchi. Nella terza erano cinque orribili figure sul suolo, e nella nicchia un grande Idolo, a color d’oro, e un’altro più picciolo.

Incontrai, in ritornando a casa, quantità di Mandarini in sedia, e a cavallo, vestiti di abiti ricchissimi, ne’ quali erano ricamate l’insegne del loro uficio, e grado. Andavano eglino a far le solite adorazioni nelle Pagodi; e poscia a far le visite a’ loro amici.

Il Sabato 4. coloro, che aveano ricevuti i complimenti per l’anno nuovo, presero a restituir le visite in persona, o colle carte rosse, all’uso del paese. Ciò s’intende de’ Mandarini inferiori, perche i cinque maggiori le ricevono, e restituiscono per mezzo de’ Mandarinetti, o altre persone del loro Tribunale; e solamente fra di loro si vietano di persona. Questi cinque principali Ministri di Canton, sono il Fuyen, o Vicerè; il Pucien-su; o Deputato per l’esazione de’ tributi [p. 491 modifica]Imperiali di tutta la Provincia; il Zianchyun, o Generale della milizia Tartara; e due suoi compagni, detti Tutun, che chiamansi, braccia dritto, e sinistro del suo corpo: e questi sono d’uguale autorità, essendo portati in sedia da otto persone, col tamburo Cinese avanti, battuto con 13. colpi.

La Domenica 5. nella Chiesa de’ Padri Riformati Spagnuoli venero molti Cristiani Cinesi, a far le loro devozioni.

Il Lunedì 6. mi convitò in casa un mercante Cinese; però mi diede troppo a buon’ora il desinare, secondo il lor costume. Erano nella mensa da venti deschetti di differenti frutta, e cose dolci, ed altri con polli, e carne di porco. Il Martedì 7. andai a vedere il Vice Provinciale de’ Missionarj Agostiniani, ch’era venuto a favorirmi nel mio ritorno: ma il Mercoledì 8. convenne a me stare in casa; perche vennero molti amici a darmi il ben venuto, nè potei far di meno di ricevergli. Andai il Giovedì 9. a vedere il Padre Turcotti, Superiore de’ Padri Grsuiti di Canton.

Il Venerdì 10. andai a diporto in barca per lo canale. Il Sabato 11. parimente andai nella Città nuova, coll’Interprete, [p. 492 modifica]che trovai molto curioso di veder l’Europa, ed avrebbe voluto venir meco. La Domenica 12. desinai col V. Provinciale de’ Padri Agostiniani, che mi trattò assai bene.

Il Lunedì 13. poi andai vedendo i preparamenti, che per tutta la Città si facevano, per la festa di Lûm chûen, o delle lanterne, siccome quella, ch’è una delle principali de’ Cinesi; e veramente vi trovai invenzioni maravigliose. Narrano i Cinesi l’origine della medesima, della maniera seguente. Dicono, che non guari dopo lo stabilimento del loro Imperio, un Mandarino amato dal popolo, per le sue virtù, perdè nella riva d’un fiume una sua figlia, ch’egli amava grandemente; ed essendo andato cercandola lungo la riva, tutti per lo grande affetto, che gli portavano, lo seguitarono, con torchi accesi, e lanterne, piangendo con lui: ma benche l’avessero lungo tempo ricercata, in tutte le parti della riva (della medesima maniera, che Cerere la sua figlia Proserpina) giammai non la trovarono. I Letterati poi assegnano altra origine, ne’ loro libri: cioè, che tre mila e cinquecento anni addietro, regnando l’ultimo Re della famiglia Hiá, [p. 493 modifica]nomato Kie, uomo crudele, e in tutto dato alle sensualità Nouvel. Relat. de la Chine du P. Magaillans c. 6. pag. 132; essendo un giorno colla sua Regina più amata, si lagnava, che i piaceri di questa vita erano poco durevoli; che vi erano pochi, che viveano cento anni; che essendo così veloce il tempo, non poteva rendersi satollo di quei piaceri, che tanto amava; e biasimava finalmente la natura di rigorosa, e crudele. Vedendolo in tali angoscie la Regina, gli disse: Io sò un tal modo, per prolungare il tempo, che basterà per soddisfarvi. Fate d’un mese un giorno, d’un anno un mese; e cosi gli anni, i mesi, e i giorni saranno sì lunghi, che vivendo dieci anni, voi avrete cento anni di piacere, e di gioja. Persuase quindi l’insensato, e sensuale Imperadore, a fare un palagio, nel quale non fussero nè porte, nè finestre, onde potesse entrar lume. Poi vi fece porre oro, argento, pietre preziose, ed altro ricco mobile: vi introdusse quantità di ragazzi, e di bellissime donne, tutti nudi; e per fine vi si sepellì ella e’l marito vivi, e sani; non con altro lume quivi trattenendosi, che di torchi, e di moltitudine infinita di lanterne, in luogo di Sole, di Luna, e di Pianeti. Vi stette un’anno intero l’Imperadore Kie, [p. 494 modifica]coll’impudica Regina, dandosi a tutte sorti di piaceri disonesti; e dimenticatisi del tempo, de’ Cieli, e d’ogni altra cosa, (fingendosi nuovi tempi, e nuovi Cieli ideali) eziandio della lor Corte, e dell’Imperio.

Da quelle pazzie, ed altre crudeltà mossi i sudditi, scossero il giogo, ed elessero, in suo luogo l’Imperadore Chim-tam, capo d’una nuova famiglia. Dopo la morte di Kie, distrussero il suo palagio, e cassarono tutte le sue ordinanze; fuorche l’invenzione delle lanterne, e torchi, che conservarono, per celebrare la festa.

Raccontano ancora, che circa due mila anni dopo, un’altro Imperadore della decima famiglia, chiamata Tam; tanta era la fede, che prestava a un saltimbanco, della setta di Taôsu, (che fa professione d’ingannare il Mondo, colle operazioni chimiche; promettendo un’infinità d’oro, e d’argento; una vita, quasi eterna, e di far in pochi momenti volar le montagne d’un luogo in un’altro) che un giorno gli disse, che avea desiderio di vedere le lanterne accese della Città di Yâm-cheu, nella Provincia di Nan-kin, ch’erano le più belle, e le più celebri di tutto l’Imperio; e la [p. 495 modifica]festa si dovea fare la notte seguente. Rispose il Mago, che la stessa notte gli arebbe fatto fare un tal viaggio, vedere le lanterne, e ritornare alla Corte, con ogni piacere, senza esporsi ad alcun inconveniente. In fatti, comparvero, poco tempo dopo, in aria Carri, e Troni, fatti di nuvole, che sembrava fussero velocemente tirati da’ Cigni: e sopra di essi postisi il Re, e la Regina, con gran novero di dame, e musici del palagio; in un batter di ciglio, giunsero a Yam-cheu, che dalle nubi distese fu coperta tutta intera. Vide il Re le lanterne, e per ricompensare a’ cittadini, il piacere preso nella loro Città, fece fare una sinfonia da’ suoi musici; e quindi ritornossene, in un momento, alla Reggia. Un mese dopo, secondo il costume, venne un corriere da quella Città, con lettere, contenenti ciò che la notte delle lanterne si era quivi veduto.

Dicono in fine, che cinquecento anni addietro vi fu un Re, della famiglia Sum, che avea per costume, ogni anno in tal tempo farsi vedere, per otto notti, familiarmente da tutti i Grandi, e Signori, a porte aperte; facendo loro godere delle vistose lanterne, fuochi d’artificio, e [p. 496 modifica]soave musica, che facea fare dentro il palagio: che è quanto raccontano i Cinesi dell’origine, et accrescimento della sesta delle lanterne.

Il Martedì adunque 14. di Febbraio, e 12. della Luna Cinese, andai di notte vedendo, per la Città di Canton, questa celebre festa. In ogni contrada di essa era collocata qualche figura de’ loro Idoli; intorno alla quale vedeansi più persone travestite, chi da donna, e chi in altra forma; con abiti, e maschere stravaganti, e varj strumenti nelle mani. In cotal forma andavano anche camminando per la Città sopra asini, o a piedi (come si costuma nel Carnasciale in Italia) preceduti da una lunga processione di lanterne, appese ad alti legni. Elleno erano fatte o di carta, o taffetà di vari colori; e con figure diverse d’animali, come pesci, cani, cavalli, lioni, ed altro, che col lume era molto dilettevole a vedere: ciò che era tutto accompagnato da strepitosi strumenti di bronzo, e tamburi. Il bello si era, che alcuni andavano nudi, per fare più al naturale la loro rappresentazione.

Il meglio però di tal festa si vede nelle Pagodi, e palagi de’ Signori, dove si fanno lanterne, che costano quindici, e venti [p. 497 modifica]doppie; e in quelli de’ Vicerè, e Princìpi, che non si faranno meno di cento, ducento, e trecento scudi. Si appendono nelle sale più magnifiche, a cagion di loro grandezza; poiche ve ne ha taluna, che ha venti, e più gombiti di diametro. Dentro di esse sta posta una infinità di lampane, e candele, il lume delle quali dà grazia alla pittura; e’l fumo anima, e spirito alle figure, che con ammirabile, artificio vanno girando, sagliendo, e scendendo dentro essa lanterna. Vi si veggono cavalli correre, tirar carri, faticar sul terreno; vascelli navigare, Mandarini, e Principi entrare, ed uscire, con grande accompagnamento; marciare Eserciti; rappresentarsi Commedie, farsi balli, ed altri passatempi, con movimenti diversi. Tutto il popolo perciò la notte intera và godendo di tai spettacoli, al suono di più istrumenti, portati dalle compagnie, che ogni uno fa colla sua famiglia, parenti, ed amici. Non vi è certamente casa povera, o ricca, dove non si veda in quella notte alcuna lanterna appesa, o nel cortile, o nella sala, o nelle finestre. Si vedono anche rappresentar commedie, per mezzo di picciole figure, mosse con fili nascosti; o [p. 498 modifica]di ombre, che si fan comparire sopra finissimi, e trasparenti drappi di seta bianca; e rappresentano maravigliosamente Re, Regine, Capitani, Soldati, buffoni, ed altri personaggi da Teatro. Lo stupore consiste in vederle esprimere il pianto, l’allegrezza, la colera, ed altre passioni; con tanta proprietà, quanto facilmente fanno muovere tutte le figure. Presso le Pagodi, oltre le suddette rappresentazioni, e figure, si alzano più arcate coperte di setino, con varie pitture, che il lume di dentro fa comparire vagamente colorite, e capricciose. In fine si consumano, per tal cagione, più milioni per tutto l’Imperio, tanto in carta colorita, per apparare le case, quanto per bruciare, e far lanterne, e fuochi artificiali. A me pare, che se si potesse vedere, per impossibile, in una occhiata, tutto l’Imperio da qualche luogo eminente, egli sembrerebbe tutto avvampante, come un gran fuoco artificiale: non essendovi uomo in Città, o in campagna, o ne’ fiumi, che non allumi lanterne dipinte, e fatte in differenti maniere; e che non consumi macchine da fuoco, rappresentanti diverse forme d’animali.

Non posso immaginarmi al Mondo [p. 499 modifica]nazione, che, su questo mestiere di far fuochi artificiali, possa imitare i Cinesi; poiche si è vista talvolta da essi fare una pergola d’uva rossa, che tutta ardeva senza consumarsi, anzi al contrario il tronco della vite, i rami, le foglie, i grappoli, e gli acini, nello stesso tempo, che a poco a poco si bruciavano, pure si vedeano del lor colore, o rosso, o verde, od altro: sicchè a riguardanti, non finte, ma vere, e naturali sembravano. Ma quello, che reca più maraviglia si è, il vedere, che il fuoco, ch’è un elemento sì attivo, e terribile; operi poi sì lentamente, che par che abbia lasciato la sua natura, per obbedire all’arte; e non serva, che a rappresentare al vivo la pergola, in vece di bruciarla.